psicologia cognitiva
breve introduzione sulla psicologia cognitiva: non che sia il modello da abbracciare in toto ma per ciò che a noi interessa è quella che + spesso ci troveremo a nominare
Modelli cognitivi [modifica]
Modello TOTE: Test-Operate-Test-Exit (verificare, eseguire, verificare, terminare), esposto nel testo
Piani e struttura del comportamento di Miller, Pribram, Galanter.
Nei primi modelli cognitivistici, l'elaborazione dell'informazione era concepita come un processo che avviene per stadi consecutivi, terminate le operazioni proprie di uno stadio si passa al successivo, e così via. Negli anni '70 furono presentati nuovi modelli che mettevano in evidenza sia la possibilità di
retroazione di uno stadio di elaborazione su quelli precedenti, sia la possibilità che si attivassero le operazioni di uno stadio successivo senza che quelli precedenti avessero già elaborato l'informazione per quanto li riguardava.
Un altro aspetto importante fu l'accentuazione del carattere finalizzato dei processi mentali. Il comportamento veniva ora concepito come una serie di atti guidati dai processi cognitivi ai fini della soluzione di un problema, con continui aggiustamenti per garantire la migliore soluzione. La nozione di “retroazione”, feedback, sviluppata dalla
cibernetica divenne centrale in questa concezione del comportamento orientato verso una meta. Lo psicologo sperimentale del linguaggio
George Armitage Miller, con le sue opere determinò un'autentica svolta nella rappresentazione del comportamento:
il comportamento era visto come il prodotto di una elaborazione dell'informazione, quale è compiuta da un calcolatore, per lo svolgimento di un piano utile alla soluzione del problema. Il comportamento non era quindi l'epifenomeno di un arco riflesso (input sensoriale, elaborazione, output motorio), ma il risultato di un processo di continua verifica retroattiva del piano di comportamento secondo l'unità TOTE ( test, operate, test, exit): l'atto finale (exit) non consegue direttamente ad un input sensoriale o a un comando motorio, ma è il risultato di precedenti operazioni di verifica (test) delle condizioni ambientali, di esecuzione (operate) intermedie e di nuove verifiche (test). Nel 1967 uscì il libro dello psicologo statunitense
Ulric Neisser, “psicologia cognitiva”, nel quale venivano sintetizzate le ricerche condotte nei dieci anni precedenti secondo la prospettiva che fu definitivamente chiamata cognitivistica. La letteratura sperimentale sui processi cognitivi crebbe a dismisura sostituendo le prospettive passate con la nuova prospettiva che si diffuse anche in campo della
psicologia sociale e della
psicopatologia. È comprensibile quindi che nei primi anni '70 si parlasse ormai di rivoluzione cognitivistica nella ricerca psicologica.
La revisione degli anni '70 [modifica]
A partire dalla seconda metà degli anni '70 ebbe inizio un'opera di revisione teorica e metodologica all'interno del cognitivismo, che arrivò fino ad una parziale autocritica su quanto era stato acquisito nel decennio precedente. Fu ancora
Neisser a riassumere in un testo del
1976 gli aspetti problematici essenziali emersi nella letteratura psicologica cognitivistica. Neisser affermava che il cognitivismo aveva apportato nuovi e importanti contributi alla comprensione dei
processi cognitivi, ma allo stesso tempo era degenerato in una miriade di esperimenti e di mode, spesso privi di effettivo valore euristico. Si trattava di modelli generalmente relativi a situazioni di laboratorio e non estrapolabili a situazioni di concreto funzionamento della mente nella vita quotidiana ("wild cognition"); inoltre, avevano un interesse più teorico che realmente applicativo.
