Trump licenzia Comey, il capo dell’Fbi voleva fondi per indagare sul Russiagate

Usa, Flynn aveva avvertito il team di Trump di essere indagato | Sky TG24


Pubblicato il 18/05/2017
Ultima modifica il 18/05/2017 alle ore 07:45

Il team di transizione del presidente Donald Trump sapeva che Michael Flynn, l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale costretto alle dimissioni perché travolto da Russiagate, era sotto inchiesta prima dell’inaugurazione dello scorso 20 gennaio. Lo sostiene il New York Times, spiegando che Flynn, lo scorso 4 gennaio, ha personalmente comunicato alla squadra di Trump, guidata dal vice presidente Mike Pence, di essere indagato per aver ricevuto compensi come lobbista per conto della Turchia durante le presidenziali statunitensi. Non si era registrato come agente straniero come previsto dalla legge per gli americani che rappresentano governi di altri Paesi. Lo ha fatto in modo «retroattivo» soltanto lo scorso marzo. Eppure è stato confermato come consigliere per la Sicurezza nazionale. Un ruolo che gli ha garantito accesso a tutti i segreti delle agenzie di intelligence statunitensi. Il primo ed essere informato da Flynn è stato l’avvocato Donald McGahn, attuale consigliere della Casa Bianca.

Flynn è stato costretto alle dimissioni dopo appena 24 giorni in carica per aver negato, mentendo, di aver discusso di sanzioni contro la Russia con l’ambasciatore di Mosca a Washington, Serghei Kislyak. Pochi giorno dopo l’inaugurazione, l’ex ministra ad interim della Giustizia, Sally Yates, aveva avvertito Trump sul fatto che Flynn era «vulnerabile» rispetto a potenziali ricatti da parte dei russi ma senza sortire alcun effetto. È stata improvvisamente licenziata da Trump per essersi opposta al bando anti immigrazione da Paesi a maggioranza islamica.

Sempre secondo rivelazioni del New York Times, il 14 febbraio scorso, Trump avrebbe chiesto all’ex direttore dell’Fbi, James Comey, di «lasciar correre» su Flynn, sul quale il Bureau stava indagando. Poi lo scorso 9 maggio lo ha licenziato. L’ex vice di Comey, l’attuale direttore ad interim dell’Fbi, Andrew McCabe, ha ufficialmente confermato durante un’audizione in Congresso l’indagine in corso sulle possibili collusioni tra lo staff di Trump e il Cremlino durante le presidenziali.

Secondo quanto riporta McClatchyDC, una delle prime decisioni di Flynn come consigliere per la sicurezza nazionale, 10 giorni prima dell’inaugurazione dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, fu quella di ritardare un’operazione del Pentagono per riconquistare Raqqa, capitale dello Stato Islamico in Siria, per venire incontro ai desideri della Turchia.

“Il team di Trump sapeva che Flynn era indagato”


Report: Flynn blocked military move Turkey opposed


Report: Flynn blocked military move Turkey opposed
 
Usa, Flynn aveva avvertito il team di Trump di essere indagato | Sky TG24


Pubblicato il 18/05/2017
Ultima modifica il 18/05/2017 alle ore 07:45

Il team di transizione del presidente Donald Trump sapeva che Michael Flynn, l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale costretto alle dimissioni perché travolto da Russiagate, era sotto inchiesta prima dell’inaugurazione dello scorso 20 gennaio. Lo sostiene il New York Times, spiegando che Flynn, lo scorso 4 gennaio, ha personalmente comunicato alla squadra di Trump, guidata dal vice presidente Mike Pence, di essere indagato per aver ricevuto compensi come lobbista per conto della Turchia durante le presidenziali statunitensi. Non si era registrato come agente straniero come previsto dalla legge per gli americani che rappresentano governi di altri Paesi. Lo ha fatto in modo «retroattivo» soltanto lo scorso marzo. Eppure è stato confermato come consigliere per la Sicurezza nazionale. Un ruolo che gli ha garantito accesso a tutti i segreti delle agenzie di intelligence statunitensi. Il primo ed essere informato da Flynn è stato l’avvocato Donald McGahn, attuale consigliere della Casa Bianca.

