Titoli di Stato Italia Trading Titoli di Stato III° (Gennaio 2010 - Dicembre 2011) (5 lettori)

Stato
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Zebro

Valar dohaeris
Buongiorno a tutti

Ho messo a confronto il grafico a tre mesi dello spread BTP/BUND
con quello dei BONOS/BUND



In data 04/08/2011 lo spread fra i BONOS e il BUNS era a 400 punti circa
mentre lo spread fra i BTP e il bund era a 380
con un vantaggio per noi di circa 20 punti

Ora le parti si sono invertite
il ns. svantaggio viaggia fra i 20/30 punti

Ognuno di noi tragga le sue conclusioni

..dimenticavo, ad Agosto il governo Zapatero ha indetto nuove elezioni...

Si è da un po' che si è verificato il sorpasso.
Ma non è solo una questione politica. La Spagna ha un debito pubblico molto inferiore all'Italia, mi hanno fatto notare.
Anche se resto dell'idea che l'economia spagnola è molto più debole della nostra, perché molto legata alla bolla immobiliare.

La prossima settimana sarò tre o quattro giorni a Barcellona e parlerò con quel cliente che mi aveva descritto la situazione come segue:


Secondo un mio Cliente spagnolo.
I rossi fuori dall'Euro, gli arancioni lì lì. i verdi dentro e tranquilli.
Lo vado a trovare il 21 settembre...


greece 5-yr
3442.70 +14.7%




portugal 5-yr
1112.40 +5.1%

ireland 5-yr
856.10 +2.8%

italy 5-yr
457.40 +6.22%




spain 5-yr
399.10 +1.37%


Vediamo se sono in tanti a pensarla così...
 

g.ln

Triplo Panico: comprare
Cameron e Sarkozy in Libia!

Si vanno a fregare il petrolio della Libia, meno male che il gas è nostro:

(ANSA) - TRIPOLI, 15 SET - Un imponente dispositivo di sicurezza è stato messo in atto oggi a Tripoli per la visita del presidente francese Nicolas Sarkozy e del premier britannico David Cameron. Sarkozy e Cameron sono attesi in mattinata in Libia. Partiti su aerei differenti, devono ritrovarsi a Tripoli e poi (secondo i media francesi) recarsi anche a Bengasi.

Ciao, Giuseppe
 

Nix

Noio volevàn savoir ...
Si è da un po' che si è verificato il sorpasso.
Ma non è solo una questione politica. La Spagna ha un debito pubblico molto inferiore all'Italia, mi hanno fatto notare.
Anche se resto dell'idea che l'economia spagnola è molto più debole della nostra, perché molto legata alla bolla immobiliare.

La prossima settimana sarò tre o quattro giorni a Barcellona e parlerò con quel cliente che mi aveva descritto la situazione come segue:





Vediamo se sono in tanti a pensarla così...

Ciao a tutti, credo che la differenza sostanziale tra la spagna e l'italia in questo momento sia di carattere politico.

I fondamentali italiani sono superiori a quelli spagnoli, sia per quanto riguarda il PIL, sia per i numeri relativi alla disoccupazione, la spagna viaggia intorno ad un 20% ufficiale ed è in piena bolla immobiliare.
Anche come debito, considerando privato + pubblico l'italia è nettamente messa meglio, purtroppo siamo carenti come "sentiment" dal punto di vista politico.:sad:
 

locco68

violaforever
parere del CEBR del 4 agosto......speriamo che non ci azzecchino....

Realistically, Italy is bound to default, but Spain may just get away without having to do so

