TRUMP ha giurato

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La produttività stagnante peserà sul mercato azionario
di Charlie Minter - 08/02/2017

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Il bull market si avvia ormai a celebrare l'ottavo compleanno e, se continuerà per un ulteriore mese, sarà il secondo rialzo di borsa più prolungato della storia. Essere pesantemente investiti in simili circostanze, oltretutto considerate le valutazioni raggiunte, incomincia a diventare pericoloso. Tuttavia, per motivi imponderabili, il sentiment degli investitori è più rialzista che mai: Investors Intelligence, Market Vane, il Michigan Sentiment e il VIX mostrano un ottimismo estremo che può essere pacificamente definito euforia pura. E, come tutti sanno, i bull market terminano quando dall'ottimismo si passa all'euforia.
Molti investitori sono indotti a ritenere sensato essere bullish sul mercato, alla luce dei bassi tassi di interesse. Anche se la Fed dovesse aumentare il costo del denaro, passerà molto tempo prima che i rendimenti dei bond raggiungano livelli minacciosi. Tuttavia, bisogna tenere presente che il "peg rate" della Fed dopo dodici mesi oscilla fra il 2 e il 2.5%; per cui questo vantaggio sta per evaporare. Sospettiamo che la banca centrale americana aumenterà ripetutamente, e rapidamente, il saggio sui Fed Funds, specie ora che il duplice mandato di massima occupazione e crescita dei prezzi al consumo al 2% è stato conseguito.
Un altro motivo per cui il sentiment degli investitori è così rovente, è rappresentato dalla promessa dell'amministrazione Trump di ridurre le imposte su famiglie e imprese, di deregolamentare, di emendare la riforma sanitaria di Obama, e di promuovere il rimpatrio di 2400 miliardi di dollari situati all'estero. C'è anche un piano di investimenti in infrastrutture da 1 trilioni di dollari, che quantomeno dovrebbe indurre la Fed a mettere da parte le esitazioni, visto che il deficit di bilancio aumenterà in conseguenza di tutte queste spese. Noi tuttavia crediamo che non sarà facile mantenere le promesse.

Un'altra statistica interessante riguarda il fatto che ogni nuova presidenza, perlomeno dai tempi di Dwight Eisenhower ha sperimentato una recessione entro due anni dall'insediamento. Trump dovrebbe preoccuparsi seriamente di questo, da subito. Oltretutto, per avere un'economia robusta e dalla crescita sostenibile, bisogna incrementare la produttività. E questo implica progressi nella forza lavoro, ma soprattutto negli investimenti in beni capitali. Studi testimoniano invece il blocco su questo fronte in essere dal 2000. Grazie alla produttività, l'economia americana è cresciuta mediamente del 3% reale dal 1945 al 2000; da allora, la crescita si è contratta di un punto pieno.
Un altro studio rivela che, durante le presidenze Reagan e Clinton, la crescita del PIL ha oscillato fra il 3 e il 4 percento. Questo perché i baby boomer sono entrati nel mercato del lavoro, nel momento in cui le aziende investivano. Questi fattori non sono più all'opera: cresceremo al massimo del 2% per cause demografiche. Le misure promesse da Trump non affrontano questi problemi, e il mercato azionario presto se ne accorgerà a caro prezzo.
 
Paul Craig Roberts è un economista americano di 75 anni che nella vita ne ha fatte molte. Assistente Segretario del Tesoro nell’ amministrazione Reagan

«L’unica cosa che ci si può aspettare dal prossimo presidente degli Stati Uniti è più guerra, più morti e più oppressione del popolo americano credulone. Persone disinformate e credulone come gli americani non hanno futuro. Gli americani sono un popolo finito che la Storia sta per travolgere».
Paul Craig Roberts
(Intervista vivamente consigliata, tratta da GLOBAL WARning in Rome 12-12-2014)


