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Ahahahahahahah

Bifronte come certe figure della mitologia greca, Greta Thunberg ha ormai due maschere: una farsesca e una tragica.

Volete quella farsesca?
Basta accostare le sue dichiarazioni frignanti di ieri secondo cui lei, l’equipaggio e la sua barchetta s
arebbero stati nientemeno che «kidnapped», cioè rapiti e sequestrati dall’esercito israeliano,
con la foto di lei – sempre lei, mica una sosia – tutta contenta di ricevere un sandwich da un soldato Idf.

Ma come?

Il sequestratore che passa la pagnottella alla povera eroina sequestrata?

E lei, la coraggiosa attivista, la pasionaria indomita, che si fa irretire da una merenda?

Già qui verrebbe voglia di far calare il sipario.
 
In Israele ha trovato – è proprio il caso di dire – pane per i suoi denti.

L’hanno rifocillata (bene),
l’hanno adeguatamente presa in giro (il governo israeliano ha definito la sua barchetta un «selfie yacht», cioè un’imbarcazione per farsi le foto).
E poi le hanno impartito una lezione di vita vera e seria,
invitandola ad assistere a un lungo video sui crimini commessi da Hamas il 7 ottobre.

Avrà capito? Forse no.

Ma almeno qualcuno l’ha messa in condizione di farlo,
spiegandole il confine tra sceneggiate (le sue) e tragedie (quelle provocate da coloro che difende).

A proposito di tragedie: e qui siamo al secondo volto di Greta.

Ieri l’autorevole Telegraph, quotidiano di Londra,
ha sparato la notizia secondo cui ad aver contribuito a organizzare la spedizione navale di Greta
sarebbe stato un uomo accusato da anni di essere un operativo di Hamas basato a Londra, Zaher Birawi
 
Ovviamente si tratta di capire se l’indiscrezione sarà confermata e se le accuse si riveleranno fondate.

Ma – se così fosse – tutta l’operazione assumerebbe contorni assai più cupi.

E soprattutto l’angelica Greta si confermerebbe simile a una sorta di scatola vuota variamente utilizzabile,
nel passato come nel presente e magari anche nel futuro.

Un tempo ricorderete la quantità di sponsorizzazioni e marchi,
con aziende di mezzo mondo che ritenevano utile essere accostate all’attivista green.

Oggi – oplà – al posto di quel tipo di marketing potrebbe essercene un altro.

Né trasparente né verde, ma opaco e inquietante.
 
Ci manca solo che accada..........

Le aurore polari sono uno degli spettacoli più maestosi della natura,
danze di luce colorata nei cieli notturni che hanno affascinato l’umanità per millenni.

Ma dietro questa bellezza si nasconde una potenza distruttiva,
un promemoria della forza del nostro Sole e una minaccia diretta alla nostra civiltà iper-tecnologica.


Un nuovo e rivoluzionario studio scientifico, basato su un’analisi meticolosa di dati storici, lancia un allarme drammatico:

i modelli attuali sottovalutano gravemente il rischio che le tempeste geomagnetiche estreme rappresentano per le nostre reti elettriche.

Lo scenario di un blackout su vasta scala, continentale, non è fantascienza,
ma una possibilità concreta e più probabile di quanto si creda.

La ricerca originale è stata pubblicata su Advancing Earth and Space Science.
 
Gli scienziati lanciano l'allarme
Interviene la Protezione Civile
Un grosso grazie và agli uomini della Protezione Civile

Fatto
 
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Mi sa che questa volta l'hanno fatto troppo fuori dal buco.

Si discute in questi giorni del provvedimento che entrerà in vigore il 1° ottobre 2025,
con cui Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna
si preparano a vietare la circolazione delle auto diesel Euro 5 nei giorni feriali,
dalle 8,30 alle 18,30, nei comuni con più di 30mila abitanti.

Secondo la giustificazione ufficiale, il provvedimento dovrebbe migliorare la qualità dell’aria
e rispondere agli obblighi assunti a livello europeo.

In realtà, dietro questa narrazione ambientale
si cela una scelta politica fortemente dirigista,
che sacrifica la libertà individuale,
trascura le condizioni economiche reali della popolazione
e amplia il solco tra cittadini e istituzioni.



Il diritto di ogni persona di scegliere come muoversi
è una delle fondamenta di una società libera e prospera.


Ogni individuo ha esigenze differenti e valuta le proprie scelte di mobilità
in base a disponibilità economica,
vincoli familiari,
condizioni lavorative.

Colpire i proprietari di auto Euro 5 significa penalizzare famiglie, piccoli imprenditori, pendolari
che hanno acquistato veicoli legali, ancora efficienti, spesso in base a incentivi pubblici precedenti.

È una decisione retroattiva che svuota il concetto di certezza del diritto,
mina la fiducia nelle istituzioni
e spinge verso un modello in cui l’obbedienza
conta più della razionalità o della giustizia.
 

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