Girando nel WEB a proposito di debito pubblico
Qualche miliardo di ragioni per essere preoccupati
Economiadi Pietro Salvato
Qualche miliardo di ragioni per essere preoccupati
pubblicato il 17 dicembre 2009 alle 09:00
dallo stesso autore -
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1.800 miliardi di Euro, è il nuovo record toccato dal nostro debito pubblico. Questo mentre proprio in questi giorni la Grecia ha sfiorato il “default” del suo. Perché in pochi parlano di questo enorme fardello che grava su ognuno di noi e, soprattutto, peserà sulle future generazioni?
Ieri su Giornalettismo, sia
Carlo Cipiciani nel suo
editoriale, sia
Luca
Conforti nella sua
inchiesta, si sono occupati del nostro Debito pubblico. L’editoriale di Cipiciani, in particolare, mi è parso più allarmato rispetto alla pur puntuale e precisa inchiesta di Conforti. Cipiciani, in sostanza auspica una decisa presa d’atto della
gravità della situazione italiana. “
E’ bene – scrive Cipiciani nel suo articolo –
che il paese cominci a rendersene conto. E che qualcuno cominci a prendere dei provvedimenti, prima che sia davvero troppo tardi”. Io sono d’accordo con lui. Il debito pubblico italiano ha superato soglia 1.800mila miliardi di euro. Un cifra impressionante. L’Italia ha in valore assoluto – ossia non in relazione al Pil, su cui viene calcolato rispetto al parametro di
Maastricht che, comunque, si avvia verso il picco del 120% – uno dei debiti più alti al mondo. La crescita del debito su base mensile è stata di ben 14,7 miliardi ed è imputabile, secondo il bollettino di
Bankitalia, per la maggior parte alle spese delle amministrazioni pubbliche. Forse pochi lo sanno, ma se non avessimo questo macigno sulle spalle, frutto dei deficit accumulati ogni anno, lo Stato potrebbe indirizzare le sue risorse per ammodernare l’apparato pubblico, potenziare la rete delle sue infrastrutture, rendere efficienti i
servizi sociali, promuovere programmi di sviluppo in settori strategici dell’economia come quello delle nuove tecnologie e della conoscenza, creando così nuova occupazione. Insomma, come ci insegnano al corso di economia, potrebbe praticare quel ruolo del buon padre di famiglia che, liberatosi dopo lunghi sacrifici di tutti i
debiti contratti nel passato, comincia finalmente a guardare con ottimismo al futuro suo e della sua famiglia.
QUANTO SIAMO A RISCHIO? – Nel breve termine, diciamolo subito, come del resto sostiene Conforti nella sua inchiesta, è certamente vero l’Italia non corre il rischio di finire come la Grecia o peggio ancora come l’
Argentina di qualche anno fa. Però elementi di preoccupazione nel medio, lungo termine ce ne sono, eccome. L’Italia è sicuramente un Paese con molti problemi, fra i quali il fardello pesantissimo di detenere il terzo debito pubblico al mondo. La conseguenza più dirompente
è un’iniqua ed inefficiente redistribuzione della ricchezza, poiché abbiamo il fardello di dover devolvere una parte crescente del gettito fiscale (peraltro, quest’anno in calo per via della crisi e delle stesse politiche fiscali attuate dal governo) al pagamento degli interessi e, nel contempo, si distolgono risorse dagli investimenti produttivi sia pubblici che privati. E’ proprio di ieri la notizia che l
e disuguaglianze economiche nel nostro Paese stanno aumentando. I “pochi” ricchi, in sostanza, risultano sempre più ricchi e i “molti” poveri sempre più poveri. Il problema principale sarà soprattutto per le prossime generazioni – e non è cosa da poco – che dovranno fare i conti con il minore capitale produttivo ereditato dai loro padri e quindi con una quantità di risorse destinate agli investimenti notevolmente ridotta. Inutile dire che nel nostro Paese sarebbe necessario aprire, quanto prima, un serio dibattito su questo tema. Ma dato l’aria che tira, specie negli ultimi giorni, è facile immaginare che per molto tempo saremo inchiodati a parlare solo di opposti
estremismi e mandati morali.