SOLO UNA MENTE EDUCATA PUO' CAPIRE UN PENSIERO DIVERSO DAL SUO SENZA LA NECESSITA' DI ACCETTARLO

Dal 2011 al 2019 -già prima che arrivasse la pandemia- sono successe cose nel mondo bancario e ce ne siamo accorti tutti.


Nel 2011 gli sportelli erano quasi 34mila contro i 23mila attuali. Una riduzione del 30%.

Ce ne siamo resi conto cercando un bancomat che funzionasse.

Lontanissimi i tempi in cui le banche venivano valutate un tanto a filiale.

Più ne avevano più erano appetibili.

I dipendenti da poco più di 322mila sono diminuiti a circa 275mila.

Se n’è accorto chi in banca ci lavorava.

Il numero delle banche è sceso da 740 a 474.

Se n’è accorto spesso l’imprenditore cliente delle due banche che andavano a fondersi.

Quasi mai il fido accordato sul conto alla fine dell’operazione risultava pari alla somma dei precedenti.

I prestiti a famiglie ed imprese sono intanto scesi da 1.512 a 1.261 miliardi. Oltre 250 miliardi in meno.

Il credito al settore privato si è prosciugato al ritmo di 86 milioni al giorno.

Come nota il banchiere Camillo Venesio, negli Stati Uniti -la cui popolazione è lievemente inferiore a quella dell’eurozona-
ci sono circa 10.500 banche locali contro le 2.500 dell’area euro.

Il Texas, con 29 milioni di abitanti, possiede circa 800 banche piccole e medie contro le 100 dell’Italia la cui popolazione è oltre il doppio.

E stiamo parlando di un’economia teoricamente non bancocentrica come la nostra
dal momento che mercati azionari ed obbligazionari sono alla portata di qualsiasi impresa voglia crescere indipendentemente dalla dimensione.

Ma è la qualità del credito il problema più macroscopico che affligge i nostri istituti di credito
che -sempre dal 2011 al 2019- hanno accantonato perdite su crediti per 195 miliardi a fronte di un risultato netto cumulato di -46 miliardi.

Poco più di 900mila sono gli italiani messi a sofferenza dal sistema bancario
senza contare le cosiddette inadempienze probabili (una volta chiamate incagli),
le posizioni ristrutturate o semplicemente scadute.

Tutte queste esposizioni vanno nel complesso a traguardare il montante dei cosiddetti crediti deteriorati ad oggi pari a quasi 100 miliardi.

Gli effetti della pandemia non sono purtroppo ancora visibili.

I prestiti attualmente oggetto di moratoria sono di poco inferiori a 140 miliardi.

Quante di queste posizioni diventeranno inadempienze probabili se già non lo sono?

Quante le prossime sofferenze conclamate?


Per non parlare dei quasi 180 miliardi richiesti per far fronte all’emergenza Covid e concessi con la garanzia dello Stato.

Esiste una stima ragionevole di quanto potranno essere le escussioni future di tali garanzie?


Già il 28 aprile 2018 affrontavamo il problema ed avanzavamo una proposta
ben consapevoli di una forte contraddizione oggi ancor più evidente.

Dentro la Bce sono concentrate le funzioni di politica monetaria -attualmente ma temporaneamente espansiva-
e di vigilanza creditizia – straordinariamente restrittiva nell’indurre le banche a classificare e trattare i crediti sempre più problematici e sempre più numerosi-.

Una schizofrenia ben evidenziata da Angelo de Mattia.


La nostra proposta presupponeva un “radicale cambio di rotta” a salvaguardia delle famiglie e delle imprese debitrici
senza privare le banche della possibilità di cedere gli NPL nell’ambito delle sempre più frequenti operazioni di derisking.

Proponevamo una modifica normativa dell’articolo 58 del Testo Unico Bancario
che consentisse al debitore ceduto di riscattare il proprio credito entro novanta giorni dall’avvenuta cessione corrispondendo un prezzo ragionevole all’acquirente.

