“Secondo il nostro studio, la decisione delle autorità regolamentari ha serie conseguenze sulla liquidità”, commenta il co-autore del report, il professor Alessandro Beber. “Questo è particolarmente vero per le azioni con bassa capitalizzazione, alta volatilità e senza opzioni”.
Per Beber, la riduzione della volatilità determinata dal divieto di vendite allo scoperto è particolarmente pericolosa perchè giunge in un momento in cui lo spread bid-ask (differenziale tra prezzi di acquisto e vendita) è elevato, come conseguenza della crisi finanziaria, e gli investitori sono a corto di cash a causa del congelamento di molti mercati obbligazionari.
“I risultati dello studio sono un forte messaggio per i regolatori: lo stop allo short selling può causare più danni che benefici”, aggiunge Beber. In passato, inoltre, il divieto ha fallito l’obiettivo di ristabilire ordine e di prevenire ulteriori cali dei prezzi azionari. “Al contrario, l’evidenza mostra che nel migliore dei casi questa decisione lascia i prezzi invariati, e nel peggiore contribuisce al declino”, conclude Beber.
Sulle azioni, tuttavia, gli effetti in genere non hanno carattere duraturo. La volatilità diminuisce “per qualche giorno al massimo”, afferma Andrew Shrimpton, consulente finanziario per Kinetic Partners, ma poi torna salire perché i titoli sono meno liquidi. “Su ampia scala, il divieto rischia di ridurre la capicità delle banche di raccogliere capitale e aumenta il rischio di recessione nei paesi che lo hanno adottato”.