Quando l’investitore perde la testa
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Perché mai hanno tanto successo prodotti come gli strutturati, tendenzialmente poco liquidi, non sempre di facile comprensione e con rendimenti che molto spesso non appaiono nemmeno così allettanti? Dipende dalla capacità di persuasione di chi li colloca o dal fascino della protezione o garanzia del capitale? A spiegare i motivi della preferenza accordata da molti risparmiatori a tali prodotti è essenzialmente la psicologia, in particolare la finanza comportamentale che studia le anomalie comportamentali degli investitori, utilizzando la psicologia cognitiva e l’evidenza sperimentale.
Nel quaderno di ricerca Consob "Errori cognitivi e instabilità delle preferenze nelle scelte di investimento" di Nadia Linciano si cita uno studio di Fisher del 2007 che evidenziava come i soggetti che investono in tali prodotti siano spinti da motivazioni incompatibili con l’ipotesi di razionalità che è alla base della teoria finanziaria classica, mentre l’esame condotto da Thorsten e Rieger su strutturati emessi sui mercati tedesco e svizzero concludeva che tali prodotti raramente sono convenienti. Investitori non razionali scelgono prodotti poco convenienti, perché? La conclusione cui giungevano i due accademici è che la maggior parte dei prodotti esaminati è compatibile solo con l’ipotesi che l’investitore sottostimi in modo sistematico le probabilità degli scenari sfavorevoli, non essendo in grado di comprendere la complicata struttura dei payoff.
I meccanismi che spingono gli investitori a una stima errata delle probabilità e, più in generale, ad assumere decisioni non razionali nell’acquisto di prodotti strutturati sono stati analizzati da due ricercatori della The Hebrew University of Jerusalem, Moran Ofir e Zvi Wiener. Nel loro studio "Investment in financial structured products from a rational choice perspective" sostengono che la maggior parte dei prodotti strutturati presenti sul mercato sono costruiti in modo da sfruttare alcune anomalie comportamentali. Ofir e Wiener hanno individuato cinque elementi normalmente presenti in questa tipologia di prodotti e le anomalie comportamentali ad essi associate. I risparmiatori, quelli retail in particolare, considerano la protezione del capitale un elemento particolarmente allettante e la motivazione è nella cosiddetta loss aversion, l’avversione alle perdite. Gli investitori preferiscono soprattutto evitare di subire perdite, più che ottenere guadagni e gli strutturati, con la loro garanzia o protezione del capitale investito, mettono gli investitori avversi alle perdite nella condizione di evitare appunto le perdite e di usufruire di un guadagno, sia pure limitato o legato a determinate circostanze.
Altra anomalia comportamentale è quella del "senno di poi", l’Hindsight Bias. Nella ricerca si sostiene che gran parte dei prodotti strutturati fa affidamento su un risultato che si è verificato nel recente passato. L’investitore dal "senno di poi" è quello che attribuisce maggiori probabilità all’ipotesi che lo stesso andamento si ripresenti in un prossimo futuro, garantendogli rendimenti relativamente elevati, e tende perciò a favorire gli investimenti in strutturati. L’Herd Behavior, il muoversi in gregge, è il comportamento che spinge il singolo risparmiatore a unirsi alla massa nella corsa ad uscire o entrare nei mercati; i prodotti strutturati, fornendo agli investitori un’esposizione alle commodity, ai mercati emergenti o al prodotto finanziario esotico di moda, possono sfruttare tale tendenza.
L’Ostrich Effect è invece legato al grado di liquidabilità dei prodotti. In termini razionali, l’illiquidità dovrebbe avere un impatto negativo sul valore di uno strumento o di un titolo. Due studiosi, Galai e Sade, hanno verificato che molti investitori preferiscono detenere strumenti poco liquidi e sono anche disponibili a pagare un premio, un minor rendimento, per essi.
La spiegazione a questo comportamento apparentemente irrazionale sta nell’avversione a ricevere informazioni su potenziali perdite nel corso della durata del titolo. E’ l’effetto ostrica. «La maggior parte dei prodotti strutturati non sono negoziabili e sono quindi illiquidi — si legge nella ricerca — Gli investitori possono evitare situazioni finanziarie apparentemente rischiose per tutta la durata di una struttura illiquida, assumendo semplicemente che queste situazioni non esistono. L’unica situazione alla quale gli investitori sono interessati è quella che si verifica alla scadenza».
C’è, infine, un quinto aspetto che impatta su alcuni strumenti come i reverse convertible che, alla scadenza, prevedono il rimborso alla pari del capitale investito, se il prezzo del titolo sottostante è superiore ad un livello prefissato, e, in caso contrario, la consegna dei titoli sottostanti, in base ad un rapporto prestabilito. Il fenomeno comportamentale è il Disposition Effect, l’avversione alla realizzazione di una perdita, il comportamento tipico degli investitori che tendono a liquidare troppo presto gli investimenti in utile e a mantenere a lungo le posizioni in perdita, quella che Ofir e Wiener definiscono la predisposizione a "cavalcare i perdenti". In tali strumenti la conversione nell’asset perdente rimanda di fatto la realizzazione delle perdite: gli investitori continueranno a detenere l’attività in perdita e non si renderanno conto del danno causato dall’investimento nel prodotto strutturato.
(m. man.)