quanto sto rimpiangendo il guerrafondaio bush al posto dell'attuale nobel per la pace di colore non riesco ad esprimerlo
HAMAS : «NON RICONOSCEREMO STATO EBRAICO». NETANYAHU RESPINGE PROPOSTA DEL PRESIDENTE
«Gheddafi lascerà il potere sicuramente Israele deve tornare ai confini del 1967»
Obama: «In Nord Africa e Medio Oriente due leader sono stati sollevati dall'incarico e altri li seguiranno»
Barack Obama (Ap) MILANO - Gheddafi lascerà il potere. E anche altri leader in Nord Africa e Medio Oriente potranno doverlo fare nei prossimi mesi come è accaduto in Egitto e Tunisia. Israele deve tornare ai confini del 1967. E' questo il senso del discorso del presidente degli Stati Uniti Barack Obama sul futuro di Medio Oriente e Maghreb, rivolto ai diplomatici americani.
CAMBIAMENTI - «Negli ultimi mesi - ha spiegato Obama - abbiamo visto enormi cambiamenti in Medio Oriente e in Nord Africa. Il popolo si è sollevato in favore dei diritti fondamentali. Due leader sono stati sollevati dall'incarico e forse altri li seguiranno. Voglio dirvi come possiamo reagire a questa situazione e come possiamo corroborarla. Abbiamo spezzato lo slancio dei talebani, in Afghanistan a luglio cominceremo il ritiro e inizieremo la transizione. Abbiamo anche ucciso Bin Laden un assassino di massa che ripudiava la democrazia e i diritti individuali. Ora la maggioranza della gente si è resa conto che le stragi non sono una risposta per ottenere una vita migliore. I popoli del Medio Oriente e del Nord Africa stanno prendendo in mano il loro futuro. Le nazioni del Medio Oriente e del Nord Africa sono da tempo indipendenti, ma il potere era concentrato nelle mani di pochi, non c'erano partiti ed elezioni democratiche. Il popolo non può raggiungere le proprie potenzialità se deve pagare le tangenti e le ricchezze non vengono distribuite. L'unica valvola di sfogo in passato era l'odio contro Israele. Le strategie di repressione ora però non funzionano più. Internet e le tv satellitari sono una porta per il mondo per quei popoli. I cellulari e i social network consentono ai giovani manifestanti di organizzarsi. I giovani di Damasco sentono ora la dignità della libertà. Ci vorranno anni però per permettere alla storia di raggiungere i propri obiettivi».
POLITICHE USA - «Per decenni gli Usa - ha aggiunto Obama - hanno condotto una politica favorevole ai propri interessi nella regione: lotta al terrorismo, commercio, difesa di Israele. Anche ora i nostri interessi sono simili a quelli dei popoli locali. Sappiamo che i popoli soffriranno di enormi restrizioni economiche e quindi manterremo i nostri impegni con loro. Lo status quo non è più sostenibile. Le società tenute insieme dalla paura sono fragili. Abbiamo la possibilità di dimostrare che i valori americani sono gli stessi di quei giovani che si sono ribellati. Abbiamo la possibilità di raggiungere lì un mondo conforme agli ideali americani. I popoli stessi devono modellare il loro futuro, quindi a breve termine i nostri interessi non coincideranno con quelli dei popoli della regione. Noi sosteniamo una serie di principi universali. Tra cui il diritto di scegliere i propri leader e sosteniamo le riforme politico-economiche che possano aiutare i popoli della regione. Si tratta della nostra priorità numero uno e deve essere sostenuta da tutti gli strumenti economici e politici a nostra disposizione. Le nostre iniziative cominceranno in Egitto e Tunisia. Dovremo avere elezioni libere e società civile vivace».
GHEDDAFI - «Gheddafi - ha aggiunto il presidente americano - lascerà sicuramente il potere e la Libia potrà passare sicuramente ad un sistema democratico. Anche in Siria il ricorso alla violenza è all'ordine del giorno. Abbiamo lanciato nuove sanzioni contro Assad e il governo siriano. Assad faccia le riforme o lasci il potere. Il nostro messaggio sarà questo ai leader mediorientali: se favorirete il cambiamento avrete l'appoggio degli Stati Uniti. Per le riforme non bastano le elezioni serve il rispetto dei diritti fondamentali. Favoriremo l'accesso a Internet e la libertà di stampa».
