Situazione Ucraina

Armi per la difesa .....o forse no ? E da quando siamo militaristi interventisti ?
Dove sono tutti i personaggi contro la guerra ?


Frasi dal sen sfuggite,
errore di scrittura del discorso,
semplice gaffe
oppure c’è qualcosa di più?

L’audizione di ieri del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini,
di fronte alle commissioni riunite di Camera e Senato hanno sollevato un polverone.

Perché il vertice dei nostri apparati militari,
mentre spiegava ai parlamentari come l’Italia si fosse schierata al fianco dell’Ucraina,
ha fornito un dettaglio che forse avrebbe preferito tenere per sé.

O ha commesso un errore.

Quello, cioè, di spiegare che tra le armi che stiamo spedendo a Kiev

– elenco, ovviamente, prontamente secretato alla faccia della trasparenza –

ci sarebbero anche sistemi d’arma in grado di

“neutralizzare le postazioni dalle quali la Russia bombarda indiscriminatamente le città e la popolazione civile”.
 
Tradotto, almeno a sentirla così, significa che Roma starebbe inviando a Zelensky dei missili in grado di colpire il territorio russo.

Sono lì, infatti, le “postazioni” usate dai soldati di Putin per colpire “indiscriminatamente” le città ucraine.


Possibile?

Possibile che l’Italia stia inviando anche qualcosa di più
oltre a sistemi contro carro e anti-aereo, mortai, sistemi di comunicazione, dispositivi di protezione individuale e kit di sopravvivenza?

Le frasi di Guerini hanno sollevato ovviamente un polverone.

Soprattutto nelle fila del M5S, restio all’invio di armamenti a Kiev,
e della Lega, con Salvini sempre più convinto che per cercare la pace ci sia bisogno di dialogo e di meno munizioni.


“Noi abbiamo votato all’inizio perché l’Ucraina si potesse difendere:
se ora alcune di queste armi vanno fuori confine a offendere o distruggere è un altro paio di maniche.
Più armi si mandano e più la pace si allontana”.


Il ministro ha poi precisato, spiegando che il suo riferimento era a
“munizionamenti a cortissimo raggio funzionali al solo scopo difensivo e per proteggere città e cittadini”.


Resta però il patatrac.
 
Guerini e il governo sono comunque convinti dell’utilità di inviare così tante armi all’esercito ucraino.

Nato e Ue hanno per questo deciso di mantenere un flusso costante di armamenti.

“I sistemi che stiamo fornendo – ha aggiunto Guerini – garantiscono al popolo ucraino di tutelare il proprio diritto all’autodifesa”.

Certo è che, dopo le prime due spedizioni “leggere”, adesso si avvicina un terzo carico più “pesante”.


Con quali strumenti italiani gli ucraini potranno “neutralizzare le postazioni dalle quali la Russia bombarda le città“?

Carri armati?

Semoventi di artiglieria M109?

“Dopo due mesi e mezzo domandiamoci a chi stanno andando queste armi.


Difendere l’Ucraina è doveroso, ma penso che lo stesso popolo abbia disperatamente voglia di cessate il fuoco, di pace.

Spiegatemi la differenza tra offensivo e difensivo,

dopo migliaia di morti è giunto il momento di costringere Russia e Ucraina a sedersi a un tavolo”.
 
Ma loro sono quelli intonsi. Quelli che bruciano le persone.
Quelli che se ne fregano dei cittadini, perchè gli ucraini cittadini sono di orgine russa.
Eh già.


Una guerra combattuta nella parte meridionale del paese,
una guerra che non trova fine e che vede al centro dei bombardamenti la regione del Donbass,
con le repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk.

È qui che il battaglione Azov si è asserragliato nell’acciaieria di Azovstal a Mariupol, teatro ormai della spietata guerra.

A tal proposito, il servizio fatto da Report, realizzato da Manuele Bonaccorsi tra Mariupol e Donetsk,

ha mostrato un lato sconosciuto, o nascosto,

che la stampa occidentale e italiana ha sempre preferito non approfondire.

“Il battaglione Azov, con i suoi carrarmati, ha sparato su casa mia”,


racconta una giovane abitante di Mariupol confermando che si trattava di milizie ucraine, in quanto avevano la bandiera del paese sulla divisa.


“I militari ucraini mettevano davanti ai portoni dei barattoli rossi, segnalando alle truppe i punti di fuoco:

noi li abbiamo fatti sparire e così abbiamo salvato nostra casa, altrimenti saremmo morti.

