Tbond Bund (VM69) 2013: Bandits Unchained tra Krug bubbles and balls

no ripensandoci meglio dovrebbero essere i jap che hanno messo il turbo alla stampatrice e stanno comprando bonds eu a manetta e quindi anche i franzosi e i nostri (?) e stanno facendo salire l'euruzz, questo è un appoggio monetario :D
:-R se è così si capisce lo swiccione che sta avvenendo da stocks a bonds

OK vediamo cosa succede basta che non affondiamo tutti :titanic::)
 
goooood uikkkèn bbbanda !!


mica solo svalutascion dai citroni ...


La Boj rassicura dopo l’annuncio shock sulla liquidità - Yen ai minimi

La tempistica è casuale ma finisce per assumere un preciso significato: proprio all’indomani dell’annuncio di una nuova e radicale politica monetaria - più aggressiva di ogni previsione - Haruhiko Kuroda ha ricevuto la sua seconda investitura parlamentare, necessaria per garantirgli un mandato pieno di cinque anni come Governatore della Banca del Giappone. Il voto della Dieta assicura che a dirigere per un lustro intero l’istituto centrale nipponico sarà uno spietato reflazionista che ha messo la sua faccia su una scommessa non certo esente da rischi. Le prime reazioni dei mercati hanno combaciato con tutti i suoi desideri e obiettivi ma non è detto che sarà sempre così, almeno stando ad alcune autorevoli cassandre.
Aprendo le dighe della liquidità per ottenere una inflazione al 2% e un rilancio complessivo dell’economia, Kuroda - con il governo che l’ha nominato - vuole galvanizzare la Borsa, deprimere lo yen e schiacciare la curva dei tassi limando quelli a lungo termine. Nell’immediato, la missione è compiuta. Il Nikkei, dopo esser passato giovedì da -2 a +2,2% sull’onda dell’annuncio-shock, ha inanellato ieri un altro progresso dell’1,6% pur ridimensionandosi dai picchi di giornata superiori al +4%: in tre giorni l’indice azionario è salito del 6,9%, il che porta il guadagno a oltre il 50% nel giro di poco più di 4 mesi e mezzo.

Come accade da mesi, il balzo della Borsa è stato inversamente proporzionale alla direzione dello yen,



A segnalare che il governo non pensa solo a stimoli monetari e fiscali, ma anche a introdurre riforme incisive, proprio ieri è stata costituita la "task force" di 65 persone (che saliranno a 100) che condurrà i negoziati per l’adesione alla Trans-Pacific Partnership (un’area di libero scambio che comprende gli Usa), mentre il 15 aprile inizieranno le trattative per una partnership economica con l’Unione europea. Sono due Free trade agreement che renderanno necessari cambiamenti di una certa profondità su un mercato domestico ancora in molti casi allergico a vere liberalizzazioni.
 
Passiamo all’Italia che ci sembra abbia assunto una posizione di acquiescenza eccessiva alla tecnocrazia euro-germanica. Un caso recente è quello dei debiti della pubbliche amministrazioni verso le imprese che sembrano pagabili solo garantendo al Commissario europeo Rehn che rispetteremo il vincolo europeo 3% del deficit sul Pil nel 2013 e negli anni successivi. A questo punto è bene ricostruire gli eventi degli ultimo 20 giorni. Il 18 marzo una dichiarazione congiunta dei due vicepresidenti della Commissione europea, Tajani e Rehn, autorizzava (o addirittura sollecitava) le pubbliche amministrazioni a saldare i debiti che hanno verso le imprese. A quella data i debiti erano stimati in 70 miliardi che successivi aggiornamenti hanno portato a 100 miliardi. Tutto sembrava ben avviato, quanto meno per un pagamento rapido della metà del dovuto come richiesto dalla Confindustria. Anche il Parlamento italiano con una risoluzione pressochè unanime (poi inspiegabilmente attenuata da M5S) dava un via libera al Governo per decretare in merito.
Ma a quel punto si apriva un’operazione vigilanza del citato Commissario Rehn che ha chiesto garanzie al Governo sul rispetto del limite del 3% del deficit sul Pil per il 2013 ed anni successivi. Così l’Esecutivo, che vuole spalmare su molti anni il pagamento, ha rinviato la decretazione per approfondire le modalità del pagamento dei debiti che potrebbero invece essere saldati seguendo le indicazioni di Confindustria e di Astrid (Bassanini e Messori) con un sistema di garanzie pubbliche sui crediti certificati scontabili presso banche e la Cassa depositi e prestiti ed il cui onere per le amministrazioni verrebbe diluito nel tempo.
Il Governo non deve dimenticarsi di dire a Rehn che il nostro deficit, previsto tra i più bassi dell’Eurozona al 2,1% nel 2013, rimarrà comunque inferiore a quello francese e a quello spagnolo. Paesi che hanno avuto un trattamento più favorevole dalla Commissione non perché sono meglio di noi, ma perché sono politicamente ed istituzionalmente più forti. Perchè non basta dire che noi abbiamo un debito pubblico sul Pil più alto del loro dati altri nostri punti di forza. In particolare rispetto alla Spagna che nelle previsioni avrà nel 2013 il deficit su Pil al 6,7%, che ha chiesto ed ottenuto dal Fondo Europeo un prestito di 100 miliardi di euro, che ha pagato buona parte dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese con un marchingegno finanziario su cui la Commissione nulla ha detto.
Infine il Governo dovrebbe segnalare a Rehn che il pagamento di gran parte dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese darebbe una spinta al Pil sicchè l’eventuale (ma evitabile) crescita del deficit sul Pil sopra il 3% ritornerebbe poi sotto.