Global WARning – Intervento di PAUL CRAIG ROBERTS | Pandora TV
pandoratv.it
 
Rap contro Trump
Trump è un avvertimento rivolto al genere umano, è un viaggio andato storto, un brutto trip da cui fuggire. È il backmasking della “democrazia”: falla girare al contrario e ascolterai “fascismo”. Trump è una chiamata alle armi. Occorre seguirlo nelle sue accelerazioni fulminee, rispondergli qui e ora, oggi e domani, ogni volta che un diritto è calpestato e una conquista negata, in ogni momento in cui sorge un altro muro.
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8 febbraio 2017
[da una community del dark web]

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on: February 8, 2017, 03:36:45 am

Slavoj Žižek ha avuto le palle di dirlo prima dell’election day: tifo Trump, tifo l’accelerazione, il vertiginoso scontrarsi di particelle che porta al deflagrare delle contraddizioni. Perché solo sulle macerie del mondo marcio è possibile costruire un mondo nuovo. I liberal sono inorriditi, mentre la gente di Wall Street e gli uomini del comparto militare-industriale davano sfoggio di sottigliezza. “Lo normalizzeremo” dicevano. “Lo controlleremo” insistevano nei loro uffici di Manhattan. “In fondo è come Reagan” si auguravano confidando nell’auto-avverarsi di alcune profezie.

Ha ragione Žižek. Ci ha pensato Trump a far inorridire ancor di più gli uni e a frantumare l’arrogante supponenza degli altri. Ci ha pensato dichiarando la guerra commerciale a Cina e Germania, varando il Muslim Ban, formando un’Amministrazione di reazionari e fascisti, di amici delle grandi banche e dei colossi petroliferi, e riuscendo a deludere perfino le grandi banche e i colossi petroliferi.

Ci ha pensato, The Donald, confermando il Muro sulla frontiera col Messico, apprezzando i disvelanti poteri della tortura, intraprendendo la crociata contro l’aborto, stringendosi nell’abbraccio con del Cremlino, cancellando la riforma sanitaria di Barack.

Diamo il benvenuto all’Acceleratore, all’uomo più odiato del pianeta Terra, che distruggerà i suoi patetici seguaci europei, gli epigoni che – dalla Francia all’Italia – si mettono in scia. Convinti di salire sul carro del vincitore, pagheranno l’impopolarità planetaria dell’amico americano prossimo a tramutare in un Re Mida alla rovescia.

Trump è lo specchio: guardateci dentro e nel presente vedrete il futuro riflesso.

Trump detterà un’epocale eterogenesi dei fini, ottenendo effetti opposti rispetto ai suoi intendimenti. Svelerà i rischi dell’apatia politica, della mancanza di partecipazione, della compiacenza verso quel legno storto che è l’umanità: ogni tanto – si sa – tocca raddrizzarla per sventare il rischio di piombare in incubi che sembrano lontani e invece sono prossimi.

Driiiiiiin… Trump è la wake up call, la sveglia che ci spingerà a trovare soluzioni alla stagnazione globale e all’estrazione permanente del capitale.

Trump favorirà un ritorno alla centralità della politica, dopo lunghi decenni in cui l’economia era diventata costituente e ormai prevaricava ogni aspetto della vita umana. Già adesso, negli States, la politica torna ad abitare le case, attraversare le strade, riempiere le piazze, muovere i corpi delle donne. La necessità del cambiamento è percezione d’immanenza: qui e ora. Domani è già tardi. Occorre esserci adesso. Not in my name.

Trump trasferisce il passato remoto in una cornice nuova e inesplorata.

E il futuro che sognavamo? Era questo moto oscillatorio che porta gli incubi di ieri nell’oggi? Indietro e avanti, ancora indietro, ancora avanti.

Possono le ombre dell’oscurantismo tornare ad allungarsi su un’età tecnologicamente avanzata?

Hanno devastato il pianeta col cemento e coi veleni, creato isole di scorie e rifiuti negli oceani. Coi loro capitali hanno sventrato montagne, raso al suolo foreste, intossicato fiumi. Adesso negano, e gridano al complotto delle lobby ambientaliste.

Credevamo che la “linea del colore” fosse un confine superato. E invece i suprematisti bianchi sono a Washington. Hanno nascosto i cappucci bianchi del Klan. Le parole di odio, invece, sono rimaste le stesse.

