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Forumer storico
di Giuseppe Sarcina, corrispondente da Washington
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Il senatore repubblicano John McCain accetta di commentare con il Corriere: «Adesso dobbiamo guardare avanti. Penso che dovremo formare una commissione parlamentare speciale e molto selettiva per indagare sulle attività della Russia. Qualcosa di simile a ciò che si fece con il Watergate» La spiegazione ufficiale della Casa Bianca, però, è che Trump abbia licenziato Comey per aver gestito male l’inchiesta sulle mail di Hillary Clinton, all’epoca in cui era Segretario di Stato. Qualche giorno fa, per altro, Clinton ha di nuovo accusato pubblicamente Comey di averle fatto perdere le elezioni, riaprendo e poi chiudendo il caso delle mail a pochi giorni dal voto. McCain risponde con un’occhiataccia: «Il tema è la Russia adesso. E Hillary Clinton dovrebbe capire che le elezioni sono passate, è il momento di procedere oltre». Dopo una giornata passata a Capitol Hill, restano sul taccuino due proposte di una certa consistenza. Una è quella di McCain; l’altra è avanzata dal partito democratico che chiede l’istituzione di un Procuratore speciale con pieni poteri istruttori.
Ma sarà complicato trovare un’intesa tra il Congresso e la Casa Bianca. Il New York Times rivela che la settimana scorsa Comey aveva chiesto al ministero della Giustizia più mezzi, più risorse per accelerare l’esame del dossier russo. Jeff Sessions, titolare del dicastero, ha smentito con un sovraccarico di sdegno. Però è proprio il suo nome a comparire nella nota ufficiale diffusa l’altra sera dalla Casa Bianca, come l’ispiratore principale della cacciata di Comey. E allora non è difficile tirare le somme.
Primo: il 20 marzo il direttore dell’Fbi aveva confermato in un’audizione al Congresso che si stava indagando sui rapporti tra lo staff di Trump e quello di Vladimir Putin.
Secondo: la Casa Bianca ha fatto il possibile per ostacolare le verifiche, ma Comey non solo non si è fermato, ma ha chiesto rinforzi al ministero della Giustizia.
Terzo e ultimo: il ministro Sessions ha riferito a Trump e questi ha cacciato il capo del Federal Bureau, senza neanche lo scrupolo di una telefonata. Comey ha letto la notizia su uno schermo tv, come tutti gli americani, mentre l’altra sera parlava ai suoi agenti di Los Angeles.
La mossa del presidente potrebbe rivelarsi azzardata e controproducente. Bisognerà vedere, però, se il Congresso sarà in grado di tenere viva un’inchiesta credibile sulla Russia. Il problema è che anche i democratici hanno un qualche imbarazzo. Per mesi, anche dopo la sconfitta elettorale, hanno messo in dubbio l’operato e, in definitiva, l’integrità di Comey, offrendo, più o meno consapevolmente una sponda alle manovre di Trump. Adesso si trovano nella scomoda posizione di difendere il super poliziotto che probabilmente Hillary Clinton avrebbe cacciato subito, se fosse arrivata alla Casa Bianca. Forse una prima via d’uscita potrebbe essere quella di condividere in modo bipartisan la scelta del successore di Comey. I nomi che circolano, però, hanno una forte impronta repubblicana: Rudy Giuliani e Ray Kelly, l’ex sindaco e l’ex capo della polizia di New York.
10 maggio 2017 (modifica il 10 maggio 2017 | 22:09)
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Trump licenzia Comey, il capo dell’Fbi voleva fondi per il Russiagate
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Il senatore repubblicano John McCain accetta di commentare con il Corriere: «Adesso dobbiamo guardare avanti. Penso che dovremo formare una commissione parlamentare speciale e molto selettiva per indagare sulle attività della Russia. Qualcosa di simile a ciò che si fece con il Watergate» La spiegazione ufficiale della Casa Bianca, però, è che Trump abbia licenziato Comey per aver gestito male l’inchiesta sulle mail di Hillary Clinton, all’epoca in cui era Segretario di Stato. Qualche giorno fa, per altro, Clinton ha di nuovo accusato pubblicamente Comey di averle fatto perdere le elezioni, riaprendo e poi chiudendo il caso delle mail a pochi giorni dal voto. McCain risponde con un’occhiataccia: «Il tema è la Russia adesso. E Hillary Clinton dovrebbe capire che le elezioni sono passate, è il momento di procedere oltre». Dopo una giornata passata a Capitol Hill, restano sul taccuino due proposte di una certa consistenza. Una è quella di McCain; l’altra è avanzata dal partito democratico che chiede l’istituzione di un Procuratore speciale con pieni poteri istruttori.
Ma sarà complicato trovare un’intesa tra il Congresso e la Casa Bianca. Il New York Times rivela che la settimana scorsa Comey aveva chiesto al ministero della Giustizia più mezzi, più risorse per accelerare l’esame del dossier russo. Jeff Sessions, titolare del dicastero, ha smentito con un sovraccarico di sdegno. Però è proprio il suo nome a comparire nella nota ufficiale diffusa l’altra sera dalla Casa Bianca, come l’ispiratore principale della cacciata di Comey. E allora non è difficile tirare le somme.
Primo: il 20 marzo il direttore dell’Fbi aveva confermato in un’audizione al Congresso che si stava indagando sui rapporti tra lo staff di Trump e quello di Vladimir Putin.
Secondo: la Casa Bianca ha fatto il possibile per ostacolare le verifiche, ma Comey non solo non si è fermato, ma ha chiesto rinforzi al ministero della Giustizia.
Terzo e ultimo: il ministro Sessions ha riferito a Trump e questi ha cacciato il capo del Federal Bureau, senza neanche lo scrupolo di una telefonata. Comey ha letto la notizia su uno schermo tv, come tutti gli americani, mentre l’altra sera parlava ai suoi agenti di Los Angeles.
La mossa del presidente potrebbe rivelarsi azzardata e controproducente. Bisognerà vedere, però, se il Congresso sarà in grado di tenere viva un’inchiesta credibile sulla Russia. Il problema è che anche i democratici hanno un qualche imbarazzo. Per mesi, anche dopo la sconfitta elettorale, hanno messo in dubbio l’operato e, in definitiva, l’integrità di Comey, offrendo, più o meno consapevolmente una sponda alle manovre di Trump. Adesso si trovano nella scomoda posizione di difendere il super poliziotto che probabilmente Hillary Clinton avrebbe cacciato subito, se fosse arrivata alla Casa Bianca. Forse una prima via d’uscita potrebbe essere quella di condividere in modo bipartisan la scelta del successore di Comey. I nomi che circolano, però, hanno una forte impronta repubblicana: Rudy Giuliani e Ray Kelly, l’ex sindaco e l’ex capo della polizia di New York.
10 maggio 2017 (modifica il 10 maggio 2017 | 22:09)
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Trump licenzia Comey, il capo dell’Fbi voleva fondi per il Russiagate