Una maggiorazione del 10% rispetto al costo della cessione che consentisse all’investitore un rendimento del 40% su base annua.


Una sorta di clausola di preventiva e bonaria conciliazione.

Con particolari cautele che avrebbero prevenuto condotte di moral hazard.

Debitori che smettono di pagare sapendo di poter spuntare uno sconto.

Ne avrebbe tratto giovamento il mercato immobiliare oberato da una valanga di vendite forzose
che deprime oltremisura il valore di tutto il patrimonio delle famiglie italiane.

Senza considerare gli effetti di decongestione dei procedimenti esecutivi nei tribunali.

Si parla tanto di riforma della giustizia civile.

Quale migliore riforma se non diminuire il numero dei contenziosi?

Avremmo ridato serenità a milioni di italiani.

Se era un’emergenza allora figuriamoci oggi.

Auspicavamo un dibattito.

E i buoni semi danno sempre buoni frutti.


Ha raccolto il testimone il Senatore Alberto Bagnai (Lega) che da Presidente della Commissione Finanze al Senato
ha chiamato in audizione sul tema sia l’Abi che Banca d’Italia.

Il risultato di questo prezioso percorso è ora sotto gli occhi di tutti.

Al Senato giace una proposta di legge promossa dal senatore Maurizio Buccarella (Misto)
e che a sua volta ha sintetizzato i contenuti di due altre proposte di legge promosse dai senatori Adolfo D’Urso (FdI) e Gianni Pittella (Pd).

La straordinaria portata di questo progetto di legge, che riprende in larga parte i contenuti della nostra proposta,
è che si presterebbe alla perfezione nella salvaguardia di moltissimi interessi (banche, imprese, famiglia, giustizia civile).


Bene -molto bene- farebbe l’esecutivo di Mario Draghi a governare questo processo di modifica normativa
facendo leva sul temporaneo clima di unità nazionale e sulla sua indiscussa competenza in materia.


È urgente.

Non è che un primo passo.

C’è da lavorare.
 
Questi sono i dementi che ci governano...........portano avanti delle istanze utopistiche
e poi NOIne paghiamo le conseguenze. Domani Vi darò un dettaglio degli aumenti
di Energia e Gas. Per oggi basta questo.


Mobilità di massa ed elettrificazione: sembra essere sempre più questo il paradigma del prossimo futuro, specialmente in Europa,
dove l’UE è particolarmente impegnata nella spinta alla transizione e le case automobilistiche provano ad adeguarsi alle sollecitazioni politiche.

L’obiettivo resta quello di ridurre le emissioni di CO2 e introdurre nuove pratiche a basso impatto ambientale.

I motori termici, o a combustione interna – cioè i classici benzina e diesel – hanno dunque davanti ancora pochi anni di gloria.
E del resto i maggiori gruppi automobilistici hanno smesso di investire sul loro sviluppo.


Non sarà un passaggio immediato né particolarmente traumatico – la transizione richiederà non meno di 15/20 anni –
ma la road map è tracciata a livello di Unione Europea, e a cascata riguarda e riguarderà i singoli paesi membri.


Intanto non passa inosservata la notizia chde proviene dalla regione di Bruxelles, in Belgio,
dove si è deliberato lo stop dal 2030 alle auto diesel e dal 2035 anche a quelle a benzina.
Il traguardo di una mobilità totalmente elettrica, dunque, è distante meno di una quindicina di anni.

La proposta in realtà era stata avanzata già nel 2018,
ma la decisione definitiva è stata adottata solo in questi giorni, con due date che, di fatto,
anticipano le mosse di altre nazioni e anche, con tutta probabilità, dell’Unione Europea.


Il Belgio, riferisce l’Ansa, è tra i nove paesi Ue ad aver chiesto alla Commissione europea
di indicare una data per la fine della immatricolazione delle auto a benzina o diesel.