Trump è un avvertimento rivolto al genere umano, è un viaggio andato storto, un brutto trip da cui fuggire. È il backmasking della “democrazia”: falla girare al contrario e ascolterai “fascismo”.

Trump è una chiamata alle armi. Occorre seguirlo nelle sue accelerazioni fulminee, rispondergli qui e ora, oggi e domani, ogni volta che un diritto è calpestato e una conquista negata, in ogni momento in cui sorge un altro muro.

Trump dev’essere lo schiaffo che desta l’Europa addormentata dal sogno neo-mercantilista, disegnata da ragionieri e burocrati. La dipendenza dalle importazioni d’oltreoceano ci ha condizionati come droga, scaraventati nella competizione tra nazioni divise su tutto: anche sui dettami costituzionali. E per cosa, poi? Per essere sempre più competitivi e sempre più somigliare alla rule of law anglosassone.

Trump è il filo nero da seguire per uscire dal labirinto, dallo stato di subalternità nei confronti del Washington consensus. Per sottrarsi al guanto di velluto del soft power alla Obama e schivare il bastone dell’America first. La storia che si ripete: prima, la grazia del piano Marshall, poi la condanna del Nixon shock. Sempre e comunque: tutto il potere al dollaro.

Trump è una distopia, è un romanzo di Philip K. Dick, è il peggiore dei mondi possibili. Nel migliore dei mondi possibili, in un altro piano del multiverso, Bernie Sanders è il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America, ma c’è un libro che circola segretamente: racconta di un universo alternativo in cui lo speculatore Donald Trump, il miliardario di New York siede alla Casa Bianca…

Trump è il take over di Corporate America allo Stato federale, la fine dell’intermediazione dello Stato, il business al governo del Paese.

Trump piega le strutture pubbliche, ne fa strumenti che agevolano l’accumulazione.

Trump è l’Avventuriero che odia le regole, lo sherpa che batte le strade dell’illegalità e della trans-legalità, connivente e complice del crime.

Trump ha edificato un impero – che è solo molle satrapia – sulla leva finanziaria. Se crollasse il mercato immobiliare, finirebbe nella polvere come un palazzinaro qualsiasi. Trump cova un conflitto d’interesse su scala globale, possiede proprietà ai quattro angoli del pianeta, in nazioni governate da tiranni. La politica estera è public relation.

Trump coltiva la corruzione, la sdogana, la costituzionalizza.

Trump è crony capitalism, capitalismo di clientela.

Trump è coincidenza di plutocrazia e cleptocrazia alla luce del sole in un’America in cui il sole non è più per quelli come noi.

RAGE

L’America vista da i Diavoli:

  • Il fascismo d’America oltre TrumpLeggi qui
  • “No way”. Incubo americano – Leggi qui
  • Dov’eri quando Donald Trump ha ucciso il partito repubblicano? –Leggi qui
  • La biofinanza contro la rabbia e il dissensoLeggi qui
  • Chi, cosa, dove: la «rivoluzione Usa» oltre Sanders – Leggi qui
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Trump: tramonto a New York

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Trump e l’elefante
 
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Donald Trump aveva già tanti nemici senza dover andare a cercare guai con i servizi di intelligence. Dopo lo scoppio dello scandalo che ha portato alle dimissioni del consulente della sicurezza nazionale del governo Usa, Michael Flynn, il neo commander-in-chief ha attaccato frontalmente la comunità di intelligence americana.

Secondo Trump il comportamento tenuto dai servizi segreti è inammissibile, “continuano a commettere atti criminali quando permettono che trapelino rapporti dell’intelligence”, dice riferendosi a quello che è accaduto all’ex generale Flynn e “ai documenti e ai report che sono stati diffusi pubblicamente” di proposito.

“Il problema non è il lavoro dei servizi di intelligence Usa, bensì i rapporti tra la Russia e il presidente Trump”, gli ha risposto seccamente l’ex analista dell’agenzia di sorveglianza NSA, John Schindler, secondo cui la comunità del reparto di intelligence non ha preso bene le accuse di aver commesso atti criminali.
Un altro rimprovero che Trump fa alle persone colpevoli delle rivelazioni top secret è quello di essere “molto anti americani“.

