SINIBALDO
Forumer attivo
Curia romana non petit ovem sine lana;
Dantes exaudit: non dantibus ostia claudit.
Antico distico leonino.
Intendi tu il lugubre
Lamento de’ bronzi
Sì dolce agli ipocriti
Sì bello pe’ gonzi ?
Il tempio rigurgita
De’ colli più torti
Che lieti borbottano
La prece dei morti.
Requiescant in pace,
Requiescant in pace.
________________________________________________________________________________________________________________________________
La Città del Vaticano si estende su 44 ettari di terreno.
Ha 911 residenti di cui 532 cittadini, il cui reddito pro-capite
ammonta a 407.095 euro.
Non produce beni e i suoi servizi sono per lo più gratuiti.
La sua economia (con i suoi profitti) si basa sugli investimenti, mobili e
immobili, sul patrimonio esistente, le rendite e sulle rimesse delle diocesi
sparse nel mondo; sono 4 649 riunite in 110 Conferenze Episcopali.
Il bilancio di tutto questo è tenuto dall'Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica) e la Prefettura per gli Affari economici, guidata dal cardinale Sergio Sebastiani, lo controlla.
A quest'ultima è anche demandato il compito di controllare i bilanci dello Ior
(l'Istituto per le opere religiose), la banca Vaticana.
Ogni diocesi inoltre gestisce un patrimonio a sé.
Fatto di immobili, titoli e offerte dei fedeli.
La Città del Vaticano è composta da tre parti (a volte considerate
personalità giuridiche altre no).
Lo Stato, la Santa Sede e la Curia.
Il primo è l'entità territoriale, la seconda è il vertice della Chiesa e la
Curia è la struttura organizzativa.
Tutte le istituzioni vaticane spesso rivendicano l'extraterritorialità e la
non rispondenza alle leggi degli altri Stati-Nazione.
L'APSA
L'Apsa è in pratica la Banca Centrale della Città del Vaticano.
Essa svolge funzioni di tesoreria e gestisce gli stipendi dello Stato.
Fra i suoi compiti c'è anche quello di coniare moneta.
Nel 1998 infatti, l'Ue ha autorizzato l'Apsa ad emettere 670 mila euro l'anno.
Con la possibilità di emetterne altri 201mila in occasione di Concili ecumenici,
Anni Santi o in occasione di un'apertura della Sede vacante.
Secondo quanto riportato dai dati ufficiali della Prefettura per gli
Affari Economici, per il 2002 il Vaticano e la Santa Sede sarebbero in deficit
29,5 milioni di euro.
Nel bilancio però non figurano strutture come le università pontificie,
gli ospedali cattolici (Bambini Gesù di Roma, ad esempio),
i santuari (Loreto, Pompei).
Ma soprattutto non figura l'obolo.
Una pratica che ha portato nel solo 2002 un gettito nelle casse della
Città del Vaticano di 52,8 milioni di euro.
LO IOR (Istituto per le Opere Religiose)
E' la banca della Città del Vaticano.
Dopo le vicende legate al banco Ambrosiano, al crac e al cardinale
Marcinkus, nel 1990 papa Giovanni Paolo II lo ha riformato.
Ora la responsabilità è stata affidata a persone laiche ma di credenze
cattoliche; lo presiede, infatti, Angelo Caloia, professore dell'università
Cattolica di Milano, ex presidente del Medio Credito Lombardo e
attualmente a capo di due società di Banca Intesa.
Lo Ior ha sede unica in Vaticano.
Non ha filiali in nessun altro luogo.
Non ha accesso diretto ai circuiti finanziari internazionali.
Non aderisce alle norme antiriciclaggio sulla trasparenza dei conti.
Il riferimento è la segreteria di Stato vaticana di monsignor Angelo Sodano.
Oggi lo Ior amministra un patrimonio di circa 5 miliardi di euro.
Ai suoi clienti (dipendenti del Vaticano, membri della Santa Sede, ordini religiosi, benefattori) garantisce un tasso annuo del 12%.
Poco si sa sulle attività della banca; dove investa, a chi dia crediti.
Nel 2002 il dipartimento del Tesoro americano ha segnalato che il
Vaticano ha 289 milioni di dollari in titoli Usa.
L'advisor inglese Guthrie Group ha reso nota una joint venture tra Ior
e partner americani per un valore di 273,6 milioni di euro.
Ultimamente, si sa che le isole Cayman, il noto paradiso fiscale internazionale,
sono passate dal controllo della diocesi giamaicana, guidata dal
cardinale Adam Joseph Maida, membro del collegio di vigilanza
dello Ior, a quello diretto del Vaticano.
