Thread Ufficiale Unificato delle Discussioni Politiche Generali (1 Viewer)

favorevole a Monti?

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risparmier

Forumer storico
16-11-2011
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«I leader delleurozona hanno tramutato un problema greco di solvibilità da 50 miliardi in una crisi esistenziale da 1.000 miliardi. Non so se ridere o piangere»: così David Miliband, ex ministro degli Esteri britannico.ttttttt
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I tedeschi vietano alla BCE di monetizzare per motivi uno più ottuso dell’altro: non vogliono pagare per le spese allegre dei Paesi-cicala, inseriscono il discorso moralistico («punire Atene, punire Roma, non condonare lazzardo morale») con cui mascherano loscamente i loro interessi più miopi di creditori. Ma anche loro, le loro banche, meritano di essere punite per il loro azzardo morale, aver prestato troppo e senza controllo alle cicale. Ed ora pensano di salvarsi da soli, abbandonando i debitori.

Tutto il vorticoso bordello visto fin qui ha lo scopo di far assorbire il debito alle masse, che i loro salari se li sono guadagnati col lavoro, anzichè a chi ha profittato speculando su attivi folli, come il debito greco o italiano. È questa la madre di tutti gli azzardi morali: sono coloro che hanno preso questi rischi per profitto privato che dovrebbero accollarsi le perdite.

Ciò significa che avrebbero danni i risparmiatori in BOT e in BTP (ma ai piccoli potrebbe essere data qualche garanzia) i fondi pensione e le assicurazioni; soprattutto, una quantità di banche sarebbero spazzate via e chiuse, ma la vita continuerebbe, anzi migliorerebbe non solo in termini di equità, ma di ripresa economica
.
«Una botta e via», come diceva il boia Mastro Titta al Rugantino con il collo già sul ceppo.

L’alternativa è invece, che per mantenere al valore irreale i BOT e i BTP, ci facciano morire della tortura cinese dei mille tagli, sotto il lento strangolamento della torchia fiscale, sempre più stretta per strizzarci l’ultima finanziaria, visto che la precedente non è bastata a calmare i mercati… Se no perchè Monti avrebbe nominato ministro dello Sviluppo Carlo Passera, capintesta di Banca Intesa?... Le banche vogliono la vostra libbra di carne. Depressione sopra depressione, senza alcuna prospettiva d’uscita.

La Germania ha visto ancora una crescita relativamente buona nel terzo trimestre, più 0,5% rispetto al secondo. Ma gli ordini industriali tedeschi sono caduti del 4,3% da agosto a settembre, e gli ordinativi provenienti dalla zona euro sono crollati del 12,1%.

Ed Anton Boerner, il capo della BGA, la confederazione di 120 mila piccolo-medio industrie tedesche, dichiara: «La nostra economia è robusta. Il problema sono i Paesi sud-europei. Non è la Germania che deve affrontare la crisi, è lItalia. Il problema è un problema italiano, è la loro società».

Insomma: se la Germania non esporta abbastanza, è colpa degli Stati del Sud, dell’Italia a cui la Germania ha portato via il 40% delle sue quote di mercato, grazie all’euro forte. È che deve risolvere l’Italia, dice. Eppure il calo degli ordini gli sta dicendo che il problema si ripercuote sulla Germania troppo dipendente dall’export; il prezzo che Berlino non vuol pagare, lo pagherà in altro modo.

Questo Boerner dice anche alla BBC: «Quello di cui abbiamo bisogno è un mercato comune, non una moneta comune». Comodo, no? In ogni caso, la frase indica che davvero gli ambienti tedeschi che contano stanno progettando di cacciare fuori dall’euro i Paesi-cicala. Si tengono il mercato comune su cui spadroneggiano – così pensano loro – senza doversi accollare la moneta comune.

Intelligente, questo teutonico.

Ma per noi andrebbe meglio. Lo deduco da un’analisi di David McWilliams, un giornalista economico abbastanza reputato in Irlanda, che parla della fine dell’euro, e valuta: per noi andrebbe meglio di oggi. Ovviamente, il discorso vale anche per l’Italia, e vale la pena di citarlo.


McWilliams comincia a ricordare che, quando l’Irlanda aveva la sua valuta nazionale agganciata al marco tedesco (come la lira italiana, eravamo nel serpentone europeo) «abbiamo svalutato sei volte in 13 anni nello sforzo di restare competitivi rispetto ai tedeschi. Per contro, quando siamo entrati nelleuro e non possiamo più svalutare, abbiamo perso il 30% di competitività rispetto alla Germania». L’Italia ha perso il 40%.

Continua McWilliams:

«È chiaro che tutti (si noti quel tutti) i Paesi periferici necessitano di un cambiamento del valore delle valute per rendere le nostre imprese più competitive, e più esportatrici. Abbiamo anche bisogno di rendere le importazioni più costose, in modo da non importare troppo. Il tasso di cambio debole realizza entrambe queste cose. La svalutazione funziona».
E ricorda come la Finlandia e la Svezia abbiano conquistato una competitività stabile (non temporanea) dopo aver svalutato nel ‘92.

