FTSE Mib Futures Venerdì 9.9.2011, ricominciamo da 14020 e 1154 ?

Buondì a tutti, oggi mi voglio sbilanciare, alla luce del movimento e close dell'ultima ottava, un target di........................................................:eek:



























......................18.200:eek:è ancora possibile.;):ciao:
 

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Allego anke qualke titolo da....attenzionare, ma solo per coloro che credono ad 1 proseguimento del rimbalzo.;):ciao:
 

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E se L'Italia uscisse dall'euro????????.:cool:

Stò parlando di 1 ipotesi improbabile, ma o tedeschi, prima di tirare troppo la corda:wall::wall:...devono capire che i primi a rimetterci sarebbero loro, nelle more noi ripudiando il debito azzereremmo l'usura delle banche e recupereremmo il 6% di pil;):ciao:




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ITALIA FUORI DALL'EURO ? AH, LE PAROLE NON PRONUNCIABILI
Postato il Venerdì, 16 settembre @ 07:10:00 CDT di davide
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DI ALESSIO MANNINO
ilribelle.com

Se l’Italia andasse in default, cioè dichiarasse fallimento, cosa accadrebbe?
E se abbandonasse l’euro per tornare alla lira?
Sono domande fantapolitiche, sia chiaro. Già la Grecia, che di suo produce il Pil della sola provincia di Treviso, è stata costretta sul lettino operatorio dei medici horror Fmi, Bce e Ue, che pur di salvare il paziente, lo ammazzano sotto i ferri. Figuriamoci con paesi della stazza di Spagna e Italia, molto più importanti nello scacchiere economico e geopolitico europeo: il rischio che i paesi guida di Eurolandia, Francia e Germania, li lascino andare a fondo non è neppure nel novero delle possibilità. A meno che, s’intende, non decidano di far affondare l’euro. Ma il collasso della moneta unica è scartato a priori finché a decretarlo a tavolino non sarà chi tiene i fili nell’ombra, ossia i centri di potere bancario e finanziario burattinai della Banca Centrale di Francoforte e della Commissione di Bruxelles.

Ma il gioco dei “se” può tornare utile per mostrare in quale paradossale vicolo cieco siamo andati a ficcarci. L’Italia ha un prodotto interno lordo di circa 1500 miliardi di euro, e paga all’usura bancaria qualcosa come 90 miliardi di euro all’anno di soli interessi sul debito. Se facessimo crack, questo buon 6% del Pil cesserebbe di finire nei caveau bancari e potrebbe essere usato come spesa pubblica. Certo, inizialmente saremmo investiti da una guerra d’aggressione senza precedenti da parte di un’indemoniata speculazione straniera, ma poi all’estero dovrebbero mandar giù il rospo. La sola alternativa in mano ai signori del denaro sarebbe una guerra vera. Ma sarebbero in grado, i loro funzionari politici tedeschi e francesi, di assumersi la responsabilità di distruggere l’unità europea, la Nato e tutto il circo al seguito scatenando un conflitto bellico? E gli Usa: arriverebbero a inserirci nella lista degli Stati-canaglia assieme a Iran e Corea del Nord?

Ripudiare il debito che ci lega come asini da soma significherebbe, insomma, far implodere il sistema Europa. Questo legame è l’unico, reale, pesantissimo ostacolo alla riconquista di una piena sovranità. L’Islanda ha potuto farlo perché ne era già fuori. L’Argentina, pur invischiata fino al collo nella ragnatela della finanza internazionale, ri-nazionalizzando moneta e industrie strategiche e liberandosi dei ceppi del Fmi, è uscita dal tunnel e ha ripreso a vivere. Noi siamo gravati da un’ulteriore, e ben più dura, catena: l’europeismo dogmatico e aprioristico, che fa credere che l’Europa così come è, monetarista e banksterizzata, sia un totem inviolabile, l’undicesimo comandamento, un’entità sacra quando invece è una costruzione storica soggetta, come ogni altra realtà umana, alla trasformazione e alla morte.