Una richiesta a cui, fanno sapere da Bruxelles, si è arrivati dopo anni di studi sul clima
e sulla qualità dell’aria e sull’impatto dei veicoli spinti da motori endotermici.

Dunque la decisione riguarda la regione belga di Bruxelles,
ma fatalmente finirà per avere un peso specifico su quelle che saranno le direttive per tutto il continente.


La Commissione europea è al momento al lavoro per definire meglio il piano “emissioni zero” per i veicoli venduti a partire dal 2035:
questa è la data fissata oltre la quale i funzionari Ue intendono approvare lo stop definitivo alla VENDITA di auto a diesel e benzina.

Le nuove regole rientrerebbero in un rinnovamento degli standard di riduzione delle emissioni delle auto in Europa,
uno dei capi saldi del Green Deal Ue per raggiungere le emissioni nette di CO2 entro la metà del secolo.

Prima dello stop definitivo, però, la Commissione sta valutando un passaggio graduale,
individuando un’altra data importante per il blocco, quella del 2030,
anno in cui si punta ad imporre una riduzione del 60% delle emissioni di auto,
alzando il limite attuale del 37,5% per poi arrivare a quello definitivo pari al 100%.


Addio alle auto a benzina e diesel entro il 2040.
E’ questa, secondo il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Enrico Giovannini,
la data per l’inizio dell’era in cui la mobilità sarà solo elettrica in Italia.

“Nel governo stiamo ancora ragionando. Ci sono Paesi, come quelli del nord Europa, che hanno fissato il limite al 2030.
Altri al 2040. A luglio arriverà l’indicazione della Commissione Europea.
Noi presto decideremo, ma direi che il 2040 è una data limite”, ha detto in una intervista a ‘la Repubblica’.


Naturalmente si parla di stop a produzione e vendita di auto termiche nel 2040, NON DI CIRCOLAZIONE
(al netto delle probabili sempre maggiori limitazioni future nelle città, specie per i diesel).

E vale anche la pena evidenziare come il paradigma riguardi anche le autovetture ibride,
che al momento della totale elettrificazione saranno equiparate a quelle termiche (mild-hybrid, full-hybrid o plug-in che siano).
 
Allora. Qui o qualcuno sbaglia a conteggiare,
oppure è meglio che la piantiamo lì con 'sta storia degli Inglesi.


I bollettini giornalieri :

ieri, in Gran Bretagna si è registrato il picco di positivi da gennaio (quasi 28.000 su 1,3 milioni di tamponi) e appena 22 morti,


mentre in Italia 882 nuovi positivi(su 188.000 tamponi) e 21 decessi.
 
Oggi l’infettivologo Matteo Bassetti è intervenuto sul pericolo di infezione per “Variante delta”,
lasciando il campo della medicina, passando a quello del diritto e della politica e dicendo, francamente, qualche discreta castroneria.


Leggiamo le sue dichiarazioni da ADNKronos:


“Possiamo fare quello che vogliamo, ma da agosto la variante Delta sarà predominante .
L’unico modo che avremo per difenderci dalla variante Delta sarà di avere l’85% di italiani vaccinati per il 15 di ottobre con 2 dosi.
Se arriviamo al 15 di ottobre con l’85% di vaccinati la variante Delta ci farà un baffo,
se invece ci arriveremo con il 65% saranno dolori.
Se noi avremo, e mi auguro di no, il 30% degli italiani non vaccinati , vuol dire che avremo 16-17 milioni di persone potenzialmente suscettibili ed è troppo.
Anche perché i non vaccinati sono distribuiti in tutte le categorie di età.
E mi risulta che ci sia ancora una fettina di scettici anche tra gli ottantenni e i novantenni”.


Quindi cosa vuol fare?
“Io credo che non ci possiamo permettere delle chiusure, sarebbe troppo grave .
Vuol dire che non abbiamo fatto capire agli italiani quanto è importante la vaccinazione.
A quel punto bisognerà inasprire ulteriormente le misure nei confronti di chi non si vaccina:

Sei non vaccinato? Non esci.

