TRUMP ha giurato

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Godiamoci quel che Trump ci dà. Perché sappiamo cosa non darà.
Di Maurizio Blondet , il 21 gennaio 2017 33 Comment

Godiamoci quel che Trump ci dà. Perché sappiamo cosa non darà. - Rischio Calcolato


E’ stato già impagabile sentire il sibilo con cui Marco Taradash, soffocando di rabbia, commentava il discorso di Trump: “…Fascista…”. Ma ilpiù articolato nell’esprimere la rabbia della setta è Charles Krauthammer, il principale commentatore J del Washington Post: un fanatico di tutte le guerre che i precedenti presidenti americani hanno fatto per il (presunto) bene di Sion. Questo super-Israel First ha colto nello slogan trumpiano “America First” il nome “del partito isolazionista degli anni ’30 che si batté per tener gli Usa fuori dalla seconda guerra mondiale, guidato da Charles Lindberg , che fu smantellato una settimana dopo Pearl Harbor”.

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Già. Charles Lindberg (1902-1974), il popolarissimo trasvolatore atlantico, fondò nel 1940 un movimento per contrastare la politica interventista di Roosevelt: si chiamava ‘America First Committee . “In ottobre Lindbergh, a Yale, parlò a tremila persone chiedendo che l’America riconoscesse “le nuove potenze europee” [Germania e Italia] e dichiarando che “la razza ebraica” era tra coloro che con più forza ed efficacia spingevano gli Stati Uniti, “per ragioni che non sono americane“, verso l’intervento nella guerra” (Wikipedia )

Krauthammer ha colto un’allusione sgradevole nella frase di Trump: “…essi ci hanno derubato, la nostra corrotta classe dirigente ha preso il denaro della classe media e l’ha sparsa in giro per il mondo”. Commenta Kraut: “Per molti nel mondo, specie i britannici, è una frase che lascia un’eco risonante; essa dice a loro e al mondo libero, per la prima volta dai tempi di Truman e Eisenhower: ‘Noi abbiamo costruito un mondo in cui abbiamo dato moltissimo a voi, economicamente, militarmente, eccetera. Questo gioco è finito, ora siete per conto vostro”.

Schiumano di rabbia
Non sono i britannici quelli per cui si preoccupa Krauthammer, il vociferante portavoce della nota lobby. Trump ha detto “agli alleati”; da adesso siete “per conto vostro”…”E chi è più ‘miglior alleato’ che Israele?”, mi dice l’amico americano: “E’ chiaro di chi si preoccupa l’Israel-First”. E spiega: “La lobby sionista a Washington è, in realtà, il Partito Imperialista (‘Saccheggiare il mondo”) e il Partito “Saccheggia l’America” mascherato da difensori di Israele. E nonostante tutta la sua retorica filo-israeliana, Trump è uno dei pochissimi presidenti (da Eisenhower almeno) che non deve niente alla nota lobby. Non denaro (l’hanno dato ad Hillary). Non appoggio politico (il grosso del voto ebraico è andato a Hillary, e Israele ha puntato su di lei). Oggi i due uomini più potenti del mondo, Trump e Putin, sono entrambi quasi-indipendenti, e (speriamo) dediti al benessere dei loro popoli. Immagina dove ciò lascia i cultori del Regno Immaginario di Israele”.

Se la fanno sotto nelle capitali straniere”, ha poi aggiunto Kraut parlando alla Fox News. Specialmente in una?
Il trucco di Pearl Harbor (che liquidò il movimento di Lindberg) l’hanno già provato, purtroppo per loro”, ridacchia l’amico americano.
Hanno anche fatto l’11 Settembre, non sarà facile ripetere il false flag senza un presidente complice. Inoltre, un altro commentatore ha notato: “Quel discorso non ha niente a che vedere con quel che dicono i repubblicani. Poteva essere il discorso di un Bernie Sanders presidente. Non c’è differenza tra loro”. Bernie Sanders era presente all’inauguration, non si è unito al boicottaggio del democratici. Ombre di socialismo nazionale.

