Indagine Ue sul "cartello" del cemento
coinvolte le italiane Italcementi e Buzzi
Il sospetto è che tra i produttori ci siano stati accordi illeciti di spartizione del mercato e cooridnamento dei prezzi in danno della concorrenza, dei consumatori e delle imprese
MILANO - Il sospetto è che i big del cemento in Europa ci siano ricascati. Nonostante una prima condanna alla fine degli anni Novanta, conclusasi con una multa molto pesante (finanziariamente parlando), i colossi del settore potrebbero averci riprovato. Il sospetto della Commissione Europea, che controlla la concorrenza nell'eurozona, è quello che sia stato costituito un cartello illegale. Di cosa si tratta? In particolare, la Commissione intende effettuare indagini per verificare la possibile esistenza di restrizioni dei flussi commerciali tra vari stati, di ripartizione dei mercati, di coordinamento dei prezzi e di altre pratiche potenzialmente anticompetitive nel mercato del cemento
e dei prodotti ad esso correlati.
In sostanza, la Ue vuole dimostrare se i leader del settore invece di farsi concorrenza - e in questo modo abbassare i costi per i consumatori e le imprese - abbiano cercato accordi di vario tipo per sostenere i prezzi.
Bruxelles, in via ufficiale, non ha offerto precisazioni sui nomi delle società coinvolte, ma ha indicato i nomi dei paesi dove queste sono attive: Francia, Germania, Austria, Belgio, Italia, Spagna, Lussemburgo, Paesi bassi, Repubblica ceca e Regno Unito.
In realtà, i nomi delle società coinvolte si possono ricostruire da un precedente passo compiuto dalla Ue. Nel novembre 2008, i francesi Lafarge e Ciment francais (controllata del gruppo Italcementi), oltre alla svizzera Holcim, alla tedesche Dyckerhoff e alla messicana Cemex, avevano reso noto che nelle loro sedi
avevano ricevuto visite di ispettori europei. Il che faceva pensare che prima o poi sarebbe arrivata, cosa avvenuta oggi, l'apertura di una inchiesta ufficiale.
Così, nel pomeriggio, sia Italcementi sia l'altro gruppo leader in Italia, Buzzi Unicem (che controlla la tedesca Dyckeroff), hanno ammesso di essere coinvolte. Ora bisognerà capire se anche in questa occasione la Ue troverà o meno prove sufficienti per un'altra multa milionaria.
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