Hai deciso di non vaccinarti, di mettere a rischio la tua salute, ma anche quella degli altri?

Bene, i vaccinati faranno una vita normale, i non vaccinati si chiuderanno in casa”.



Dopo le recenti sentenze contro i loockdown generalizzati
sarebbe veramente interessante conoscere quale base legale,
presa dai codici di Hammurabi o dal codice di Rotari,
potrebbe avere una legge discriminatoria come quella suggerita da Bassetti.


Il medico prende la Costituzione, tutta intera, e ne fa coriandoli di tutti i diritti, partendo dalla Libertà personale,

che può essere limitata solo su base penale e da un giudice.


Anche gli stati d’emergenza devono essere limitati ed a tempo e non specifici per certe categorie.


Caro Bassetti, “Uflė fa el ti mistė”, cura i malati, ma lascia stare le leggi. Faresti solo disastri
 
Spettacolare esplosione nella più grande raffineria rumena, Petromidia, non lontano da Costanza, sul Mar Nero..

L’esplosione è stata molto forte e vista da chilometri di distanza dai villeggianti che si recavano al mare.





Un uomo di cui era stata denunciata la scomparsa è stato trovato morto.

Altre quattro persone sono rimaste ferite, una con ustioni sul 45% del corpo.

Le persone delle località vicine hanno ricevuto un messaggio RO-Alert di rimanere nelle loro case e di non aprire le finestre.


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Il ministro dell’Interno Lucian Bode ha annunciato che intorno alle 15:00 l’incendio è stato spento.

“Questa tragedia potrebbe trasformarsi in una catastrofe”, ha detto il ministro.

Il bilancio dell’esplosione, secondo le autorità, è morto un uomo e altri 4 sono rimasti feriti.

Erano fuori su una piattaforma su cui c’erano varie attrezzature industriali.


Secondo le prime informazioni, la causa dell’esplosione potrebbe essere stata un tubo rotto.
Gli impianti sono stati revisionati lo scorso anno, tra marzo e aprile.


Questa esplosione ha danneggiato un importante impianto che resterà chiuso,
o a capacità ridotta, per un certo periodo, proprio quando il petrolio sta salendo di prezzo.

L’impianto, creato ai tempi di Ceaucescu, ma rifatto negli anni 90 e ampliato,
ha una capacità di trasformazione giornaliera di 100 mila barili.


Tra l’altro l’incidente è successo in un’area di forti tensioni dopo i recenti incidenti fra Russia e Nato nei pressi della Crimea.
 
Eccolo qui il classico arrogante diversamente bianco che pensa di essere chissà chi.

Ed io dovrei inginocchiarmi per lui ? Ma andate a .......

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A inizio giugno, in occasione di una trasferta nel Lot, nel cuore della provincia francese,
Emmanuel Macron,
tra una chiacchierata e l'altra con gli abitanti locali, disse che la «cancel culture è un dramma».

Nell'ultimo numero dell'edizione parigina del magazine Elle, l'inquilino dell'Eliseo
ha ribadito tutto il male che pensa delle nuove ideologie modaiole provenienti da oltreoceano,
razzialismo, decolonialismo e indigenismo, alla base della "cancel culture"
che una certa gauche vorrebbe diffondere anche in Francia.


«Vedo la società razzializzarsi progressivamente», ha detto allarmato il presidente francese,
puntando il dito contro «la logica intersezionale che crea fratture ovunque», in ogni ambito.


Secondo la teoria intersezionale, lanciata nel 1989 dalla giurista nera Kimberlé Crenshaw
e diventata negli ultimi anni egemonica nei campus liberal americani, le diverse forme di diseguaglianza e di discriminazione si mischiano tra loro.


Le donne afroamericane, sostengono gli adepti dell'intersezionalità, sono a prescindere più soggette a discriminazioni rispetto alle donne bianche.

E se una donna è afroamericana e trans lo è ancora di più.