Senza svalutare, continua l’irlandese, «non possiamo tener testa alla Germania e questo rende la promessa UE di convergenza economica difficile da ottenere senza prendere pesantemente in prestito... Adesso nessuno di noi riesce a ripagare questi prestiti»
.
Pura e semplice realtà, quale nessuno che conti in Italia sta dicendo.

La proposta che ne viene è limpida:

«Quindi ci occorre un condono del debito o qualche rinegoziazione di esso. Il nuovo euro (del Sud, o dei Paesi periferici) andrebbe accompagnato da una massiccia cancellazione del debito, perchè se si riduce il valore della moneta in cui la gente viene pagata senza proporzionalmente ridurre il valore dei loro debiti in essere, la gente semplicemente non sarà in grado di pagare e il Paese farà default dopo la svalutazione. Le due cose vanno fatte insieme».


McWilliams preconizza ovviamente un euro-debole separato dall’euro-forte, che resterebbe ai tedeschi e ai loro satelliti.

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una Fides: uscire dall'euro e alla svelta o sarà la catastrofe.
 

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Parigi (Francia), 19 nov. (LaPresse/AP) - Marine Le Pen, leader e prossima candidata alle presidenziali del 2012 in Francia del Fronte Nazionale di destra, ha ribadito la sua volontà di uscire dall'euro e di rafforzare il controllo delle frontiere durante un comizio a Parigi. Migliaia di sostenitori hanno ascoltato per la prima volta le linee guida del suo programma, ma pochi dettagli sono stati rivelati nel dettaglio, soprattutto in materia economica. "Il piano per il vigore" sarà annunciato a gennaio, ha detto la Le Pen, insistendo invece su principi chiave come la conservazione dei valori della famiglia, la lotta contro l'immigrazione e il rifiuto della globalizzazione. A gennaio rivelerà il suo piano per ridurre il debito nazionale, ha detto la leader del Fronte, ma intanto la Francia deve abbandonare la moneta unica "anticipando il collasso" futuro. "Niente sarà possibile senza l'autorità di uno Stato forte", ha aggiunto durante il discorso di oltre un'ora interrotto spesso da applausi.

Francia, Le Pen traccia linee guida Fronte Nazionale: Uscire da euro - Europa - La Presse
 

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[ame=http://www.youtube.com/watch?v=MDVmN0ikOHU]Farage accusa i burocrati europei per il golpe ai danni di Grecia e Italia - YouTube[/ame]
 

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2011-11-11​
L'Eurozona a picco

