FTSE Mib Futures Y SOPRAVVISSUTI di Idee e grafici. parte seconda (7 lettori)

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Ftse Mib: pausa di consolidamento a ridosso di 20.850 punti



di Gianluca Defendi

  • Nel corso delle ultime sedute la situazione tecnica del mercato azionario è migliorata. L’indice Ftse Mib ha infatti compiuto un veloce balzo in avanti ed è salito oltre quota 20.850 punti. La struttura tecnica di breve termine è quindi migliorata, con diversi indicatori che registrano un chiaro rafforzamento della pressione rialzista. Prima di ulteriore allungo (che avrà un primo target a ridosso dei 21.000 punti) è comunque probabile una fase laterale di consolidamento, innescata da fisiologiche prese di profitto. Importante, sotto questo punto di vista, la tenuta del sostegno posto in area 20.330-20.300.Un segnale di debolezza arriverà soltanto con una discesa sotto 20.180: il cedimento di quest’ultimo livello potrebbe infatti innescare una rapida correzione verso 19.900-19.880 prima e attorno a 19.700 in un secondo momento.

    Tra le azioni da monitorare segnaliamo Cnh Industrial e Moncler. La prima ha compiuto un veloce balzo in avanti e si è spinto oltre i 10 euro. L’analisi dei principali indicatori quantitativi segnala un interessante rafforzamento della pressione rialzista, con Macd e Parabolic Sar che si sono girati in posizione long. Prima di un ulteriore allungo (che avrà un primo target a 10,10 e un secondo obiettivo in area 10,18-10,20 euro) è comunque probabile una pausa di consolidamento al di sopra di 9,80. Soltanto una discesa sotto 9,60 potrebbe fornire un segnale di debolezza. Moncler si trova all’interno di una solida tendenza rialzista e si è portato a ridosso di quota 22,50 euro (nuovi massimi storici). Il breakout di quest’ultimo livello fornirà un nuovo segnale long, con target teorici a 22,68-22,70 prima e in area 22,85-22,87 in un secondo momento. Un’eventuale correzione troverà un valido sostegno a quota 22,25-22,15 euro. Da un punto di vista grafico solo il ritorno sotto 21,50 potrebbe provocare un’inversione ribassista di tendenza (riproduzione riservata)
 

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La reazione che non ti aspetti

Pierluigi Gerbino
Trend Online27 aprile 2017
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PENC - notizie) al ballottaggio del prossimo 7 maggio e, ridimensionando le ambizioni del sovranismo stabilizza almeno per qualche mese  la situazione politica in Eurozona, i mercati europei debbono ora digerire le inevitabili prese di profitto stimolate dai grossi gap rialzisti aperti lunedì sui grafici dei principali indici e dei maggiori titoli azionari quotati." data-reactid="22">Dopo l’euforia, esplosa lunedì in Europa grazie alla vittoria elettorale dell’europeista Macron in Francia, che ridimensiona a pura possibilità statistica di bassa caratura la vittoria di Le Pen (Other OTC: PENC - notizie) al ballottaggio del prossimo 7 maggio e, ridimensionando le ambizioni del sovranismo stabilizza almeno per qualche mese la situazione politica in Eurozona, i mercati europei debbono ora digerire le inevitabili prese di profitto stimolate dai grossi gap rialzisti aperti lunedì sui grafici dei principali indici e dei maggiori titoli azionari quotati.

Già ieri in Europa ha spirato per quasi tutta la giornata un vento di realizzi, che ha colpito soprattutto i settori che si erano avvantaggiati più di tutti dell’euforia elettorale, come quello bancario.

Poi, sul finale di seduta, è ricomparso un timido segno positivo su quasi tutti gli indici europei, e questo per merito dei rumors che provenivano dagli USA e che hanno sostenuto una partenza positiva dei mercati americani, lanciati verso i massimi storici dall’attesa per la presentazione del cosiddetto “bazooka fiscale” di Trump, prima che si esauriscano a fine settimana i primi 100 giorni della sua amministrazione.

L’attesa ha spinto il Dow Jones a soli 100 punti dal massimo storico, SP500 a soli 2 punti, mentre il tecnologico Nasdaq100, l’indice USA più tonico del momento, che il massimo storico lo aveva già battuto lunedì e martedì, anche ieri ha salito un altro scalino verso il cielo.


Taglio alle tasse sulle persone, mediante esenzione sui primi 24.000 dollari, e poi riduzione da 7 a 3 aliquote, di cui quella massima verrebbe abbassata di quasi 5 punti al 35%. Oltre al regalo ai ricchi, nella classica tradizione repubblicana, si vorrebbe anche abbattuta dal 35% al 15% l’aliquota sui profitti aziendali, per regalare risorse anche alle imprese, nella speranza che le investano per creare posti di lavoro. Ma non basta. Trump avrebbe l’intenzione di lanciare una sorta di scudo fiscale a vantaggio delle imprese americane che hanno fatto utili all’estero ed accettano di rimpatriarli, pagando solo un’aliquota del 10%. Mnuchin ha farcito i suoi annunci con la stima che l’approvazione di questo piano porterebbe il PIL USA a crescere stabilmente al ritmo del 3%. Meno del 4% promesso da Trump in campagna elettorale, ma pur sempre il doppio rispetto al +1,6% attuato nel 2016, ultimo anno dell’era obamiana.