La sinistra radicale francese, quella di Jean-Luc Mélenchon, leader di France insoumise,
ma anche una parte del Partito socialista e dei Verdi, considera il pensiero intersezionale di matrice anglosassone
come la nuova bussola intellettuale che dovrebbe orientare il mondo progressista
, anche quello francese.


Macron, invece, nonostante le pressioni dell'ala sinistra del suo partito, la République en marche (Lrem),
non ha alcuna intenzione di cedere alle derive ideologiche americane: perché sono opposte ai valori della République.

«Io sto dalla parte dell'universalismo. Non mi riconosco in una battaglia che riduce ogni persona alla propria identità o al proprio particolarismo»,
ha affermato Macron, rigettando in blocco l'approccio intersezionale, uno dei totem ideologici del movimento Black Lives Matter.

Per il capo dello Stato francese, a differenza di quanto pensano gli aficionados dell'ideologia "woke" americana,
«le difficoltà sociali non dipendono solamente dal genere e dal colore della pelle, ma anche dalle diseguaglianze sociali».


Quando la giornalista di Elle ha citato a Macron la testimonianza della regista e afrofemminista Amandine Gay,
secondo cui essere donna e nera «ha delle conseguenze nella vita reale», e in particolare nella ricerca di un lavoro,
il presidente francese le ha risposto così:

«Potrei presentarle alcuni giovani bianchi che si chiamano Kevin, abitano a Amiens o a Saint-Quentin,
e che, per varie ragioni, hanno anch' essi difficoltà a trovare un lavoro»
.

Secondo Macron, «le difficoltà strutturano la vita», ma «non costituiscono ciò che identifica ognuno di noi».

Il modello francese, ha insistito l'inquilino dell'Eliseo, è quello universalista, che non ha nulla a che vedere con il razzialismo americano.

«Ci eravamo affrancati da questo approccio
ed ecco che le persone vengono nuovamente ridotte alla loro razza.
Così facendo, vengono ghettizzate»
, ha spiegato Macron, prima di aggiungere:


«Non si nasce cittadini, lo si diventa. Ciò che mi importa maggiormente è la parte che ho in comune con gli altri».


L'ostilità del governo francese verso la "cancel culture" e l'ideologia "woke"
era già stata espressa alcune settimane fa dalla ministra per le Pari opportunità, Élisabeth Moreno.

Nera e di origini umili - padre muratore e madre che faceva le pulizie, entrambi originari di Capo Verde e analfabeti - la Moreno,
in un'intervista a Bloomberg, aveva dichiarato che «la cultura "woke" è molto pericolosa e non bisogna importarla in Francia».

Poi, incalzata dall'intervistatrice, aveva aggiunto che «l'universalismo francese è una filosofia che riconosce le persone per come sono,
e non perché sono donne, Lgbt+ o di una diversa etnia».



Una lezione sui valori repubblicani che anche il ministro dell'Istruzione, Jean-Michel Blanquer,
ha impartito di recente ad alcuni deputati della sinistra radicale riuniti all'Assemblea nazionale,
quando in riferimento all'incursione dell'ideologia "woke" nelle università ha parlato di
«un nuovo maccartismo», di una «polizia del pensiero» che in Francia non è benvenuta.
 
Il controverso miliardario di Bitcoin Mircea Popescu, 41 anni, è improvvisamente morto,
lasciando dietro
di sé un’enorme fortuna in criptovalute che potrebbe valere fino a 2 miliardi di dollari
e che alcuni ipotizzano potrebbe essere persa per sempre.

Popescu, noto per essere tra i più grandi detentori individuali di Bitcoin al mondo a un certo punto,
è annegato la scorsa settimana al largo della costa del Costa Rica, vicino a Playa Hermosa,
dopo aver fatto una nuotata mattutina, secondo le notizie locali.

Secondo quanto riferito, Popescu è stato “spazzato via dalla corrente ed è morto sul colpo”.

