UN SENTIMENT PER APRIRE UN TOPiC DELLA SUDICIA E SCHIFOSA FAMIGLIA STAMATTINA.....

L'annuncio era stato fatto un mese fa in pompa magna. Mario Monti aveva promesso una straordinaria trasparenza sui redditi e i patrimoni del suo governo prima di spiegare come aveva tosato redditi e patrimoni di tutti gli italiani. Una trasparenza «secondo le migliori pratiche europee», aveva detto. Ma da allora è buio fondo. Nessuno ha ancora visto un dato. Quando qualcuno ha provato a fargli notare che mentre le tasse correvano, lo stato patrimoniale del suo esecutivo continuava a restare misterioso, Monti ha aggrottato le ciglia: «Ma non sono ancora passati i tre mesi previsti». Intimoriti dalla perentorietà della risposta, i giornalisti hanno rinfoderato penne, taccuini e microfoni e non hanno chiesto più nulla. Bevendosi la panzana del premier come fosse acqua fresca. Perché quei tre mesi di tempo per dare pubblicità ai propri patrimoni al governo non li aveva prescritti proprio alcun medico. L’unico riferimento è a una legge, quella del 5 luglio 1982, che da 30 anni obbliga i membri del governo a depositare al massimo entro tre mesi (ma si può benissimo fare in una settimana) le proprie dichiarazioni dei redditi, quelle dei coniugi consenzienti, la lista dei propri incarichi e l’elenco di tutti i beni mobili e immobili posseduti. Insomma, l’annuncio era un bluff: nonostante la panna montata che accompagnava la sua dichiarazione di un mese fa, Monti alla fine avrà dunque la stessa trasparenza che hanno avuto Bettino Craxi, Ciriaco De Mita, Giulio Andreotti, Giuliano Amato, Silvio Berlusconi, Massimo D’Alema, Romano Prodi, Lamberto Dini e tutti i capi di governo di questi 30 anni.
 
Siccome premier, ministri e vice devono avere qualche timidezza di troppo o qualche resistenza a fare vedere i propri patrimoni, Libero prova dare loro una mano.

Compiendo oggi una parte dell’operazione trasparenza che il governo dei tecnici aveva promesso, senza mantenere nulla.
Una parte sola, perché non tutti i dati sono rintracciabili da un giornalista.
Ma un’idea di questo governo e qualche sorpresa c’è.

Una su tutte: il governo tecnico ha investito i propri risparmi nel mattone.
Tutti con la sola eccezione di un ministro e un sottosegretario hanno almeno una casa.
Molti ne hanno ben di più.

Tutti insieme posseggono 292 fabbricati (che vuole dire case, uffici, magazzini, negozi, box auto, casali) e 158 terreni (pascoli, vigneti, frutteti, uliveti, terreni edificabili etc…).

Il loro valore è difficile da stabilire.
L’unico riferimento sicuro è quello della rendita catastale: 266.801,50 euro.
Il valore catastale calcolabile per pagare la nuova Imu è di 44 milioni e 514 mila euro.

Quello di mercato è sicuramente molto superiore.
 
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La vera sorpresa di questo governo viene però da un sottosegretario, Guido Improta.

A lui risultano intestati al catasto ben 96 fabbricati e 61 terreni.

Hanno una rendita di 54.830 euro all’anno e un valore catastale superiore ai 9 milioni di euro.
Di Improta si sapeva solo che proveniva dalle relazioni istituzionali della vecchia e della nuova Alitalia.
Meno strombazzata la sua presenza a palazzo Chigi sotto il governo di Romano Prodi: faceva asse all’epoca con Carlo Malinconico e con Filippo Patroni Griffi, costituendo un trio che si è ritrovato poi chez Monti.

Improta ha due fabbricati a Roma, altri due a Monte Argentario, insieme a 9 terreni. Tutto il resto (92 fabbricati e 52 terreni) è a Napoli.
Parte ricevuta in eredità, altra condivisa con altre famiglie, molti immobili intestati solo a lui. Un record.

Milionario il patrimonio immobiliare di Antonio Catricalà, attuale sottosegretario a palazzo Chigi e prima presidente dell’Antitrust.

La sua ultima dichiarazione dei redditi era di 591.596 euro.
I fabbricati a lui intestati sono 5: 3 a Roma, uno a Castiglione della Pescaia, uno a Catanzaro.
I terreni sono 5, tutti ad Argusto, in provincia di Catanzaro, dove è natia la famiglia originaria del sottosegretario.
 

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