Krauthammer: ‘They’re Quaking in Their Boots in Foreign Capitals’ - Breitbart

Secondo Snopes, dal sito web della Casa Bianca sono già stati rimosse alcune parole: “Climate Change” e “LGBT”. Altri siti attribuiscono a Trump la prima decisione (“da domenica”): togliere i fondi pubblici a Planned Parenthood, l’organizzazione promotrice dell’aborto legale, che si è scoperto fare spaccio e commercio degli organi dei feti.

Sia vero o no, godiamoci questi momenti, perché poi lì’altra realtà si impone:

“BETLEMME
2700 nuove unità coloniali israeliane sono state approvate venerdì mattina nella colonia illegale di Gush Etzion, poche ore prima della cerimonia di insediamento di Trump.
Le bandiere USA sono state innalzate in tutta la colonia per festeggiare l’insediamento e la presidenza di Donald Trump.
Le unità abitative appena approvate erano state bloccate a causa delle critiche internazionali circa le attività coloniali degli ultimi tre anni.
Tuttavia, le autorità israeliane hanno deciso di accelerare le costruzioni dopo l’elezione di Trump. Nel frattempo, a quanto riportato, gruppi di coloni israeliani hanno ricevuto l’invito a prendere parte alla cerimonia di insediamento di Trump.” (Pars Today).

Ci sono cose che Trump non farà, per ovvi limiti culturali e antropologici. Fra queste, la messa in disciplina della finanza speculativa: è evidente, ha riempito i posti-chiave della sua Amministrazione di gente di Goldman Sachs. Dei responsabili cioè di quella disparità sociale intollerabile, che ha portato milioni di americani “perdenti della globalizzazione” a votare per Donald. Forse anche se volesse, se capisse, non saprebbe come fare.

L’invincibile potere occulto dei plutocrati
Il punto difficile da capire è che “Goldman Sachs” (e complici transnazionali) si sono impossessati delle banche centrali. Si osservi questa tabella:



Qui si vede che la crescita delle “riserve cartacee” è esponenziale: segno sempre di una patologia (le cellule cancerose crescono a ritmo esponenziale).

Le riserve internazionali delle banche centrali sono costituite, tradizionalmente, da buoni del Tesoro, titoli di debito dello Stato: la banca centrale crea moneta di cui lo stato ha bisogno indebitando lo Stato.
Ma dalla crisi del 2008, per far continuare il gioco dei “mercati” (il casinò), hanno fatto politiche accomodanti, “stampato” denaro, “quantitative easing”, lo si chiami come si vuole. Tradotto: le banche centrali non si sono solo riempite di titoli di debito pubblico; hanno anche comprato obbligazioni e azioni di grandi aziende private, banche e non solo. Per fornire loro liquidità illimitata.

Di fatto, i giganti provati si sono visti scendere dal cielo (della BCE, della Federal Reserve) una manna di denaro a prestito sì, ma a tasso zero o addirittura sottozero; una massa di denaro con cui hanno arraffato, delocalizzato, “acquistato” imprese concorrenti ed azioni proprie, saccheggiato il saccheggiabile , a interessi zero. WE’ esattamente per questo che dal 2008, dalla crisi dei subprime, mentre le popolazioni lavoratrici occidentali scendevano nella depressione economica perdendo salari e status sociale, i ricchi diventavano sempre più ricchi. Come ha scoperto recentemente (o meraviglia!) Oxfam.

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Il numero dei miliardari continua a crescere (in verde anno per anno; il loro numero totale in giallo), mentre i lavoratori si impoveriscono


I banchieri centrali non si sono limitati a finanziare i debiti pubblici (e l’hanno fatto con avarizia, imponendo condizioni e intimidazioni, facendo pagare interessi comunque alti); hanno partecipato attivamente, prestando a tasso zero e senza limiti, a far arricchire le multinazionali “preferite” – essenzialmente le banche d’affari, le hi-tech, le telecomunicazioni “avanzate”. Il che è logico, dato che la banche centrali non sono pubbliche ma private, e appartengono al collettivo di azionisti ” Goldman Sachs & Compari” che chiamiamo”finanza internazionale”. Non operano per lo stato (Quale?) ma per i loro azionisti. Gli speculatori. Detti anche “i mercati internazionali” finanziari a cui noi dobbiamo chiedere prestiti col cappello in mano, subendo il loro giudizio e il loro rating. Ma il rating di Apple è altissimo…
Trump non può capirlo. Se lo capisse, avrebbe contro i suoi ministri Goldman Sachs. Dunque probabilmente non saprà dare al suo elettorato quello che gli ha promesso.

