Sharnin 2
Forumer storico
Ora si teme per il futuro dell'euro
Colpita la Grecia, la crisi lambisce Portogallo e Spagna
29 apr 2010
di ALFONSO TUOR
L’onda d’urto della crisi greca, che non sta toccando solo i Paesi deboli dell’Unione monetaria europea, ma i mercati finanziari di tutto il mondo, è destinata a piegare le resistenze tedesche e a sbloccare il piano di 45 miliardi di euro di aiuti dell’UE e del Fondo monetario internazionale. L’attivazione di questo piano permetterà di guadagnare un po’ di tempo, ma non di cambiare la conclusione di questa tragedia greca né di risolvere la crisi che ha cominciato a lambire Spagna e Portogallo. Ma procediamo con ordine.
Ieri le obbligazioni statali greche sono state declassate al livello di titoli spazzatura (è la prima volta per un Paese di Eurolandia) e i rendimenti sono ulteriormente saliti. Ciò vuol dire che per il Governo di Atene è chiuso l’accesso ai mercati dei capitali. Atene non è più in grado di raccogliere i capitali per finanziare le proprie attività quotidiane né di rifinanziare l’obbligazione di 9 miliardi di euro che giunge a scadenza il prossimo 19 maggio. In parole povere, lo Stato greco è insolvente e può rinviare la propria dichiarazione di insolvenza solo se arriveranno i capitali promessi dagli altri Paesi europei e dal Fondo monetario internazionale. È probabile che le pressioni degli altri Paesi di Eurolandia e la volatilità dei mercati finanziari pieghino le resistenze tedesche e che al vertice europeo straordinario convocato dalla presidenza spagnola il 10 maggio venga attivato il piano d’aiuti. Ciò permetterà di guadagnare qualche settimana, ma non muterà i termini della crisi che oramai ha colpito anche Portogallo e Spagna.
Questi 45 miliardi di euro basteranno alla Grecia solo per i bisogni più immediati e saranno esauriti nel giro di alcune settimane. Come ha cominciato a riconoscere ufficialmente anche il Fondo monetario internazionale, per traghettare la Grecia fuori dalla crisi occorrono stanziamenti di ben altra dimensione, poiché la prevista forte contrazione dell’economia del Paese mediterraneo è destinata a ridurre drasticamente il gettito fiscale e a rendere irrealistiche le previsioni di riduzione del disavanzo pubblico. Per Atene diventa quindi una missione impossibile rifinanziare circa 200 miliardi di euro di obbligazioni in scadenza nei prossimi due anni. In altri termini, o Atene riceverà altri aiuti dall’Unione Europea e dall’FMI o la questione dell’insolvenza dello Stato greco è solo rinviata di qualche settimana.
La credibilità del piano è minata dalla mancanza di volontà di procedere ad una ristrutturazione del debito pubblico greco, ad esempio con una significativa decurtazione del valore facciale delle obbligazioni statali. Questa strada è per il momento chiusa. In primo luogo, per l’opposizione delle banche europee che registrebbero significative perdite sui 272 miliardi di euro (stando ai dati della BRI di Basilea) di esposizione nei confronti della Repubblica ellenica. Basti pensare che le banche francesi sono esposte per 80 miliardi di euro e quelle tedesche per 45 miliardi. In secondo luogo, per l’opposizione della Banca centrale europea, che si troverebbe a dover a fare i conti con una crisi del sistema bancario greco, con nuove difficoltà delle banche europee e con consistenti perdite dirette, poiché le obbligazioni statali greche sono utilizzate dalle banche europee come pegno in cambio dei finanziamenti della Bce. In terzo luogo, ed è sicuramente l’ostacolo più importante, per la strenua opposizione dei Paesi deboli di Eurolandia. Una ristrutturazione del debito greco, che equivarrebbe di fatto ad una dichiarazione di insolvenza, farebbe infatti lievitare ancor più i tassi di interesse che i Governi di Portogallo, Spagna, Irlanda ed Italia devono pagare per finanziarsi: i mercati riterrebbero che la ristrutturazione del debito pubblico sia una strada obbligata anche per questi Paesi.
