Titoli di Stato Italia Trading Titoli di Stato III° (Gennaio 2010 - Dicembre 2011)

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Btp in calo, spread con bund a 170 pb, si allarga meno di altri

martedì 21 dicembre 2010 17:41




MILANO, 21 dicembre (Reuters) - Il secondario italiano
archivia la seduta in territorio negativo in una giornata
caratterizzata da una liquidità molto scarsa e da un generale
allargamento degli spread periferici/Bund.

Il differenziale fra il tasso del decennale di riferiemnto
irlandese e quello tedesco si è spinto al rialzo fino a 622
punti base dai 590 della chiusura di ieri, dopo la notizia che
Dublino ha avuto il permesso di ricapitalizzare tre delle sue
banche.


A pesare sui 'non-core' aveva concorso in mattinata
l'annuncio di Moody's, che valuta un taglio al rating sovrano
portoghese, che ha avuto un impatto negativo sui titoli
periferici e non soltanto sui portoghesi.


"Le periferie stanno allargando gli spread e più colpita del
Portogallo appare l'Irlanda" ha detto Chiara Cremonesi di
Unicredit Mib. "Bisogna comunque tener presente che, in questo
clima prenatalizio, gli scambi sono estremamente limitati".

Venerdì Moody's ha tagliato il rating di Dublino a Baa1 da
Aa2, con 'outlook' negativo, ovvero con la possibilità concreta
di ulteriori declassamenti.
 
EURO mts.indici di performance

Dati al:21-12-2010
Average
-------------------------
Indice Valore Duration Coupon Maturity Yield
---------------------------------------------------------------
EMTX 1-3 Y 154,48 2,03 4,15 2,14 2,47
EMTX 3-5 Y 164,81 3,60 3,94 3,90 3,02
EMTX 5-7 Y 170,11 5,37 3,99 6,06 3,61
EMTX 7-10 Y 170,29 6,85 4,22 8,12 4,13
EMTX 10-15 Y 171,58 9,08 4,77 11,85 4,61
EMTX +15 Y 182,02 14,05 5,04 23,53 4,46
EMTX Global 166,04 6,37 4,31 8,70 4,01
EMTXi 179,63 8,32 2,16 9,92 2,02
EMTX 15-25 Y 183,15 12,47 5,51 19,56 4,49
EMTX +25 Y 179,16 16,57 4,31 29,82 4,43
***************************************************************
* EMTX : EuroMTS Governement bond index
* EMTXi: EuroMTS Inflation linked index
***************************************************************
 
grafici btp

1292952604btpgraf.jpg
 
sotto 83? ciuchino

Si riscende sul 37 dopo le notizie sul Portogallo e nonostante lo sbandierato impegno cinese (!!) Sotto 83 potrebbe essere interessante?

:ciao: Apro il computer da poco, per impegni familiari. Dunque, io sarei d'accordo di entrare con lotticino un po' sotto 83, per chi non è ancora entrato con il primo lotticino della tabella Jessica.
Sparare il primo cippetto solo a 82,50 mi sembra troppo basso, in relazione alle possibili variazioni dei prezzi, visto che stiamo parlando di lotticini. E' a 81,30 che si comincia a ballare!
Ciao e buona serata a tutti gli amici!
Giuseppe
 
Io oggi son entrato con un lotticino a 83.1 che si somma a quello a 83.6 e quello a 83.3.
Speravo in qualche giono positivo per i nostri btp.

Se ciò nn avvenisse è probabile che questi lotticini li lasci in ballo e riapra lo short sul bund che in questi giorni ha recuperato un po' di valore.

Altri ingressi li ho distanziati di 1.5 punti.
Sembra intanto che l'eurobond debba partire.
Da cosa leggo finanzierà il debito irlandese, ma nn quello greco e Germania e la Francia hanno accettato di garantire in solido con gli altri paesi europei questo eurobond che servirà per finanziare gli stati in crisi..
Ma al momento ho trovato solo una fonte che dice che la cosa sia fatta.
Vedrem...