E tuttavia l’argomento europeista resta sullo sfondo, proprio in quanto considerato fuori discussione. A difesa del debito, e del dovere religioso di farci accoppare di tagli e tasse in suo nome, viene buono un altro argomento, spacciato per buon senso del padre di famiglia: rifiutarsi di farvi fronte sarebbe moralmente ingiusto nei confronti dei risparmiatori esteri, poveri diavoli anche loro. Eh no. Costoro rappresentano appena il 13% dei nostri titoli di debito, il resto è detenuto da quelli che in gergo si chiamano investitori istituzionali: banche, società di intermediazione, assicurazioni ecc. I piccoli risparmiatori potrebbero riavere il tesoretto perduto con nuovi titoli di Stato emessi dopo la liberazione dal debito, mentre gli altri, i vampiri della finanza, dovrebbero rinunciare agli interessi sugli interessi. Sarebbe un crollo, in prospettiva, salutare. Come quegli shock traumatici che, seppur dolorosi, in casi di grave apatia sono indispensabili a risvegliare il malato.
 
Concordo in toto:up:tanti i debiti sono verso le stesse banche che...volevano far pagare dazio all'inerme popolo greco.;)

Roubini: La Grecia Dovrebbe Dichiarare Default e Abbandonare l’Euro

Nella sezione del Financial Times che ospita articoli sul tema "L'Euro può essere salvato?" il premio Nobel Nouriel Roubini prende in esame la situazione della Grecia e conclude che l'unica possibile via d'uscita per il paese è un default ordinato e un'uscita dall'euro.

