Ieri ho ascoltato un molto attonito e profondamente preoccupato De Benedetti dalla Gruber. Il poverino sembrava non riuscire a far capire agli altri in quale immane casino siamo precipitati. Saltando il brodino retorico cucinato di prammatica nel tipico formato talk poco show, DB enunciava uno scenario a dir poco drammatico.
Ricordando che l’Oil Shock anni ’70 portò ad un repentino aumento dei costi energetici del +300% che generò stagflazione, come provava a ricordare il Giannini ansioso di mostrare che lui i libri di storia li ha letti, DB replicava che non c’entrava nulla la stagflazione perché con il repentino attuale incremento del +400% ci sarà solo recessione e depressione. Il che è definizione dal punto di vista macroeconomico, salvo poi doverne conseguirne necessariamente catene di fallimenti aziendali e disoccupazione a due cifre andanti, sul piano più concreto. A cui aggiungere i danni della già declinante globalizzazione prima maniera. A cui aggiungere pagine e pagine di catene di conseguenze che qui non possiamo scrivere e che forse, molti ignari della logica dei sistemi e poco pratici con il Sistema-mondo, non hanno ancora il piacere di immaginare.
DB ricordava poi la carestia, sì proprio la “fame” come ha più volte provato a dire allarmato. Ne abbiamo già scritto qui molti giorni fa sebbene i più forse erano allora interessati alla cronaca potente degli eventi in diretta. L’Egitto, per dirne una tra le tante, è il più grande consumatore ed importatore di frumento di cui primo e quarto paese produttore sono Russia ed Ucraina. Sono poco meno di 100 milioni di persone per poco meno del 50% sotto i 19 anni. Stanno lì davanti le coste greche, confinano con i già disordinati libici, con il Sudan, con il mondo arabo. E Georgieva IMF ha già avvertito dei prossimi 40-60 milioni di nuovi poveri assoluti per lo più africani ed arabi, nel mondo che ci è dirimpetto. Ma aggiungeva oltre agli olii di semi, mais e varie materie prime che riempiranno di buchi la catena logistica delle forniture di base, i fertilizzanti anch’ essi una specie con forte peso russo-ucraino-bielorusso.
Spalancando gli occhioni, ripeteva “il Brasile! Il Brasile sta già finendo i fertilizzanti!”. Lui riesce a collegare i fertilizzanti alla produzione agricola, gli altri sembra di no. La produzione agricola diminuirà non solo per sottrazione diretta ed improvvisa di prodotto russo-ucraino e forse anche bielorusso (1 su 8 calorie mondo, sono prodotte dai russi ed ucraini), ma anche per via dei problemi di coltivazione provocati dalla scarsità di fertilizzanti. Ne conseguono ulteriori patatrac economici e finanziari. È una specie di ictus-mondo sul piano alimentare e noi il piano alimentare ce lo siamo scordati, come problema, da decenni visto che eravamo tutti intenti a scoprire il fascinoso mondo dei Data, le promesse del digitale e l’imperativo categorico dei bagni riservati ai terzo sesso.
Shock energetico, recessione, fallimenti e disoccupazione, crollo borse (e su questo DB spalancava gli occhioni ancora di più), disordine sociale in dimensione mondiale e fame, sì la fame, ragione per cui falliranno anche i fitness center tanto dimagriremo in via naturale. Il tutto nel già noto processo di profonda corruzione ecologica ed instabilità climatica.
Ecco perché c’è il caposaldo con cui inizia ogni narrazione pubblica: “… qui bisogna dire che c’è un invasore ed un invaso”, notazione la cui ovvietà sembra necessiti di continue ripetizioni come dire “l’acqua è liquida!” o “la Terra è rotonda!”. È questo il fondamento del discorso pubblico, reagire al sopruso, difendere il nostro stile di vita, sconfiggere il pazzo di Mosca, adorare il simbolo vivente dell’occidentalità incarnato nell’attore ucraino, credere, obbedire, combattere o almeno mandargli le armi perché combatta in nostro nome e per conto che noi siamo anziani e post-storici.
Niente complessificazione di analisi, niente risalita alle cause di lunga e media durata, niente distrazioni sul “mondo grande e terribile”, niente sguardo al futuro che ci attende e, non del tutto ma per molto, già a prescindere dall’esito del conflitto. Dovete solo agire, costi quel che costi e soprattutto non preoccupandovi oggi dei costi. Avrete tempo per rendervene conto. Ecco, forse, il medio buonsenso da cui siamo partiti all’inizio, si spiega proprio con questa sproporzione tra ciò che si dice e ciò che “si sente”. Si sente senza chiavi di analisi profonda, si sente nell’intuizione del mondo.
In questi giorni, siamo triplicemente schiacciati. Siamo schiacciati su un racconto dei fatti che è coerente in sé, ma che non sembra molto relativo ai fatti. Come alcuni hanno notato, il succo del post di ieri non era solo evidenziare l’operazione narrativa di spettacolare ed inquietante...
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