Flynn è stato costretto alle dimissioni dopo appena 24 giorni in carica per aver negato, mentendo, di aver discusso di sanzioni contro la Russia con l’ambasciatore di Mosca a Washington, Serghei Kislyak. Pochi giorno dopo l’inaugurazione, l’ex ministra ad interim della Giustizia, Sally Yates, aveva avvertito Trump sul fatto che Flynn era «vulnerabile» rispetto a potenziali ricatti da parte dei russi ma senza sortire alcun effetto. È stata improvvisamente licenziata da Trump per essersi opposta al bando anti immigrazione da Paesi a maggioranza islamica.

Sempre secondo rivelazioni del New York Times, il 14 febbraio scorso, Trump avrebbe chiesto all’ex direttore dell’Fbi, James Comey, di «lasciar correre» su Flynn, sul quale il Bureau stava indagando. Poi lo scorso 9 maggio lo ha licenziato. L’ex vice di Comey, l’attuale direttore ad interim dell’Fbi, Andrew McCabe, ha ufficialmente confermato durante un’audizione in Congresso l’indagine in corso sulle possibili collusioni tra lo staff di Trump e il Cremlino durante le presidenziali.

Secondo quanto riporta McClatchyDC, una delle prime decisioni di Flynn come consigliere per la sicurezza nazionale, 10 giorni prima dell’inaugurazione dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, fu quella di ritardare un’operazione del Pentagono per riconquistare Raqqa, capitale dello Stato Islamico in Siria, per venire incontro ai desideri della Turchia.

“Il team di Trump sapeva che Flynn era indagato”


Report: Flynn blocked military move Turkey opposed


Report: Flynn blocked military move Turkey opposed

che Michael Flynn sia messo a morte.... però si è dimesso... allora lo lasciamo vivere
 
Reuters, 18 contatti fra lo staff di Donald Trump e i russi.

Telefonate e mail emerse dall'analisi dei documenti sul Russiagate avvenute fra aprile e novembre 2016.
18/05/2017 15:12 CEST | Aggiornato 6 ore fa

Michael Flynn e altri consulenti della campagna elettorale di Donald Trump hanno avuto contatti 18 volte con funzionari russi e Cremlino, con telefonate ed e-mail, durante gli ultimi mesi della campagna per le presidenziali del 2016. Lo riferiscono a Reutersfunzionari Usa ed ex funzionari Usa ben informati sulla vicenda.

Le interazioni, di cui finora non si sapeva, sono emerse nell'ambito dell'analisi dei documenti attualmente in corso da parte di Fbi e Congresso sul cosiddetto Russiagate, cioè sulla presunta interferenza di Mosca nelle presidenziali Usa di novembre e sui contatti fra la campagna di Trump e la Russia. Le fonti che hanno descritto quei contatti a Reuters riferiscono di non avere visto prove di alcun illecito o collusione fra la campagna di Trump e la Russia nelle comunicazioni analizzate finora; ma la notizia potrebbe far salire la pressione su Trump e i suoi collaboratori per fornire a Fbi e Congresso un resoconto completo delle interazioni con le autorità russi e dei legami avuti con il Cremlino durante la campagna elettorale e subito dopo il voto dell'8 novembre.

Le 18 chiamate ed e-mail sono avvenute fra aprile e novembre del 2016, mentre gli hacker erano impegnati in quella che l'intelligence Usa a gennaio ha stabilito essere stata una campagna di discredito del voto e per influenzare il risultato delle elezioni a favore di Trump. Il contenuto delle conversazioni, secondo le fonti, era concentrato sull'aggiustare le relazioni economiche fra Usa e Russia, messo alla prova dalle sanzioni imposte a Mosca, sulla cooperazione nella lotta contro l'Isis in Siria e sul contenere la Cina. Veterani impegnati nelle precedenti campagne elettorali dicono che i contatti con funzionari stranieri in campagna non sono insoliti, ma in questo caso è eccezionale il numero delle interazioni fra i collaboratori di Trump e i funzionari russi, nonché con gente vicina al presidente russo Vladimir Putin.

