E' possibile descrivere un'emozione, uno stato dell'anima?
Probabilmente no. Solo i grandi scrittori e poeti ci riescono. Forse.
Era il 1995, oppure il '94. Con mia moglie e mio figlio di un paio di anni mi trovavo a Urbino per una breve vacanza.
Stupenda città delle Marche. Il Palazzo Ducale (con lo splendido "studiolo"), il Duomo, la casa di Raffaello. Le mura medievali.
E, nel Palazzo di Federico, la Galleria Nazionale.
"La città ideale", "la flagellazione di Cristo" (Piero della Francesca), "la Madonna di Senigallia" (sempre di Piero).
E poi lei, "la Muta".
Ero li. Di fronte a lei. A pochi centimetri.
I miei occhi nei suoi, i suoi nei miei. Muta lei. E muto io.
Nella mente pensieri indescrivibili. Nello stomaco un senso di vuoto. E il cuore che batte forte.
Penso a Raffaello. Lo vedo stendere i colori. E vedo lei, in posa.
Leggo i suoi pensieri.
Quanto tempo sarò rimasto in quello stato?
Ore? Giorni? Probabilmente pochi minuti!
Qualcuno la chiama sindrome di Stendhal: sicuramente fu un'emozione forte.
Intanto, nessuna emozione dalla borsa.
Questo immobilismo sta diventando imbarazzante.