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Poveri decerebrati pdioti e radical chic, ti prendono pure per il kul

Mentre continuano le indagini sul Qatargate con le valigie piene di soldi
che fanno crollare decenni di elucubrazioni sulla presunta, anzi presuntissima superiorità morale della sinistra,
le tesi dei commentatori nei talk show per circoscrivere la tangentopoli europea a poche mele marce si fanno via via più audaci.

Ed i telespettatori a sentire certi sofismi restano senza parole,
e quando le trovano sono più che altro di indignata protesta.


Fa ancora discutere, ad esempio, l'uscita di Beppe Severgnini a Otto e Mezzo, martedì 20 dicembre su La7.

Nel programma condotto da Lilli Gruber l'editorialista del Corriere della Sera si è avventurato in un sentiero particolarmente impervio.

Per Severgnini lo scandalo delle mazzette dal Qatar è "un fatto molto italiano”.

Quel che emerge, tuttavia, è che "la sinistra ha commesso peccati che negli ultimi vent’anni ha commesso un po’ di più la destra”.

Tant'è.


Poi il giornalista ha provato a dare una spiegazione psicologica alla brama di denaro:

“Cosa scatta nella testa di un uomo che ha un ottimo stipendio, un’ottima posizione, una bella vita?
Io ho il sospetto che a un certo punto a un uomo politico venga quasi una sorta di strana invidia" afferma.

"Firma la legge per gli appalti per una persona che il mese dopo va in giro con il Porsche Cayenne, mentre lui va in giro con la Panda Cross”,
è il parallelismo usato da Severgnini che poi proferisce la frase decisiva:

15 mila euro al mese sono molti ma non è che diventi proprio ricco. Per questo scatta una specie di strana invidia. Altrimenti non si spiega”.
 
Speravo che la parabola "bonus" fosse terminata....ed invece.


In merito alla ridicola vicenda del bonus cultura, alias bonus 18 anni,
emerge ancora una volta la legge non scritta che impone a chi sta al Governo di non togliere alcun beneficio,
seppur dai presupposti più che discutibili, concesso da suoi predecessori.

Semmai, come nel caso in questione, si apportano alcune modifiche,
tanto per dimostrare al popolo questuante che il provvedimento sia stato profondamente migliorato.


E da questo punto di vista non sembra scorretto sostenere che, da una Repubblica fondata sul lavoro,
stiamo sempre più scivolando verso una Repubblica delle banane fondata sui bonus.


Ora, per quanto riguarda questo regalino elettorale alle persone che compiono la maggiore età,
come riportato dalla stampa nazionale, esso viene “limitato” alle famiglie sotto i 35mila euro di reddito Isee.

Tuttavia, per i cosiddetti meritevoli, quelli che si diplomano con 100 centesimi, il tetto non vale, per poi raddoppiarsi per chi possiede entrambi i requisiti.


Già immagino la faccia di tutti quei giovani che, per pochi centesimi in meno e qualche centinaia di euro in più di reddito, perdono codesto bonus di Pulcinella.

Se è veramente questa la linea che l’attuale maggioranza intende seguire per perseguire le utopie dell’equità sociale e del merito, allora stiamo partendo col piede sbagliato.


Con la prospettiva di lavorare in un medio-lungo orizzonte di Governo,
Giorgia Meloni e soci potevano anche permettersi il lusso di eliminare questo ennesimo esempio di democrazia acquisitiva.
 
Ahi ahi ahi, partiamo male.


Nella giornata di ieri, ne abbiamo avuto l’ennesima prova: i liberali al governo sono quasi inesistenti.
E, forse, non esisteranno mai.

La manovra del nuovo esecutivo di Giorgia Meloni doveva segnare il netto distacco tra una sinistra keynesiana e statalista,

rispetto una destra sì con tratti conservatori, ma che alla fine si sarebbe fatta portatrice della tanto osannata (ma mai compiuta) “rivoluzione liberale“.



E invece no.

Al primo banco di prova, Palazzo Chigi sembra essersi voltata dall’altra parte,
in continuità con le operazioni economiche degli ultimi anni, composte da bonus e mancette,
senza una visione d’orizzonte fondata su tagli di tasse.