Il che è un po’ strano per una persona che conosceva già il luogo.

La morte è stata confermata da tre donne che facevano parte del suo più stretto entourage.

Il suo sito web non è più aggiornato dal giorno della sua morte.


La ricchezza stimata di Popescu era di 2 miliardi ad aprile,
al culmine della bolla e di un miliardo ai prezzi attuali, ma dove sono finiti?


Alexander Marder, analista di ricerca per Crypto Briefing, ha affermato su Twitter
che i Bitcoin di Popescu potrebbero essere persi per sempre, insieme a quelli di John McAfee,
il pioniere del software antivirus che si è impiccato in una cella di prigione spagnola la scorsa settimana.



La sparizione di Popescu, se porterà con se le chiavi private dei suoi BTC, renderà gli stessi inservibili, praticamente spariti,
per cui il numero di BTC sul mercato attuale o futuro è diminuito.

La spinda deflazionistica diventa ancora più forte.


Secondo Chainalysis il 20% dei Bitcoin è stato annullato dalla perdita delle chiavi segrete.

Ogni volta che un Popescu muore, portando con se le chiavi private e quindi eliminando un certo numero di Bitcoin dal mercato,
vi è una spinta deflazionistica e, teoricamente, aumenta il valore dei BTC rimasti.

Purtroppo questo fa apparire BTC sempre più come una “Tontina”,
cioè uno schema in cui un certo numero di partecipanti versa un premio ma la rendita complessiva verrà incassata solo dai sopravvissuti,
come nel sistema finanziario nato nel XVII secolo e diffusosi nel XVIII.


Un macabro modo per arricchirsi, ma così funziona, almeno teoricamente, BTC.
 
Il più grande sottomarino al mondo, il “Distruttore di città” di Putin ,
il colosso della Marina russa K-329 Belgorod
è stato mostrato al pubblico per la prima volta nei giorni scorsi, in fase di prove in mare.


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Stimato come lungo a 178 metri e circa 15 metri (49 piedi) di diametro,
è il doppio dei più grandi sottomarini della Royal Navy del Regno Unito,
ma in modo più impressionante è dotato di droni sottomarini guidati dall’intelligenza artificiale
che secondo un importante occidentale sono in grado di colpire bersagli costieri che si trovano a 6.000 miglia di distanza.

Ora questo gigante è il fulcro della difesa strategica russa.


Un esperto militare del Royal United Services Institute (RUSI), il dottor Sidharth Kaushal, ha spiegato a The Mail on Sunday:

“Il Belgorod è abbastanza grande da fungere da nave madre per un insieme unico di navi più piccole
che hanno capacità di immersione profonda e la capacità di manomettere le infrastrutture sottomarine.

È ben attrezzato per il sabotaggio e le operazioni clandestine.
I suoi siluri nucleari Poseidon potrebbero anche essere un mezzo molto efficace
per attaccare una portaerei in tempo di guerra, uno contro il quale al momento non esiste alcuna difesa”.


Ecco di più sul motivo per cui il gigantesco Belgorod rappresenta una grande sfida per gli Stati Uniti
e la nave sfugge a una chiara classificazione da parte degli occidentali.

Le finalità tattiche del Bolgorod sono apparentemente contraddittorie,
perchè vanno dal sabotaggio alla dissuasione strategica.

Per il primo scopo è come sottomarino ospite (leggi ‘nave madre’) per sottomarini nani a propulsione nucleare per immersioni profonde.
Questi sono in grado di lavorare su cavi e altri oggetti sul fondo del mare.
La preoccupazione nella NATO è che questi potrebbero includere i cavi Internet sottomarini che collegano i paesi occidentali.
Questo tipo di finalità è definita una “missione speciale” nel gergo della marina (che è piena di eufemismi per attività segrete).


Il secondo ruolo è quello di attacco nucleare e deterrenza.
Per questo sarà armata con sei siluri Poseidon “2м39”.
Queste sono un’intera nuova categoria di armi non schierate da nessun’altra marina.
Sono stati descritti come “siluri autonomi intercontinentali a propulsione nucleare”.