Ciao, ciao
 
L'Europa si muove: a gennaio arrivano i bond targati UE
Websim - 21/12/2010 17:19:37
L'Europa finalmente si muove. La Commissione Europea ha annunciato in un comunicato che i due fondi di stabilizzazione finanziaria lanciati dall'Unione europea, denominati EFSM e EFSF, collocheranno a partire da gennaio obbligazioni targate "UE" per reperire fino a 34,1 miliardi di euro nel 2011 e fino a 14,9 miliardi nel 2012, da destinare al sostegno dell'Irlanda, che riceverà complessivamente 85 miliardi di euro di aiuti internazionali.

Le emissioni godranno della massimo rating disponibile, la tripla A, e la tempistica dipenderà dalle condizioni del mercato e dall'accoglienza degli investitori istituzionali.

In realtà i bond che verranno emessi non sono un vero e proprio "eurobond", così come proposti da Juncker e Tremonti, perché rispondono a specifiche richieste di aiuto e non a necessità di finanziare strutturalmente i singoli debiti sovrani, ma si tratta pur sempre della prima risposta concreta alla crisi dei debiti sovrani targata UE, che dovrebbe smorzare la speculazione.

E' prevista una buona domanda da parte degli investitori istituzionali di tutto il mondo e soprattutto dall'Asia, in cronica eccedenza di liquidità. Il forte rimbalzo dei titoli finanziari europei è una prima risposta positiva all'annuncio.

Il veicolo finanziario European Financial Stability Facility è una società con sede in Lussemburgo, fondata dai 16 Stati membri dell'Eurozona, la cui mission è di emettere obbligazioni per aiutare gli Stati dell'Eurozona in difficoltà fino a un ammontare di 440 miliardi di euro.

Da non confondersi con l'EFSM, l'European Financial Stabilization Mechanism, che mette a disposizione degli Stati in difficoltà fino a 60 miliardi di euro garantiti dal budget dell'Unione Europea.

L'EFSF può emettere obbligazioni garantite pro quota dai singoli Stati membri dell'Eurozona. Nel caso limite in cui Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo dovessero ricorrere all'aiuto dell'EFSF, la quota della garanzia dello Stato italiano salirebbe dal 17,9% al 22,1 per cento.

*************************
Questa e' un'ottima notizia..
Paziente ti riferivi a questo..?
 
dal Sole 24 ore

La crisi globale ha scatenato una guerra senza esclusione di colpi tra i vari paesi per il collocamento dei propri titoli di debito. Guerra resa più aspra dalla circostanza che, scoppiata la "bolla" dei mutui subprime, ci sono oggi in circolazione nel mondo meno soldi veri e molti più debiti (privati e pubblici) che in passato. Gli stati che non riescono (o che non riuscissero) a farsi sottoscrivere a tassi normali nuove emissioni di debito o rinnovi di quelli in scadenza non hanno (o non avrebbero) che due alternative: pagare tassi di interesse eccezionalmente più alti (con ulteriore pregiudizio per i conti statali) o tagliare drasticamente stipendi o posti di lavoro nel pubblico impiego.

Scenari che Grecia ed Irlanda malauguratamente già ben conoscono. Ci sarebbe, per la verità, anche il quantitative easing ma al momento se lo possono permettere su scala industriale solo la Fed e la Banca d'Inghilterra.

In alcuni recenti articoli sulla ricchezza delle famiglie italiane (Il Sole 24 Ore del 20 ottobre, 17 novembre e 8 dicembre) abbiamo evidenziato alcuni profili relativi alla sostenibilità finanziaria complessiva del nostro paese e l'opportunità di rappresentarli meglio ai mercati e anche alle istituzioni europee. Dovrebbe essere interesse comune di tutti gli italiani, qualunque sia la loro convinzione politica ed estrazione sociale, dare all'estero e in particolare agli investitori internazionali un'immagine il più possibile realistica della sostenibilità dei conti finanziari nazionali e della solidità del nostro debito pubblico, valorizzando, laddove sia utile, indicatori sin qui completamente trascurati, tra cui il più importante è proprio lo stock di ricchezza delle famiglie. Ciò non per evocare l'adozione di una patrimoniale su tale ricchezza, finalizzata a ripagare il debito pubblico italiano, ma al contrario per dimostrare l'importanza del risparmio privato, che va incentivato e non disincentivato, come fattore di bilanciamento del debito pubblico stesso.

