Il direttore di Cumhuriyet, in esilio in Germania dal 2016 «Erdogan per molti è un profeta. E i partiti avversari hanno troppo caos: era difficile aspettarsi sorprese»
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Elezioni in Turchia, Dundar giornalista in esilio: «vince di nuovo lo status quo»
di Monica Ricci Sargentini
Il direttore di Cumhuriyet, in esilio in Germania dal 2016 «Erdogan per molti è un profeta. E i partiti avversari hanno troppo caos: era difficile aspettarsi sorprese»
ISTANBUL «L’opposizione ha perso, il morale della gente è a terra. La Turchia è un Paese molto conservatore, ne dobbiamo prendere atto». Parla senza emozione Can Dundar, ex direttore di Cumhuriyet , 61 anni, in esilio in Germania dal 2016. Lui fino a domenica sera
aveva sperato in un cambio di rotta nel suo Paese. Ora non si fa più illusioni.
Le elezioni presidenziali e politiche ieri sono state una delusione per molti. Cos’è successo?
«Il mondo sta andando a destra, anche in Italia. Il voto di ieri era una corsa tra chi voleva il cambiamento e chi no. Ha vinto lo status quo».
Come ha fatto Erdogan a vincere nonostante la crisi economica?
«Usando un linguaggio di guerra, presentandosi come un leader forte che può risolvere i problemi. La gente ha bisogno di questo e poi c’è da dire che ormai da mezzo secolo l’Islam politico ha preso il sopravvento. C’è una nuova generazione con tendenze di destra: anti americani, anti cristiani, anti comunisti, sospettosi degli stranieri».
Fondamentale è stata anche la questione dei rifugiati. Ogan ha preso il 5%.
«Su questo l’Occidente ha una grande responsabilità perché molta gente sta morendo di fame e non può capire come mai dobbiamo ospitare milioni di migranti».
Colpisce la venerazione che i sostenitori di Erdogan mostrano nei suoi confronti. È d’accordo?
«Sì lo vedono come un profeta, qualsiasi cosa lui dica è vera. Però alla fine la differenza l’hanno fatta il 20% di indecisi che hanno votato per lui».
Cosa ha sbagliato l’opposizione?
«Non ha ispirato abbastanza fiducia, troppo variegata e troppo caotica, è stata anche sul punto di dividersi a poche settimane dal voto. Dopo 20 anni di un uomo solo al potere come ci si può fidare di un’alleanza tra sei partiti?»
Nelle zone colpite dal terremoto ci si aspettava un voto contro Erdogan vista la lentezza dei soccorsi e lo scandalo degli abusi edilizi. Invece il calo dell’Akp è stato nella norma. Come mai?
«Io ero sicuro che sarebbe andata così. Dopo un grande disastro si tende a votare per chi è più autoritario. La gente vuole protezione, nel caso degli sfollati pensano che il presidente possa ricostruire le loro case come ha fatto una prima volta, anche se è proprio a causa del malaffare che sono crollate».
Cosa può fare Kilicdaroglu per sollevare gli animi e motivare gli elettori a recarsi alle urne il 28 maggio?
«Credo nulla. A fare da ago della bilancia c’è Sinan Ogan che viene dall’Mhp, cioè l’estrema destra, se Kilicdarolgu scenderà a patti con lui dovrà cedere sul tema curdo e perderebbe il 10% dei consensi. Ma, mettiamo anche che vinca, cosa cambierebbe? Il 65% del Paese è in mano agli ultranazionalisti da Erdogan a Bahceli, da Aksener a Ogul. Non abbiamo più partiti di centro».
Come cambierà lo scenario internazionale dopo il 28 maggio?
«La Russia ha appoggiato Erdogan e ha attaccato l’opposizione, quindi ora il presidente è nelle sue mani. L’Occidente, invece, userà Ankara solo come una diga contro i flussi migratori e per i negoziati sul conflitto in Ucraina».
15 maggio 2023 (modifica il 15 maggio 2023 | 22:55)
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