21 settembre 2011 , ore 1:46 - 0 Commenti



Riferendosi al recente accordo sul debito firmato a luglio, che l’Europa ha offerto alla Grecia, il Nobel Roubini afferma senza mezzi termini che si tratta di una fregatura. Se si va oltre le cifre dichiarate, e si prendono in considerazione le grandi facilitazioni che il piano ha offerto ai creditori, la vera riduzione del debito per la Grecia in realtà è prossima allo zero. Una parte dei fondi dovrebbero infatti arrivare da un programma di privatizzazioni che si suppone in teoria da 50 miliardi di euro. E più della metà del fondo di salvataggio in realtà serve da garanzia per i creditori che aderiscono al complicato piano di swap e di rollover del debito. Un’opzione migliore per il paese, dice Roubini, sarebbe quella di respingere questo accordo e, sotto la minaccia del default, rinegoziarne uno migliore.
Per ora la Troika (BCE, UE e FMI) ha sospeso il pagamento della seconda tranche del pacchetto di salvataggio deciso a Luglio, perché la Grecia non ha finora raggiunto gli obiettivi di bilancio stabiliti come condizione per gli aiuti. Ma anche se questa tranche venisse pagata, dice Roubini, il paese non per questo riuscirà a tornare a crescere, a meno che la sua competitività non sia rapidamente ripristinata. E senza un ritorno alla crescita, i suoi debiti resteranno comunque insostenibili. Il fatto è, continua Roubini, che tutte le opzioni che potrebbero ripristinare la competitività richiedono un deprezzamento reale della valuta.
Vediamo quindi queste opzioni:
La prima di queste opzioni consiste in un forte indebolimento dell’euro, cosa improbabile dal momento che gli Stati Uniti sono economicamente deboli e la Germania è iper-competitiva.
La seconda è una rapida riduzione del costo unitario del lavoro, attraverso delle riforme strutturali che possano far crescere la produttività al di sopra dei salari, ma è altrettanto improbabile. La Germania ci ha messo 10 anni a ristabilire la propria competitività in questo modo, la Grecia non può aspettare un decennio di depressione.
La terza opzione è una rapida deflazione dei prezzi e dei salari, nota come “svalutazione interna”. Ma questo porterebbe a cinque anni di depressione sempre più profonda, e renderebbe il debito pubblico ancora più insostenibile.”
Logicamente, quindi, Roubini osserva che se queste tre opzioni non sono possibili, l’unica strada che rimane è quella della “drachmatizzazione”, di un ritorno ad una moneta nazionale fortemente deprezzata per ripristinare rapidamente la competitività e la crescita:
Naturalmente, questo processo sarà traumatico. …Le principali banche dell’area euro e anche gli investitori subirebbero grosse perdite in questo processo, ma sarebbero gestibili – se queste istituzioni venissero adeguatamente e aggressivamente ricapitalizzate. Evitare un’implosione “post-uscita” del sistema bancario greco, tuttavia, può purtroppo richiedere l’imposizione di misure stile argentino – come chiusura delle banche e controlli sui capitali – per evitare un default disordinato…. Alcuni sostengono che il PIL reale della Grecia crollerebbe molto di più in uno scenario di uscita dall’euro che nella dura sfacchinata della “svalutazione interna”. Ma è chiaramente un errore: anche con la deflazione il potere d’acquisto reale dell’economia greca e della sua ricchezza cadrebbe man mano che il deprezzamento reale si verifica. Attraverso un deprezzamento nominale e reale, il percorso di un’uscita dall’euro ripristinerà più velocemente la crescita, evitando un decennio di deflazione depressiva.
Anche coloro che affermano che il contagio trascinerà gli altri nella crisi negano l’evidenza. Altri paesi periferici soffrono già di una insostenibilità del debito stile greco e hanno anche problemi di competitività; il Portogallo, per esempio, alla fine potrebbe dover ristrutturare il proprio debito e anche uscire dall’euro.
Economie illiquide ma potenzialmente solventi, come l’Italia e la Spagna, avranno bisogno di un sostegno dall’Europa, indipendentemente dal fatto che la Grecia esca; anzi, una fuga “autoavverante” sul debito pubblico della Spagna e dell’Italia, a questo punto è quasi certa, se non si desse corso a questo supporto di liquidità. Le ingenti risorse ufficiali che attualmente vengono sprecate nel salvataggio dei creditori privati della Grecia, potrebbero anche essere utilizzate per proteggere questi paesi, e le banche in altre parti della periferia.
Un’uscita della Grecia invece può avere effetti secondari benefici. Altre economie in crisi della zona euro avranno quindi la possibilità di decidere autonomamente se vogliono seguire l’esempio, o rimanere nell’euro, con tutti i costi di questa scelta. Indipendentemente da ciò che fa la Grecia, le banche dell’eurozona ora devono essere rapidamente ricapitalizzate. Per questo è necessario un nuovo programma a livello di Unione Europea, che non si basi su stime truccate e falsi stress tests. Un’uscita Greca potrebbe essere il catalizzatore di questo approccio.
Le recenti esperienze dell’Islanda, come di molti mercati emergenti negli ultimi 20 anni, mostrano che la ristrutturazione ordinata e la riduzione del debito estero possono ripristinare la sostenibilità del debito, la competitività e la crescita. Proprio come in questi casi, i danni collaterali per la Grecia di un’uscita dall’euro saranno significativi, ma possono essere contenuti.
Come un matrimonio fallito che richiede un divorzio, è meglio avere delle regole che rendono la separazione meno costosa da entrambi i lati. Separarsi e divorziare è doloroso e costoso, anche in presenza di tali norme. Non ci sbagliamo: un’uscita ordinata dall’euro sarà dura. Ma assistere all’implosione lenta e disordinata dell’economia e della società Greca sarebbe molto
 
Ormai è chiaro che l'Europa e l'Italia in particolare:(sono usciti perdenti dalla globalizzazione:wall::wall:e nelle more arrivano orde di delinquenti dalla Tunisia che...sputano nel piatto dove gli danno da mangiare.:eek::(


Lampedusa, clandestini in rivolta nell'isola Messo a ferro e fuoco il centro di accoglienza

di Gaetano Ravana'

#info_articolo{border-bottom:none;}Gli extracomunitari danno alle fiamme il Cie e fuggono in 800. Il sindaco: "Un atto di guerra". Quando si è sparsa la notizia dei rimpatri è scoppiato il finimondo e l'isola è diventata ostaggio degli immigratiGUARDA IL VIDEO



