“Il piacere sessuale in una donna è una specie di incantesimo magico;
richiede completo abbandono; se le parole
o i movimenti si oppongono alla magia delle carezze,
l’incantesimo si rompe”.
(Simone de Beauvoir)
Una donna persa nel proprio piacere è l’immagine più sensuale in assoluto. In questo, l’erotismo giapponese si differenzia da quello occidentale. Laddove in Occidente le attrici porno chiedono “Si, vai! Prendimi!”, in Giappone accade il contrario: le donne protestano “Yada, dame, yamete, hanase!” (No, fermo, smettila, lasciami!) e si dibattono. Il modello di seduzione è la donna che è costretta a godere suo malgrado e che deve fingere di non essere consenziente: una vittima del proprio piacere. E’ la visione del volto che interessa ai giapponesi. Un viso messo con le spalle al muro, costretto… che esprima le emozioni. Un volto messo alla prova da sofferenze e piaceri segreti è più intrigante di uno sorridente.
E’ un viso che esprime il Mono no aware, la fragilità della vita: la visione della persona amata che si allontana sotto la pioggia o quella dei fiocchi di neve che cadono in silenzio. E’ la poesia dell’impermanenza, che ossessiona il pensiero giapponese da millenni.