Stati Uniti, la mia casa farà crash

Settore immobiliare in atterraggio brusco

Settore immobiliare in atterraggio brusco
di Charlie Minter - 15/09/2006

Ad un certo punto gli operatori di mercato hanno iniziato a pensare che, dal momento che il petrolio sta calando e i tassi sui mutui fanno altrettanto, la spesa dei consumatori si riprenderà e il ridimensionamento del mercato immobiliare cesserà. A nostro giudizio questo scenario è altamente improbabile. Lo scenario negativo della spesa per consumi si basa molto più sulla fine del boom immobiliare che sugli elevati prezzi del greggio. Anzi, appare evidente che il settore immobiliare si stia imbarcando in un atterraggio duro che non può essere ammorbidito da un calo dei tassi sui mutui ipotecari, e la situazione peraltro è incline al peggioramento. Ci sono diversi elementi da tenere in considerazione:

- Il 32.6% dei mutui accesi nel 2005 sono stati della tipologia che prevede il solo pagamento degli interessi, contro lo 0.6% del 2000;
- il 43% degli acquirenti di una prima casa nel 2005 non ha versato alcun anticipo;
- solo il 15.2% di chi lo scorso anno ha acquistato una casa possiede almeno 1/10 del valore dell’abitazione;
- un ammontare di 2700 miliardi di dollari di mutui a tasso variabile sarà rettificato su tassi più elevati fra il 2006 e il 2007;
- il numero di case in vendita è sui massimi storici, e gli inventari sono del 59% più elevati di un anno fa;
- le vendite di nuove abitazioni sono in calo del 22%, dell’11% la vendita di case esistenti;
- il NAHB housing market index ha registrato un calo senza precedenti;
- l’ housing affordability index è sui minimi degli ultimi 15 anni;
- il rapporto fra valore dell’immobile e reddito è schizzato fuori dai grafici. Secondo HSBC, in 18 stati che rappresentano oltre il 40% del mercato immobiliare nazionale, questo rapporto è 3.6 volte la deviazione standard oltre la media;
- l’OFHEO Index deflazionato è passato da 250 nel 2001 a 350. Dal 1976 al 1986 non è mai salito oltre i 220 punti;
- Secondo il NAR la variazione annuale del prezzo delle case esistenti è ora nulla. Fino a poco tempo fa questa variazione era del +16%;
- su base nazionale, i prezzi degli immobili non sono calati su base annuale dal 1933. Tuttavia, di recente questo dato è stato registrato nel Nord-Est, ad Ovest, e nel Mid-West;
- gli incentivi alle vendite sono ora stimati fra il 3 e il 7 percento del prezzo di vendita.

Sebbene la costruzione di nuove abitazioni conti per appena il 5% del PIL, gli effetti indiretti sono di gran lunga superiori. Alcuni studi mostrano che il settore immobiliare e le attività ad esso connesse contino per il 30-40% della crescita occupazionale dell’attuale ciclo di ripresa. Inoltre è stato dimostrato che l’estrazione di ricchezza tramite i mutui è stata una “mucca da mungere” che ha fornito ai proprietari di abitazione centinaia di miliardi di dollari, quasi tutti dirottati verso la spesa per consumi. Con il settore immobiliare già in atterraggio brusco, sarà estremamente difficile evitare che l’economia nel suo complesso faccia altrettanto. Secondo noi la borsa è nelle medesime condizioni del 2000, quando la maggior parte di strategist ed economisti era a conoscenza del fatto che la bolla di Internet era scoppiata, ma erroneamente pensarono che essa avrebbe avuto poche ripercussioni sul resto del mercato azionario e sull’economia.
http://www.smarttrading.it/default.asp?idlingua=1&idContenuto=2914
 