QUANTO CI COSTA IL VATICANO SpA
La Città del vaticano è il più piccolo stato del mondo ma anche il più rispettato.
Si tratta di una monarchia assoluta elettiva.
Grazie al carisma del Papa, all'organizzazione piramidale e non democratica
ed all'esercizio delle attività di apostolato e di beneficenza, la Santa Sede
amministra i suoi beni e le sue società in tutto il mondo.
I suoi beni immobili (beni ecclesiastici) situati in altri stati godono in
numerose nazioni, tra le quali l'Italia, di regimi privilegiati ed in alcuni
casi di extraterritorialità che consentono l'esonero da imposizione di tasse.
Per questi regimi speciali, che valgono anche in temi di commerci,
di contratti e di donazioni nonché per l'opacità della sua finanza,
Città del Vaticano, pur con le debite differenze, è stato spesso paragonata
alle " giurisdizioni off shore" (paradisi artificiali).
In Italia in particolare si intrecciano proprietà immobiliari, attività bancarie,
imprese industriali, finanziamenti diretti e indiretti a carico del bilancio
dello Stato Italiano e di Enti Pubblici.
Ciò crea una posizione di quasi monopolio del vasto mondo dell'assistenza,
una presenza costante in tutte le iniziative a favore della gioventù,
della gestione di cliniche e di enti ospedalieri.
Con il condizionamento operato dalla chiesa sul parlamento nella produzione
legislativa, necessaria a creare una indispensabile cornice istituzionale e
strutturale e sopratutto un confacente regime di privilegio tributario.
Attraverso i Patti Lateranensi del 1929 e successivo accordo, che hanno
regolato i rapporti tra Stato Italiano e Chiesa, poi con la nascita della
Repubblica e dei governi democristiani, lentamente l'Italia divenne la sede
temporale del potere ecclesiastico, penetrato per delega nei governi,
negli enti pubblici, nelle leggi, nella costituzione materiale.
Per mantenere indenne il potere temporale della Chiesa, il Sacro Soglio e
le sue propaggini diocesane, non scomunicarono mai le malversazioni e
la pubblica corruttela che avveniva sotto gli occhi di tutti fino a diventare
sistema di governo e sottogoverno.
Eugenio Scalfaro da La Repubblica: "Non è mistero per nessuno ed anzi storicamente accertato
che
l'episcopatofu cieco e sordo di fronte al sistema della pubblica corruttela
del quale era perfettamente consapevole e spesso direttamente beneficiario.
Come accadde, tanto per ricordare un macroscopico esempio, in occasione
del vero e proprio "sacco di Roma" che durò dagli anni cinquanta a tutti i
settanta nel corso dei quali, appalti, piani regolatori, aree verdi o di
destinazione estensiva furono manipolati per favorire Ordini religiosi,
grandi famiglie papaline, dignitari della Santa Sede, società immobiliari
e palazzinari, dentro una rete di compiacenza di marca vaticana che
spolparono la città come si spolpano le ossa di un pollo" .
Cosi il Vaticano ha potuto conservare e moltiplicare in Italia immense ricchezze.
Gli innumerevoli immobili situati in tutto il territorio italiano e sopratutto a Roma,
sono anch'essi favoriti da un regime fiscale che ha del ridicolo.
Le chiese sono semivuote ma le casse sono piene.
Un fiume inesauribile di denaro affluisce in Vaticano dall'Italia e da tutte le
nazioni e comunità dove vi sia una maggioranza cattolica: offerte, donazioni,
eredità, quote di imposte.
Soltanto una, piccola parte di tali ricchezze finisce in progetti umanitari.
Il resto va alla catachesi nelle parrocchie, all'edilizia di culto, al sostegno del
clero (circa 40.000 preti in Italia), ma anche alle banche amiche, da qui la
liquidità si ricicla e si moltiplica in investimenti, in titoli, in immobili, in
businnes disinvolti, in azioni di industrie etc...
Non per niente spesso il Vaticano, sempre per quanto concerne lo Stato Italiano
è rimasto implicato in vicende strane mai completamente chiarite, come
il caso Calvi, il banchiere di Dio impiccato sotto un ponte di Londra, la vicenda
del Banco Ambrosiano e dell'assassino di Marco Ambrosoli , il sinistro ruolo
dello Ior attraverso il misterioso Marcinkus ed altri faccendieri di alto bordo
tra i quali Michele Sindona.
KILLER IN PARADISO
Consulente finanziario del Vaticano e della mafia italo-americana, il finanziere
siciliano Sindona negli anni 60 brucia le tappe e diviene un protagonista del
mercato finanziario americano.
