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Bambini sul tappeto, piegati in avanti verso la Mecca:
nelle immagini pubblicate dal quotidiano,
c'è un'intera classe di alunni della scuola materna che prega nella moschea Centro Islamico Emanet di Susegana, nel trevigiano.

Sono stati accompagnati nella moschea dalle docenti,
con grande soddisfazione da parte dell'imam Avnija Nurceski,
che sulla stampa locale ha dichiarato:

"Abbiamo fatto insieme una preghiera per tutti i bambini malati e poveri e soprattutto abbiamo pregato per la pace.
Ringraziamo inoltre anche i genitori dei bambini".

L'obiettivo dichiarato dalla scuola è quello di far conoscere ai bambini la varietà culturale e religiosa
ma vedere di piccoli di meno di sei anni inchinati verso la Mecca,
con tanto di immagini diffuse pubblicamente, solleva più di qualche dubbio in tal senso.

Dalle immagini si vedono anche delle donne, probabilmente insegnanti della bambine,
con il capo coperto dal velo come impone la tradizione musulmana.

Quel che colpisce maggiormente è che a organizzare l'iniziativa sia stato un asilo dichiaratamente cattolico,
legato alla parrocchia di Santa Maria delle Grazie.
 
Ciò che viene contestato da più parti
non è la visita di per sé al Centro islamico
ma l'immagine dei bambini piegati verso la Mecca a pregare.

Si sarebbe potuto limitare la visita a un dialogo con l'Imam alla scoperta della religione,
senza portare dei bambini così piccoli alla preghiera in una confessione non condivisa da tutti i presenti,
come sottolineato da molti critici dell'iniziativa.
 
Nel rispetto di ogni fede, "riteniamo che il rispetto non debba mai sfociare in ambiguità educativa
o in gesti che possano essere percepiti come un allontanamento dai valori culturali e identitari della nostra tradizione.
La scuola ha il compito di educare al rispetto, senza rinunciare alla propria radice culturale".

In conclusione, sottolineando l'importanza del dialogo interreligioso, non si ritiene che "far partecipare bambini così piccoli a un rito di preghiera islamica possa rappresentare un valore aggiunto.

È giusto che vengano educati alla conoscenza delle religioni,
ma non che siano coinvolti in pratiche rituali che, per età e consapevolezza,
non possono scegliere né comprendere pienamente.

Non è questo il compito della scuola: la nostra identità non si genuflette".
 
Non credo che genitori islamici
sarebbero contenti se i loro figli venissero portati in una chiesa a farsi il segno della croce
davanti ad un crocifisso........scoppierebbe un putiferio.......non darebbero il permesso.
 
Chi pensava di aver toccato il fondo togliendo i crocifissi dalle scuole si tranquillizzi:
grazie all'ideologia sinistra e alla cosiddetta inclusione voluta dalla chiesa,
al peggio, non ci sarà mai fine!

Crocefissi no ma Qibla si?
 
A me non interessa il colore politico.
Torno sempre lì. 17 anni.

A sinistra non ce la fanno.
Troppa la rabbia per un 29 aprile nel quale era sembrato che Sergio Ramelli
potesse finalmente essere ricordato con umana pietà e sincero apprezzamento morale
al di là di qualsiasi appartenenza politica.

Non è così.

Perché dopo la chiave inglese Hazet 36 con cui Ramelli fu sprangato a morte,
esibita con lugubre crudeltà nel corteo pomeridiano del Primo Maggio,
ieri è toccato a Cassano D'Adda.

Dove qualcuno ha fatto sparire la targa posta il 13 aprile per intitolargli il Giardino pubblico della Biblioteca.

Già le contestazioni di quel giorno erano state difficili da accettare e soprattutto da comprendere,
ieri a Cassano si è andati anche oltre, riproponendo l'antifascismo militante degli anni Settanta
che impedendo la presenza anche fisica dei suoi avversari, ha macchiato la sinistra di atroci delitti.

A denunciare

«il rifiuto del sindaco e del presidente del consiglio comunale di Gorgonzola
di alzarsi in piedi per onorare il minuto di silenzio dedicato a Ramelli».