La stampa è bearish sul Real Estate
http://www.smarttrading.it/?idContenuto=2923

di Bernie Schaeffer - 19/09/2006

Mentre consultavo l'ultimo numero di Barron's, mi sono imbattuto in un articolo intitolato "c'è una crisi del settore immobiliare, ma i fondi immobiliari (REIT) per ora stanno esplodendo". Ora quel "per ora" è al centro dell'attenzione, dal momento che il pezzo mette più volte in guardia circa il fatto che questi fondi immobiliari, a differenza del settore immobiliare in senso ampio, continuano a schizzare verso l'alto nonostante una cornice di scetticismo. Prima l'articolo cita i nuovi massimi assoluti del REIT e un dividendo che rende il 4.2%, poi rimarca che i "REIT appaiono gonfiati, con un dividendo ai minimi e con un P/E ai massimi".
Anzitutto, un dividendo che rende mediamente il 4.2% non è proprio da disprezzare di questi tempi, specie con uno S&P500 che rende in media meno del 2% in termini di dividendo corrisposto. In secondo luogo, il P/E di 24 è dopotutto in linea con quello di alcune grandi capitalizzazioni del mercato azionario, come per esempio Boeing (BA) e Procter&Gamble (PG).
L'articolo mi ha lasciato un tantino perplesso. Prima gli analisti in giro per il paese hanno giudicato le azioni del settore immobiliare a buon mercato nonostante le recente performance deludente delle stesse; e ora attaccano i REITs, rilevando la notevole performance ma al tempo stesso sottolineandone la vulnerabilità.

Una differenza sostanziale fra il settore immobiliare e i fondi immobiliari è rappresentata dal fatto che il primo, sebbene "a buon mercato" in termini di P/E, non corrisponde dividendi, mentre i REITs tendono ad avere corposi dividendi.
L'iShares Dow Jones U.S. Real Estate Index Fund (IYR) continua a volare unitamente alle sue medie a 50 e 80 settimane. Da quando il rialzo è iniziato, a maggio 2004, il fondo è salito di quasi il 70%:

Grafico settimanale di IYR da maggio 2004
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I ribassisti non cedono sull'IYR: il numero di azioni vendute allo scoperto è di 25.2 milioni di pezzi, prossimo ad un record storico. In base alla media giornaliera di scambi dell'ETF, occorrerebbero ben 11 sedute per ricoprire tutte le posizioni allo scoperto; insomma, ci sarebbero le condizioni per un corposo rally da ricoperture.



L'ETF può vantare uno Schaeffer's Equity Scorecard di 8.0 in una scala da 0 a 10, il che suggerisce che il potenziale di rialzo è tutt'altro che esaurito.
Nel settore, una delle mie azioni preferite è BRE Properties (BRE). Il titolo ha trovato supporto in prossimità della sua media a 10 mesi durante l'ultimo anno e mezzo, guadagnando circa il 75% dal minimo di marzo 2005 in poi.

Grafico mensile di BRE da febbraio 2005
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C'è ancora notevole spazio di crescita per BRE, specie se si è operatori speculativi. Fra tutte le basi (call e put) sulle scadenze settembre e ottobre, ci sono meno di 2500 posizioni aperte. Gli analisti non sgomitano per pronunciarsi sul titolo, e secondo gli ultimi dati di Zacks, BRE beneficia di otto "Hold", uno "Strong Sell" e solo un "Buy", lasciando aperta la possibilità di future revisioni al rialzo. La corsa qui non è ancora finita.
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Il crollo immobiliare e il “Massacro” dei crediti ad alto indebitamento

6 novembre 2006 – Le vendite di abitazioni non nuove negli USA sono diminuite dell'1,1% a settembre rispetto ad agosto e del 13,6 rispetto al settembre 2005, secondo i dati dell'associazione degli immobiliaristi, la National Association of Realtors. Al minimo degli ultimi tre anni sono scese anche le richieste di nuovi mutui casa, come ha riferito il 27 ottobre la Mortgage Bankers Association.
Nel terzo trimestre si registra un aumento degli espropri del 43% rispetto al 2005. Secondo RealtyTrac sono più di 318 mila le proprietà sul conto delle quali è iniziata una qualche procedura di esproprio nel periodo tra luglio e settembre. Questo rappresenta un aumento del 17% rispetto al trimestre precedente e del 43% rispetto al 2005. Gli espropri sono saliti al 171% rispetto all'anno scorso in California. Sono più che raddoppiati nel Michigan, toccando il 109%. La Florida ha il maggior numero di procedure, con un aumento del 26% rispetto all'anno scorso.