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C’era da aspettarselo. Le pri­me avvisaglie si erano avute ieri non appena i clandestini avevano capito che da lì a poche ore sareb­bero stati rimpatriati. Il nervosi­s­mo all’interno del centro di acco­glienza era palpabile. Ieri intorno alle 16 è scoppiato il finimondo. Un gruppo nutrito di extracomu­nitari ha dato fuoco a materassi, cuscini e mobilio all’interno della struttura così come era successo nel febbraio del 2009. L’incendio, appiccato in diversi punti, ha cau­sato una densa nube di fumo nero sospinta dal vento verso il centro abitato. Molti abitanti della più grande delle isole Pelagie si sono barricati all’interno delle proprie case, molti invece sono usciti in strada. Gli oltre 1200 tunisini ospi­ti del centro sono riusciti a fuggire verso l’abitato.
E in serata un centi­naio di immigrati sono sta­ti trasfe­riti con un volo militare da Lampe­dusa verso altri centri di accoglien­za. Nei prossimi giorni dovrebbe toccare ai restanti tunisini. I vigili del fuoco hanno impiega­to più di un’ora a domare le fiam­me che, a causa del vento, si sono propagate anche nelle campagne vicine. Uno dei tre padiglioni è an­­dato completamente distrutto. Al­meno una decina di persone, tra migranti e uomini delle forze del­l’ordine, sono rimasti intossicati nell’incendio divampato all’inter­no del Centro di prima accoglien­za di Lampedusa. Tra di loro an­che un extracomunitario paraple­gico, costretto su una sedia a rotel­le. Gruppi di tunisini sono stati bloccati a fatica dalle forze dell’or­dine che per fortuna, in questo pe­riodo, sono numerosi.
Oltre tre­cento sono stati trasferiti allo sta­dio comunale dell’Isola, in attesa che arrivino disposizioni dal Vimi­nale. Preoccupata la popolazio­ne, ma preoccupato soprattutto il sindaco Bernardino De Rubeis che proprio domenica scorsa ave­va accolto il ministro La Russa a cui aveva anticipato che temeva disordini. «Da oltre un mese- dice il primo cittadino - sto avvisando tutti della pericolosità dei tunisini che si trovano all’interno del cen­tro di contrada Imbriacola, ma il mio grido d’allarme è rimasto ina­scoltato ». Il sindaco rivolge un ap­pello «a Berlusconi e al ministro Maroni affinché convochino un consiglio dei ministri straordina­rio con l’emergenza Lampedusa all’ordine del giorno». Il sindaco definisce «gravissima» la situazio­ne e sollecita «l’intervento imme­diato di navi militari per trasferire tutti i tunisini che ci sono sull’iso­la. Non è più possibile - sottolinea De Rubeis- che non ci diano ascol­to.
A questo punto mi chiedo, ma cosa si aspetta che a Lampedusa scoppi la guerra civile? Il nostro governo deve capire che l’attuale governo tunisino è peggio di quel­lo che c’era ai tempi di Ben Ali. Si stanno liberando di tutti gli avanzi di galera mandandoceli da noi qui a Lampedusa». Dal Viminale si sottolinea che, nonostante le proteste, il programma di rimpa­tri andrà avanti come deciso con le autorità nell’ultimo incontro che Maroni ha avuto a Tunisi.
 
Per fortuna oggi abbiamo recuperato qualcosa; le eni prese a 11.90 ed il lev incrementato a 5...provo a farli correre.;):ciao:
 

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Buongiorno, riprendendo il discorso dall'inizio, eravamo partiti il 9.9 da 14020 e ci ritroviamo al 23.9 a.......
13665 e con uno spread sui btp a 400 pt.:-o; forse è arrivato il momento di fare il punto della situazione, monitorando attentamente i minimi a 13.200/13.000.
 

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Gli yankee hanno ritardato la discesa ma....stanno recuperando.:cool:
 

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....riguardo ai titoli, uc potrebbe essere vicino ai min. mentre ansaldo prova a rimbalzare per l'effetto opa.:rolleyes:
 

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