Schindler dice di limitarsi a condividere il pensiero espresso da un suo caro amico che ha una posizione di rilievo nell’intelligence americana.
“Adesso si passa alle armi nucleari. La guerra della comunità di intelligence sale di livello e rischia di indebolire gli Stati Uniti sul piano geopolitico. Un amico che lavora da tempo nel settore ha iniziato dicendomi: ‘perirà in prigione'” (vedi Tweet sotto riportato).


Il tutto mentre l’FBI e l’intelligence americana pare stiano indagando, lo riporta il New York Times, sui contatti avvenuti durante la campagna elettorale presidenziale tra collaboratori di Trump e funzionari russi.

Il caso delle dimissioni del consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Flynn ha fatto il giro del mondo. L’ex generale ha dovuto lasciare l’incarico il 13 febbraio per via delle informazioni incorrette, date secondo lui “inavvertitamente”, al vicepresidente Mike Pence e alla stampa sulle conversazioni tenute con l’ambasciatore della Russia in Usa Sergey Kislyak.
 
Vignetta: Impennata delle vendite. Si sta avvicinando il crash?
- L’ottimismo sulle politiche di crescita del Presidente Donald Trump ha spinto i titoli ai massimi storici, coni il Dow che ha segnato la nona chiusura consecutiva ai massimi record.

I mercati azionari statunitensi hanno guadagnato quasi il 15% dalle elezioni, spinti dalle promesse di Trump su riforme fiscali, spesa pubblica e regolamentazione bancaria.

Questo sensazionale apprezzamento ha spinto diversi hedge funds a scommettere su un imminente esaurimento del rally, poiché l’entusiasmo sulle politiche di Trump si sarebbe esaurito e ed il rischio per la politica europea non è stato considerato.

Il livello degli short (che prevedono un calo di un titolo) contro il Dow Jones Industrial Average è schizzato del 13% nei 30 giorni al 20 febbraio.

Inoltre, le prime sette settimane dell’anno hanno visto gli insider vendere 5,5 volte in più delle azioni acquistate, stando a significare che ci si sta liberando dei titoli con un ritmo aggressivo.
Questo succede nel momento in cui gli investitori retail si buttano sul mercato cercando rapidi profitti.

Trump è considerato uno dei principali attori dietro la sorprendente impennata post elezioni registrata da Wall Street, chiamata da alcuni “Effetto-Trump”; gli investitori hanno accolto le sue promesse sulle riforme fiscali, sulla spesa pubblica e sulla deregulation.

Tuttavia, i recenti guadagni hanno alimentato la speculazione di un’inversione di tendenza a breve, con alcuni fund manager che paragonano l’attuale euforia dei mercati alla “dotcom bubble”, che ha toccato il picco dall’ultimo giorno del 1999, per poi crollare drammaticamente.

La domanda è, chi o cosa sarà la causa dell’inversione?

Vignetta:



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NOMINA DI ROBERT F. KENNEDY A PRESIDENT DEL GOLDEN VACCINE SAFETY TASK FORCE

Secondo questo rapporto, appena due settimane prima del giuramento, il Presidente eletto Trump ha sconvolto l’intero media mainstream degli Stati Uniti con un assalto diretto sul collegamento della congiura vaccino-autismo. Lo ha fatto nominando Robert F. Kennedy Jr, figlio e nipote dei leader americani assassinati Robert F. Kennedy Sr. e il presidente John F. Kennedy, a presidente del Golden Vaccine Safety Task Force. Kennedy era già stato oltraggiato da questi media di propaganda delle elite dopo la pubblicazione di un manifesto intitolato Mercury & Vaccines, che collega i vaccini per l’infanzia con l’autismo.
Vaccini: il giornalista investigativo esperto di autismo, DAN OLMSTED è stato UCCISO il giorno prima dell’incontro con Donald Trump!-il-giornalista-investigativo-esperto-di-autismo-dan-olmsted-e-stato-ucciso-il-giorno-prima-dellincontro-con-donald-trump/
 