Tenetevi forte, perché quello che andremo a scrivere sarebbe stato degno di un governo giallorosso, per esempio,
magari con una stampella fatta dal gruppo dei Verdi, visto che anche in quest’ultima manovra spunta come un dogma la componente green.
 
Il governo Meloni ha deciso di prorogare una quantità di bonus mastodontica.

Dal bonus mobili al bonus psicologo, fino ad arrivare al bonus 50 per cento per chi vorrà comprare una casa ecosostenibile
e concludere con la proroga del superbonus 110 per cento.

Anche 18App non sarà soppressa totalmente, ma verrà scomposta in due nuove carte cultura per i diciottenni:
la Carta del Merito e la Carta della Cultura Giovani, per una somma che arriverà a toccare punte di 230 milioni di euro.

Ma non finisce qui.

Tra gli altri provvedimenti ultra-statalisti spunta

l’aumento delle pensioni minime per gli over75,

l’applicazione di tasse su extraprofitti,

fino ad arrivare al flop dei flop: saltano infatti le rottamazioni delle cartelle esattoriali, inferiori a 1000 euro, dal 2000 al 2015
(più specificatamente, sono prorogate di due mesi, dal 31 gennaio al 31 marzo ’23)
e la norma sul tetto di 60 euro per il pagamento con Pos.

Ciò vuol dire che ritornano le multe ai commercianti che rifiutano di accettare pagamenti con carte e bancomat.
 
Purtroppo nel governo ci sono due tare. Forza italia e noi moderati.
.....che all'interno hanno solo esponenti a neurone unico, molto invidiosi della perdita dei posti di comando
ed allora...mettiamo il bastone fra le ruote al governo. Bravi. Siete proprio delle tare.


Insomma, non un euro di riduzione di tasse, non un euro di riduzione della spesa pubblica,
poco o nulla viene sottratto dai bonus per essere destinato alle categorie che veramente stanno pagando
il conto della crisi pandemica ed energetica.

Anzi, si arriva alla beffa, ovvero alla proposta fatta da Noi Moderati:

la riduzione della tassazione sulle pensioni erogate ai frontalieri da istituti del Principato di Monaco, dal 23 per cento al 5 per cento.


Senza entrare nel merito delle singole misure, è evidente però che il punto di partenza non fa ben sperare.

O meglio, lascia fortemente desiderare chi si definisce anti-statalista, pro-impresa e sostenitore del libero mercato,
lontano da vincoli burocratici che bloccano l’iniziativa privata.


Uno dei pochissimi motti d’orgoglio di questa manovra: la stretta sul Reddito di Cittadinanza.
L’offerta di lavoro, infatti, non dovrà più essere “congrua” e il rifiuto ne farà perdere il diritto al sostegno.


Una manovra che ha fatto bisticciare anche Forza Italia e Fratelli d’Italia, dopo l’esclusione dello scudo penale per i reati tributari.

Un’azione che, dai giornali a tendenza progressista, risulterebbe essere un regalo agli evasori,
ma che al contrario è stata ben spiegata dal viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto:

“La proposta sullo scudo nasce da uno studio interministeriale,
promosso dal ministero dell’Economia e dal ministero della Giustizia.

Tu paghi il cento per cento di quel che devi pagare e a fine corsa,
se hai pagato tutte le rate unitamente ad una sanzione ridotta,
estingui i cosiddetti ‘reati formali’, i piccoli reati.

Questo è stato il principio che i due ministeri insieme hanno valutato: non è affatto un condono”.



Eppure, la spiegazione di Sisto non è bastata a far cambiare idea ai vertici del centrodestra.

Ad oggi, Palazzo Chigi porta a casa due risultati negativi evidenti.

Da una parte, come già detto, una continuità con i governi precedenti,
preoccupati soprattutto a redistribuire i soldi della collettività in mancette sparse;

dall’altra, Meloni si è rimangiata ciò che di vagamente liberista aveva previsto.


In particolare, gli interventi su Pos, rottamazioni e scudo penale.

Insomma, un risultato che sa tanto di sconfitta, e anche piuttosto amara per chi credeva, fin dall’inizio, ad una svolta radicale rispetto al passato.
 

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