I crediti ad alto indebitamento

Un ciclo ribassista immobiliare minaccia direttamente la bolla fittizia dei crediti ad alto indebitamento. Vediamo come. Le scalate da parte dei private equity funds producono una massa esplosiva di debito, crediti e obbligazioni, con un alto tasso d'indebitamento, o leva. Si tratta di debito che spesso viene addossato alle imprese appena rilevate dai private equity funds. Non si tratta di debito contratto per far fronte ad investimenti, ma solo per finanziare la scalata e pagare i dividendi agli investitori del private equity fund.
Le banche che gestiscono le emissioni di bonds ad alto indebitamento di questo tipo rivendono poi i titoli ad alto rischio/alto reddito principalmente agli hedge funds e ad altri investitori/speculatori. Finché c'è liquidità in abbondanza, e poche insolvenze sui bond societari, il mercato tira. Questo però potrebbe cambiare rapidamente, con conseguenze disastrose per grandi banche, hedge funds, private equity funds e per i loro investitori, che comprendono le assicurazioni e i fondi pensione.
In un nuovo rapporto della Dresdner Kleinwort si fanno notare due aspetti allarmanti del mercato dei crediti ad alto rapporto d'indebitamento. Primo, si verifica un aumento sorprendente del volume di questi crediti soprattutto provocato dalle scalate dei private equities. Secondo, gli hedge funds si sono riversati in massa su questo mercato. Quando un'impresa finisce in difficoltà, non sono le banche ma gli hedge funds a deciderne le sorti, scaricandone i titoli e defilandosi. Secondo il rapporto, l'attività degli hedge funds nel mercato europeo dei crediti ad alto rendimento/rischio è raddoppiata quest'anno rispetto al 2005, mentre sul mercato mondiale l'emissione di leveraged bond obbligations (LBO) si stima sui 300 miliardi di dollari.
Il rapporto di Dresdner Kleinwort riferisce: “Una infusione record di denaro nei private equity funds alimenta livelli da record delle attività LBO ... Tutta questa liquidità evidentemente porta ai massimi storici il rischio nel mercato finanziario ad alto rendimento ... La domanda se i mercati ad alto rendimento/rischio finiscano in un bagno di sangue dipende dalla gravità di qualche ciclo ribassista”. Questo ciclo ribassista potrebbe essere innescato da un “crac del mercato dell'abitazione USA”. Se ciò accade, i debitori in LBO scopriranno che “tra chi ha prestato loro denaro vi sono gli hedge funds”, mentre al tempo stesso il “pool di liquidità” che attualmente alimenta il mercato dei crediti ad alto rischio potrebbe improvvisamente prosciugarsi.
Un monito analogo è stato lanciato il 25 ottobre da Standard&Poor in un rapporto in cui si notava come l'aumento del “debito ad alta leva” ed il corrispettivo mercato dei derivati sul credito rischiano di scoppiare. Se dovesse accadere, le banche in Europa e negli USA finirebbero col subire il 40% delle perdite, che saranno nell'ordine delle migliaia di miliardi di dollari, spiega S&P.

www.movisol.org
 
Usa, le case frenano i consumi

Nelle ultime settimane si sta intensificando il dibattito sull’andamento del settore immobiliare Usa che è divenuto il principale arbitro dell’economia Usa. Perché mai il settore è tanto temuto? di ANTONIO CESARANO (Mps Finance)



