Gipa, lo so che hai già letto...
ma nel caso ti fosse sfuggito ...
Tra due anni, con la recessione, il - Circa 10 anni prima la seconda maggiore - Il Sole 24 ORE
Circa 10 anni prima la seconda maggiore economia del Sud America, l'Argentina, aveva vissuto la stessa situazione. L'Argentina era di fatto già sotto programma del Fondo monetario. L'Istituto di Washington aveva imposto una severa cura di austerità fiscale attraverso la quale recuperare credibilità presso gli investitori internazionali. Alla guida del Fondo monetario c'era Horst Koehler, il tedesco che poco dopo sarebbe stato nominato presidente della Repubblica federale di Germania. Al quarto anno di recessione la situazione argentina divenne insostenibile. Il governo aveva ristretto l'accesso dei cittadini ai conti bancari e negato i rimborsi del debito pubblico. Centinaia di migliaia di cittadini avevano invaso le strade in atti di protesta durante i quali morirono 30 persone. Il presidente de la Rùa dovette abbandonare in elicottero il palazzo del governo. I creditori privati dovettero cancellare il 70% dei loro diritti. Gli investitori stranieri cercarono di assalire l'aereo delle autorità argentine in visita negli altri paesi. Alla fine, le autorità di Buenos Aires abbandonarono l'aggancio della moneta nazionale, il peso, al dollaro e ristrutturarono il debito pubblico.
Inflazione e disoccupazione salirono istantaneamente, ma dopo pochi mesi i ricchi argentini che avevano nascosto i loro patrimoni all'estero riportarono ingenti ricchezze nel paese riacquistando proprietà con i loro dollari rivalutati. Il mercato immobiliare e delle costruzioni rilanciò l'economia argentina.
Il grafico qui mostra come la disoccupazione sia tornata a scendere dopo una fase di aumento prolungato. Lo stesso fenomeno caratterizza altre economie che vivono la stessa esperienza di distacco da una politica valutaria troppo ambiziosa.
Tuttavia il grado di instabilità introdotto dallo sganciamento nell'economia argentina ha continuato a frenarne lo sviluppo. Le ingiustizie sociali prodotte dall'instabilità economica hanno squilibrato il modello di crescita. Nonostante l'impulso economico che ha rilanciato l'intero continente latino americano, l'Argentina è rimasta indietro. Se non si tenesse conto della eccezionale domanda di materie prime legata alla crescita dell'economia globale negli ultimi quindici anni, le produzioni argentine non sarebbero state in grado nemmeno di beneficiare della svalutazione del peso.
Se cioè l'Argentina si fosse trovata in un contesto di bassa crescita, di tipo europeo, lo sganciamento dalla valuta forte non avrebbe portato benefici. Quindi nemmeno la ridenominazione dei debiti delle imprese, cioè il loro taglio, avrebbe portato sviluppo. L'impoverimento dovuto a una moneta più debole non avrebbe fatto uscire il paese dalla stagnazione.
Ma guardando con occhi italiani all'esperienza argentina si vede qualcosa di ancor meno convincente.
Dopo la svalutazione,
l'inflazione argentina – i cui dati per altro si sospetta vengano abbelliti dal governo – è rimasta molto elevata, oltre il 10% all'anno. Per un paese non isolato dalla comunità internazionale, ma molto integrato, con economia debole e segnato dall'instabilità finanziaria, il livello dei tassi d'interesse diventerebbe insostenibile. L'unica possibilità sarebbe quella di isolarsi completamente dalla comunità internazionale, rinnegando i debiti con l'estero e ridenominando in una valuta più povera l'intera economia.
Autarchia, impoverimento della popolazione, decisioni traumatiche e non discusse da un Parlamento.
Vi ricorda qualcosa? Non è esagerato dire che chi mette in dubbio l'ancoraggio dell'Italia all'Europa ponga senza saperlo una scelta tra autoritarismo e democrazia.