Che cosa debbono fare i mercati di fronte a simili regali, che sostanzialmente confermano le promesse della campagna elettorale?

Ebbene, ieri hanno avuto la classica reazione che manda in bestia quelli che pretendono che i mercati seguano i fatti anziché precederli. Dopo l’annuncio sono scattate prese di beneficio che hanno riportato gli indici a zero o in lieve ribasso rispetto al giorno precedente, abbozzando, proprio nei pressi dei massimi storici, una classica figura di inversione (inverted hammer) che se oggi venisse confermata da un nuovo calo, metterebbe una pesante ipoteca correttiva sull’immediato futuro degli indici USA.

Perché una reazione opposta all’euforia che ha accompagnato l’attesa del provvedimento? Un po’ per il classico schema che spesso seguono i mercati: buy on rumor, sell on news. Quando le notizie confermano le attese, se i mercati sono saliti scontando l’aspettativa, poi prendono beneficio. Mnuchin ha confermato un piano che era già stato sbandierato ai quattro venti innumerevoli volte in campagna elettorale, per cui non entra altro whisky nel bicchiere già colmo in mano ai mercati.

Allora questi voltano pagina e cominciano a guardare avanti, alle possibilità che questo piano ha di diventare realtà ed agli effetti che avrebbe se venisse approvato. Dei possibili effetti del bazooka fiscale su bilancio, crescita ed inflazione per ora non parlo. Avrò occasione di farlo con un prossimo intervento dedicato a questo.

Per ora basta considerare un primo dato chiave, che precede gli effetti. E’ il fatto che in materia di tasse e di bilancio pubblico, il Presidente degli USA ha solo il potere di proporre. E’ il Congresso che deve approvare qualsiasi riforma.

Ebbene, un Congresso che non è stato ancora capace di approvare lo smantellamento dell’Obamacare, a cui la totalità dei repubblicani era ostile, quali possibilità ha di approvare un piano fiscale così rivoluzionario? Ovviamente non piace ai democratici, anche perché favorisce ancora, spudoratamente, i più ricchi. Ma suscita perplessità od ostilità anche in buona parte dei repubblicani. Il Tea Party, la corrente che basterebbe a bloccare tutto, da sempre ha il suo cavallo di battaglia nella riduzione del ruolo dello Stato e nel pareggio di bilancio. Questa riforma costerebbe un’enormità alle casse pubbliche e farebbe esplodere deficit e debito. Senza cospicue contropartite in termini di tagli alle spese, che non ci sono, perché tra le promesse di Trump c’è anche il drastico aumento della spese militari ed il piano di investimenti da 1.000 miliardi di dollari per l’ammodernamento delle infrastrutture, vedo Trump in grave pericolo di attacchi di bile nella dura partita col congresso.

Ecco perché la speculazione ha cavalcato l’attesa per poi cominciare ad incassare. Vediamo che cosa sucederà oggi. Ma per ora la reazione è stata proprio quella che non ti aspetti.
 

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Miracolo tedesco: Deutsche Bank raddoppia l'utile

Rossana Prezioso
Trend Online27 aprile 2017
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Non saranno il massimo della simpatia ma quando si tratta di fatti sanno dimostrare un innegabile senso della concretezza.


L’esempio che suggeriscono le cronache finanziarie arriva proprio in queste ore: Deutsche Bank, il colosso teutonico che da tempo è sotto i fari per le sue perdite e per i suoi investimenti in derivati, ha registrato un raddoppio dell’utile con profitti a 575 milioni pari a +143% nel giro di un trimestre, anche se un calo del 9% sulle entrate fa capire come il periodo difficile, per quanto alle spalle, stia lasciando ancora i suoi strascichi. Un risultato che arriva immediatamente dopo l’aumento di capitale da 8 miliardi di euro e il piano di taglio dei costi che ha portato alla chiusura di 130 filiali e a 1.600 esuberi. A far preoccupare, però, restano alcune voci specifiche e cioè i ricavi derivanti dal trading di bond e valute hanno visto un aumento dell’11% che, per quanto lusinghiero e a due cifre, resta comunque al di sotto del 24% delle colleghe statunitensi. Un punto debole che diventa ancora più pericoloso se si considera quello sulle azioni è calato del 10% e che proprio l’attività di trading è la voce principali degli introiti dell’istituto tedesco.