da Affari&Finanza (la Repubblica) di lunedì 30 ottobre MILANO - Nelle ultime settimane si sta intensificando il dibattito sull’andamento del settore immobiliare Usa che è divenuto il principale arbitro dell’economia Usa in seguito al notevole supporto offerto ai consumi. Nella seconda parte dell’anno i segnali di rallentamento sono stati molti. Perché mai il settore è tanto temuto? A ben vendere i timori nascono soprattutto per gli effetti indiretti sui consumi. Nell’ultimo anno e mezzo infatti i consumatori Usa hanno contratto un enorme ammontare di mutui offrendo come garanzia il valore incrementale della propria abitazione, ossia, come si suol dire in gergo, hanno estratto valore dalla propria abitazione sfruttando i vertiginosi aumenti dei prezzi. Tale valore estratto ha raggiunto cifre notevoli nel 2005 e presumibilmente anche nel 2006, pari a circa 250Mld (fonte Freddie Mac), ossia circa il 2% del Pil Usa. In questo modo i consumatori
Usa hanno potuto anche fare meno ricorso alle più tradizionali carte di credito il cui utilizzo infatti è nettamente diminuito fino al semestre scorso. A partire da maggio si è cominciato invece a registrare un ritorno alla vecchia carta di credito che presenta però un costo notevolmente superiore: circa 14% rispetto al 6% dei mutui trentennali ed inoltre gli interessi non sono deducibili fiscalmente come invece nel caso dei mutui. I consumatori sono stati costretti ad abbandonare il molto più conveniente strumento dei mutui dal momento che i prezzi delle case hanno prima cominciato a crescere molto lentamente e poi addirittura a calare. A quel punto non vi era più garanzia ulteriore da offrire alle banche per chiedere ulteriori mutui e di conseguenza si è ripiegato sulla carta di credito. Visto il maggior costo di quest’ultimo strumento ed in considerazione anche del fatto che i tassi di mercato a breve sono nel frattempo aumentati incrementando anche le rate dei mutui a tasso variabile, è lecito immaginare un impatto sui consumi nei prossimi mesi. Si tratta però di un fenomeno che potrebbe essere molto graduale in quanto vi sono diversi fattori che potrebbero attenuarlo (spesa per investimenti delle imprese, spesa per costruzione nel settore non residenziale, livello del greggio più basso rispetto agli ultimi mesi). Nel frattempo la Fed potrebbe mantenere i tassi fermi per tutto il prossimo semestre nell’attesa che gradualmente si attenuino anche le spinte inflattive.


(02 novembre 2006)
 
Home Sales Fall in 38 States, Data Shows
Monday November 20, 1:53 pm ET
By Lauren Villagran, AP Business Writer
Home Sales Fall in Most of the Country This Summer; Leading Indicators Rise


NEW YORK (AP) -- The feeble U.S. housing market showed more frailty in October when home sales plummeted in 38 states, hitting Nevada, Arizona, Florida and California particularly hard, government data showed on Monday.
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The once-booming real estate market's persistent weakness over the past year has reined in expectations for economic growth but hasn't been severe enough to offset a rising stock market, lower gas prices and improved consumer expectations.

The National Association of Realtors reported Monday that sales of existing homes fell in 38 states during the summer. Sales retreated to a seasonally adjusted annual rate of 6.27 million units nationwide, down by 12.7 percent from the same period a year ago. Nevada, Arizona, Florida and California led the declines.

Home prices also dropped: The realtors' survey showed that the midpoint price for an existing home sold during the summer dipped 1.2 percent year over year to $224,900. Some 45 metropolitan areas saw home prices decline.

Meanwhile, the latest report of building permits showed the slowest pace of annual growth in nine years in October. Housing construction slid sharply as builders tried to curb swelling inventories of unsold new and existing homes.

Stuart Hoffman, chief economist at PNC Financial Services Group, said he thinks the housing market still hasn't reached its low point.

"I think the permits numbers point to yet another flight of stairs down on housing before we hit the basement," he said. "On the other side, stocks are rising, consumer confidence is good and jobs are rising. Those factors are keeping this decline in housing contained."

A closely watched indicator of future economic activity release Monday provided further evidence of that trend.

The Conference Board, an industry-backed research group based in New York, reported Monday that its Index of Leading Economic Indicators rose 0.2 percent in October. Increased real money supply and improved consumer expectations helped offset the sharp decline in housing permits and weaker vendor performance.

"The economy is growing more slowly, but we have yet to have weakness spread beyond housing and motor vehicles to such a degree that we need to fear the proximity of a hard landing," said John Lonski, chief economist of Moody's Investor Service, referring to when the economy turns from growth to a recession.

The housing market slowdown has weighed on the leading indicators index this year. But all told, strengths and weaknesses in the leading indicators have been roughly balanced, according to the Conference Board report. The index stood at 138.3 versus 139.1 in January -- its peak so far this year. The index has declined four of the last seven months.

The Conference Board's labor economist, Ken Goldstein, said the October index suggests "the economy is unlikely either to reheat or to get significantly cooler."

"Instead, the kind of slow growth now being experienced could continue right through the winter and into the spring," Goldstein said.

In another sign of moderating economic growth, the Federal Reserve held its benchmark interest rate steady last month at 5.25 percent for the third straight session. The Fed had raised interest rates 17 times beginning in June 2004 to stave off inflation, before halting its campaign of credit-tightening in August.
 