Quelli del palazzo davanti non l’hanno fatto e lì hanno messo un obice sul tetto da cui sparavano a ripetizione:

ora di quel palazzo non resta niente, è stato completamente distrutto”.


Un vero tiro al bersaglio da parte del battaglione Azov sui civili di Mariupol:
così racconterebbero gli abitanti della città che, stremati, cercano ora una via di fuga verso Donetsk.


“Il 24 febbraio Mariupol è stata chiusa, eravamo in gabbia:
non c’è mai stato un corridoio verde per portare via bambini e anziani.
Hanno fatto saltare le rotaie del treno ed era impossibile uscire dalla città”.


Smontata quindi, stando agli abitanti della città presa di mira,
anche tutta l’organizzazione legata alla creazione di corridoi umanitari
per far evacuare almeno le persone più fragili, come ha sempre riportato la stampa ucraina.


Anzi, dalle loro parole, sembrerebbe proprio che i civili siano stati tenuti con la forza nei confini della città
:


“Fin dall’inizio della guerra non è stato possibile lasciare Mariupol,

i soldati avevano messo carrarmati in mezzo alle strade e ci dicevano che c’erano i ponti minati.

Dopo era troppo tardi per fuggire.

Solo quando la Russia ha conquistato tutta la costa orientale siamo riusciti a scappare”



spiega un ragazzo padre di due bambini che ha vissuto per almeno un mese in uno scantinato ed è stato costretto a rubare per dare cibo ai suoi figli.
 
Questa è STORIA. Non visioni


Una combattente di Azov asserragliata all’Azovstal.

Il video ripreso da un cellulare.

I “resistenti” all’assalto russo che intonano una canzone, l’odierna “Bella Ciao” come scrive qualcuno.

È il video, pubblicato sui social e raccontato anche dai media italiani, su cui si sta discutendo in queste ore.

Ovvero il canto dei soldati che difendono l’ultima postazione ucraina a Mariupol.


Perché se ne discute?

Lo spiega Toni Capuozzo, molto critico sulla posizione che i media occidentali hanno preso rispetto al Battaglione
(ormai un reggimento) accusato in passato di simpatie neonaziste.

“Non so se sia vero che i “resistenti” dell’Azovstal abbiano chiesto una tonnellata di cibo per ogni quindici civili da rilasciare:
la fonte è russa, e ovviamente non farebbe loro onore – scrive lo storico inviato di guerra sui suoi canali social –

So quel che leggo sul Corriere della Sera di oggi, che li descrive come dei soldati Ryan da salvare, e paragona la loro canzone a Bella Ciao.


Peccato che inneggi a Stepan Bandera, eroe del collaborazionismo con i nazisti.


Non è l’unico equivoco:

il Primo maggio dal concertone di Roma hanno spedito i saluti a Kiev,
senza accorgersi che quella festività è abolita in Ucraina dal 2014″.

La seconda strofa della canzone infatti dice:

“L’Ucraina è la nostra madre e Stepan Bandera è nostro padre”.


Su Stepan Bandera molto si è detto e scritto.

Ucciso a Monaco nel 1959, questo nazionalista ucraino divide la società: considerato un fondamentalista nazista nelle zone ad Est.
Quelle a maggioranza russofona.

Nel 2018 vi furono non poche polemiche
quando il Parlamento di Kiev decise di festeggiare come festa nazionale il compleanno del discusso combattente.

Il leader dell’Oun, Organizzazione dei nazionalisti ucraini,
è infatti accusato di aver collaborato con Hitler
anche se oggi per il Corriere diventa “patriota dell’Ucraina libera, irredenta e democratica”.


Secondo quanto riporta ilGiornale,

“a partire dal febbraio del 1943

i nazionalisti ucraini cominciarono ad attaccare la popolazione polacca dell’oblast di Volyn’.

L’Upa e l’Oun attaccarono oltre cento villaggi polacchi sterminando oltre centomila persone, in maggioranza donne, bambini e anziani”.


Per questo in Polonia viene considerato un criminale, così come le attività dei due movimenti nazionalisti.



Non solo.


Anche il Parlamento europeo, in una risoluzione approvata il 25 febbraio del 2010, scrisse di

“deplorare profondamente la decisione del Presidente uscente dell’Ucraina, Viktor Yushchenko,

di attribuire a Stepan Bandera, uno dei leader dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN),

che ha collaborato con la Germania nazista, il titolo postumo di «Eroe nazionale dell’Ucraina»;

auspica, a questo proposito, che la nuova dirigenza ucraina riveda tali decisioni e mantenga il suo impegno nei confronti dei valori europei”.
 
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