Situazione Ucraina

Sono quasi cento giorni che, a proposito della crisi russo-ucraina,
la grancassa dei media batte sul medesimo tasto:

Vladimir Putin è il tiranno aggressore da abbattere
(quelli bravi lo chiamano regime change),

il popolo ucraino è eroico nel battersi per la libertà,

il fronte degli occidentali è compatto nel sostenere l’Ucraina fino alla sconfitta del nemico.



E poi il messaggio subliminale: resistete, restiamo che, alla fine, vinceremo.

Sì, la spunteremo noi.

We shall overcome, canterebbe Joan Baez.


Ne ho piene le tasche di ascoltare castronerie.

Non vedo alcuna alba radiosa all’orizzonte.

E per gli ucraini, di cui all’improvviso abbiamo scoperto di essere fratelli di latte,
ciò che vedo al momento è morte e distruzione.

Non prendiamoci in giro e, soprattutto, non illudiamo quei poveracci
che si stanno facendo massacrare in nome di un avvenire di benessere facile
che l’Ovest ha mostrato loro dal buco della serratura dell’Unione europea.

Nel frattempo, ci stiamo impoverendo.

Stiamo tornando indietro, come europei e come italiani.


Per cosa?

Per dare a qualcuno ciò che non possiamo dargli?


La dico dritta.
Essendo cresciuto nel mito del pragmatismo bismarckiano,
giudico questa guerra profondamente sbagliata.


Peggio: prevedo che questa guerra porterà l’Occidente alla catastrofe.

In tutti i sensi.



Perciò, maledico la classe di governo che l’Occidente si ritrova sul groppone,
tanto negli Stati Uniti quanto in Europa,
per l’assoluta miopia dei suoi protagonisti, inetti e pericolosi.


Compreso il nostro premier che, lasciatemelo dire, è stata una delusione cocente.


Pensavo che il dottor Mario Draghi valesse di più. Mi sbagliavo.
 
Il graduale, ma irreversibile, assorbimento della Russia post-comunista
nella sfera geopolitica e culturale dell’Europa democratica e libera
avrebbe dovuto essere la stella polare per i governanti occidentali, se avessero avuto criterio.

Invece, hanno fatto e stanno facendo l’esatto contrario.

Puntano all’isolamento della Russia e fanno a gara per spingere Mosca tra le braccia della Cina.


Che è il vero nemico dell’Occidente, perché, a differenza della Russia,
non è mai stata “europea” e, negli ultimi due decenni,
ha sviluppato una crescente volontà di potenza,
destinata a trasferirsi dal piano strettamente finanziario-commerciale a quello geopolitico e strategico.

Pechino aveva bisogno di assicurarsi un partner fedele che gli garantisse forniture illimitate di materia prima,
in particolare energetica, per completare il suo progetto espansionistico,
concepito sull’aggressione alle economie del mondo per il tramite delle proprie manifatture e delle proprie risorse finanziarie.


Lo hanno trovato grazie agli occidentali:

la grande madre Russia trasformata nel drugstore del gigante asiatico.


Si può essere più stupidi?

Ci stiamo accanendo contro un falso bersaglio:
Putin che invade l’Europa emulando al contrario due pazzie, quelle di Napoleone Bonaparte e di Adolf Hitler,
quando il nemico reale è già tra di noi?

Pechino ha piazzato i suoi avamposti in Occidente grazie agli accordi per ricreare la Via della Seta.

Belt and Road Initiative, così si chiama il progetto di espansione globale
che anche un nostro Governo (il Conte prima versione) ha gioiosamente – e colpevolmente – sottoscritto.

Dire queste cose provoca l’orticaria a quel benpensante?

Pazienza, se la faccia passare con un efficace antistaminico perché non cambio idea:
il sostegno all’Ucraina contro Mosca è stata ed è una monumentale fesseria.

Che purtroppo pagheranno i nostri figli perché, a differenza della mediocre classe dirigente occidentale, a Pechino hanno pazienza e vista lunga.
 
Intanto, c’è stato un primo assaggio di ciò che avverrà in futuro.

Qualche giorno fa, aerei russi e cinesi, impegnati in un’esercitazione militare congiunta sul Mar del Giappone,
hanno violato lo spazio aereo nipponico nel momento in cui il presidente Usa, Joe Biden,
era a Tokyo insieme al primo ministro indiano, Narendra Modi, e al neoeletto premier australiano, Anthony Albanese,
per il vertice del Dialogo quadrilaterale di sicurezza (Quad) nel quadrante geopolitico dell’indopacifico.


