Tbond Bund (VM69) 2013: Bandits Unchained tra Krug bubbles and balls

Bundesbank: no allo scudo anti-spread


«Con il riacquisto di titoli a rischio l’indipendenza Bce». Il governo tedesco: bene il piano-draghi
La Spagna rinvia dal 2014 al 2016 il risanamento dei conti, sì della Ue


Attacco della Bundesbank allo scudo anti-spread messo a punto dalla Bce: il programma di acquisto di titoli dei Paesi in difficoltà «compromette l'indipendenza Bce». È quanto si legge in un parere legale alla Corte costituzionale tedesca, che l’11 giugno si pronuncerà sul meccanismo di stabilità Esm. Il governo tedesco, in una dichiarazione, ha difeso l’operato del presidente Bce Mario Draghi. Ieri, il governo spagnolo ha deciso di rinviare dal 2014 al 2016 l’obiettivo del deficit al 3% del Pil; nel pomeriggio è arrivato il sì della Ue.




Michael Mussa, uno dei migliori economisti che abbia conosciuto, amava dire che le crisi economiche si dividono in tre tipi: crisi di liquidità, crisi di solvibilità e crisi di stupidità. Il documento con cui la Bundesbank attacca gli interventi della Bce a favore dell’integrità dell’area euro perfeziona il percorso europeo verso il terzo stadio della crisi. Si tratta di 29 pagine destinate alla Corte costituzionale in vista del parere dei giudici di Karlsruhe sull’obiezione di legittimità nei confronti dell’Omt, il programma di finanziamento da parte della Bce ai paesi che sottoscrivono il programma di assistenza dell’Esm (il meccanismo di stabilità europeo).
A compilarlo è il dipartimento legale della Banca centrale tedesca, l’«anima nera» della Bundesbank, l’ufficio che da anni ostacola l’unione monetaria europea e che rappresenta il sancta sanctorum dei nostalgici per i quali il marco equivale alla «even shetiyyah» la pietra di fondazione del mondo.









mi sembra tutto chiaro ...
 
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Bundesbank all’attacco della Bce


La Banca centrale tedesca chiede l’intervento dei giudici su fondo salva-stati e Omt

In un parere legale per la Corte costituzionale tedesca, che ne discuterà l’11 e 12 giugno, nell’ambito di un caso che riguarda in primis il fondo salva-Stati europeo Esm e accessoriamente l’Omt, la Bundesbank dubita che il piano della Bce sia effettivamente necessario e che la sua attuazione metterebbe a rischio i soldi dei contribuenti tedeschi e potrebbe violare i Trattati europei che vietano il finanziamento monetario dei deficit pubblici.



Il presidente della Banca centrale tedesca, Jens Weidmann, era stato il solo membro del consiglio direttivo della Bce a votare contro il lancio dell’Omt l’estate scorsa, ma successivamente la Bundesbank aveva ammesso che, pur non essendo mai stato utilizzato, il piano era servito a calmare i mercati finanziari. Anche l’estate scorsa il cancelliere Angela Merkel si era schierata apertamente con la Bce.



Un nuovo partito, Alternative für Deutschland, chiede esplicitamente l’uscita della Germania dall’euro e anche se raccoglie, secondo gli ultimi sondaggi, solo il 3% dei consensi, può influenzare l’esito delle elezioni del 22 settembre sottraendo voti alla maggioranza di Governo. Giovedì, il cancelliere Merkel, che solitamente è attenta a non interferire con le decisioni della Bce, ha affermato, a una settimana dalla riu7 Le operazioni monetarie note con l’acronimo Omt, annunciate e illustrate dalla Bce tra l’agosto e il settembre scorsi, consistono nell’acquisto, da parte della Banca centrale, dei titoli di Stato di Paesi in difficoltà a causa degli alti rendimenti. L’intervento può scattare solo dopo una richiesta di aiuto all’Esm da parte di un Governo ed è condizionato all’adozione di un protocollo con le istituzioni Ue che fissa una serie di impegni di politica economica. nione di consiglio che si prevede possa abbassare i tassi d’interesse, che per la Germania i tassi dovrebbero anzi essere più alti. Il portavoce ha specificato che il Cancelliere non intendeva «mandare avvertimenti o suggerimenti» alla Bce, ma far notare che la banca deve tener conto di economie dall’andamento divergente.