«un gesto grave, ideologico e profondamente irrispettoso:
non si tratta di una questione politica, ma di civiltà e memoria condivisa.
Il consiglio comunale è il luogo delle istituzioni, non delle provocazioni.

Quel minuto di silenzio avrebbe dovuto unire tutti nel ricordo di una giovane vittima dell'odio ideologico,
ma sindaco e presidente del consiglio comunale hanno scelto di rimanere seduti,
tradendo il ruolo istituzionale che ricoprono e mancando di rispetto non solo a Ramelli,
ma a tutti coloro che credono nella democrazia e nella libertà di espressione».
 
Fu assalito da un gruppo di militanti di Avanguardia Operaia,
armati di chiavi inglesi Hazet da 36 mm, pesanti oltre 3 kg.

Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo furono gli esecutori materiali:
colpirono ripetutamente Ramelli al capo, mentre altri facevano da palo o da supporto logistico.

Morì dopo 47 giorni di agonia, il 29 aprile 1975, a causa delle gravissime ferite riportate al capo.

Il processo si concluse solo nel 1987, dodici anni dopo i fatti.

La giustizia arrivò tardi e, secondo molti, in modo parziale.
La II Corte d’Assise di Milano condannò:

  • Marco Costa: 15 anni e 6 mesi di reclusione (esecutore materiale)
  • Giuseppe Ferrari Bravo: 15 anni (esecutore materiale)
  • Claudio Colosio: 15 anni
  • Antonio Belpiede: 13 anni
  • Brunella Colombelli: 12 anni
  • Franco Castelli, Claudio Scazza, Luigi Montinari: 11 anni ciascuno
Le pene furono ridotte grazie a indulti, benefici di legge e attenuanti generiche.

Di fatto, molti degli imputati scontarono solo pochi anni di carcere effettivo.

Alcuni, come Belpiede, hanno sostenuto di aver pagato più di altri
e di essere stati coinvolti solo come “pali”, mentre i veri responsabili erano già liberi.

Altri, dopo aver scontato la pena, hanno ripreso la loro vita professionale:
uno dei condannati, ad esempio, è diventato primario ospedaliero a Milano.



Nel 1990, i condannati inviarono una lettera di scuse alla madre di Ramelli,
dichiarando di non aver mai conosciuto la vittima
e di aver agito solo per odio ideologico,
senza immaginare un esito così tragico.

DOPO AVERLO SPRANGATO CON CHIAVI INGLESE DA 3 KG. ?
 


Le ragioni... 🤣


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La politica riesce sempre a cambiare il bianco in nero e viceversa. Come si ribaltano le cose
🇩🇪 "ESTREMISMO DI DESTRA". AFD, ANGELA MERKEL E I DOPPI STANDARD
Il 13 settembre 2002 una giovane Angela Merkel pronuncia un infuocato discorso al Bundestag nel quale critica aspramente la legge sull'immigrazione del governo dell'allora cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, a capo di una coalizione formata da SPD e Bündnis 90/Die Grünen. La Merkel sostiene che la legge in vigore "non pone limiti alla nuova immigrazione" e sostiene a chiare lettere che prima di pensare a far entrare nuovi migranti, occorre migliorare l'integrazione di quelli già accolti. La Merkel cita gli studi del PISA, il programma dell'OCSE, secondo cui il 40% dei giovani di famiglie di immigrati che vivono nel quartiere Kreuzberg a Berlino non ha un diploma superiore né una qualifica professionale. La Merkel promette di cambiare la legge: "Con noi avrete un'alternativa, noi cambieremo tutto questo".

Esattamente gli stessi argomenti e termini usati negli ultimi anni da esponenti di AfD, che oggi, tuttavia, costano a questo partito la classificazione di "comprovatamente di estrema destra" nonché il rischio di una messa fuori costituzione.

Angela Merkel era all'epoca presidente della CDU e leader dell'opposizione al Bundestag. Friedrich Merz era capogruppo della CDU/CSU al Bundestag e nel video applaude il discorso di Angela Merkel insieme a tutti i suoi colleghi.

Video: storymakers, X
Trascrizione della seduta del Bundestag
Traduzione e sottotitoli: Giubbe Rosse

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