La storia e i problemi

500540.BO - notizie) tedesca Angela Merkel volle escludere dall’azione di sorveglianza e regolamentazione voluta dalla Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) .">Il sistema bancario tedesco, da tempo, vive grazie ad una reputazione spesso usurpata. Berlino, vanta un surplus record che nel 2016 è arrivato a 253 miliardi di euro, pari all'8,6% del Pil ma a guardare le cose da vicino ci si accorge che il sistema bancario della Germania si fonda per lo più su di un substrato di banche come le Sparkassen (casse di risparmio di fatto in mano alle autorità cittadine e locali) e le Landesbanken (in mano alle Lander, ovvero le grandi regioni tedesche), che a suo tempo la Premier (BSE: 500540.BO - notizie) tedesca Angela Merkel volle escludere dall’azione di sorveglianza e regolamentazione voluta dalla Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) .

Non va meglio sul fronte dei grandi istituti, Deutsche Bank, appunto, in primis. Per diverso tempo hanno spaventato i suoi derivati che, stando ad alcune stime arrivano a superare i 55mila miliardi, cifra pari a 2mila volte la sua capitalizzazione oltre che a 15volte il Pil dell'intera nazione. Bastarono queste cifre, accompagnate da una perdita record da 6,7 miliardi nel 2015 a convincere il Fondo Monetario Internazionale a lanciare l’allarme: la Deutsche Bank era stato “eletta”’ la banca con la maggiore potenzialità di shock esterni per il sistema finanziario a livello mondiale. Differente, invece, il giudizio che diede la Bce: i derivati, per quanto rischiosi, sono giudicati asset sicuri secondo i parametri degli stress test, mentre più pericolosa viene giudicata l'esposizione al credito. E le banche tedesche fanno più trading e meno credito. Anche alla luce di questo, il calo delle entrate sul trading restano un punto interrogativo anche per il futuro.
 

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"Lufthansa prenderà Alitalia solo a costo zero"
Lo ha detto l'ex ad di Unicredit, Ghizzoni. Intanto la compagnia di bandiera tedesca afferma di non avere nessuna intenzione di comprare Alitalia. Messina, ceo di Intesa Sanpaolo: non esiste un piano B portato avanti dalla nostra banca




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    "Lufthansa prenderà Alitalia solo a costo zero". Lo ha detto l'ex ad di Unicredit , Federico Ghizzoni, a margine della presentazione di un libro a Milano, rivelando anche che Etihad ha tentato di salvare Alitalia attraverso una mega alleanza europea con la stessa Lufthansa . La compagnia aerea nazionale degli Emirati Arabi Uniti è ancora alla ricerca di una grossa partnership internazionale.

    "Lufthansa non alcuna intenzione di acquistare Alitalia". Lo ha dichiarato Ulrik Svensson, il direttore finanziario della compagnia aerea tedesca secondo quanto riporta Reuters. "Non ho commenti su Alitalia, ma non stiamo per comprarla", ha detto Svensson. Mentre il ceo della Malaysia Airlines ha invece detto a Reuters ieri che sarebbe interessato al leasing di aerei di lungo raggio di Alitalia.

    Il ceo di Intesa Sanpaolo , Carlo Messina, interpellato su Alitalia poco prima dell'inizio dell'assemblea della banca a Torino, ha affermato che "non esiste un piano B portato avanti da Intesa Sanpaolo , non lo abbiamo e non è competenza nostra farlo. Noi siamo innanzitutto banca, un'azienda che si occupa di credito e non di aeromobili".

    E a chi gli chiedeva di un possibile interesse di Lufthansa per Alitalia, Messina ha risposto: "Qualunque soluzione che possa garantire la continuità aziendale e quindi possa salvaguardare i posti di lavoro sarebbe una soluzione da percorrere". "Sui giornali", ha aggiunto il ceo di Intesa Sanpaolo , "ho letto di Lufthansa e di Ferrovie che può essere un nuovo modello di integrazione tra trasporto aereo e di terra. E' ovvio che tutto quello che può consentire di salvaguardare la situazione sociale ci vede assolutamente non contrari".

    Quella di oggi intanto, è una giornata di intenso lavoro per il management di Alitalia che sta mettendo a punto, a quanto si apprende, una serie di procedure formali e informali in vista dell'assemblea dei soci del 2 maggio, chiamata a esprimersi sulla richiesta di avvio dell'amminstrazione straordinaria della compagnia decisa dal cda del 25 aprile scorso, all'indomani della bocciatura, da parte dei lavoratori, del referendum sul preaccordo raggiunto con i sindacati sul Piano industriale. La situazione, spiegano alcune fonti, è comunque fluida e in movimento.

    Mentre ieri Bloomberg ha riportato come l'investimento di Generali in obbligazioni Alitalia (denominate DolceVita), stimato in circa 300 milioni di euro, avrebbe perso circa il 90% del suo valore. Non è chiaro se l'investimento sia ascrivibile alle gestioni separate o agli investimenti del segmento danni. Per quanto concerne l'investimento in bond Alitalia, gli analisti credono che l'investimento sia stato iscritto alle gestioni separate per cui l'impatto di eventuali svalutazioni sull'utile netto dovrebbe essere piuttosto contenuto
 

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