Il “loro” presidente già scalda i muscoli
I suoi nemici hanno già in riserva un successore secondo il loro cuore. Un miliardario della fuffa: Mark Zuckerberg (j) inventore di Facebook, la cui ricchezza è totalmente dovuta al meccanismo occultato di cui sopra. E’ già cominciata la sua promozione “Mark Zuckerberg occhiegia alla Casa Bianca?”, si domanda Newsweek. “Zuckerberg sarà il prossimo presidente?”, s’interroga Vanity Fair. “E’ uno che certo può presentarsi alla elezione presidenziale”, lo incoraggia Wired. Insomma i media l’hanno già adottato e gli preparano il terreno. Intanto, Mark il genietto ha già assunto nella sua “fondazione caritativa” (sic: come Bill Gates) David Plouffe, che è stato il responsabile della campagna presidenziale di Obama nel 2008: perché è chiaro, sarà un candidato presidente “democratico”, mica alla Lindbergh. Sarà salutato dalle sinistre del mondo come il salvatore dall’isolazionismo, protezionismo e populismo di Trump.


Con la sua proprietà hawaiana
Intanto si sta facendo la mano nello stile presidenziale preferito dalla finanza: ha comprato una mega proprietà (700 acri) sul mare per le sue vacanze alle Hawaii, per 100 milioni di dollari, e sta “intentando cause a raffica contro gli abitanti dell’isola che hanno un diritto ancestrale sulle particelle di terreno”.

“Secondo una norma locale del 1850 – spiega Swissinfo – chiunque nell’isola abbia avuto antenati che possedevano anche minimi pezzi di terreno ne è proprietario ancora oggi. Anche senza documenti legali che lo provino. Zuckerberg sta quindi lanciando le cause affinché le famiglie kuelane che possiedono parcelle del suo terreno le vendano all’asta al miglior offerente. Lui stesso”.

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L’articolo Godiamoci quel che Trump ci dà. Perché sappiamo cosa non darà. è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.
 
Socci, così Trump ci salverà dal disastro. Il Papa, cosa sarà costretto a fare


Socci, così Trump ci salverà dal disastro. Il Papa, cosa sarà costretto a fare
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L' 11 ottobre scorso Hillary Clinton - dal sito del New York Times - sentendosi sfuggire sempre più l' agognata poltrona presidenziale, usò questo sobrio argomento dinamitardo: «Io sono l' ultima cosa fra voi e l' Apocalisse». La baggianata - che echeggia quella più celebre risuonata alla corte francese: «Dopo di noi il diluvio» - sottintendeva che Trump doveva essere considerato con terrore, come la fine del mondo. Gli americani hanno risposto con un colossale «vaffa», mandando a casa la Clinton, l' establishment politico di Washington e quello dei salotti mainstream pieni di intellettuali, di chiacchieroni e di attrici.

Perché sapevano che in realtà Trump - come dice Tremonti - non è la fine del mondo, ma casomai la fine di «un» mondo, appunto quello guerrafondaio e aggressivo dei Clinton e di Obama (e dei Bush), i re del caos globale, i grandi registi dell'«ipocrisia progressista» e della strategia della tensione planetaria.
Sotto di loro infatti sono state destabilizzate una serie di aree (l' Irak, la Libia, la Siria, l' Africa centrale e l' Ucraina), con conseguenze disastrose dal punto di vista umanitario e dal punto di vista politico. In particolare l' idea di espandere la Nato verso Est, fin sotto le mura di Mosca, con una serie di provocatorie manovre militari al confine, ha fatto precipitare il mondo in un cupo clima da Guerra fredda e ha rischiato di trascinare l' Europa nella terza Guerra mondiale.