Capite che vuol dire?

La più grande potenza nucleare al mondo che si salda al gigante economico e tecnologico asiatico.

Russia e Cina insieme possono arrivare dove vogliono.

Provare a fermarle porterà alla Terza guerra mondiale, con esiti facilmente intuibili.


E pensare che c’è stato un tempo nel quale i russi le esercitazioni militari le facevano con gli italiani.

Il protocollo Ioniex vi ricorda nulla?

Vi rinfresco la memoria:

esercitazioni bilaterali aeronavali italo-russe nel mar Ionio,
nella cornice degli accordi di Pratica di Mare del 2002.

Era la strada giusta da percorrere, ma l’insipienza dei governanti occidentali,
che si sono succeduti negli ultimi due decenni, l’ha cancellata.

E oggi se ne pagano le conseguenze.

Prevengo il moto di sdegno dei “sinceri atlantisti e convinti europeisti”:
darla vinta a Putin è una sconfitta per la libertà.

Stupidaggini condite con dosi massicce d’ipocrisia.


E, per favore, non si tiri fuori l’abusato Winston Churchill
e la sua fermezza nel rifiutare qualsiasi cedimento a Hitler.

Il primo ministro britannico, nel 1940, poté mantenere il punto con il nemico
perché aveva il sostegno degli Stati Uniti ma, soprattutto, perché non era in campo avverso l’Unione Sovietica.

La Storia non è fatta di “se”.

Tuttavia, a titolo di puro esercizio intellettuale, qualche iperbole ce la si può concedere.

Immaginate se Hitler, invece di rinnegare il patto Molotov-von Rimbbentrop, siglato nell’agosto del 1939,
di non aggressione tra la Germania e l’Unione Sovietica e invece d’invadere il territorio russo nel giugno del 1941 – Operazione Barbarossa
avesse convinto Stalin a fare fronte comune contro le “plutocrazie” capitalistiche occidentali
aprendo la strada alle armate del Reich, attraverso il Caucaso, verso il Medio Oriente e le sue risorse petrolifere,

pensate che il signor Churchill avrebbe mantenuto la stessa granitica fermezza contro Hitler?

O avrebbe riconsiderato la strada del negoziato con Berlino
mettendo in conto l’assoggettamento di gran parte del territorio europeo continentale al Reich?


All’Occidente resta una sola opzione: decidere se circoscrivere il danno.

La massa d’incapaci che occupa le cancellerie occidentali

farebbe bene a prendere lezioni di realpolitik

da un grande vecchio che di queste cose ne capisce.


Il novantanovenne Henry Kissinger lo ha detto senza giri di parole:

non cercate una sconfitta devastante per la Russia in Ucraina
e cercate invece di convincere Kiev a cedere una parte del suo territorio alla Russia.


Questa guerra sta rimodellando l’equilibrio geopolitico mondiale.

C’è ancora pochissimo tempo perché ciò non avvenga a totale danno dell’Occidente.


Si obietterà: gli ucraini non ci stanno a perdere territorio.

Comprensibile, ma li abbiamo chiamati eroi, allora lo siano fino in fondo.


Cosa fanno gli eroi?

Si sacrificano per salvare altri.


Privarsi di un pezzo di territorio per ottenere in cambio una solida riappacificazione dell’Ovest con la Russia è nell’interesse anche degli ucraini.


Non lo si vuole fare?

Vorrà dire che è proprio vero ciò che dicevano i latini:

a quelli che vuole rovinare, Giove toglie prima la ragione.


L’offensiva russa andrà avanti, lenta ma inarrestabile, scandita a colpi d’artiglieria e di bombardamenti missilistici.

Obiettivo: la conquista dell’Oblast’ di Odessa fino al Delta del Danubio e al ricongiungimento con la Transnistria, in Moldavia.


Risultato atteso da Mosca:

l’acquisizione del Mar d’Azov al regime delle acque interne dello Stato russo

e il pieno controllo della costa settentrionale del Mar Nero

con la contestuale esclusione dell’Ucraina dai benefici economico-strategici dello sbocco al mare.




E per l’Occidente?

Sapere di avere un nemico giurato alle porte,

lietissimo di sostenere i nuovi amici di Pechino nel progetto di fagocitare Taiwan.
.
 