SVILUPPO DELLE NAZIONI - «La politica - ha detto ancora Obama- da sola non ha portato la gente per strada. La gente vuole portare sostentamento alle proprie famiglie. Molti giovani sono istruiti ma non riescono a trovare il lavoro. L'obiettivo nostro deve essere un modello in cui il protezionismo faccia un passo indietro a favore delle opportunità per i giovani medioorientali. Cominceremo con Egitto e Tunisia. Abbiamo chiesto un piano all'Fmi che sarà presentato al G8 per la loro ripresa economica. Chiederemo anche ad altri Paesi di far fronte al loro rilancio economico. Cancelleremo i debiti dell'Egitto e della Tunisia e forniremo loro dei prestiti per dar vita alle infrastrutture. Le banche lavoreranno per la loro ripresa, anche l'Opec lo farà. Lavoreremo con l'Ue perché i nostri mercati siano aperti anche a Tunisia ed Egitto. Verranno demoliti anche i muri della corruzione della burocrazia delle raccomandazioni».
RICERCA DELLA PACE - « Per decenni - ha concluso Obama - il conflitto arabo-israeliano ha portato la guerra nella regione. Il popolo palestinese non ha ancora uno Stato. Per molti è impossibile un passo avanti, ma io non sono d'accordo. Siamo arrivati ad un momento in cui si stanno demolendo delle barriere ed è ora che avvenga anche per palestinesi ed israeliani. Il popolo israeliano deve avere diritto di esistere. Il nostro impegno per la sicurezza di Israele è inossidabile, ma lo status quo è insostenibile. Sempre più palestinesi vivono nella parte ovest della Cisgiordania e quindi c'è il pericolo del populismo crescente. Il sogno di uno stato ebraico non può essere conseguito con l'occupazione. Non possiamo però imporre la pace: israeliani e palestinesi devono prendersi le proprie responsabilità. Una pace duratura è sinonimo di due Stati separati. Bisogna quindi negoziare sulle questioni chiave. Serve una Palestina aperta e un Israele sicuro. La linea di confine deve essere quella del 1967. I palestinesi devono avere uno stato sovrano. Bisogna evitare il terrorismo. Quindi le iniziative militari dovranno portare ad un Paese progressivamente demilitarizzato. Poi dovremo affrontare il futuro di Gerusalemme e quello dei profughi palestinesi. Dobbiamo quindi iniziare con i negoziati su sicurezza di Israele e formazione di uno Stato palestinese. Gli Usa faranno tutto quello che è necessario per andare oltre l'attuale empasse».
LA REPLICA DI HAMAS - Ma il sogno di Obama di una pace tra israeliani e palestinesi sembra immediatamente infrangersi di fronte al muro dei vecchi rancori. Hamas, la fazione islamica palestinese al potere nella Striscia di Gaza, ha infatti liquidato come «un discorso schierato» dalla parte israeliana l'intervento del presidente Usa Barack Obama sul Medio Oriente, escludendo qualsiasi ipotesi d'un proprio riconoscimento di Israele. Non c'è nulla di nuovo è un discorso che ignora una volta di più i diritti dei palestinesi», ha tagliato corto il portavoce Ismail Radwan. «Un discorso schierato dalla parte d'Israele e concentrato sulla sola sicurezza dell'entità sionista», ha aggiunto. «Noi comunque non accettiamo la politica di Obama e non accettiamo la sua richiesta di riconoscere quello che lui ha definito lo Stato ebraico», ha concluso Radwan.
L'ANP APRE - L'Autorità nazionale palestinese (Anp) ha invece giudicato positivamente il richiamo del presidente Usa ai confini del 1967 quale base di partenza di un accordo di pace con Israele, ma lamenta la mancanza di pressioni e di una strategia concreta verso questo traguardo e il silenzio sulla questione degli insediamenti. Lo ha detto Nabil Shaath, componente del team negoziale dell'Anp e dirigente di Fatah, il partito del presidente Abu Mazen. Intanto il leader palestinese ha convocato il direttivo palestinese a una «riunione di urgenza» a seguito del discorso del presidente americano.
ISRAELE - Successivamente anche da Israele è arrivato un no alla proposta di Obama. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha infatti dichiarato di apprezzare l'impegno per la pace espresso nel discorso del presidente Usa Barack Obama, ma ha al tempo stesso ribadito il no a un ritiro di Israele sui confini del 1967, richiamandosi a una lettera di rassicurazioni indirizzate in proposito a Israele nel 2004 dall'amministrazione di George W. Bush.
Redazione online
19 maggio 2011
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