Nel parere legale, richiesto dalla Cortecostituzionale, davanti alla quale Weidmann sarà chiamato a deporre a giugno, la Bundesbank afferma che la necessità del piano Omt è stata giustificata dalla Bce con «elementi fortemente soggettivi». Se poi l’Eurotower arrivasse ad acquistare titoli, questi sarebbero di bassaqualità e metterebbero a rischio il bilancio della stessa Bce e, in ultima analisi, le perdite dovranno essere sopportate dai contribuenti. La Bundesbank sostiene anche che non è fra i compiti della Bce sostenere che l’euro è irreversibile, come ha fatto in più occasioni Draghi. Inoltre, gli acquisti di titoli mettono in pericolo l’indipendenza della Bce.
Il portavoce del ministero delle Finanze di Berlino ha sostenuto che l’Omt risponde pienamente al mandato della Bce e che il Governoèfiducioso che la Corte costituzionaleconfermi che l’Esm e le misure prese dalla Bce non violano la Costituzione tedesca. Alcuni esperti di diritto ritengono anche chela Corte nonabbiagiurisdizione sull’Omt in quanto non dipende da un atto legislativo tedesco. Nelsettembre scorso, i giudici della corte suprema di Karlsruhe avevano respinto una richiesta di sospensione temporanea dell’Esm, avanzata da un gruppo di euroscettici, eavevano rinviato ogni discussione sull’Omt, in quanto questo era stato varato solo qualche giorno prima e quindi mancava il tempo per valutarlo.
 
Quando il dogma diventa calcolo politico


C’era un’epoca in cui l’indipendenza della Banca centrale in Germania era una verità di fede. I tempi in cui la Bundesbank regnava incontrastata. Eppure, all’occorrenza anche l’indipendenza della Buba poteva essere messa da parte: come quando si pronunciò contro la parità uno-a-uno del marco dell’Est e dell’Ovest alla riunificazione e il cancelliere Helmut Kohl la ignorò tranquillamente. O come quando è ora di nominarne i consiglieri, nei cui curriculum fa bella mostra l’affiliazione di partito e i servigi resi.
Dopo la nascita della Banca centrale europea, per un po’ i politici tedeschi hanno continuato sulla stessa linea: l’indipendenza della Banca centrale non si tocca, recitavano ogni volta che un politico del Sud dell’Eurozona chiedeva tassi d’interesse più bassi o, non sia mai, una Bce che somigliasse un po’ di più alla Fed.

Ora però l’atteggiamento sembra essere mutato. Nel giro di pochi giorni, il ministro Wolfgang Schäuble ha sostenuto che la Bce dovrebbe drenare liquidità, il cancelliere Angela Merkel che la Germania ha bisogno di un rialzo, non di un ribasso dei tassi, come quello che l’Eurotower dovrebbe decidere a giorni. Per carità, «non è un avvertimento o un suggerimento», ha precisato il suo portavoce. Avrebbe potuto aggiungere anche che è un errore, visto che l’economia tedesca si sta contraendo e quindi di un rialzo dei tassi non ha proprio bisogno.
Ma la signora Merkel sente il fiato sul collo degli euroscettici, che potrebbero privarla non del successo, ma di una maggioranza, alle prossime elezioni. E per di più parlava alle casse di risparmio, che sfoggiano un intreccio di politica e affari che non ha nulla da invidiare alle fondazioni italiane. Un bel serbatoio di voti. Per una volta dell’indipendenza della Banca centrale ci si può anche dimenticare. (A.Me.)
 
Gipa, lo so che hai già letto...
ma nel caso ti fosse sfuggito ...