NEW YORK – La crisi dell'eurozona sembra aver raggiunto il suo apice, con la Grecia sull'orlo del fallimento e di un'ingloriosa uscita dall'unione monetaria, ed ora con l'Italia sul punto di perdere l'accesso ai mercati. Ma i problemi dell'eurozona sono molto più profondi. Sono strutturali, e si ripercuotono pesantemente su almeno altre quattro economie: Irlanda, Portogallo, Cipro e Spagna.
Nell'ultimo decennio, i PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) sono stati i consumatori dell'eurozona di prima ed ultima istanza, spendendo più del loro reddito e incorrendo in deficit nella bilancia dei pagamenti sempre più consistenti. Nel frattempo, il "centro" dell'eurozona (Germania, Olanda, Austria e Francia) ha costituito l'insieme dei produttori di prima e ultima istanza, con spese al di sotto del loro reddito e sempre maggiori surplus della bilancia dei pagamenti.
Questi squilibri esteri sono stati determinati anche dalla forza dell'euro a partire dal 2002, e dalla divergenza tra i tassi di cambio reali e la competitività all'interno dell'eurozona. Il costo unitario del lavoro é diminuito in Germania ed in altre parti del centro (data una crescita salariale inferiore a quella della produttività), portando ad un apprezzamento in termini reali e ad un aumento dei deficit della bilancia dei pagamenti. In Irlanda e Spagna il risparmio privato é crollato, con la bolla immobiliare che stimolava un livello eccessivo dei consumi, mentre in Grecia, Portogallo, Cipro e Italia, erano gli eccessivi deficit fiscali ad esacerbare gli squilibri con l'estero.
La conseguente crescita del debito pubblico e privato in paesi con spesa eccessiva divenne ingestibile allo scoppiare della bolla immobiliare (Irlanda e Spagna) ed i deficit delle partite correnti, o i deficit fiscali, o entrambi divennero insostenibili attraverso tutta la periferia dell'eurozona. Inoltre, gli ingenti deficit dei paesi periferici, alimentati da un livello eccessivo di consumi, furono accompagnati da stagnazione economica e perdita di competitività.
E adesso?
La reflazione simmetrica é l'opzione migliore per ristabilire la crescita e la competitività nella periferia dell'eurozona, portando avanti allo stesso tempo le misure di austerità e le riforme strutturali necessarie. Ciò implica un significativo allentamento della politica monetaria da parte della Banca Centrale Europea; la garanzia di supporto da parte di un prestatore di ultima istanza per quelle economie con problemi di liquidità ma potenzialmente solventi; un forte deprezzamento dell'euro, che volgerebbe in surplus i deficit della bilancia dei pagamenti; ed uno stimolo fiscale nel centro se la periferia é costretta a piani di austerità.
Sfortunatamente, la Germania e la BCE si oppongono a questa opzione, alla prospettiva di subire temporaneamente un livello di inflazione moderatamente più elevato nel centro rispetto alla periferia.
L'amara medicina che la Germania e la BCE vogliono imporre alla periferia - la seconda opzione - consiste in una deflazione recessiva: austerità fiscale, riforme strutturali che stimolino la crescita della produttività e riducano il costo del lavoro, e un deprezzamento in termini reali attraverso un aggiustamento dei prezzi, invece di un aggiustamento nominale del tasso di cambio.
I problemi con questa opzione sono numerosi. L'austerità fiscale, seppur necessaria, implica una più profonda recessione nel breve periodo. Anche le riforme strutturali riducono la produzione nel breve periodo, perché richiedono la chiusura di imprese in perdita e licenziamenti per un graduale ricollocamento della forza lavoro e dal capitale verso le nuove industrie emergenti. Quindi, per prevenire la spirale di una recessione sempre più dura, la periferia necessita di una svalutazione in termini reali per migliorare il suo deficit estero. Ma anche se i prezzi ed i salari diminuissero del 30% nei prossimi anni (cosa con ogni probabilità socialmente e politicamente insostenibile), il valore reale del debito aumenterebbe drasticamente andando ad aggravare la condizione d'insolvenza degli stati e dei debitori privati.
In breve, la periferia dell'eurozona é oggetto del paradosso della parsimonia: accrescere i risparmi troppo,e troppo in fretta, conduce ad una rinnovata recessione e rende il debito ancora più insostenibile. E tale paradosso ora colpisce anche il centro.
Se i paesi periferici rimangono impantanati nella trappola deflazionistica di alto debito, calo della produzione, scarsa competitività e deficit estero strutturale, essi saranno tentati prima o poi da una terza opzione: fare default e uscire dall'eurozona. Ciò permetterebbe loro di rilanciare la crescita economica e la competitività attraverso la svalutazione delle rinate valute nazionali.
Naturalmente, una tale frantumazione disordinata della eurozona sarebbe uno shock tanto forte quanto il collasso di Lehman Brothers nel 2008, se non peggio. Evitarlo obbligherebbe le economie del centro della zona euro ad abbracciare la quarta ed ultima opzione: corrompere la periferia affinché rimanga in una condizione di bassa crescita e bassa competitività. Ciò richiederebbe accettare di subire perdite massicce sul debito pubblico e privato, così come enormi trasferimenti a supporto dei redditi della periferia laddove la sua produzione rimane stagnante.
L'Italia ha fatto qualcosa di simile per decenni, con le sue regioni settentrionali che sussidiano il Mezzogiorno più povero. Ma trasferimenti fiscali permanenti di questo tipo sono politicamente impossibili nell'eurozona, dove i tedeschi sono tedeschi, ed i greci sono greci.
Ciò significa anche che la Germania e la BCE hanno meno poteri di quelli che sembrano credere. A meno che non abbandonino l'aggiustamento asimmetrico (deflazione recessiva), che concentra tutti i sacrifici sulla periferia, in favore di un approccio maggiormente simmetrico (austerità e riforme strutturali nella periferia, associate ad una reflazione per tutta l'eurozona), il lento deragliamento dell'unione monetaria accelererà con il default e la progressiva uscita dei paesi periferici.
Il recente caos in Grecia ed Italia potrebbe essere il primo passo di questo processo. Chiaramente, l'approccio approssimativo e raffazzonato adottato finora dall'eurozona non funziona più. A meno che l'eurozona non muova verso una maggiore integrazione economica, fiscale e politica (su di un cammino coerente con il ripristino della crescita, della competitività e della sostenibilità del debito, che sono necessarie per risolvere la solvibilità del debito pubblico e ridurre i deficit cronici fiscali ed esteri), la deflazione recessiva condurrà senza dubbio ad una disgregazione disordinata.
Con l'Italia troppo grande per poter fallire, troppo grande per essere salvata, ed ora giunta al punto di non ritorno, ha avuto inizio la resa dei conti. Prima verranno delle ristrutturazioni coercitive e sequenziali del debito, a cui seguirà l'uscita dall'unione monetaria, che porterà infine alla disintegrazione dell'eurozona.


L'Eurozona a picco - Nouriel Roubini - Project Syndicate
 

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