Sei dei 18 contatti finora non rivelati di cui Reuters ha appreso sono state telefonate fra l'ambasciatore russo negli Usa, Sergei Kislyak, e consulenti di Trump, compreso Flynn, l'ex consulente di Trump per la sicurezza nazionale rimosso dall'incarico il 13 febbraio dopo appena 24 giorni di attività dopo avere ammesso di avere dato informazioni incomplete al vice presidente Mike Pence e ad altri alti funzionari della Casa Bianca proprio sulle sue conversazioni con Kislyak. Le conversazioni tra Flynn e Kislyak si sono intensificate dopo le elezioni presidenziali dell'8 novembre e i due, secondo quattro fonti ufficiali Usa, hanno discusso dell'istituzione di un canale alternativo per la comunicazione fra Trump e Putin, che potesse bypassare la burocrazia della sicurezza nazionale Usa, considerata da entrambi ostile al miglioramento delle relazioni.

Oltre alle sei chiamate che coinvolgono Kislyak, le comunicazioni descritte a Reuters coinvolgevano altre 12 telefonate ed e-mail, o sms, fra rappresentanti russi o persone considerate vicine a Putin e consulenti della campagna di Trump. Uno di questi contatti sarebbe partito da Viktor Medvedchuk, oligarca ucraino e politico: secondo le fonti non è chiaro con chi abbia parlato della campagna di Trump, ma avrebbe parlato di temi fra cui la cooperazione USA-Russia. Putin è il padrino della figlia di Medvedchuk, il quale ha negato di avere avuto contatti con membri della campagna di Trump. Oltre a Medvedchuk e Kislyak, le identità degli altri partecipanti ai contatti legati a Putin restano riservate, come pure i nomi dei consulenti di Trump coinvolti a parte Flynn.
Le autorità potrebbero richiederne la rivelazione per motivi di intelligence. A gennaio la Casa Bianca di Trump aveva inizialmente negato ogni contatto con le autorità russe durante la campagna del 2016, ma da allora la stessa Casa Bianca e i consulenti della campagna hanno confermato quattro incontri fra Kislyak e consiglieri di Trump.
...
McCarthy e lo speaker della Camera Paul Ryan - avevano avuto due incontri separati col primo ministro ucraino Vladimir Groysman. Sarebbe stato quest'ultimo a descrivere la tattica utilizzata dal Cremlino di finanziare politici populisti per danneggiare e indebolire le istituzioni democratiche in Europa, soprattutto nei Paesi dell'Europa dell'est.
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Reuters, 18 contatti fra lo staff di Trump e i russi. Spunta un audio del repubblicano McCarthy: "È pagato da Putin"


Exclusive: Trump campaign had at least 18 undisclosed contacts with Russians: sources
 
Che cosa sa Flynn su Trump?

di Mattia Ferraresi
20 Maggio 2017 alle 06:00

New York. Perché Donald Trump ha continuato a difendere con ostinazione Michael Flynn? Perché mette a rischio la presidenza per un ex consigliere della Sicurezza nazionale compromesso in tutti i modi? Ben Smith, direttore di BuzzFeed, ha riformulato la domanda nel modo in cui molti se la pongono a Washington: che cosa sa Flynn su Trump? Per il presidente sono giornate febbrili di leak, rivelazioni e scoop su tutti i fronti, dai rapporti con James Comey alla rabbia verso il suo staff. L’unica costante nella buriana è Flynn. Ogni nuova informazione peggiora la posizione dell’ex generale e dell’ex presidente, che sapeva molto delle operazioni spregiudicate e forse criminali del suo consigliere, e dunque fatica sempre di più a presentarsi come un leader ignaro, circuito da un funzionario cospiratore o pasticcione che poi è stato allontanato.