Sospettato negli Usa di essere coinvolto nel traffico internazionale di
stupefacenti e legato ad ambienti mafiosi, in Italia può continuare a
gestire i suoi sporchi affari grazie ai rapporti con la democrazia cristiana
ed alle credenziali che gli derivano dal suo legame personale con Paolo VI.
Quest'ultimo lo incarica di eludere la legislazione fiscale sottraendo alla
tassazione l'ingente patrimonio azionario vaticano (che esulava dai privilegi
fissati dal Concordato). Sindona non tradisce le aspettative del Pontefice
trasferendo gli investimenti nel mercato esentasse degli eurodollari tramite
un rete di banche off-shore domiciliate nei paradisi fiscali.
Non si sa se la chiesa abbia beneficiato del condono sul rientro di capitali
dall'estero ideato da Tremonti.
Il Vaticano ebbe rapporti anche con la banda della Magliana.
A questo riguardo assai strana e curiosa appare la vicenda di Enrico De Pedis
appunto boss della famigerata banda.
Dopo una vita costellata da una serie di gravi reati quali da associazione per
delinquere al traffico di stupefacenti, dalle rapine a mano armata agli omicidi
il 2 febbraio 1990 nella romana via del pellegrino viene ucciso da bande rivali.
Il 9 luglio 1997 un'interrogazione parlamentare del leghista Borghezio invita
il Ministro degli Interni ad accertare i motivi per i quali "il noto gangster
Enrico De Pedis riposi nella cripta della Basilica si Sant'Apollinare, un privilegio
che secondo il diritto canonico spetta soltanto al Sommo Pontefice, ai cardinali
ed ai vescovi".
Si accerta che il nulla osta per la sepoltura era stato richiesto al Vaticano da
monsignor Pier Vergari, rettore della Basilica, cioè lo stesso prelato che ai
funerali aveva impartito l'estrema benedizione al boss di testaccio secondo
il quotidiano l'Unità questo enigma imbarazzante ha una soluzione
politica-religiosa.
In particolare per quanto riguarda l'omicidio Pecorelli del 1979, la procura
di Perugia ha ipotizzato l'esistenza di contatti organici tra la banda della
Magliana, cosa nostra e ambienti politici romani che facevano capo a
Giulio Andreotti e Claudio Vitalone (poi usciti indenni dai processi a loro carico).
Comunque Pecorelli secondo testimonianze di un pentito sarebbe stato ucciso
da un commando composto da sicari della banda della Magliana e cosa nostra.
L'IMBROGLIO DELL'OTTO PER MILLE
Il finanziamento dello Stato Italiano alla Chiesa Cattolica, deciso con la
revisione concordataria del 1984 fu sottoscritto da Craxi per acquisire
benemerenze presso il Vaticano.
E con l'imbroglio dell'otto per mille nella formulazione italiana, tale
finanziamento non può che essere definito una colossale truffa.
Infatti la percentuale dei contribuenti italiani che firmano in calce alla
denuncia dei redditi l'otto per mille a favore della Chiesa cattolica è di
circa il 45% che poi in sede di liquidazione dell'importo calcolato diventa
come d'incanto il 90%.
OPERE DI BENE, MA NON SOLO
Il piatto vale ben oltre un miliardo di euro.
La partita si gioca a sette, ogni anno, quando arriva il momento di
presentare la dichiarazione dei redditi, quando gli italiani decidono a chi
destinare l'otto per mille del loro imponibile: alla Chiesa cattolica?
Alle altre cinque confessioni di minoranza ammesse alla spartizione?
O allo Stato?
Un dubbio che non tocca la stragrande maggioranza degli italiani, che
hanno inequivocabilmente deciso di premiare la Santa Sede.
Ma che si ripropone quando si fanno i conti finali, per vedere come e
dove sono stati spesi i soldi dei contribuenti.
I numeri parlano chiaro e dicono che la Chiesa cattolica non ha rivali.
Quest'anno per la prima volta ha superato il miliardo di euro di incasso è
ha stabilito il record di preferenze: 87,17 per cento delle scelte contro
l'86,58 del 2002 (anno nel quale lo Stato ha ottenuto l'11,04 per cento
dei consensi e gli altri le briciole rimanenti).
«I cittadini - dice Paolo Moscarino, direttore dell'ufficio promozione
sostegno economico della Conferenza episcopale italiana - hanno capito
che non si tratta solo di una firma ma della partecipazione consapevole
alla missione della Chiesa».
La Cei ha illustrato nei giorni passati l'utilizzo della sua quota di otto per mille,
a tredici anni dall'introduzione.
Analizzando le cifre si scopre così che gli introiti, dal 1990 al 2003, si sono
praticamente quintuplicati. Ma la distribuzione nei tre compiti istituzionalmente
fissati dalla legge non si è mossa in modo omogeneo.