The failure of the European leaders to sort out their economic problems before going away for August has left Italy and Spain in the lurch. Prime Minister Zapatero has cancelled his summer holiday; Prime Minister Berlusconi, whose everyday life resembles a Club 18-30 holiday, has not actually given up his own summer plan but is making an unusual address to the Italian Parliament today (Wednesday).
It is important to understand the different dynamics of the Italian and Spanish situations. We have modelled a ‘good’ outcome and a ‘bad outcome’ for both to see if they are likely to be able to stave off default, flexing growth rates and borrowing costs.
For Spain, even the bad outcome has the debt GDP ratio remaining no higher than 75%. This depends, though, on the banks not being forced to take major capital losses on their property portfolios and therefore no additional financing of the banking sector by the government. They have got away with it so far. The key to Spain is that their exports remain fairly successful despite the strength of the euro, and most of those owning empty property are middle class families who have not yet dumped it on the market. Fingers crossed but there is a real chance that Spain may avoid default and debt restructuring unless it gets dragged down by contagion.
For Italy, the calculations are different. The starting debt position is much worse at 128%. Although Mr. Berlusconi has actually managed to run a tight budget, it is still not tight enough. And if the markets continue to force on them borrowing costs at around 6% and growth stays close to zero, our calculations show the debt GDP ratio rising gradually to over 150% by 2017. Even if the cost of borrowing goes back down to 4%, their growth rate is so anaemic that we see the debt GDP ratio remaining at 123% in 2018.
This is purely mathematical. Because the bond market has assumed optimistic growth rates, it believes that the critical bond yield above which a debt position is unsustainable is about 7%. Actually, with the very sluggish growth in Southern Europe as a result of the competitive hits that the countries have taken from staying in the euro, the maximum sustainable bond yield is nearer to 4-5%.
The bond market has not sufficiently factored in the importance of export growth in determining the plausibility of different countries’ prospects. Ireland – provided it does not get hit by contagion – should be able to export its way out of trouble fairly easily because of its tremendous exporting success, though it will take a 10 year hit on living standards. Spain is in a less strong export situation but has a smaller debt ratio (though it has a weak banking sector) and with some luck can survive.
But Greece cannot sort out its debt problem and realistically the same is the case for Italy. Portugal is nearer to Italy, though its position is only about 85% as bad.
However, these distinctions based on economics and mathematics may not matter. If one Eurozone country defaults, the markets are likely to put pressure on the other weak economies and push up bond yields. This will in turn drag them down, making devaluating and thus leaving the euro increasingly attractive, which is why we are pessimistic about the chances of the euro holding together.
Douglas McWilliams
Chief executive
 

locco68

violaforever
Rischio fallimento Italia nel 2016 in base ai CDS




Esiste più di una possibilità su tre fino al 20126 l'Italia vada in default: le stime

Esiste più di una possibilità su tre che fino al 20126 l'Italia vada in default: a comunicare questo scenario è la Cma Datavision, società di monitoraggio dei mercati extraborsistici dei titoli derivati, che ha analizzato l'andamento dei Credit default swap a protezione del debito italiano.

I Cds hanno raggiunto quota 500 punti base e di conseguenza, secondo le previsioni della società, le probabilità che l'Italia dichiari bancarotta entro il 2016 sono pari al 35% (i dati che cambiano di giorno in giorno in base alla speculazione, molto forte in questo periodo).

Le incertezze sull’efficacia della manovra finanziaria, i continui ribassi di borsa e la tensione crescente sui titoli di Stato, hanno spinto al rialzo il valore dei Credit default swaps a protezione del debito italiano permettendo a questi ultimi di sfondare per la prima volta quota 500 punti base.

Peggio dell'Italia fa la Gracia, che risulta prima in questa classifica del rischio con una probabilità di fallimento in cinque anni al 93%, seguita dal Portogallo (62,98%), dal Venezuela (56,33%), dall'Irlanda (52,51%), dal Pakistan (47,73%) e dall’Argentina (44,92%).

La previsione dei Cds è tuttavia una probabilità di default virtuale, in virtù del fatto che tra il default tecnico e quello catastrofico esistono diverse soluzioni intermedie, per cui, attualmente, l’ipotesi di bancarotta italiana a cinque anni resta ancora improbabile. Ma ciò non significa che i motivi di preoccupazione non esistano anche nel breve periodo.
 

locco68

violaforever
Ma i conti non tornano già prima dell'inizio

di Roberto Perotti







Ormai è quasi certo: la Grecia farà qualche forma di default. E dopo? Uno scenario plausibile è che il default greco aggravi (direttamente o per un effetto contagio) la situazione, già seria, di alcune importanti banche italiane e francesi. È opinione comune che i loro Governi non le lasceranno mai fallire. Non sarà così facile.