Perfino il famoso «orologio dell' Apocalisse» - quello del Bulletin of the atomic scientists science and security board, nel cui Board of sponsors ci sono 17 premi Nobel - nel gennaio di un anno fa collocava l' umanità alle 23.57, cioè a tre minuti dalla mezzanotte nucleare, ovvero dalla «fine del mondo». Solo nel 2010 le lancette di questo Orologio simbolico, inventato nel 1947 dagli scienziati dell' Università di Chicago, segnavano le 23,54. Questi «tre minuti» più vicini alla mezzanotte (peraltro la valutazione viene fatta in modo abbastanza «politically correct» e non certo da personalità filo Trump) fanno capire quanto ci hanno avvicinato all' apocalisse Obama e la Clinton e dove saremmo finiti in caso di una vittoria di Hillary. Gli osservatori sanno bene che proprio quella della Clinton sarebbe stata una presidenza guerrafondaia e pericolosissima.

La strategia obamiana e clintoniana è stata descritta così da Francesco Alberoni: «Durante la presidenza Obama gli Usa hanno scatenato una vera guerra fredda contro la Russia sul piano propagandistico, mettendo sanzioni e accumulando armamenti in Polonia, Ucraina e Paesi baltici. Nello stesso tempo hanno appoggiato i Paesi islamici sunniti, Arabia Saudita, i Paesi del Golfo, il Pakistan e la Turchia che finanziavano e armavano gli integralisti islamici: dai talebani ad Al Qaida, all' Isis e il Califfato. Sotto sanzioni in Europa, minacciata dagli americani attraverso la Nato e attaccata dagli integralisti islamici in Asia, la Russia è stata spinta a cercarsi un alleato nella Cina.
Ma la Cina è l' unica superpotenza che nei prossimi anni sfiderà il potere Usa. Una scelta dal punto di vista americano a dir poco catastrofica. Sembra impossibile, ma la politica di Obama si proponeva di espellere la Russia dall' Europa, di farla alleare con la Cina, lasciando il Medio Oriente e l' Africa del nord nelle mani all' anarchia islamista». Questa assurda strategia, che ha avuto il sostegno quasi unanime e strategicamente importante del sistema mediatico, con Trump si avvia ad essere rovesciata.

Anzitutto finisce la demonizzazione della Russia. Poi il terrorismo dell' Isis e di Al Qaeda sarà chiamato col suo nome, «terrorismo islamico» e combattuto come tale (Trump ha iniziato già in campagna elettorale questa rivoluzione linguistica e culturale).

«Dobbiamo cominciare a fidarci di Vladimir Putin», ha dichiarato Trump. Contemporaneamente la Russia ha annunciato l' intenzione di coinvolgere Washington nel negoziato per la soluzione della terribile crisi siriana. Piccoli, grandi segnali che erano inimmaginabili con Obama e la Clinton e che potranno portare Usa e Russia a cooperare anche per risolvere la situazione libica. Siria e Libia, due dei focolai di crisi che - fra l' altro - finora hanno provocato o aiutato l' enorme e dirompente flusso migratorio verso l' Italia e l' Europa.

Basta questo per capire quanto sia importante, anche per l' Italia, questo nuovo clima di collaborazione e dialogo fra le due superpotenze. Ma soprattutto con Trump dovrebbero venir meno le disastrose sanzioni commerciali contro la Russia che sono costate molto salatamente all' economia italiana e anche questa è per noi una gran bella notizia. Insomma - pur volendo restare prudenti - possiamo dire che nel mondo, o almeno nell' area mediterranea ed europea, sta per scoppiare la pace.
I media se ne accorgeranno per ultimi o comunque cercheranno di non dirlo, essendo gli stessi media che acclamavano il «Nobel per la pace» Obama (quello sotto la cui amministrazione gli Usa hanno inondato il mondo - soprattutto il mondo arabo - di armamenti). I media, nella stragrande maggioranza, oggi sono parte del problema. Perché - più o meno consapevolmente - sono stati partecipi, dal punto di vista ideologico e propagandistico, delle strategie dell' establishment che ha dissestato il mondo. Purtroppo ha aderito in gran parte all' agenda Obama anche il capo della Chiesa cattolica, arrivando addirittura ad entrare a gamba tesa contro Trump, durante le presidenziali americane. Lo ha fatto perché il pontificato di Francesco appartiene tutto, fin dalla sua origine, all' epoca Obama/Clinton e rischia di tramontare con loro.