In conclusione. Solo passando dal rigore alla razionalità fiscale orientata alla crescita proteggeremo l’Italia e l’Eurozona. Altrimenti non saranno gli euroscettici a tiraci fuori dai guai con soluzioni che meritano comunque attenzione perché prevarranno gli euroavversi che ci porteranno al disastro.
 
Passiamo all’Italia che ci sembra abbia assunto una posizione di acquiescenza eccessiva alla tecnocrazia euro-germanica. Un caso recente è quello dei debiti della pubbliche amministrazioni verso le imprese che sembrano pagabili solo garantendo al Commissario europeo Rehn che rispetteremo il vincolo europeo 3% del deficit sul Pil nel 2013 e negli anni successivi. A questo punto è bene ricostruire gli eventi degli ultimo 20 giorni. Il 18 marzo una dichiarazione congiunta dei due vicepresidenti della Commissione europea, Tajani e Rehn, autorizzava (o addirittura sollecitava) le pubbliche amministrazioni a saldare i debiti che hanno verso le imprese. A quella data i debiti erano stimati in 70 miliardi che successivi aggiornamenti hanno portato a 100 miliardi. Tutto sembrava ben avviato, quanto meno per un pagamento rapido della metà del dovuto come richiesto dalla Confindustria. Anche il Parlamento italiano con una risoluzione pressochè unanime (poi inspiegabilmente attenuata da M5S) dava un via libera al Governo per decretare in merito.
Ma a quel punto si apriva un’operazione vigilanza del citato Commissario Rehn che ha chiesto garanzie al Governo sul rispetto del limite del 3% del deficit sul Pil per il 2013 ed anni successivi. Così l’Esecutivo, che vuole spalmare su molti anni il pagamento, ha rinviato la decretazione per approfondire le modalità del pagamento dei debiti che potrebbero invece essere saldati seguendo le indicazioni di Confindustria e di Astrid (Bassanini e Messori) con un sistema di garanzie pubbliche sui crediti certificati scontabili presso banche e la Cassa depositi e prestiti ed il cui onere per le amministrazioni verrebbe diluito nel tempo.
Il Governo non deve dimenticarsi di dire a Rehn che il nostro deficit, previsto tra i più bassi dell’Eurozona al 2,1% nel 2013, rimarrà comunque inferiore a quello francese e a quello spagnolo. Paesi che hanno avuto un trattamento più favorevole dalla Commissione non perché sono meglio di noi, ma perché sono politicamente ed istituzionalmente più forti. Perchè non basta dire che noi abbiamo un debito pubblico sul Pil più alto del loro dati altri nostri punti di forza. In particolare rispetto alla Spagna che nelle previsioni avrà nel 2013 il deficit su Pil al 6,7%, che ha chiesto ed ottenuto dal Fondo Europeo un prestito di 100 miliardi di euro, che ha pagato buona parte dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese con un marchingegno finanziario su cui la Commissione nulla ha detto.
Infine il Governo dovrebbe segnalare a Rehn che il pagamento di gran parte dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese darebbe una spinta al Pil sicchè l’eventuale (ma evitabile) crescita del deficit sul Pil sopra il 3% ritornerebbe poi sotto.





In conclusione. Solo passando dal rigore alla razionalità fiscale orientata alla crescita proteggeremo l’Italia e l’Eurozona. Altrimenti non saranno gli euroscettici a tiraci fuori dai guai con soluzioni che meritano comunque attenzione perché prevarranno gli euroavversi che ci porteranno al disastro.


Quadro Curzio mi piace... :up:
 
8DLnX7UmMy+hAAAAAASUVORK5CYII=
 

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