Tra due anni, con la recessione, il - Circa 10 anni prima la seconda maggiore - Il Sole 24 ORE



Circa 10 anni prima la seconda maggiore economia del Sud America, l'Argentina, aveva vissuto la stessa situazione. L'Argentina era di fatto già sotto programma del Fondo monetario. L'Istituto di Washington aveva imposto una severa cura di austerità fiscale attraverso la quale recuperare credibilità presso gli investitori internazionali. Alla guida del Fondo monetario c'era Horst Koehler, il tedesco che poco dopo sarebbe stato nominato presidente della Repubblica federale di Germania. Al quarto anno di recessione la situazione argentina divenne insostenibile. Il governo aveva ristretto l'accesso dei cittadini ai conti bancari e negato i rimborsi del debito pubblico. Centinaia di migliaia di cittadini avevano invaso le strade in atti di protesta durante i quali morirono 30 persone. Il presidente de la Rùa dovette abbandonare in elicottero il palazzo del governo. I creditori privati dovettero cancellare il 70% dei loro diritti. Gli investitori stranieri cercarono di assalire l'aereo delle autorità argentine in visita negli altri paesi. Alla fine, le autorità di Buenos Aires abbandonarono l'aggancio della moneta nazionale, il peso, al dollaro e ristrutturarono il debito pubblico.
Inflazione e disoccupazione salirono istantaneamente, ma dopo pochi mesi i ricchi argentini che avevano nascosto i loro patrimoni all'estero riportarono ingenti ricchezze nel paese riacquistando proprietà con i loro dollari rivalutati. Il mercato immobiliare e delle costruzioni rilanciò l'economia argentina.

Il grafico qui mostra come la disoccupazione sia tornata a scendere dopo una fase di aumento prolungato. Lo stesso fenomeno caratterizza altre economie che vivono la stessa esperienza di distacco da una politica valutaria troppo ambiziosa.

Tuttavia il grado di instabilità introdotto dallo sganciamento nell'economia argentina ha continuato a frenarne lo sviluppo. Le ingiustizie sociali prodotte dall'instabilità economica hanno squilibrato il modello di crescita. Nonostante l'impulso economico che ha rilanciato l'intero continente latino americano, l'Argentina è rimasta indietro. Se non si tenesse conto della eccezionale domanda di materie prime legata alla crescita dell'economia globale negli ultimi quindici anni, le produzioni argentine non sarebbero state in grado nemmeno di beneficiare della svalutazione del peso.
Se cioè l'Argentina si fosse trovata in un contesto di bassa crescita, di tipo europeo, lo sganciamento dalla valuta forte non avrebbe portato benefici. Quindi nemmeno la ridenominazione dei debiti delle imprese, cioè il loro taglio, avrebbe portato sviluppo. L'impoverimento dovuto a una moneta più debole non avrebbe fatto uscire il paese dalla stagnazione.
Ma guardando con occhi italiani all'esperienza argentina si vede qualcosa di ancor meno convincente.
Dopo la svalutazione, l'inflazione argentina – i cui dati per altro si sospetta vengano abbelliti dal governo – è rimasta molto elevata, oltre il 10% all'anno. Per un paese non isolato dalla comunità internazionale, ma molto integrato, con economia debole e segnato dall'instabilità finanziaria, il livello dei tassi d'interesse diventerebbe insostenibile. L'unica possibilità sarebbe quella di isolarsi completamente dalla comunità internazionale, rinnegando i debiti con l'estero e ridenominando in una valuta più povera l'intera economia.

Autarchia, impoverimento della popolazione, decisioni traumatiche e non discusse da un Parlamento.
Vi ricorda qualcosa? Non è esagerato dire che chi mette in dubbio l'ancoraggio dell'Italia all'Europa ponga senza saperlo una scelta tra autoritarismo e democrazia.
 
Enough With the Stupidity







Michael Mussa, one of the best economists I have ever known, loved to say that economic crises are divided into three types: crises of liquidity, crises of solvency and crises of stupidity.
The document with which Bundesbank attacks the interventions of the European Central Bank (ECB) on behalf of the euro area’s integrity puts the final touch on the European path toward the third stage of crisis. It is 29 pages addressed to the constitutional court in view of the opinion of judges of Karlsruhe on the objection of legitimacy toward the WTO, the financing program by the ECB to countries that subscribe to the European Stability Mechanism assistance program.

