Titoli di Stato Italia Trading Titoli di Stato III° (Gennaio 2010 - Dicembre 2011) (2 lettori)

Stato
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stefanofabb

GAIN/Welcome
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:eek:
 

ilfolignate

Forumer storico
E anche oggi seduta "misteriosa" con i CDS che aumentano ed anche lo spread non scherza:eek::eek::eek:

Chissà, un giorno esclameremo: ah ecco perchè i BTP erano aumentati a dismisura!! :lol::lol::lol:
 

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stefanofabb

GAIN/Welcome
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:pEURO BUND 0310 Valore: 123,4100 +0,01% 21:13:41 - 18/12/2009

Controv.: 0,00 Contratti: 0.0 Q. progr.: 357.266

Apertura: 123,4100 Minimo: 123,3000 Massimo: 123,6600
Precedente: 123,4 Denaro: 123,4000 Lettera: 123,4100
Quantita': 36 Quantita': 11
 

Giontra

Forumer storico
I numeri son li da vedere.
Molto forte il Bund che diminuisce il rendimento e allarga gli spreads.
Il nostro avvicina Spagna e Portogallo, mai state così vicine nel rendimento.
Menzione speciale per l'Irlanda molto vicina nel rendimento ai minimi del dopo crisi.:)
 

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stefanofabb

GAIN/Welcome
Volevo dire che il mercato è inondato da una massa enorme di liquidità
molte banche prendono in prestito denaro all'1% e comprano nella parte lunga della curva con rendimenti al 4/5%
questo giochetto non durerà a lungo
prima o poi le banche centrali smetteranno di regalare soldi
buongiorno buon week end a tutti del 3d, in romagna c'è una coltre di neve splendida.:rolleyes: condivido il tuo ragionamento.prosegue, a causa della crisi, la crescita delle sofferenze bancarie che però rimangono ancora dentro i livelli di guardia, mentre per il 2010 è attesa la ripresa dei prestiti, principalmente quelli per le famiglie che già mostrano segnali di risveglio in questi mesi, con un andamento che si consoliderà nei prossimi due anni. A fine anno, spiega il presidente dell'Abi Corrado Faissola facendo il punto di un "anno difficile ma non drammatico", le rettifiche sui crediti potrebbero arrivare a 18 miliardi e la speranza è che nel 2010, considerando che il secondo anno di crisi è per esperienza il peggiore, si possa migliorare". Per questo, considerando che le banche "affrontano una situazione di tassi ai minimi storici e di forti sofferenze" sarebbe opportuno rivedere il trattamento fiscale sulle rettifiche sui crediti per adeguarlo a quello in vigore in Europa. Una richiesta che, sottolinea, non è assolutamente merce di scambio con l'"impegno delle banche nel Fondo per le Pmi voluto dal Tesoro. Il rapporto mensile Abi quindi fotografa una situazione ancora in chiaroscuro per le banche italiane. Nei bilanci quindi continua a crescere il peso delle sofferenze mentre la stagnazione degli impieghi, in specie verso le imprese, e l'assottigliamento degli spread incide sui margini. Nel mese di ottobre quindi, spiega il rapporto, le sofferenze lorde bancarie sono salite a 56,6 miliardi di euro, 1,6 miliardi in più rispetto al mese precedente e 13,3 miliardi in più rispetto allo stesso mese di un anno fa più 30,7 per cento). Continua anche la crescita del rapporto fra sofferenze lorde e impieghi, pari al 3,21 per cento rispetto al 2,48 per cento di un anno fa e al 2,27 per cento del novembre 2008. In recupero poi i prestiti bancari al settore privato (più 1,7 per cento) a 1.533 miliardi.Siamo in presenza dello sgonfiarsi violento della più grande bolla del patrimonio e del credito mai vista. E varie istituzioni (Fmi, Ocse, Banca dei regolamenti internazionali) stimano il valore dei prodotti derivati in circolazione da 12 a 20 volte il Pil mondiale. E almeno la metà di questi sono over the counter, cioè trattati in mercati non regolamentati (quindi poco o nulla controllabili). Gli hedge fund e di altri istituti di investimento che operano con una leva alta di rischiosità dovranno vendere le attività finanziarie in mercati a corto di liquidità e in sofferenza: vendite che a loro volta determineranno una ulteriore caduta dei prezzi e altri fallimenti di istituti finanziari: E’ molto probabile quindi che proseguirà a lungo il processo di reintegro dei depositi richiesti per i margini di garanzia. Quindi la stretta creditizia si acuirà.:up:
 

