Intervista a Edward Harrison
“Bce prestatore di ultima istanza o sarà depressione”
di Alessandro Aresu
Il fondatore del blog Credit writedowns parla delle origini della crisi dell’Eurozona. L'Italia ha molti strumenti per affrontare la crisi, ma ha un problema demografico. Berlusconi non contava molto.
LIMES: La situazione europea potrebbe sfociare in una depressione?
HARRISON: Durante l’ultima generazione, i paesi europei e nordamericani hanno alimentato livelli insostenibili di debito del settore privato. Il peso creato da questi debiti ha fatto precipitare la crisi. Alcuni governi hanno deciso di trasferire questo fardello al settore pubblico, accumulando una montagna di debiti sui taxpayers, in effetti salvando alcuni attori del settore finanziario e socializzando le loro perdite nel paese, peggiorando la situazione del bilancio statale. Gli Stati Uniti e il Regno Unito, come l’Irlanda, hanno perseguito questa strategia. Ma Washington e Londra possono permetterselo, perché possiedono una sovranità monetaria e perché le loro banche centrali possono agire come prestatore di ultima istanza. Nonostante i loro deficit siano alti come e più di quelli di paesi come la Grecia, il Portogallo o l’Italia, oggi gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno tassi più bassi rispetto all’inizio della crisi. L’Irlanda no. Questo è il potere della sovranità monetaria e di un credibile prestatore di ultima istanza.
Ormai l’Europa è in un cul de sac politico. Nell’Eurozona, per via dell’assenza di un prestatore di ultima istanza, quei debitori del settore pubblico per cui debito e deficit pesano maggiormente si trovano nel vero problema di affrontare il debito attuale. La recessione ha causato o esacerbato alti deficit che debbono essere affrontati con i tagli per tenere il debito sottocontrollo. La perdita di output derivata dai tagli porta ad aumentare la recessione e a perdere altro output, e quindi servono altri tagli. Allo stesso tempo, la caduta del pil rende gli investitori volubili, facendo impennare i tassi d’interesse e rendendo gli obiettivi di bilancio sempre più difficili da raggiungere. Questa è una spirale di deflazione che assicura la recessione e mette a rischio di deflazione del debito, verso il collasso del debito sovrano e il panico bancario che causano una depressione.
LIMES: Come sarà l’Italia nel 2012, in caso di depressione?
HARRISON: L’economia italiana si contrarrà come risultato politiche di austerità e recessione. Il gettito fiscale si abbasserà, ma si aumenteranno le spese a garanzia per le persone bisognose colpite dal deterioramento dell’economia. In assenza di una fonte di domanda esterna, questo spalancherà una voragine ulteriore nelle finanze pubbliche italiane, creando i presupposti per la spirale di deflazione di cui ho parlato. Se questo scenario va fuori controllo e il debito non è più solvibile, il governo italiano sarà forzato all’insolvenza, con successive insolvenze del settore finanziario, ritiro di denaro dalle banche, bancarotta di massa tra le imprese, e la depressione.
LIMES: Qual è stato il peso del “fattore Berlusconi” nella perdita di credibilità dell’Italia?
HARRISON: Berlusconi è una questione secondaria (side show). Il punto è che l’Italia ha bisogno di tassi d’interesse più bassi. Escludendo gli interessi sul debito, l’Italia ha un surplus di budget. A tassi d’interesse tedeschi, può sostenere la sua crescita. Se l’Italia riesce ad avere più aiuti in termini di tasso di cambio o domanda esterna, le sue prospettive sono ancor più positive per via della crescita economica.
LIMES: Qual è il problema con i fondamentali economici dell’Italia? Veniamo già da un “decennio perduto”. Quali devono essere le priorità del governo, per promuovere la crescita?
HARRISON: L’Italia possiede un forte settore commerciale, aziende con marchi invidiabili e una rete di capitalismo familiare ancora competitivo. Tutti questi sono punti a favore. Ma ha una società che invecchia rapidamente, con il terz’ultimo tasso di natalità al mondo, e un basso tasso di partecipazione al lavoro. Sarei meno preoccupato dalle rigidità del mercato del lavoro italiano e più concentrato sugli ostacoli demografici alla crescita.
LIMES: Pensa che Mario Draghi alla fine renderà la Banca centrale europea un vero prestatore di ultima istanza?
HARRISON: Sì. Non esistono altre scelte per l’Europa. Considerando quello che ho detto, l’Eurozona si trova in una crisi esistenziale. Ciò è stato reso possibile dagli squilibri all’interno dell’Unione Europea, con un tasso di cambio fisso privo di prestatore di ultima istanza e unione fiscale; in breve, non esistono meccanismi per aggiustare questi squilibri. Senza un prestatore di ultima istanza, una simile situazione diventa presto pericolosa. Il default è inevitabile senza che vi sia perlomeno un implicito supporto dalla Banca centrale. Un default sovrano in Italia o Spagna infliggerebbe ampie perdite ai creditori sovrani, portando a cascata l’insolvenza nel sistema bancario, creando ancor più panico, ritiro del denaro dalle banche e collasso dell’economia. Mario Draghi lo sa. La mia conclusione è che la Bce supporterà in modo netto il debito italiano (e spagnolo). Non so cosa possa significare per il Portogallo, l’Irlanda e la Grecia.
Se si analizzano gli scenari, l’unica soluzione sensata di medio termine è permettere alla Bce di porre una “garanzia” netta sui titoli italiani e spagnoli. Queste nazioni sono solvibili a tassi d’interesse più bassi e perciò hanno bisogno di più tempo per raggiungere i criteri di Maastricht con tassi che non siano contagiati dal panico. La Bce può imporre un tetto ai tassi a un livello alto ma realistico e prendere un ampio margine di, diciamo, 50-75 punti base. A quel livello dovrà intervenire per impedire ulteriori aumenti. Per difendere quest’obiettivo, la Bce non avrebbe necessariamente bisogno di comprare i titoli italiani o spagnoli. Sarebbe il settore privato a farlo, una volta che percepisce l’esistenza di una reale garanzia. Difatti, se la Banca centrale garantisce in modo credibile agli investitori che possono investire in certi strumenti di debito e non subire rischi nel pagamento degli interessi, ma solo rischi legati alla valuta e all’inflazione, alcuni investitori compreranno senz’altro gli strumenti di debito con un più alto tasso d’interesse. Insomma, l’unica ragione per non comprare debito italiano e spagnolo a 100, 200 o 300 punti base oltre i bond tedeschi è che questi governi non sono supportati in modo credibile dalla Bce. In seguito, l’Europa potrà operare per cambiare la sua costituzione al fine di includere una maggiore integrazione fiscale e meccanismi chiari per l’uscita dall’area euro, in modo da impedire a una crisi come questa di verificarsi di nuovo.