Perché il mercato resta adagiato sulle sabbie mobili
di Charlie Minter - 20/11/2006
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Il recente rialzo del mercato stona completamente con il contesto macroeconomico esterno. I rialzisti puntano su uno scenario di fondo ideale, rappresentato da un atterraggio morbido dell’economia, da prezzi del carburante in calo e dalla possibilità che la Fed riduca i tassi l’anno prossimo. Esaminiamo da vicino questi fattori e vediamo se invece non indicano lo scenario di una possibile recessione e di un’inversione di tendenza di borsa.
Ci sono pochi dubbi circa il fatto che l’economia stia rallentando. Il PIL annualizzato del terzo trimestre è salito di appena l’1.6%, e questo oltretutto con il contributo significativo della vendita di veicoli in cui nessuno credeva. Il settore immobiliare è in recessione, e come abbiamo già rilevato, molti dirigenti delle compagnie edili non vedono un minimo all’orizzonte. Le vendite di una catena commerciale come Home Depot ad ottobre sono calate del 5.1%. Il CEO Robert Nardelli ha dichiarato che le problematiche del settore immobiliare hanno impattato prima e in misura più profonda di quanto atteso, e che incideranno sulle vendite per tutto il 2007. Le vendite al dettaglio sono scese dello 0.2% ad ottobre, dopo una revisione al ribasso (-0.8%) a settembre. Le vendite di Wal-Mart sono salite di appena lo 0.5% ad ottobre, e nel disperato tentativo di risollevarle, stanno tagliando i prezzi ancor prima che arrivi la festività del Ringraziamento. La produzione industriale è piatta da luglio. L’ISM Index manifatturiero è calato a 51.2 punti ad ottobre. Quando ha toccato questi livelli o peggio ancora quando è sceso sotto i 50 punti, è sempre seguita una recessione.

Sebbene i Tori argomentino che tutta questa crescita deludente è un sintomo di atterraggio morbido, è anche ciò che si sperimenta quando poi si cade in recessione. Difatti, dal Dopoguerra in poi l’unico vero atterraggio morbido concepito dalla Federal Reserve è stato quello del 1995, un periodo ora adottato come esemplare. Ma tutti gli altri casi in cui la Fed si è cimentata in una serie di rincari dei tassi sono stati seguiti o da una recessione o da un atterraggio “duro”, che ha impattato sfavorevolmente sulle azioni. Inoltre quasi tutti questi periodi sono stati preceduti da una curva dei rendimenti invertita, da un ribasso del leading indicator e da un netto calo dei permessi di costruzione: esattamente le condizioni oggi prevalenti. Sebbene la maggior parte degli economisti sia in attesa di un atterraggio morbido, il consensus di questa categoria non ha mai anticipato una recessione.

Siamo d’accordo sul fatto che l’inflazione abbia raggiunto un picco. Il tasso di crescita annualizzato del CPI ha raggiunto il 3.8% a maggio ed è sceso in ciascuno degli ultimi cinque mesi, fino al 2.3% ad ottobre. Ho da sempre sostenuto che l’inflazione è una minaccia più remota rispetto alla deflazione, ed è una posizione che continuo a vantare. Tuttavia, credo che il calo del tasso di inflazione è il risultato di un rallentamento della crescita che fino ad ora abbiamo sperimentato, e ciò aiuta a confermare l’idea che la stessa sia destinata a flettere ulteriormente. Lo stesso può dirsi per il settore energetico: negli ultimi mesi il petrolio è calato del 30%. Ciò è il riflesso di una economia in rallentamento, e non un elemento che la possa incentivare. E l’energia non è sola: negli ultimi mesi il rame è calato del 26%, il legname del 29% e il CRB Index del 16%, elementi tutti che riflettono un’economia in frenata. A mio avviso ciò equivale a suonare un allarme prima che si esaurisca la fase espansiva del ciclo economico.
E credo pure che la prospettiva di un taglio dei tassi da parte della Fed stia tutto sommato irrilevante. Il rilascio delle minute del FOMC del 24-25 ottobre indica che molti membri del direttorio sentano che “i rischi al ribasso dell’attività economica siano un tantino diminuiti, mentre molti membri ritengono che i rischi di una fiammata inflazionistica siano parimenti calati, sebbene di poco; tutti i membri sono d’accordo sul fatto che il rischi di raggiungere una riduzione prematura dell’inflazione restino motivo di grande preoccupazione”.