Tuttavia il papa - ancora in carica - è pur sempre un leader spirituale che deve avere a cuore le sorti della pace e della collaborazione serena tra i popoli e gli Stati. Dunque dovrebbe benedire questa nuova stagione di pacificazione e dialogo che inizia fra Stati Uniti e Russia. Finalmente potrebbe realizzarsi la grande speranza di Giovanni Paolo II: un' Europa che respira a due polmoni, quello occidentale e quello orientale. Un' Europa dall' Atlantico agli Urali.

Un' Europa più grande economicamente e più ricca spiritualmente dell' arida tecnocrazia dell' euro. L' Italia ha tutto da guadagnarci, anche nella prospettiva di liberarsi dalla gabbia dell' egemonia tedesca che - attraverso quella tecnocrazia dell' euro - ha messo in ginocchio la nostra economia e pure la nostra dignità nazionale.

Sarà anche l' occasione per liberarsi dell' altro aspetto deleterio dell' imperialismo obamiano: la devastante dittatura «politically correct» imposta al mondo intero insieme alla nefasta «religione mercatista» che ha messo in ginocchio (dal punto di vista economico e della sovranità) i popoli e gli Stati.

Antonio Socci
 
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Le proteste contro il presidente neoeletto degli Stati Uniti Donald Trump, che da diversi giorni si svolgono in diverse grandi città del Paese, sono finanziate dall'organizzazione Progress Unity Fund, registrata come fondazione di beneficenza, scrive oggi il portale americano Daily Caller.
Progress Unity Fund è un'organizzazione esentata dalle tasse registrata con la stessa classificazione sul modello della Croce Rossa.

La "mission" ufficiale dell'organizzazione è "assicurare un'alternativa progressista al mainstream della beneficienza".

Secondo il portale, la fondazione fornisce sostegno finanziario ad "ANSWER" (Act Now to Stop War and End Racism, ndr), una coalizione di molte organizzazioni per i diritti umani, i cui attivisti sono scesi per le strade a protestare subito dopo la vittoria Trump. In particolare l'organizzazione ANSWER ha organizzato le proteste a Chicago, New York, Washington, San Francisco ed altre città, riferisce il portale.

"Il risultato è sconvolgente, Donald Trump è stato eletto presidente, ma la gente può intervenire e sconfiggere il suo programma fanatico e di estrema destra! La coalizione ANSWER si mobilita in tutto il Paese per organizzare e prendere parte a manifestazioni di emergenza", — si legge in un commento aperto di ANSWER sui risultati delle presidenziali.

ANSWER considera l'organizzazione Progress Unity Fund come "sponsor finanziario" e il gruppo chiede ai suoi sostenitori donazioni per portare avanti ulteriori proteste contro Trump, in particolare durante l'insediamento del nuovo presidente il prossimo 20 gennaio, aggiunge Daily Caller.

Negli Stati Uniti le elezioni presidenziali si sono svolte martedì 8 novembre. Inaspettatamente e a dispetto di molti sondaggi ha vinto il candidato del Partito Repubblicano Donald Trump.
 
Magaldi: “grazie” a Trump risorgerà una sinistra autentica
Scritto il 31/1/17 • nella Categoria: idee Condividi
Magaldi: “grazie” a Trump risorgerà una sinistra autentica | LIBRE



«Io sono contro tutti i muri, ma non mettiamo in croce Donald Trump: ricordiamoci che quel muro alla frontiera col Messico esisteva già». Gioele Magaldi, esponente italiano della massoneria progressista internazionale, indossa altre “lenti” per valutare i primissimi passi del nuovo inquilino della Casa Bianca. Premessa: «Chi lo attacca è in malafede, oppure ha scambiato per “sinistra” la politica dei Clinton e di Obama». Di fatto, dice Magaldi a “Colors Radio”, un paio di ottime cose “The Donald” le ha già fatte: «Intanto ha tolto di mezzo Jeb Bush, cioè la prosecuzione della narrazione del mondo in salsa terroristica. E poi ha intimato l’alt all’espansione di potere della Cina, che è un colosso retto dalla nomenklatura “fasciocomunista” messa in piedi da Henry Kissinger». Per Magaldi, il maggior risultato strategico del controverso Capitan Fracassa insediato a Washington sarà un “regalo” indiretto alla sinistra, quella vera, oggi ancora dormiente: solo grazie al duro confronto con Trump, sostiene l’autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata”, potrà finalmente emergere una nuova dirigenza politica progressista, consapevole del fatto che «l’unica ideologia non ancora pienamente realizzata è proprio la democrazia».