This document was compiled by the legal department of the German central bank, the “black soul” of Bundesbank, the office that for years has stood in the way of the European Monetary Union and that represents the holiest of holies for nostalgics, for whom their mark is equivalent to “even shetiyyah,” the foundation stone of the world.
Karlsruhe was influenced for years, at least until the pronouncements of 2012 became more cautious. Actually, it seems since then that the black soul was silenced. But think instead of this plausible scenario: with the document disseminated yesterday, Bundesbank launches a press campaign against the ECB; on June 11 president Jens Weidmann testifies at Karlsruhe against the WTO; the public reflection of the testimony blows wind in the sails of the anti-euro “Alternative for Germany” party three months from the vote in federal elections. The party that today gathers only 3 percent approval stretches itself to its potential constituency (17 percent to 22 percent). The rest I will leave to your imagination.
If it were not for the potential political consequences, it would not be worth occupying oneself with a document of modest logical and technical caliber. In the substance one observes that it is not possible to objectively confirm that disturbances exist in the mechanisms of transmission of monetary policy in the euro area. The justification for interventions by the ECB were instead that in some countries the decline in interest rates did not happen because the risk premium induced by the fear of the end of the euro prevailed. According to Bundesbank it is a subjective judgement that could be confirmed only based on an analysis of past performance: “Dear relatives, the patient is dead. Therefore we are now objectively certain he was gravely ill.” The document does not present any empirical basis to support its thesis. And this, in days in which the ECB instead produces an extended documental mass on the specific condition of credit to small and medium-size businesses in Italy and Spain, as opposed to that of Germany. In fact the expressed criticism in the document is political, not technical nor legal, and it concentrates on a phrase spoken by Mario Draghi last summer concerning the irreversibility of the euro. Another subjective judgement, according to the document, because it can always happen that a country in difficulty decides to leave. Therefore, it is not up to the ECB to eliminate its risk premium. Similar judgements, observes Bundesbank, are up to governments and parliaments, so they can take action if they want to avoid the risk of breaking the euro. Therefore the judgement would concern single countries, not European authorities—not the European Council nor the juridical basis of the European Union—and the treaty does not foresee exits from the euro. Behind this embarrassing negation of Europe is hidden the drama of Bundesbank, which still persists in denying what was unveiled last year (please pardon the self-citation), namely that it was the then president of Bundesbank who proposed that the ECB buy government bonds of countries in difficulty on May 6, 2010 but then renege on the proposal and deny the truth. This “original sin,” by now having become public knowledge in the U.S., weighs like a tomb stone on the credibility of the German central bank.
The response of German politicians to the observations of Bundesbank were mature and wise to the point of isolating Bundesbank, which has never happened in the past. Some exponents of United Christian Democrats and Social Democratic Party of Germany were almost liquidators. However for some weeks the language of the opening lines of the government has hardened. Not only the disastrous event of assistance to Cyprus (consequence also of Berlin’s electoral clashes) showed a turnaround in the assistance strategy in countries in difficulty, but well-informed sources maintain that Berlin will accept proceeding toward the banking union only following a “two-stage process” that will pass by a very broad revision of the European Treaty and that probably will need five years to be completed. And in the meantime? “In countries in crisis there is still a lot of space for increasing taxes,” responds a high functionary of the government. The other day, finally, Chancellor Merkel made a nod to Bundesbank, observing that Germany would need higher taxes. A very uncustomary position for one who defends the autonomy of the ECB from governments. In Europe the discussion was finally opened on a wise economic policy that does not abandon austerity but allows the capacity for countries to achieve reforms that favor well-ordered economic and institutional balance. But the discussion is missing the German speaker, whose position is paralyzed by the wait for the German federal vote on September 22. If it were only about waiting (wasting) some months, it could still be accepted. But the problem is that in the meantime, in this game of mirrors, egoism and hypocrisy, the worst ghosts come back to life.








:up::up::up::up:



hazz bastasì-n :up::up:
 
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La svolta di Londra: meno diritti sul lavoro in cambio di azioni


La Camera dei Lord dice il «sì» definitivo alla legge
Titoli ai dipendenti che rinunciano alle tutele


Idea estrema, carica, com’è, di intonazioni faustiane, eppure sintomo di un’inesauribile volontà di sperimentazione. La fertile fantasia del Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, alla ricerca di stimoli per rilanciare l’economia flessibilizzando il mercato del lavoro, ha partorito lo scambio «diritti per azioni», patto eterodosso fra imprese e lavoratori.
 