L’immagine che ne esce è piuttosto quella di un presidente attivamente impegnato per salvare il suo disgraziato protetto. Attraverso un resoconto scritto da Comey, e trapelato al New York Times, sappiamo che Trump ha fatto almeno in una circostanza pressioni esplicite sull’Fbi perché l’inchiesta fosse insabbiata e Flynn salvato. Da fonti vicine all’ex generale raccolte da Michael Isikoff, di Yahoo News, sappiamo anche che di recente il presidente ha mandato un messaggio a Flynn: “Stay strong”, tieni duro. Sono le parole simili a quelle che Nixon ha scritto al suo capo di gabinetto, H. R. Haldeman, dopo averlo licenziato all’alba del Watergate. Tieni duro, scriveva Nixon, ma in realtà intendeva “non testimoniare contro di me”. Nel sovraccarico di informazioni si è un po’ persa una ricostruzione molto scrupolosa fatta da McClatchy su una manovra molto significativa messa in atto da Flynn prima dell’insediamento.

Attorno al dieci gennaio, scrive McClatchy, il consigliere della Sicurezza nazionale in carica, Susan Rice, ha sottoposto a Flynn, che l’avrebbe succeduta di lì a poco, il piano che il Pentagono aveva preparato per la riconquista di Raqqa.
Chiedere l’autorizzazione per una decisione di tale portata è la procedura normale nella fase di transizione fra due Amministrazioni. Il piano prevedeva che l’operazione fosse guidata dall’esercito curdo, l’unico considerato in grado di agire efficacemente, ma a Flynn l’idea non piaceva affatto. Ha bloccato immediatamente la decisione, rimandando l’operazione di mesi. Escludere i curdi era in linea con i desideri della Turchia, ma a quel punto a Washington nessuno sapeva che Flynn aveva lavorato come lobbista per il governo di Ankara, ricevendo 530 mila dollari come compenso.
...
Nessuno sapeva allora del legame con la Turchia, con qualche eccezione, come direbbero gli avvocati di Trump.

Sulla base di diverse fonti, il New York Times ha scritto che il 4 gennaio Flynn stesso ha informato il transition team che era sotto inchiesta dell’Fbi per i rapporti con la Turchia. Prima lo ha comunicato al capo del team legale, Donald McGahn, e due giorni dopo all’intero staff di avvocati dell’Amministrazione in procinto di insediarsi. Trump sapeva del grave inghippo di Flynn, ma ugualmente gli ha permesso di prendere decisioni sulla politica estera e ha confermato la sua nomina a consigliere per la Sicurezza nazionale, l’unica fra le posizioni che contano a non avere bisogno della conferma del Senato. Trump ha resistito a qualunque richiesta di abbandonare l’alleato. Due giorni dopo le elezioni, Obama gli aveva suggerito di non prendere nella squadra l’ex generale; Sally Yates, procuratore generale che era rimasta in carica nell’attesa della conferma di Jeff Sessions, ha detto che Flynn era ricattabile dai russi, con i quali aveva avuto estesi e documentati rapporti. Yates è stata licenziata, così come è stato licenziato Comey dopo i tentativi di fargli abbandonare l’inchiesta su Flynn.
C’è voluto un conflitto con Mike Pence, il vicepresidente che è andato in televisione a dire che Flynn non aveva avuto contatti con l’ambasciatore russo, a determinarne la cacciata. Ma anche allora Trump ha continuato a difenderlo, presentandolo come un “decent man” e un “good guy”. Flynn ha ricambiato rifiutandosi di dare le carte alla commissione del Senato che sta facendo la sua inchiesta. Forse il motivo di tanta lealtà si trova nell’incipit di una lettera degli avvocati di Flynn datata 30 marzo: “Il nostro cliente ha una storia da raccontare”.

Che cosa sa Flynn su Trump?
 
big_boom hai diffuso una pagina web di disinformazione che ha diffuso bufale, note come tali da anni.
Quel senatore aveva incontrato un altro gruppo e non l'ISIS.
E quel senatore non era al governo, non aveva e non ha un incarico neĺla squadra di governo del presidente.

La bufala della foto di McCain e Al Baghdadi. Attenzione ai tranelli della rete

Mouaz Mustafa e il Senatore McCain - Bufale un tanto al chilo

BUFALA – Senatore Americano incontra ISIS – bufale.net

Chi sono davvero i ribelli siriani
 
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