Magaldi, fondatore del Movimento Roosevelt ispirato alla politica keynesiana (lo Stato che investe, promuendo benessere diffuso), ha abituato il suo pubblico a declinare gli scenari geopolitici tenendo conto del «back office del potere» che, sostiene, è interamente massonico, gestito da 36 superlogge internazionali (Ur-Lodges), che a loro volta utilizzano entità “paramassoniche” (Trilaterale, Bilderberg, Fmi e Banca Mondiale, think-tanks) per imporre i loro diktat ai governi eletti, svuotandoli in tal modo di legittimità e riducendo la democrazia a mero esercizio elettorale, sempre più inutile, di fronte alla mancanza di vere alternative al pensiero unico neoliberista, che è fondato sull’austerity per tutti, tranne che per l’élite finanziaria. Dalla politica economica alla geopolitica, per Magaldi tutto si tiene: Jeb Bush è esponente della pericolosa Ur-Lodge “Hathor Pentalpha”, ritenuta “incubatrice” della strategia della tensione internazionale, dall’11 Settembre alla creazione dell’Isis. «Bene ha fatto, la massoneria americana progressista, ad appoggiare Trump alle primarie repubblicane: un gioco certamente spregiudicato, che ha però contribuito a togliere di mezzo quello che sarebbe stato un continuatore degli orrori che hanno destabilizzato il pianeta negli ultimi anni».
Magaldi vede poi la longa manus di un’altra “Ur-Lodge” di destra, la “Three Eyes”, nella “fabbricazione in vitro” della nuova Cina, ad economia capitalista ma retta in modo autoritario dal partito unico: «Operazione progettata da Kissinger, autorevole esponente della “Three Eyes”», che pilotò la svolta del “fratello” Deng Xiaoping verso l’economia di mercato, sottoposta però al rigidissimo controllo del regime.
Donald Trump? «Vedremo che altro farà, ora, ma non processiamolo prima del tempo». Finirà per usare il suo nuovo potere per diventare ancora più ricco? Magaldi non lo crede: «Ormai è calato nella parte dello statista, la “roba” se l’è lasciata alle spalle». Non come Berlusconi, da più parti definito un “Trump italiano” ante litteram: «Silvio non è mai riuscito a staccarsi dalle sue aziende, Trump sarà più libero di agire». Più che di un “Trump italiano”, secondo Magaldi, il nostro paese ha bisogno di un vero leader di sinistra, autenticamente liberalsocialista e di spessore, non certo alla Renzi.
Magaldi giudica «prolifico» il dibattito in corso nel Pd, fatta eccezione per «quel bel tomo di D’Alema, che governò con una spruzzatina di sinistra per abbellire il suo sostanziale neoliberismo di destra fondato sulle privatizzazioni, sulla scorta delle “terze vie” dei vari Clinton e Blair». Merita attenzione chi oggi critica Renzi “da sinistra”, «purché si evitino certe ipocrisie: i vari Bersani votarono tutte le porcherie del governo Monti».
 
Giulietto Chiesa: illusionismo Trump, vincerà Wall Street
Scritto il 02/2/17 • nella Categoria: idee Condividi