Il dramma è che la tragedia greca si protratta talmente a lungo da aver già cominciato ad intaccare la credibilità degli altri PIGS. Infatti i titoli portoghesi sono stati declassati e i rendimenti sono aumentati fortemente a tal punto da rendere problematico (o in ogni caso molto costoso) il rifinanziamento di 25 miliardi di euro che scadono quest’anno. Lo stesso vale per la Spagna, alle prese non solo con un disavanzo pubblico superiore al 10% del PIL, ma anche con le conseguenze sull’economia e sui bilanci delle banche iberiche dello scoppio della bolla immobiliare. E proprio ieri le agenzie di rating hanno declassato anche le obbligazioni spagnole. Pure i rendimenti dei titoli del debito pubblico italiano hanno cominciato a risentire degli effetti della crisi greca. Questi Paesi stanno dunque esercitando forti pressioni sulla Germania per l’attivazione del piano di aiuti, sperando di uscire dal vortice provocato dalla crisi greca, e sono contrari a qualsiasi ipotesi di ristrutturazione del debito ellenico che non farebbe altro che accrescere i timori dei mercati sulla loro credibilità. Ma giocare sulle aspettative dei mercati non basta. La recente pesante recessione ha messo in luce che le economie di questi Paesi hanno perso competitività. Le previsioni di una debole ripresa mettono in dubbio la capacità di Portogallo, Spagna, Irlanda e anche dell’Italia di onorare i debiti pubblici accumulati nel corso degli anni.
In conclusione, il piano UE/FMI non risolverà né la crisi greca né appianerà le difficoltà degli altri Paesi europei in difficoltà. Questo indica quanto fallace sia l’idea che la moneta unica europea possa essere salvata dal dirottamento di enormi risorse verso i Paesi mediterranei. La riprova sono le resistenze politiche che si sono già manifestate in Germania nei confronti degli aiuti alla Grecia. Dunque è in forse lo stesso futuro dell’euro.
Colpita la Grecia, la crisi lambisce Portogallo e Spagna
29 apr 2010
di ALFONSO TUOR
L’onda d’urto della crisi greca, che non sta toccando solo i Paesi deboli dell’Unione monetaria europea, ma i mercati finanziari di tutto il mondo, è destinata a piegare le resistenze tedesche e a sbloccare il piano di 45 miliardi di euro di aiuti dell’UE e del Fondo monetario internazionale. L’attivazione di questo piano permetterà di guadagnare un po’ di tempo, ma non di cambiare la conclusione di questa tragedia greca né di risolvere la crisi che ha cominciato a lambire Spagna e Portogallo. Ma procediamo con ordine.
Ieri le obbligazioni statali greche sono state declassate al livello di titoli spazzatura (è la prima volta per un Paese di Eurolandia) e i rendimenti sono ulteriormente saliti. Ciò vuol dire che per il Governo di Atene è chiuso l’accesso ai mercati dei capitali. Atene non è più in grado di raccogliere i capitali per finanziare le proprie attività quotidiane né di rifinanziare l’obbligazione di 9 miliardi di euro che giunge a scadenza il prossimo 19 maggio. In parole povere, lo Stato greco è insolvente e può rinviare la propria dichiarazione di insolvenza solo se arriveranno i capitali promessi dagli altri Paesi europei e dal Fondo monetario internazionale. È probabile che le pressioni degli altri Paesi di Eurolandia e la volatilità dei mercati finanziari pieghino le resistenze tedesche e che al vertice europeo straordinario convocato dalla presidenza spagnola il 10 maggio venga attivato il piano d’aiuti. Ciò permetterà di guadagnare qualche settimana, ma non muterà i termini della crisi che oramai ha colpito anche Portogallo e Spagna.