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Tra due anni, con la recessione, il - Circa 10 anni prima la seconda maggiore - Il Sole 24 ORE



Circa 10 anni prima la seconda maggiore economia del Sud America, l'Argentina, aveva vissuto la stessa situazione. L'Argentina era di fatto già sotto programma del Fondo monetario. L'Istituto di Washington aveva imposto una severa cura di austerità fiscale attraverso la quale recuperare credibilità presso gli investitori internazionali. Alla guida del Fondo monetario c'era Horst Koehler, il tedesco che poco dopo sarebbe stato nominato presidente della Repubblica federale di Germania. Al quarto anno di recessione la situazione argentina divenne insostenibile. Il governo aveva ristretto l'accesso dei cittadini ai conti bancari e negato i rimborsi del debito pubblico. Centinaia di migliaia di cittadini avevano invaso le strade in atti di protesta durante i quali morirono 30 persone. Il presidente de la Rùa dovette abbandonare in elicottero il palazzo del governo. I creditori privati dovettero cancellare il 70% dei loro diritti. Gli investitori stranieri cercarono di assalire l'aereo delle autorità argentine in visita negli altri paesi. Alla fine, le autorità di Buenos Aires abbandonarono l'aggancio della moneta nazionale, il peso, al dollaro e ristrutturarono il debito pubblico.
Inflazione e disoccupazione salirono istantaneamente, ma dopo pochi mesi i ricchi argentini che avevano nascosto i loro patrimoni all'estero riportarono ingenti ricchezze nel paese riacquistando proprietà con i loro dollari rivalutati. Il mercato immobiliare e delle costruzioni rilanciò l'economia argentina.

Il grafico qui mostra come la disoccupazione sia tornata a scendere dopo una fase di aumento prolungato. Lo stesso fenomeno caratterizza altre economie che vivono la stessa esperienza di distacco da una politica valutaria troppo ambiziosa.

Tuttavia il grado di instabilità introdotto dallo sganciamento nell'economia argentina ha continuato a frenarne lo sviluppo. Le ingiustizie sociali prodotte dall'instabilità economica hanno squilibrato il modello di crescita. Nonostante l'impulso economico che ha rilanciato l'intero continente latino americano, l'Argentina è rimasta indietro. Se non si tenesse conto della eccezionale domanda di materie prime legata alla crescita dell'economia globale negli ultimi quindici anni, le produzioni argentine non sarebbero state in grado nemmeno di beneficiare della svalutazione del peso.
Se cioè l'Argentina si fosse trovata in un contesto di bassa crescita, di tipo europeo, lo sganciamento dalla valuta forte non avrebbe portato benefici. Quindi nemmeno la ridenominazione dei debiti delle imprese, cioè il loro taglio, avrebbe portato sviluppo. L'impoverimento dovuto a una moneta più debole non avrebbe fatto uscire il paese dalla stagnazione.
Ma guardando con occhi italiani all'esperienza argentina si vede qualcosa di ancor meno convincente.
Dopo la svalutazione, l'inflazione argentina – i cui dati per altro si sospetta vengano abbelliti dal governo – è rimasta molto elevata, oltre il 10% all'anno. Per un paese non isolato dalla comunità internazionale, ma molto integrato, con economia debole e segnato dall'instabilità finanziaria, il livello dei tassi d'interesse diventerebbe insostenibile. L'unica possibilità sarebbe quella di isolarsi completamente dalla comunità internazionale, rinnegando i debiti con l'estero e ridenominando in una valuta più povera l'intera economia.

Autarchia, impoverimento della popolazione, decisioni traumatiche e non discusse da un Parlamento.
Vi ricorda qualcosa? Non è esagerato dire che chi mette in dubbio l'ancoraggio dell'Italia all'Europa ponga senza saperlo una scelta tra autoritarismo e democrazia.

Un po esagerato ma è uno scenario plausibile se si tiene conto delle passioni svalutative che hanno da sempre caratterizzato il paese sudamericano...
 
Un po esagerato ma è uno scenario plausibile se si tiene conto delle passioni svalutative che hanno da sempre caratterizzato il paese sudamericano...


sì, è troppo enfatico ma non impossibile
si potrebbe fra noi sintetizzare in 'moral hazard',
ma così si spiega bene anche agli svalutators più accaniti
 

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