Neisser faceva un continuo riferimento all'impostazione teorica di
James Jerome Gibson (
approccio ecologico), che aveva una concezione cognitivistica di una costruzione della
realtà esterna da parte della mente, secondo un'organizzazione sequenziale dell'elaborazione dell'informazione, stadio per stadio, ora invece criticata in base all'assunto che
l'organismo nel corso dell'evoluzione si è dotato di sistemi sempre più economici e adeguati che consentono un'analisi diretta e immediata della realtà. Il richiamo alla validità ecologica degli esperimenti cognitivistici; la critica alla modellistica dei microprocessi e micromodelli all'infinito (le unità di elaborazione contenevano delle sotto-unità di elaborazione, e queste a loro volta delle altre, e così via: si trattava dei temi classicamente analizzati negli studi di HIP -
Human Information Processing); l'esigenza di introdurre nel flusso dell'elaborazione dell'informazione processi relativamente trascurati, come la coscienza e la produzione di immagini; le innovazioni nel campo dell'informatica e della simulazione su calcolatore dei processi mentali; le nuove acquisizioni nel campo delle neuroscienze; tutti questi furono elementi fondamentali che attenuarono l'interesse per il cognitivismo "classico", o primo cognitivismo, già a partire da metà degli anni '80.
Il nuovo orientamento [modifica]
Non vedendo realizzata effettivamente una vera e propria rivoluzione
paradigmatica, nei primi anni '80 molti psicologi finirono con lo sminuire la rilevanza teorica e metodologica del cognitivismo, arrivando fino a ritenerlo una continuazione, anche se in forma più sofisticata, del comportamentismo. Si diceva che aveva solo aggiunto dei processi intermedi tra lo stimolo e la risposta, ma il paradigma rimaneva sempre quello comportamentista. In questo contesto di riflessioni autocritiche da una parte, e di nuove acquisizioni in discipline di confine dall'altra, si sviluppò il nuovo orientamento della “Scienza Cognitiva”.
Il cognitivismo oggi [modifica]
La psicologia cognitiva è oggi una scienza fortemente multidisciplinare, che si avvale dei metodi, degli apparati teorici e dei dati empirici di numerose altre discipline, tra le quali: la
psicologia, la
linguistica, le
neuroscienze, le
scienze sociali e della
comunicazione, la
biologia, l'
intelligenza artificiale e l'
informatica, la
matematica, la
filosofia e la
fisica.
Dal punto di vista
filosofico, la psicologia cognitiva assume la posizione
ontologica del
realismo critico, secondo la quale viene accettata l'esistenza di una realtà esterna strutturata, ma allo stesso tempo viene rifiutata la possibilità di conoscerla completamente. Questa premessa teorica lo distingue nettamente dal movimento comportamentista: l'oggetto di studio non è più (soltanto) il comportamento umano, bensì gli stati o processi mentali, precedentemente considerati interni ad una
black box (o
scatola nera) insondabile e non conoscibile scientificamente.
Tale presa di posizione nei confronti dello studio dell'attività mentale si traduce concretamente nell'affermarsi della concezione di comportamento umano come risultato di un
processo cognitivo di elaborazione delle informazioni articolato e variamente strutturato (
information processing).
Gli esiti più recenti dell'analisi dei processi cognitivi, incentrano queste dinamiche nei contesti sociali in cui si sviluppa il pensiero. Questo approccio basato sul cognitivismo, definito come
teoria sociale cognitiva, studia infatti l'interazione tra cognizione e contesto sociale. La teoria sociale cognitiva riveste un ruolo molto importante sul versante di studio della
personalità. Una elevata importanza in questo nucleo teorico è attribuita alle riflessioni di
Albert Bandura. Dai concetti elaborati da Bandura, hanno preso il via numerosi altri ricercatori, costituendo una corrente di pensiero che prende le mosse dal cognitivismo, costruendo un'analisi dei processi cognitivo-emotivi, incentrata sui contesti sociali che vedono tali processi esprimersi attraverso le condotte.
Un altro punto di riferimento nel panorama del cognitivismo contemporaneo è, nel campo della
psicologia e della
psicoterapia, il
cognitivismo post-razionalista di
Vittorio Guidano. Egli, rielaborando i contributi teorici e sperimentali offerti da numerose altre discipline, apporta importanti contributi allo studio dell’evoluzione della mente umana, con risvolti innovativi nei campi dell’epistemologia, della psicologia sperimentale e della psicopatologia.