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Ciascuno di questi siluri guidati dall’intelligenza artificiale è lungo più di 20 metri e,
almeno secondo le affermazioni militari russe, ha una portata praticamente illimitata
in termini di ciò che potrebbe raggiungere attraverso interi oceani.


La tempistica di lancio del Bolgorod è sospetta e viene ad avvenire a pochi giorni dalla crescita di tensione nel Mar Nero.

Per gli osservatori occidentali questo test non è casuale, ma si tratta del modo in cui Mosca mostra i muscoli strategici di fronte alla NATO.
 
Per cercare di mantenere l’economia viva, o almeno non mettere ulteriormente il bastone fra le ruote,
il governo venezuelano ha cercato di emettere delle banconote anche da un milione di Bolivar.

Peccato che l’inflazione abbia rovinato completamente il suo lavoro.


Ad esempio, una singola banconota da 1 milione di bolivar non sarebbe attualmente sufficiente per acquistare una singola tazza di caffè,
poiché un milione di bolivar vale poco più di $ 0,32 US.

Nello stesso tempo la stragrande maggioranza delle persone della classe operaia
ha ancora bisogno di contanti per le transazioni quotidiane, compresi i trasporti pubblici o i negozi di alimentari e merci locali.



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E ora la prossima iterazione di un tentativo di “soluzione” alla crisi in corso
è una nuova ridenominazione della valuta, che segnerà nientemeno che la terza in 13 anni.



Questa volta si tratterà semplicemente di tagliare molti zeri
per rendere le cose praticamente più facili per le transazioni in contanti, come riporta Bloomberg,

“Il Venezuela si sta preparando ancora una volta ad eliminare gli zeri dalla valuta nazionale,
al fine di semplificare le transazioni quotidiane che difficilmente si adattano a un calcolatrice
o che richiedono di scorrere la carta più volte per completare un acquisto.”



A partire da agosto la banca centrale taglierà sei zeri dal bolivar,
quindi un singolo dollaro costerebbe 3,2 bolivar invece degli attuali 3.219.000.



La mossa della banca centrale per eliminare un po’ di zeri inizia a sembrare un intervento periodico,
dato che a partire dal 2008 un totale di otto zeri è stato progressivamente rimosso.


L’ex presidente dell’associazione dei commercianti Consecomercio, Felipe Capozzolo, ha così commentato la decisione:

“Non solo è diventato difficile effettuare pagamenti perché gli importi sono troppo alti,
ma stampare tali numeri sta diventando difficile per le macchine etichettatrici”.

Dovranno fare delle macchine ad hoc per il Venezuela.


Quanti Bolivar servono per comprare un dollaro?…

Per questo motivo, è già noto che gli impiegati e gli operatori dei negozi tolgono regolarmente tre zeri per rendere più semplice la contabilità quotidiana:

“Una ridenominazione ti lascia con numeri più razionali e più facili da capire,
ma devi anche abilitare mezzi di pagamento, oltre al cambiamento, che incide sulla facilità di scambio di beni e servizi”, ha aggiunto Capozzolo.


Secondo un riassunto di Bloomberg, “Dopo il secondo più lungo periodo di iperinflazione nella storia della nazione,
l’inflazione annuale è ora al 2,339% all’anno, rispetto a oltre il 300.000% nel 2019, secondo l’indice Bloomberg Café con Leche”.



Negli anni il Paese ha stampato note sempre più alte ad absurdum…


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“Su base mensile, l’aumento dei prezzi è ulteriormente rallentato, fino a circa il 20% a maggio, rispetto ad aprile.
La banca centrale non pubblica più regolarmente i dati sull’inflazione”, aggiunge il rapporto.


Quindi in questo momento l’inflazione va ad intuizione, anche se con 6 zeri in meno sarà tutto più facile.
 

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