Non ho mai pensato, né detto dunque, che Trump sia “contro il sistema”. Del resto non so bene cosa significhi la parola “sistema”. Se per “sistema” s’intende il capitalismo, la risposta è no. Trump mi pare semmai un capitalista tradizionale. Mentre il turbocapitalismo impersonato da Wall Street è una cosa ormai sostanzialmente diversa. Trump è comunque un miliardario plurimo. Come potrebbe essere contro il capitalismo? Vedo che in molti c’è una grande confusione sui termini. Con quelli tradizionali non si va da nessuna parte. Trump è un fenomeno. Tutto interno alla crisi del capitalismo finanziario. La sua linea non è ancora definita. Come non lo è la sua cultura (non solo la sua cultura politica). Dà l’impressione di avere capito qualche cosa del mondo in cui vive. Ma nemmeno lui è consapevole di cosa sa e di cosa non sa. È inoltre evidente (a me, per lo meno) che non riesce a connettere piani diversi e a cogliere le connessioni tra di essi. Per esempio dice di non volersi ingerire troppo negli affari degli altri. Ma poi si ingerisce subito nel conflitto palestinese schierandosi con le richieste di Netanyahu e degli oltranzisti sionisti per trasferire la capitale di Israele (e quindi l’ambasciata americana) da Tel Aviv a Gerusalemme. Non so se qualcuno gli ha spiegato le conseguenze di questo gesto.
Non parliamo del suo atteggiamento verso la Cina. Che sembra essere tornata il nemico principale, come lo era nel famoso documento del Pnac (Project for the New American Century) dei neocon. Se Trump confermerà questa linea, lo scontro con la Cina sarà inevitabile. Cioè sposta in là di qualche anno il pericolo della catastrofe nucleare, o peggio. Altro esempio: cancella il Trattato interpacifico di Obama (e quindi viene visto come un progressista da tutti coloro che erano e sono contro il Ttp e anche contro il Ttip) ma non lo fa per gli stessi motivi con cui, per esempio, io sono contro, insieme a tutti coloro che si sono battuti per fermarlo. Lo fa perché pensa che quei trattati avrebbero favorito la finanza e non fatto aumentare i posti di lavoro americani.
Forse ha ragione, ma non è la nostra ragione. Dice di volere riaprire il dialogo con la Russia, ma solo perché pensa che oggi sia conveniente alla politica americana, non perché vuole realisticamente ridimensionare l’America e accettare che sia posta sullo stesso piano dei suoi interlocutori. Mostra aperto disprezzo per l’Europa, ma sembra inconsapevole che, così facendo (e riaprendo il dialogo con Putin), crea un terremoto in Europa di cui sicuramente non sa prevedere le ripercussioni.
Insomma voglio dire che i suoi gesti possono apparire a molti di noi come positivi (e alcuni lo sono), ma lo fa sulla base di idee che sono lontanissime da quelle che tutti noi condividiamo, cioè quelle di un mondo giusto e pacifico. Io diffido moltissimo di lui e di coloro che lo circondano. Anche loro sono l’America. Anche loro sono portatori del virus che ci sta portando in guerra con la Natura. Se lui riaprirà il dialogo con la Russia sarà comunque un fatto positivo: perché ci consentirà di respirare qualche anno di più.
Ma che questo sia l’inizio della trasformazione degli Stati Uniti in un fattore di pace per il mondo, questo non lo credo.
Credo che sia la prosecuzione, in altre forme, del dominio americano sul mondo. Era impossibile quello di Clinton-Bush-Obama.
Sarà impossibile anche quello di Trump.
Il popolo americano non è in grado di operare questa svolta.
Che implicherebbe una vera e propria rivoluzione.
Il mostro del denaro ha già ingoiato i cervelli di troppa gente, in America.
E gli altri sono in larga maggioranza privati di ogni capacità di organizzazione di un’alternativa.
Alla fin fine io credo che non ci sia nessun presidente che possa torcere il braccio a Wall Street e che voglia fare la fine di Kennedy.
Neanche Trump potrà farlo. Sarà la crisi di quello che molti chiamano il “sistema” che fermerà Wall Street. Il massimo sarebbe stato, forse, Sanders. Ma non c’è nessun presidente che possa torcere il braccio a Wall Street. Neanche Trump. E Wall Street è il male assoluto per il pianeta Terra. Ma non è nemmeno escluso che Wall Street faccia saltare in aria il mondo quando si accorgerà del disastro che ha creato. Potrà sembrare strano, ma nelle leggi fondamentali della stupidità umana del professor Carlo Maria Cipolla c’è quella che definisce lo stupido come il più pericoloso dei soggetti. Perché è colui che può fare del male agli altri e a se stesso, in quanto stupido. Lo stupido è imparabile. A Wall Street e nella sua filiale, la City di Londra, c’è una altissima concentrazione di stupidi strategici che hanno un potere sterminato. Il “sistema” sono loro. In queste condizioni chi è ottimista è stupido, anche se non abita a Wall Street.
(Giulietto Chiesa, “Chi è Trump e dove ci porterà, se resterà”, da “Megachip” del 27 gennaio 2017
 

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