Anna Siemsen è un’antesignana dell’europeismo: comincia a parlare e a scrivere di scuole comuni, moneta comune e mercato comune più di cento anni fa, nel mezzo della sanguinosa Grande guerra che di…
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Anna Siemsen è un’antesignana dell’europeismo: comincia a parlare e a scrivere di scuole comuni, moneta comune e mercato comune più di cento anni fa, nel mezzo della sanguinosa Grande guerra che divide l’Europa e provoca milioni di morti. Figura chiave del movimento socialista per gli Stati uniti d’Europa già nella Germania di Weimar, è una delle madri dell’Europa, per molto tempo trascurate dagli studi storici, rese quasi invisibili anche perché istituzionalmente sottorappresentate e ora doverosamente “riscoperte”. Il suo progetto europeo poggia su tre elementi fondamentali: l’unità economica, ispirata a principi socialisti, l’unità politica in una federazione di repubbliche democratiche — che implica l’esistenza di un diritto sovranazionale e di tribunali idonei a risolvere le controversie tra gli Stati, un diritto civile comune e la garanzia della libertà di circolazione, non solo delle merci ma anche e soprattutto di lavoratori e lavoratrici — e il rispetto della diversità culturale.
La Grande guerra rappresenta per Anna un momento cruciale. I suoi tre fratelli maschi partiti volontari vivono esperienze traumatiche che li trasformano in convinti antimilitaristi e lei abbraccia il pacifismo, filo conduttore della sua vita e della sua attività di pedagogista, femminista, europeista e socialista.
Nata il 18 gennaio 1882 a Mark, un paesino della Vestfalia, Anna Siemsen è la seconda dei cinque figli di un pastore protestante. Di costituzione delicata, ama la lettura e lo studio; dopo la scuola e la formazione da insegnante, conclusasi a Münster nel 1901, impartisce lezioni private. È tra le prime donne in Germania a frequentare corsi universitari — a Monaco, Münster e Bonn — a laurearsi e a conseguire il dottorato, approfondendo la pedagogia, la germanistica e la filosofia. Superato l’esame di Stato per l’insegnamento nel 1909, lavora come docente liceale nelle città di Detmold, Brema e Düsseldorf. Nel 1917, proprio in quest’ultima città Anna inizia la sua militanza pacifista e aderisce all’antimilitarista Partito socialdemocratico indipendente (Uspd). Dopo la fine della guerra abbandona la religione protestante e si avvicina a gruppi espressionisti, oltre a far parte di diverse associazioni pacifiste e femministe, nazionali e internazionali. Dal 1920 entra nel consiglio della città di Düsseldorf per conto dell’Uspd e si occupa di amministrazione scolastica, mentre, negli stessi anni, cura la riorganizzazione scolastica a Berlino e in Turingia e nel 1923 è nominata professoressa ordinaria di pedagogia all’Università di Jena. Siemsen ritiene che il sistema scolastico debba avere «il bambino come punto di partenza» e «la comunità umana come punto di arrivo». La sua concezione pedagogica è strettamente intrecciata a quella della società: il suo obiettivo educativo è la cura e la formazione della personalità individuale nell’ambito di una comunità solidale, pacifica, plurilingue, multiculturale e plurireligiosa. Il fine prevalente è «educare alla libertà nella comunità» e le parole-chiave del concetto educativo di Siemsen sono personalità e umanità, quest’ultima intesa come l’unione e l’integrazione di società culturalmente diverse, ma eguali nel diritto e nella dignità. Inoltre, il pluralismo e la diversità rappresentano un contributo positivo per lo sviluppo della personalità di ogni uomo e di ogni donna in una società di massa. Per Siemsen, dunque, personalità e umanità, individualismo e cura della comunità «non sono solo fini educativi ma anche obiettivi dello sviluppo sociale e dunque della lotta politica». L’idea tipicamente siemseniana della comunità affiora anche in opere come
Literarische Streifzüge (Lineamenti di letteratura), una storia della letteratura che esce per la prima volta nel 1925; è destinata a un pubblico non accademico e si muove consapevolmente nella sfera europea.