Questi 45 miliardi di euro basteranno alla Grecia solo per i bisogni più immediati e saranno esauriti nel giro di alcune settimane. Come ha cominciato a riconoscere ufficialmente anche il Fondo monetario internazionale, per traghettare la Grecia fuori dalla crisi occorrono stanziamenti di ben altra dimensione, poiché la prevista forte contrazione dell’economia del Paese mediterraneo è destinata a ridurre drasticamente il gettito fiscale e a rendere irrealistiche le previsioni di riduzione del disavanzo pubblico. Per Atene diventa quindi una missione impossibile rifinanziare circa 200 miliardi di euro di obbligazioni in scadenza nei prossimi due anni. In altri termini, o Atene riceverà altri aiuti dall’Unione Europea e dall’FMI o la questione dell’insolvenza dello Stato greco è solo rinviata di qualche settimana.
La credibilità del piano è minata dalla mancanza di volontà di procedere ad una ristrutturazione del debito pubblico greco, ad esempio con una significativa decurtazione del valore facciale delle obbligazioni statali. Questa strada è per il momento chiusa. In primo luogo, per l’opposizione delle banche europee che registrebbero significative perdite sui 272 miliardi di euro (stando ai dati della BRI di Basilea) di esposizione nei confronti della Repubblica ellenica. Basti pensare che le banche francesi sono esposte per 80 miliardi di euro e quelle tedesche per 45 miliardi. In secondo luogo, per l’opposizione della Banca centrale europea, che si troverebbe a dover a fare i conti con una crisi del sistema bancario greco, con nuove difficoltà delle banche europee e con consistenti perdite dirette, poiché le obbligazioni statali greche sono utilizzate dalle banche europee come pegno in cambio dei finanziamenti della Bce. In terzo luogo, ed è sicuramente l’ostacolo più importante, per la strenua opposizione dei Paesi deboli di Eurolandia. Una ristrutturazione del debito greco, che equivarrebbe di fatto ad una dichiarazione di insolvenza, farebbe infatti lievitare ancor più i tassi di interesse che i Governi di Portogallo, Spagna, Irlanda ed Italia devono pagare per finanziarsi: i mercati riterrebbero che la ristrutturazione del debito pubblico sia una strada obbligata anche per questi Paesi.
Il dramma è che la tragedia greca si protratta talmente a lungo da aver già cominciato ad intaccare la credibilità degli altri PIGS. Infatti i titoli portoghesi sono stati declassati e i rendimenti sono aumentati fortemente a tal punto da rendere problematico (o in ogni caso molto costoso) il rifinanziamento di 25 miliardi di euro che scadono quest’anno. Lo stesso vale per la Spagna, alle prese non solo con un disavanzo pubblico superiore al 10% del PIL, ma anche con le conseguenze sull’economia e sui bilanci delle banche iberiche dello scoppio della bolla immobiliare. E proprio ieri le agenzie di rating hanno declassato anche le obbligazioni spagnole. Pure i rendimenti dei titoli del debito pubblico italiano hanno cominciato a risentire degli effetti della crisi greca. Questi Paesi stanno dunque esercitando forti pressioni sulla Germania per l’attivazione del piano di aiuti, sperando di uscire dal vortice provocato dalla crisi greca, e sono contrari a qualsiasi ipotesi di ristrutturazione del debito ellenico che non farebbe altro che accrescere i timori dei mercati sulla loro credibilità. Ma giocare sulle aspettative dei mercati non basta. La recente pesante recessione ha messo in luce che le economie di questi Paesi hanno perso competitività. Le previsioni di una debole ripresa mettono in dubbio la capacità di Portogallo, Spagna, Irlanda e anche dell’Italia di onorare i debiti pubblici accumulati nel corso degli anni.
In conclusione, il piano UE/FMI non risolverà né la crisi greca né appianerà le difficoltà degli altri Paesi europei in difficoltà. Questo indica quanto fallace sia l’idea che la moneta unica europea possa essere salvata dal dirottamento di enormi risorse verso i Paesi mediterranei. La riprova sono le resistenze politiche che si sono già manifestate in Germania nei confronti degli aiuti alla Grecia. Dunque è in forse lo stesso futuro dell’euro.