carpe diem

Banned
Girando nel WEB a proposito di debito pubblico

Qualche miliardo di ragioni per essere preoccupati



Ridimensiona-diEuro_CerottoR375_25nov08.jpg

Economiadi Pietro Salvato
Qualche miliardo di ragioni per essere preoccupati




pubblicato il 17 dicembre 2009 alle 09:00 dallo stesso autore - torna alla home
1.800 miliardi di Euro, è il nuovo record toccato dal nostro debito pubblico. Questo mentre proprio in questi giorni la Grecia ha sfiorato il “default” del suo. Perché in pochi parlano di questo enorme fardello che grava su ognuno di noi e, soprattutto, peserà sulle future generazioni?
Ieri su Giornalettismo, sia Carlo Cipiciani nel suo editoriale, sia Luca Conforti nella sua inchiesta, si sono occupati del nostro Debito pubblico. L’editoriale di Cipiciani, in particolare, mi è parso più allarmato rispetto alla pur puntuale e precisa inchiesta di Conforti. Cipiciani, in sostanza auspica una decisa presa d’atto della gravità della situazione italiana. “E’ bene – scrive Cipiciani nel suo articolo – che il paese cominci a rendersene conto. E che qualcuno cominci a prendere dei provvedimenti, prima che sia davvero troppo tardi”. Io sono d’accordo con lui. Il debito pubblico italiano ha superato soglia 1.800mila miliardi di euro. Un cifra impressionante. L’Italia ha in valore assoluto – ossia non in relazione al Pil, su cui viene calcolato rispetto al parametro di Maastricht che, comunque, si avvia verso il picco del 120% – uno dei debiti più alti al mondo. La crescita del debito su base mensile è stata di ben 14,7 miliardi ed è imputabile, secondo il bollettino di Bankitalia, per la maggior parte alle spese delle amministrazioni pubbliche. Forse pochi lo sanno, ma se non avessimo questo macigno sulle spalle, frutto dei deficit accumulati ogni anno, lo Stato potrebbe indirizzare le sue risorse per ammodernare l’apparato pubblico, potenziare la rete delle sue infrastrutture, rendere efficienti i servizi sociali, promuovere programmi di sviluppo in settori strategici dell’economia come quello delle nuove tecnologie e della conoscenza, creando così nuova occupazione. Insomma, come ci insegnano al corso di economia, potrebbe praticare quel ruolo del buon padre di famiglia che, liberatosi dopo lunghi sacrifici di tutti i debiti contratti nel passato, comincia finalmente a guardare con ottimismo al futuro suo e della sua famiglia.





QUANTO SIAMO A RISCHIO? – Nel breve termine, diciamolo subito, come del resto sostiene Conforti nella sua inchiesta, è certamente vero l’Italia non corre il rischio di finire come la Grecia o peggio ancora come l’Argentina di qualche anno fa. Però elementi di preoccupazione nel medio, lungo termine ce ne sono, eccome. L’Italia è sicuramente un Paese con molti problemi, fra i quali il fardello pesantissimo di detenere il terzo debito pubblico al mondo. La conseguenza più dirompente è un’iniqua ed inefficiente redistribuzione della ricchezza, poiché abbiamo il fardello di dover devolvere una parte crescente del gettito fiscale (peraltro, quest’anno in calo per via della crisi e delle stesse politiche fiscali attuate dal governo) al pagamento degli interessi e, nel contempo, si distolgono risorse dagli investimenti produttivi sia pubblici che privati. E’ proprio di ieri la notizia che le disuguaglianze economiche nel nostro Paese stanno aumentando. I “pochi” ricchi, in sostanza, risultano sempre più ricchi e i “molti” poveri sempre più poveri. Il problema principale sarà soprattutto per le prossime generazioni – e non è cosa da poco – che dovranno fare i conti con il minore capitale produttivo ereditato dai loro padri e quindi con una quantità di risorse destinate agli investimenti notevolmente ridotta. Inutile dire che nel nostro Paese sarebbe necessario aprire, quanto prima, un serio dibattito su questo tema. Ma dato l’aria che tira, specie negli ultimi giorni, è facile immaginare che per molto tempo saremo inchiodati a parlare solo di opposti estremismi e mandati morali.
 
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carpe diem

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Editorialedi Carlo Cipiciani (Comicomix)
L’esplosione della spesa corrente dietro l’aumento del debito pubblico



pubblicato il 16 dicembre 2009 alle 09:00 dallo stesso autore - torna alla home
I dati di Banca d’Italia pubblicati nell’ultimo bollettino “Finanza pubblica, fabbisogno e debito” sono stati variamente commentati. C’è chi ha messo in rilievo che ad ottobre 2009 è stato raggiunto il nuovo record per il debito pubblico, che è arrivato a 1.801,6 miliardi di euro, con un tendenza al rialzo che va avanti da dicembre 2008. Chi invece ha preferito commentare l’inversione di tendenza sul fronte delle entrate tributarie, aumentate a 28,4 miliardi di euro contro i 20,1 di settembre.
Strano che nessuno abbia notato che questi dati hanno una sola ed inequivocabile conseguenza: l’aumento del debito si deve ad un forte incremento della spesa pubblica. Per rispondere basta dare una rapida occhiata al bollettino di Banca d’Italia: la spesa corrente nel mese di ottobre è letteralmente esplosa, passando dai 22 miliardi di settembre ai 70 e passa.
Non si tratta di un caso: prendendo i primi 10 mesi dell’anno, il totale delle entrate è passato dai 299,5 miliardi di euro del 2008 ai 331 del 2009, registrando quindi un aumento. Le sole entrate totali tributarie sono passate dai 309,4 ai 299,6 miliardi di euro, quindi con una riduzione molto contenuta, anche tenendo conto della crisi economica. Le brutte notizie arrivano dal versante delle spese, a dispetto delle dichiarazioni di “messa in sicurezza” dei conti pubblici. La spesa pubblica statale è aumentata in modo enorme, passando dai 358,4 miliardi di euro dei primi 10 mesi del 2008 ai 405 miliardi del 2009. Un aumento spaventoso e poco comprensibile, nell’unico paese che non ha varato manovre anticrisi. Un aumento preoccupante, perchè interamente dovuto alle spese correnti (+12%), che ha fatto peggiorare in modo drammatico il deficit e il debito.
Quindi, il fatto che sulla testa di ognuno di noi gravi un debito di 30 mila euro, il fatto che il debito sia cresciuto di 137,963 miliardi di euro in soli 10 mesi, un aumento dell’ 8,3%, nonostante questo sia il periodo con tassi di interesse tra i più bassi dal primo dopoguerra non è colpa della crisi economica. E’ colpa di un governo incapace di scegliere una linea di politica economica, incapace di fare interventi sia in favore del rigore dei conti che in favore dello sviluppo.
 
Stato
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