La crisi attuale è per certi versi meno grave (per ora) di quella del 2008-2009: il mercato interbancario, per esempio, non si è bloccato. Ma per un aspetto è più seria: in molti Paesi la politica di bilancio, che allora sembrava lo strumento ovvio, non è praticabile. Tra questi Paesi c'è l'Italia. Per salvare un sistema finanziario lo Stato può creare una "bad bank", prestare alle banche, ricapitalizzarle, garantirne le obbligazioni, o tutte le passività come in Irlanda. Tutte queste operazioni comportano delle spese effettive o delle assunzioni di passività. Nessuna di queste opzioni è più disponibile allo Stato italiano; se assumesse nuove passività, affonderebbe nel tentativo di salvare il sistema finanziario. Due individui che non sanno nuotare si trascinano sott'acqua a vicenda se si aggrappano l'uno all'altro.
Il caso dell'Irlanda è istruttivo. Nel 2009 l'idea di garantire tutte le passività bancarie fu salutata come un colpo di genio, e molti invitarono gli altri Paesi a imitarla. Oggi il Paese è sull'orlo di un default a causa di quella mossa. Ci sono esempi di salvataggi di successo: all'inizio degli anni Novanta ci riuscirono Finlandia e Svezia, nel mezzo di una recessione gravissima (quella finlandese rimane ancor oggi la più profonda del dopoguerra in Europa). Ma tre circostanze favorirono il successo dell'iniziativa: i tassi di interesse stavano scendendo vertiginosamente, i due Paesi riuscirono a ridurre il disavanzo considerevolmente, ed entrambi riuscirono a deprezzare il tasso di cambio di oltre il 20 per cento.
Nessuna di queste condizioni si applica all'Italia attuale (a meno che, ovviamente, non abbandoni l'euro...). Che fare? La risposta unanime è: «attuare misure per la crescita». Ma è ora di riconoscere quello che tutti vedono e non osano dire: la partita si gioca nel giro dei prossimi mesi, sarebbe bello sapere quali misure attuare per generare la crescita, e ancora più bello sapere quali di queste misure generano una crescita immediata.
Purtroppo anche l'idea (a cui, erroneamente, ha aderito anche il sottoscritto in passato) che i grandi tagli di bilancio abbiano di per sé effetti espansivi sul Pil anche nel breve periodo si è rivelata un'illusione: i Paesi dove il Pil è cresciuto mentre si tagliava drasticamente la spesa pubblica solitamente hanno beneficiato di un forte deprezzamento del cambio e di un aumento della domanda estera. L'esperienza della Grecia attuale, che ha tagliato senza deprezzare il cambio e si è ritrovata con una recessione del 5%, è una conferma.
Il dramma dell'Italia è che essa, come la Grecia due anni fa, non ha il lusso della scelta: deve tagliare nel mezzo di un rallentamento, anche se ciò provoca un rallentamento ulteriore. Anche dopo l'ultima manovra l'obiettivo del pareggio di bilancio sarà molto probabilmente irraggiungibile. L'Italia ha dunque bisogno di un'altra manovra, non per fare spazio al salvataggio del sistema finanziario e ancor meno per stimolare la crescita, bensì semplicemente per calmare i mercati con un segnale forte.
Ma il dramma ancora più profondo è che i tagli necessari non verranno mai: in un Paese che è sceso in piazza per protestare contro tagli alle pensioni per poche centinaia di milioni (meno dello 0,1% del Pil) fra due anni, e in cui il premier e il suo Governo si sono dimostrati chiaramente inadatti a gestire l'emergenza, come si può pensare di tagliare le decine di miliardi necessarie per calmare i mercati?
L'Italia rischia dunque di avvicinarsi verso ciò che non si può pronunciare: il default. Si può chiamarlo in tanti modi (per esempio una patrimoniale ad hoc che includa i titoli di Stato), ma l'esito non è più inverosimile come si pensava fino a poco fa. E a seconda di come viene attuato, un default italiano può trascinare con sé i sistemi finanziari di tanti altri Paesi.
 

stefanofabb

GAIN/Welcome
'lentissimo l'adeguamento quote rosa nei cda quotate'
(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 15 set - L'Italia
tuttavia, aggiunte Tarantola, e' in posizione arretrata nel
'global gender gap' anche se si registrano progressi. Il
posizionamento nella classifica del global gender gap ci
vede al 74° posto (97° per la componente relativa alla
partecipazione economica). Altro dato e' il tasso di di
occupazione femminile: a luglio scorso era al 46,3% "ancora
di circa 22 punti percentuali inferiore al corrispondente
maschile e lontano dall'obiettivo del trattato di Lisbona".
Inoltre permangono differenze significative per eta' e tra
aree geografiche.
Tarantola nota poi che "la presenza di donne nelle
posizioni apicali e' in crescita ma i livelli restano bassi;
la situazione e' migliore nel settore pubblico che nel
privato. Le donne che a fine 2009 sedevano nei consigli di
amministrazione delle societa' di capitale italiane private
erano in media poco piu' del 14%. Si concentrano soprattutto
tra le imprese di minore dimensione a prevalente conduzione
familiare". Ai vertici, poi, "la crescita e' lentissima: nei
cda delle societa' quotate siamo passati dal 4,5 per cento
nel 2004 al 7,1 nel 2011. Con questo tasso di crescita ci
vorrebbero oltre 20 anni per raggiungere il 30 per cento".
Tarantola ricorda la legge sulle 'quote rosa' che se attuata
"potrebbe modificare in misura significativa gli equilibri
complessivi ai vertici delle nostre maggiori societa'". Tra
le donne che raggiungono posizioni manageriali, aggiunge il
Vice direttore generale della Banca d'Italia, esiste "uno
svantaggio in termini di retribuzione del 12% cir. p.s. viva le donne:up:
 
Stato
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