Sfortunatamente, questo resoconto ricorda molto da vicino uno rilasciato a novembre 2000. A quei tempi, si dichiarava che “il rallentamento della crescita delle imprese e della domanda dei consumatori, nonché il restringimento delle condizioni dei mercati finanziari negli ultimi mesi, suggeriscono che l’economia per un po’ si possa espandere ad un ritmo inferiore al tasso di crescita potenziale. Ciononostante, al momento il rallentamento della domanda non ha generato pressioni sufficienti per indurre il Comitato a concludere che possa essere minacciato l’obiettivo di una stabilità dei prezzi e una crescita di lungo periodo: i rischi continuano ad essere orientati verso condizioni che possono generare pressioni inflazionistiche nel futuro prossimo”.
Solo sette settimane dopo, il 3 gennaio 2001, il FOMC convocò una riunione speciale al termine della quale i tassi sui Fed funds furono tagliati di mezzo punto, in virtù di una “previsione di ulteriori rallentamenti nelle vendite e nella produzione, e a causa di un raffreddamento della fiducia dei consumatori”. Ribaltando completamente le dichiarazioni di sette settimane prima, si sottolineava che “i rischi sono sbilanciati verso condizioni che possono indurre a rallentamento della crescita nell’immediato futuro”. Ciò porta a discutere della capacità previsiva del FOMC, nonostante abbondino economisti ben titolati, non superiore a quella di qualsiasi economista. Nella maggior parte dei casi il primo passo della Fed verso una politica distensiva giunge poco prima dell’inizio di una recessione.

A mio parere il rialzo della borsa è basato su convinzioni distorte e che non riflettono pienamente il contesto economico. Il leading indicator si trova in modalità che precede una recessione, e l’economia sta già rallentando. Il calo dell’inflazione è un riflesso di questo rallentamento, mentre il primo taglio dei tassi che sarà adottato dal FOMC arriverà come sempre troppo tardi. Il risultato sarà molto probabilmente una recessione e un violento ribasso di mercato.
 
AP
Existing Home Sales Plummet in 2006
Thursday January 25, 10:40 am ET
By Martin Crutsinger, AP Economics Writer
Sales of Existing Homes Plunge by Largest Amount in 17 Years


WASHINGTON (AP) -- Sales of existing homes fell in December, closing out a year in which demand for homes slumped by the largest amount in 17 years.
The National Association of Realtors reported that sales of existing homes were down 0.8 percent last month, a bigger decline than had been expected. For the year, sales fell by 8.4 percent, the biggest annual decline since 1989, when existing home sales fell by 14.8 percent.

The sales figure underscored the sharp contraction that is going on in the once high-flying housing market, which before last year had set sales records for five straight years.

Even with the sharp drop in sales last year, the median price of an existing home sold in 2006 managed to rise a slight 1.1 percent. But that was far below the double-digit gains during the boom years. The median home price had risen by 12.4 percent in 2005.

After a five-year boom, housing slowed significantly last year, which has caused ripple effects throughout the economy with rising job layoffs in construction and other housing-related industries.

But economists said they believe the low point for housing has been reached and they are forecasting a slow rebound in 2007. Because of that optimism, analysts don't believe the slump in housing will drag the overall economy into a recession.

The 0.8 percent drop in sales in December came after two straight months of improving sales, the first back-to-back sales gains since the spring of 2005.

David Lereah, chief economist for the Realtors, said that even with the December setback, he still believes that sales of existing homes have hit bottom and will start to gradually improve.

He said that in 2005, 40 percent of the market represented purchases of second homes and investors buying homes looking to resell them for quick profits.

He said that speculators had now left the market and that should leave sales at a more sustainable level.

"With fingers and toes crossed, it appears that we have hit bottom in the existing home market," he said.

In other economics news, the number of Americans filing applications for unemployment benefits shot up last week by the largest amount in 16 months, reversing two weeks of big declines.

The Labor Department reported that 325,000 newly laid-off workers filed claims for jobless benefits last week, an increase of 36,000 from the previous week. That was the biggest one-week rise since a surge of 96,000 claims the week of Sept. 10, 2005, when devastated Gulf Coast businesses laid off workers following Hurricane Katrina.

The increase of 36,000 was bigger than the 20,000 rise that had been forecast. Analysts, however, cautioned that it is difficult to read the claims figures at this time of year because of unusually wide swings caused by the holidays and other factors.