Quando Mario Draghetto dice che ci vorrà un Piano Marshall per la ricostruzione dell'Ucraina, mi fà proprio morire dalle risate. Chissà di quali droghe fà uso. Non ha ancora capito che Putin li sfratterà tutti ed in Ucraina non rimarrà nemmeno più un Ucraino vivo. Per non parlare che in futuro dell'Ucraina non rimarrà nemmeno più il nome.
 
Ormai siamo alle liste di proscrizione.

Alle presunte indagini del Copasir su influencer, opinionisti e giornalisti accusati di “putinismo”.

Al punto in cui il Corriere pubblica foto segnaletiche dei colpevoli come manco nei peggiori bar de Caracas.

Come la pensiamo, lo sapete: non si possono combattere Putin e la sua autocrazia comportandosi peggio di lui.

La grande differenza tra “noi” democratici liberali e “loro” è proprio la capacità di sopportare,
difendere e al massimo criticare il dissenso.

L’opinione delle minoranze va tutelata.

Anche quelle che avanzano le più strampalate delle teorie.


Ci siamo sempre opposti alla denigrazione dei “no vax” e dei “no pass”
e lo facevamo, in netta minoranza, per difendere il principio secondo cui
in ambito sanitario, sociale e politico non esiste un dogma unico e indivisibile.


Il dibattito è il sale delle democrazie.

Allo stesso modo, difendiamo pure il diritto dei presunti “putiniani” di criticare Di Maio,
di redarguire Mario Draghi, di opporsi all’invio di armi in Ucraina.

Ma soprattutto, ribadiamo da tempo la necessità di non trasformare questa guerra in un atto di fede incrollabile.

Non c’è bisogno di spiegarvi chi è l’aggredito e chi l’aggressore.
Però da qui a buttare tutto in una tifoseria ce ne passa.
Le domande vanno poste, come ha fatto Toni Capuozzo su Bucha.

Occorre interrogarsi sul ruolo della Nato,

sugli errori di Kiev,

su quanto avremmo potuto fare per evitare l’inizio della cosiddetta “operazione speciale”.

E cosa stiamo facendo (o non facendo) per arrivare alla pace.

Si chiama spirito critico
.


Quello che permette ad un essere pensante di porsi delle domande sull’utilità o meno delle sanzioni,
sulla logica di definire “animale” il presidente russo,
sull’opportunità di cercare a tutti i costi un “regime change” a Mosca o “l’umiliazione” di Putin.

Quello spirito critico, insomma, che ogni tanto bisognerebbe attivare
per leggere tra le righe delle notizie che arrivano non solo dal Cremlino,
ma anche da Kiev, che ha fatto sin dall’inizio uso sapiente della propaganda.


Ecco perché non ci piacciono le liste di proscrizione.


Perché a forza di affibbiare l’etichetta di “putinisti”
a chiunque non segua il tracciato della narrazione “corretta” sul conflitto,
si rischia di accusare di intelligenza col nemico la qualunque.

A sprezzo del ridicolo.

Ci è successo un mesetto abbondante fa.

Un istituto americano ci aveva inserito all’interno di un report sulla disinformazione putiniana
accusandoci di mettere “in dubbio la narrativa mainstream sulle atrocità di Bucha”.

Peccato avessimo solo riportato una notizia fresca fresca – ignorata da molti altri -,

ovvero la dichiarazione da parte di Rosemary DiCarlo, sottosegretario generale delle Nazioni Unite,

il quale riferiva di “denunce di violenza sessuale da parte delle forze ucraine”.


Era una fake news? No.

Eppure è bastato mettere in dubbio la moralità dei soldati ucraini per finire in quella sorta di elenco dei cattivoni.
 
Maiali.


Bene.

Il tempo è galantuomo.

E infatti oggi dall’Onu è arrivata la conferma di quelle voci.


“Abbiamo ricevuto denunce di violenze sessuali avvenute tra le fila delle forze ucraine

– ha detto alla Stampa Pamila Pattern, rappresentante speciale di Antonio Guterres –

Si tratta di casi che ho portato all’attenzione dei funzionari governativi di Kiev quando sono stata lì .


In realtà si tratta di episodi che erano già avvenuti nella guerra del 2014

e di cui noi abbiamo dato ampia documentazione in un rapporto del 2018″.



Non tutto quel che luccica di ucraino è oro.
 

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