Un presidente che in quattro anni ha aumentato il debito del 50%, non è riuscito a far scendere la disoccupazione al di sotto del 7,8%, e non ha presentato un piano serio per ridurre l’esplosione futura delle spese sanitarie per gli anziani (il cui fondo diventerà insolvente tra 11 anni), era facilmente battibile.
Romney non è stato in grado di farlo, nonostante gli americani abbiano rinnovato la loro fiducia ai candidati Repubblicani, che hanno mantenuto la maggioranza in Congresso. È stato sconfitto il Romney tecnocratico: competente, ma incapace di parlare al cuore degli Americani. È stato sconfitto il Romney super tattico, bravissimo (forse troppo) ad adattarsi agli umori degli elettori, ma incapace di generare fiducia. È stato sconfitto il Romney troppo succube a quell’America bigotta che crede che il concepimento a seguito dello stupro sia «un dono del Signore» (come ha detto in un dibattito il candidato repubblicano al Senato in Indiana) e che la migliore educazione sessuale sia l’insegnamento dell’astinenza.
Le decine di versioni in giro a Pechino sulla composizione del prossimo comitato permanente del Politburo del partito, il vertice assoluto dell’immensa piramide politica cinese, le ondate di scandali che hanno travolto o colpito dirigenti e leader del Paese dimostrano quanto questa transizione sia combattuta e quanto gli esiti alla fine possano essere incerti.
Lo scandalo principale, che ha stravolto l’ordine quasi preordinato del congresso, è quello di Bo Xilai, l’ex capo del partito di Chongqing deposto per una serie di crimini in relazione all’omicidio dell’inglese Neil Heywood. Dopo di questo ci sono però state anche le accuse di corruzione contro la famiglia del futuro presidente Xi Jinping (lanciate da Bloomberg) e quelle contro la famiglia del premier Wen Jiabao (lanciate dal New York Times). Il tutto ha infiammato il dibattito interno e quindi scombinato molte carte che sembravano fissate.
Di certo quindi non sembra esserci quasi niente, al di là della ridda di voci. Tra i pettegolezzi di Pechino quasi tutti si dicono sicuri che il prossimo vertice del Paese passerà da nove (numero attuale) a sette membri. Ma pochissimi sono disposti a metterci la mano sul fuoco.
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