giustiziere
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Qualcuno pensa che, tra le ragioni del pacifismo, primeggi la paura. Alla paura si riconosce quasi una dimensione etica. Chi paventa gli esiti catastrofici della guerra vede giusto e vede lontano. Se è così, il pacifismo somiglia come una goccia d'acqua alla sua controparte, l'interventismo.
Gl'interventisti temono che, senza una guerra virtuosa per spazzare via tutti i santuari del terrorismo, Iraq compreso, il radicalismo islamico possa continuare a colpire indisturbato, tenendo sotto scacco le nazioni e inquinando le fonti legittime dell'ordine planetario. Ne consegue una nuova e devastante divisione del mondo: l'Islam radicale da una parte e dall'altra l'Occidente umiliato.
Invece il pacifismo teme che un'eventuale guerra contro il regime saddamita (anche se la sponsorizzasse un secondo voto del consiglio di sicurezza dell'Onu, per quanto "chirurgica" come un'operazione di tonsille e veloce come una mischia di rugby) possa sfuggire di mano ai politici e ai generali per trasformarsi in un conflitto asimmetrico infinito: l'Occidente da una parte e l'Islam umiliato dall'altra.
Su questi scenari è disposta a scommettere le nostre vite: le vite dei civili iracheni, israeliani, americani, palestinesi ed europei. È disposta a scommettere, sempre a partire da questi presentimenti, gli stessi assetti futuri del pianeta (poiché è questa, più o meno, la dimensione della crisi irachena).
Oggi, attraverso il pacifismo etico a senso unico e l'interventismo ossessivo, che non vuole sentire ragioni, siamo invece governati dalla paura, non dalla fantasia ma dalla sua caricatura:
l'incubo.
Gl'interventisti temono che, senza una guerra virtuosa per spazzare via tutti i santuari del terrorismo, Iraq compreso, il radicalismo islamico possa continuare a colpire indisturbato, tenendo sotto scacco le nazioni e inquinando le fonti legittime dell'ordine planetario. Ne consegue una nuova e devastante divisione del mondo: l'Islam radicale da una parte e dall'altra l'Occidente umiliato.
Invece il pacifismo teme che un'eventuale guerra contro il regime saddamita (anche se la sponsorizzasse un secondo voto del consiglio di sicurezza dell'Onu, per quanto "chirurgica" come un'operazione di tonsille e veloce come una mischia di rugby) possa sfuggire di mano ai politici e ai generali per trasformarsi in un conflitto asimmetrico infinito: l'Occidente da una parte e l'Islam umiliato dall'altra.
Su questi scenari è disposta a scommettere le nostre vite: le vite dei civili iracheni, israeliani, americani, palestinesi ed europei. È disposta a scommettere, sempre a partire da questi presentimenti, gli stessi assetti futuri del pianeta (poiché è questa, più o meno, la dimensione della crisi irachena).
Oggi, attraverso il pacifismo etico a senso unico e l'interventismo ossessivo, che non vuole sentire ragioni, siamo invece governati dalla paura, non dalla fantasia ma dalla sua caricatura:
l'incubo.