L’approccio culturale risalta anche in un articolo del 1927 per la “Frankfurter Zeitung” dal titolo
Ich suche Europa (Cerco l’Europa), in cui l’autrice sostiene che l’idea di Europa debba emergere dall’elaborazione cosciente dell’esperienza (
Erlebnis) che di essa si è vissuta nella storia. In
Daheim Europa (A casa in Europa), un resoconto di viaggio del 1928, Siemsen proietta il concetto di
Heimat (patria) su scala europea, valorizzando le interdipendenze e le comunicazioni tra i territori e le rispettive culture. La pedagogista pacifista critica in modo durissimo i testi scolastici dell’epoca, imbevuti di nazionalismo, e ne immagina di nuovi, fondati su una diversa rappresentazione della società europea, per insegnare, come scrive nel 1927: «come la cultura europea è uscita lottando dalla superstizione e dalla barbarie, quali sacrifici si sono resi necessari per avere non un Impero tedesco ma la società d’oggi, e quali pericoli la minacciano». In seguito alle divisioni interne sorte nel Partito socialista, dal 1921, il suo impegno politico confluisce nelle attività della Spd, il Partito socialdemocratico, anche se in più di un’occasione esprime il suo disaccordo su certe posizioni, in particolare sulla questione femminile. Dal 1928 al 1930 è deputata per la Spd al
Reichstag, il parlamento tedesco, e si dimette volontariamente prima della fine del mandato poiché non condivide il sostegno del partito al riarmo; nel 1931 lascia la Spd. Alla fine del 1932, il governo della Turingia le toglie il titolo di professoressa ordinaria poiché ha firmato un appello per il professor Emil Julius Gumbel, matematico e pubblicista perseguitato a causa delle sue idee politiche e infine epurato. All’avvento del nazismo, nel 1933, Anna Siemsen lascia la Germania e si rifugia nella neutrale Svizzera con il fratello August e la cognata, rimanendovi fino al 1946.
Già dall’inizio del suo esilio svizzero soffre di problemi di salute, in particolare di una grave perdita dell’udito. Nel 1934 sposa il segretario locale della Gioventù operaia, Walter Vollenweider (1903-1971); il matrimonio garantisce a lei la cittadinanza e salva lui, che è gay, dall’accusa di omosessualità e dal carcere. Tra il 1934 e il 1935 completa il trattato
Die gesellschaftlichen Grundlagen der Erziehung (I fondamenti sociali dell’educazione), poi pubblicato ad Amburgo nel 1948. S’iscrive al Partito socialista svizzero, per cui si occupa di educazione e formazione giovanile. Nel maggio 1937 vola in Spagna con Regina Kägi-Fuchsmann, direttrice dal 1936 del Sah (Schweizerisches Arbeiterhilfswerk), una delle più importanti organizzazioni umanitarie non governative svizzere, vicina ai sindacati socialisti, per coordinare gli aiuti alla popolazione civile della zona repubblicana. Frutto di quest’esperienza è un diario di viaggio, pubblicato per la prima volta nel 1937 in Francia e poi riedito nel 1947 in Germania. In Svizzera Siemsen distribuisce la stampa dell’emigrazione politica e si spende con passione nell’europeismo antifascista. Cerca di coinvolgere anche le donne che ritiene, insieme con la gioventù e la classe lavoratrice, le forze più innovative del processo storico. Dal 1938 al 1946 dirige il quotidiano femminile socialista svizzero “Die Frau in Leben und Arbeit” (“La donna nella vita e nel lavoro”) e scrive una delle prime storie della letteratura al femminile. Collabora al saggio collettivo
Die Frau im neuen Europa (La donna nella nuova Europa) edito nel 1945 dall’Europa-Union per proporre la soluzione federale elvetica come nuova forma di organizzazione statale. Nel suo contributo confuta la tesi marxista che colloca l’ingresso delle donne nel sociale in coincidenza dell’industrializzazione e dimostra l’importanza della dimensione di genere e l’incidenza strutturale della misoginia nella storia.
Peraltro, Siemsen osserva che l’esclusione delle donne dal potere e dunque dalla partecipazione attiva alla violenza bellica le ha preservate dall’imbarbarimento morale. Spetta dunque alle donne risanare e aiutare il continente saccheggiato e devastato e mettersi al servizio dell’umanità, come portatrici, custodi e nutrici di vita. Parallelamente le donne devono rivendicare i propri diritti individuali e politici e la loro partecipazione allo spazio pubblico, da cui sono state ingiustamente tenute lontane. Consapevole che la fine delle ostilità non coincide con la pace, conseguibile solo attraverso un lavoro faticoso, Siemsen, in
Per una nuova Europa. Scritti dall’esilio svizzero, chiarisce che «Non possiamo lasciare questo compito ai governi. Occorre invece risvegliare la coscienza dei popoli» e dedica gli ultimi anni della sua vita a favorire questo risveglio. Al rientro in Germania, ripresenta con ancora maggiore urgenza la necessità di una pedagogia che educhi a un pensare europeo; solo considerando il continente un unico spazio culturale e umano e partendo dall’infanzia, dalla storia, dai libri e dalla poesia si sarebbe arrivati a una vera riconciliazione dopo le terribili e laceranti esperienze del conflitto. Ostruzionismi politici e burocratici non le consentono di riottenere il ruolo di docente universitaria, perciò Anna dà lezioni di pedagogia e di teoria della letteratura e lavora, su commissione del governo inglese, all’organizzazione di corsi per la formazione di maestri/e di scuola elementare.
Il 22 gennaio 1951, a sessantanove anni, muore ad Amburgo, pochi mesi prima della firma del Trattato di Parigi che istituirà la Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio).
Qui le traduzioni in francese, inglese e tedesco