Lo abbiamo scritto chiaramente il 17 novembre scorso: «L'Italia non ha bisogno di alcuna patrimoniale ma solo di tagli e risparmi graduali nel quadro di un rigoroso e credibile piano di riduzione del debito statale».

Che l'elevata ricchezza delle famiglie (assoluta, media e mediana) sia un importante asset del nostro paese in tempi di vacche magre come questi è un dato di fatto che nessuno può ignorare, tantomeno noi italiani per primi. Il presidente Obama oggi farebbe carte false per avere una contabilità del settore privato come quella italiana. Purtroppo per lui gli Stati Uniti hanno invece di fronte due certezze scoraggianti: la prima è che la ricchezza finanziaria netta e immobiliare delle famiglie americane alla fine del terzo trimestre 2010 era ancora del 14% inferiore in valore nominale a quella di fine 2007, il che scoraggia la ripresa dei consumi senza i quali non può esservi vera crescita; la seconda è che, come prevede il Fondo monetario internazionale ("Fiscal Monitor" dell'ottobre 2010), nel 2015 il debito pubblico statunitense sarà pari al 111% del Pil.

Gli Stati Uniti, cioè, hanno ormai un debito pubblico tristemente "italiano" e un debito delle famiglie pesantemente "americano": la peggiore delle combinazioni possibili. L'Italia invece, dopo lo sfascio dei conti statali degli anni 80, ha notoriamente un debito pubblico "italiano" (che è però stabile da 20 anni come trend di lungo periodo) controbilanciato dal più basso debito delle famiglie, in percentuale del Pil, nei Paesi del G-7.

Inoltre, secondo i dati diffusi ieri dalla Banca d'Italia, la ricchezza delle famiglie italiane, diversamente da ciò che è accaduto negli Stati Uniti, a fine giugno 2010 risultava dell'1,2% superiore a valori correnti ai livelli di fine 2007, con «un livello di disuguaglianza della ricchezza netta tra le famiglie piuttosto contenuto, anche rispetto ai soli paesi più sviluppati». Infine, l'Italia poteva vantare a fine 2009 un rapporto tra ricchezza e reddito disponibile delle famiglie pari all'820% circa (il più alto della nostra storia) mentre negli Stati Uniti è solo del 480% ed è tornato indietro ai valori del 1994.

Dunque l'Italia farebbe bene ad insistere affinché la reale sostenibilità finanziaria dei paesi e dei loro debiti pubblici sia valutata considerando i conti patrimoniali aggregati, all'interno dei quali il patrimonio netto delle famiglie (finanziario in primis ma anche immobiliare) costituisce il nocciolo duro di ogni sistema economico avanzato.

Proporre che il nuovo Patto di stabilità Ue si fondi su un limite del debito pubblico pari al 60% della ricchezza finanziaria netta delle famiglie anziché del Pil o dei due parametri tra loro in combinazione (visto che nei paesi dell'Est Europa di ricchezza c'è n'è per il momento ancora poca) darebbe il reale riscontro della sostenibilità comparata del debito statale italiano. Capiamo benissimo che altri paesi potrebbero non avere interesse a che questo indicatore subentri al tradizionale rapporto debito pubblico/Pil (visto che la loro bassa ricchezza privata smaschererebbe la loro fragilità finanziaria complessiva) ma non capiamo affatto perché non dovrebbe essere invece interesse di noi italiani batterci affinché gli indicatori del Patto di stabilità diventino più credibili e più vantaggiosi anche per la nostra immagine presso gli investitori.

È stato anche argomentato che la strada maestra per abbattere il debito pubblico è la crescita del Pil. In parte ciò è vero ma non del tutto. Infatti, la crescita del Pil non abbatte automaticamente il debito pubblico ma riduce nella maggior parte dei casi solo il rapporto debito/Pil che è tutta un'altra cosa: un puro rapporto statistico, a nostro avviso nemmeno tanto intelligente.