Based on past trends, claims numbers often surge in third week of the month as retail businesses shed seasonal workers hired to help with the crush of holiday shoppers. However, this year, the layoffs were much higher than in past years.

The jump in jobless layoffs followed a string of reports showing the economy was performing at a better-than-expected pace at the end of 2006 and the beginning of the new year. Employers added 167,000 new jobs in December, helping to keep the unemployment rate at 4.5 percent.

Economists believe that while growth has slowed because of the steep downturn in housing, they expect the United States will be able to avoid an outright recession.
 
Real Estate
House Prices Slide as Property Glut Grows
The Wall Street Journal Online
By James R. Hagerty

Buyers Gain Bargaining Power in Busy Spring Selling Season; Auctions in Palm Springs

Tighter credit and a growing glut of properties are depressing an already weak U.S. housing market, wrecking the industry's hopes for an early rebound.

That leaves buyers in a strong position to negotiate for bargains during the spring home-shopping season, the busiest time of the year for housing sales.

On April 24, the National Association of Realtors reported that sales of previously occupied homes in March dropped 8.4% from the prior month to a seasonally adjusted annual rate of 6.12 million units -- the largest monthly drop since 1989. The trade group said the median price for homes was $217,000 in March, down 0.3% from a year earlier.

The data reflect sales that closed in March; most of those were negotiated in January and February. The Realtors said bad weather in February hurt March sales. The drop in March followed three months when home sales increased nationally.

Since March, the market appears to have deteriorated further in many parts of the country. Reports from builders show that sales in the past few weeks "have really plunged," says Ivy Zelman, a Cleveland-based housing analyst for Credit Suisse Group. She says prices of new homes also are falling as tighter credit eliminates some potential buyers and builders struggle to shed excess inventory.

Lenders, stung by a surge in defaults, have rediscovered the virtues of caution over the past few months, eliminating many of their no-money-down loan offerings. That tightening is "really starting to bite," says Ed Mixon, a real-estate agent for Re/Max Real Estate Services in Monarch Beach, Calif.

Mr. Mixon recently had to advise one of his clients, a young woman with a good job and credit record, to put off her dream of buying a $300,000 condo in Laguna Niguel, Calif., until she could come up with more than her current nest egg of $5,000 for a down payment. A year ago, he says, she could easily have obtained a loan to cover 100% of the condo's price.

Stricter Lending Standards

Stricter lending standards will reduce demand for housing by 10% this year from where it would have been had credit remained loose, estimates Thomas Lawler, a housing economist in Vienna, Va. He expects housing prices, as measured by the national S&P/Case-Shiller index, to fall 7% in the fourth quarter of 2007 from the year-earlier level.

Standard & Poor's reported April 24 that the S&P/Case-Shiller 20-city composite index in February was down 1% from a year earlier. The metro-area price changes ranged from drops of 7.8% in Detroit and 5% in San Diego to rises of 10.6% in Seattle and 7.7% in Portland, Ore. In 15 of the 20 cities, March prices were down from a month before.

All this has made many sellers more willing to negotiate. Shawn Gabbaie, a real-estate agent in Los Angeles who bought a new three-bedroom house in Las Vegas as an investment several years ago for about $275,000, is now trying to sell it for $299,900. He's offering to provide partial financing to a buyer, or to lease the house for $1,200 a month. Mr. Gabbaie says he's "definitely" flexible on the terms.

Where sellers are inflexible, buyers generally will find plenty of alternatives. The Wall Street Journal's latest quarterly survey of residential real estate in major metropolitan areas -- drawn from a wide range of sources in 28 major markets -- found particularly large jumps from a year ago in listings of homes in Florida. Orlando and Tampa were both up 62%, closely followed by Miami (58%) and Jacksonville (49%).

In Florida's St. Lucie County, current inventory is enough to last more than 34 months at March's sales rate, says Mr. Lawler. The supply is 29 months in Palm Beach County and 25 months in both Miami-Dade and Broward counties, he adds.

Other cities with big increases in listings from the already swollen levels of a year ago include Phoenix (36%), Chicago (44%), Los Angeles (54%) and Las Vegas (30%). The inventory was little changed but still plentiful in the San Diego and Washington, D.C., areas.
 

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