CRAIG ROBERTS: PAZZI CRIMINALI, SPINGERANNO TRUMP IN GUERRA
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CRAIG ROBERTS: PAZZI CRIMINALI, SPINGERANNO TRUMP IN GUERRA
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Non gliene importa nulla se il 10% dell’arsenale nucleare di Usa e Russa basta e avanza per cancellare la vita sul pianeta: al clan dell’intelligence Usa sono bastati 24 giorni – il tempo in cui è rimasto in carica il generale Flynn, consigliere per la sicurezza nazionale – per archiviare le promesse di distensione, dopo le forti tensioni con Mosca create a freddo dal regime di Obama. Lo afferma Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan: ai media “presstitute” (“New York Times”, “Washington Post”, “Cnn” e “Nbc”)
sono bastate le “fake news” sul conto di Flynn costruite a tavolino da John Brennan, il direttore della Cia voluto da Obama, che «ha costruito dossier falsi» riguardo all’amicizia “pericolosa” tra Flynn e Putin, come documenta Gareth Porter su “Information Clearing House”.
«Rapporti falsi, nessuno dei quali conteneva alcuna prova». Il movente? Semplice: la minaccia, da parte di Flynn, di ridimensionare il budget militare, 1.000 miliardi di dollari l’anno per gli armamenti e il business della sicurezza. Risultato: «I media occidentali sono più impegnati a servire il padrone della Cia di quanto non siano a servire la pace tra potenze nucleari».

Sconsolato, un osservatore come Patrick Lawrence dichiara: «Le luci su di noi stanno oscurando. Siamo stati abbandonati da una stampa che si dimostra incapace di informarci in modo disinteressato. Sia i media “liberal”, clintoniani, che i giornali e le emittenti, sono servi del potere».

Restano i media “alternativi”, aggiunge Craig Roberts sul suo blog, ma sono tutti sotto attacco: Rt, Usa Watchdog, Alex Jones, Information Clearing House, Global Research, Unz Review. «A quanto pare, Alex Jones sta già avendo problemi con Google», e centinaia di altri siti web sono in difficoltà: pagine rimosse, articoli non più indicizzati, perdita dei banner pubblicitari. «Come dicevano i nazisti, tutto quello che serve è la paura: portare il popolo al collasso», scrive Craig Roberts, secondo cui «la presidenza di Trump è effettivamente finita: anche se gli sarà permesso di rimanere in carica, a comandare sarà lo Stato Profondo». Trump si è già arresto alla linea del Pentagono: ha detto che la Russia deve restituire la Crimea all’Ucraina, mentre in realtà è la Crimea che è tornata, da sola, alla Russia. In più ha respinto una nuova limitazione delle armi strategiche, il trattato Start con la Russia, affermando che vuole la supremazia Usa negli armamenti nucleari, non la parità.

Dopo appena un mese alla Casa Bianca, scrive Craig Roberts, l’obiettivo di Trump è già cambiato. Nuove tensioni in vista con la Russia, e non solo: «Ci sono piani per occupare parte della Siria con truppe statunitensi, al fine di evitare che la Siria riesca a riunificarsi con l’aiuto della Russia, come segnala “Global Research”».
Il piano di smembramento che Trump approverebbe? Parte della Siria andrebbe alla Turchia, un’altra parte ai curdi, mentre una porzione di territorio siriano finirebbe sotto in controllo militare Usa, in modo che Washington possa «mantenere le turbolenze in corso per sempre». Una catastrofe, per Putin, che contava su Trump per eliminare l’Isis. «E’ difficile capire se il nuovo regime Trump è più iranofobico o russofobico: l’inclinazione è quella di buttare a mare l’accordo con l’Iran, riaprendo il conflitto con Mosca, oltre che con la Cina». Certo, osserva Craig Roberts, «è strano vedere i “liberal-progressisti” di sinistra alleati con i guerrafondai contro Trump. E’ come tirare fuori l’Armageddon nucleare dalla tomba in cui l’avevano sepolto Reagan e Gorbaciov». Così, oggi, «la sinistra americana chiede l’impeachment del presidente il cui obiettivo era migliorare le relazioni con la Russia».
 

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