L'unica medicina che può abbattere significativamente il debito statale (oltre ad eventuali massicce privatizzazioni, laddove possibili) è il taglio della spesa pubblica, la cui realizzazione concreta è però molto difficile da ottenere (ed è anche elettoralmente poco redditizia). È certamente più facile e politically correct andare in giro per convegni, talk show e comizi auspicando l'arrivo della crescita del Pil come se fosse una manna dal cielo. Ma la crescita del Pil oggi è come l'erba voglio: probabilmente, dopo i rimbalzi statistici del 2010, non crescerà nemmeno nel giardino della signora Merkel (anche se i tedeschi, diversamente da noi, sono bravissimi a rappresentarsi ai mercati come se fossero già del tutto usciti dalla crisi).

E poi di che crescita del Pil stiamo parlando? Di quella in volume o di quella in valore? Nei fatti, il Pil che genera le entrate fiscali (necessarie per far quadrare il bilancio annuale e per produrre un eventuale avanzo primario) è quello in valore, non quello in volume. E l'Italia coi valori non è poi così mal messa. Tra il 1999 e il 2009 le entrate fiscali dell'Italia sono cresciute in valore del 31%, mentre quelle della Germania (oggi diventata assai di moda come benchmark) sono aumentate solo dell'11%. Ciò sulla base di una pressione fiscale percentualmente non molto diversa nel tempo tra i due paesi. Intanto il debito pubblico di Berlino cresce e nel 2012 risulterà di una cinquantina di miliardi di euro in assoluto più alto del nostro. A ciò si aggiunge il fatto che lo stock di ricchezza finanziaria netta e immobiliare delle famiglie tedesche (secondo lo studio del Credit Suisse da noi già anticipato un mese fa e ripreso anche dalla Banca d'Italia), è pari solo al 330% del Pil contro il 520% dell'Italia.
Dunque, se invece di continuare a parametrare il debito pubblico al Pil lo rapportassimo alla ricchezza delle famiglie otterremmo un quadro assai diverso della situazione di sostenibilità dei debiti sovrani. L'Italia sotto questo profilo sta non solo molto meglio dei "Pigs" ma è alla pari della stessa Germania. Gli Stati Uniti, invece, stanno sperimentando un pauroso sbandamento contabile che li sta portando ad avere assieme al Giappone il più alto rapporto tra debito pubblico e ricchezza del G-7.

Evidenziare questi rapporti non significa mostrare indulgenza verso i problemi dell'Italia, che sono sempre più aggravati dalla confusione del quadro politico interno (e che la Fondazione Edison ha sempre studiato in parallelo con i punti di forza del nostro paese). Né significa voler innalzare l'Italia «dalle stalle alle stelle», per usare una battuta di Benigno e Reichlin. Può però aiutarci in frangenti difficili come quelli attuali, in cui gli stati si azzuffano anche con colpi sotto la cintura per collocare i loro debiti, a mantenere la fiducia degli investitori nel nostro debito sovrano.
 
Giornata fitta di appuntamenti macro. Questa mattina
dall'Italia verrà diffuso l'indice Isae sulla fiducia dei
consumatori a dicembre e le vendite al dettaglio a ottobre,
mentre dall'Inghilterra verrà data la lettura finale del Pil
del terzo trimestre. Nel pomeriggio attenzione rivolta
Oltreoceano dove tra gli altri verrà diffuso il Pil del terzo
trimestre. Nel dettaglio: 09.30 Italia, indice Isae su
fiducia consumatori a dicembre; precedente 108,5 punti 10.00
Italia, vendite al dettaglio al mese di ottobre; precedente
-0,2% m/m 10.30 Gran Bretagna, lettura finale pil III
trimestre; lettura precedente +0,8% t/t e +2,8 a/a 13.00 Usa,
indice Mba su richieste settimanali mutui; precedente -2,3%
14.30 Usa, terza lettura pil annualizzato terzo trimestre,
consenso +2,8% dal +2,5% della precedente lettura 14.30 Usa,
consumi personali nel terzo trimestre; consenso +2,8%,
precedente +2,8% 16.00 Usa, vendite case esistenti a novembre;
precedente 4,73 mln, consensus 4,43 mln 16.00 Usa, indice
prezzi case al mese di ottobre; consensus -0,2% m/m, precedente
-0,7% m/m. Milano, Finanza.com
buon giorno:)
 
Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.

Users who are viewing this thread

Back
Alto