È cresciuta notevolmente la voce «esigenze di culto e pastorale», che va
dalla catechesi nelle parrocchie all'edilizia di culto: il fondo è passato da
38 a oltre 420 milioni di euro.
Più modesto l'aumento delle somme spese per gli interventi caritativi
(da 27 a 185 milioni di euro) e di quelle usate per il sostentamento del
clero: (da 145 a 330 milioni di euro).
«Sì, solo il 18 per cento del totale finisce direttamente in progetti umanitari»,
spiega ancora Moscarino.
«Attenti però a non fare semplificazioni: la carità cammina sulle gambe
degli uomini, che la Chiesa deve formare e sostenere, anche economicamente».
Ma è il meccanismo di attribuzione a far discutere.
Soprattutto per quel che riguarda l'otto per mille di chi hanno scelto di
non scegliere, lasciando in bianco la casella della dichiarazione dei redditi.
Si tratta della maggioranza delle persone che pagano le tasse.
In cifre: 22 milioni su 36 milioni di contribuenti del '99 (che hanno determinato
la spartizione dell'anno scorso).
Ebbene, il loro otto per mille è stato diviso tra tutti i pretendenti in proporzione
delle preferenze ottenute.
In altre parole: l'87 per cento dell'otto per mille di chi non ha preso alcuna
decisione è andato comunque alla Chiesa cattolica, il dieci allo Stato.
E così via.
«Il sistema non ci piace», dice Ignazio Barbuscia, tesoriere dell'unione delle
chiese avventiste del settimo giorno.
«Avevamo proposto che quei soldi andassero allo Stato, ma evidentemente
hanno prevalso altre logiche».
Già, lo Stato.
Anche sulla gestione del suo otto per mille non mancano le polemiche.
Nel 2001 i tre quarti dei cento milioni di euro di sua competenza sono stati
distolti, con un semplice decreto legge, dagli scopi prefissati.
E sono stati impiegati per finanziare la missione in Albania (con i risvolti
militari che ne conseguono).
Nello stesso anno, appena 500 euro sono andati a progetti per combattere
la fame nel mondo.
La denuncia arriva dai consumatori dell'Aduc, che contro l'attuale sistema
dell'otto per mille hanno lanciato una campagna che va avanti da anni.
«Non solo lo Stato costringe i cittadini a finanziare le religioni altrui.
Ma si rende protagonista di una vera beffa», spiega il presidente
Vincenzo Donvito.
«Se si va a vedere infatti il dettaglio delle spese dello Stato si scopre
che, per esempio, nel 2002 un terzo dei cento milioni di euro che i
cittadini hanno dato allo Stato sono serviti per ristrutturare beni culturali
di proprietà, guarda caso, della Chiesa cattolica».
COME PUÒ AVVENIRE
QUESTO GIOCO DI PRESTIGIO ???
Il nuovo sistema di finanziamento è regolato da una legge di attuazione
della revisione concordataria, e cioè dalla legge 222 del 20.05.1985.
L'entità dell'otto per mille dell'IRPEF (cioè del reddito denunciato come
tassabile d'imposta) è attualmente di circa un miliardo di euro
(2000 miliardi di lire) ma per un effetto dell'inflazione
(e nei periodi di boom economico anche dell'aumento del reddito imponibile)
è ovvio che la percentuale attribuibile alla Chiesa cattolica
continuerà a lievitare.
E continua a lievitare anche grazie a martellanti spot pubblicitari che
invadono le televisioni alla vigilia di ogni pagamento di tasse.
Analizzando le cifre si scopre cosi che gli introiti, dal 1990 al 2003, si
sono praticamente quintuplicati.
Questo versamento effettuato da tutti i contribuenti può essere suddiviso
mediante una scelta espressa fra lo Stato, la Chiesa cattolica e le altre
piccole cinque confessioni religiose che hanno accettato di partecipare a
lla spartizione
(i testimoni di Geova i più pericolosi concorrenti del Vaticano, sono da dieci
anni in attesa di essere inseriti, ma inutilmente).
Il meccanismo perverso che favorisce la Chiesa Cattolica è il seguente:
la quota dell'otto per mille di quei contribuenti (circa 22 milioni su 36 milioni)
che, intendendo sottrarsi a tale invito, non firmano nessuna preferenza ,
loro malgrado sono quasi totalmente aggiunti alla quota riservata
alla Chiesa cattolica.
Ciò in virtù di uno stratagemma ideato per aggirare l'ostacolo dei non credenti e mantenere il più alto possibile l'introito per la Chiesa Cattolica.
Il comma 3 dell'art. 21 della legge citata infatti prevede che in caso di scelta non espressa dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse.
Quale che sia, cioè, la percentuale delle scelte espresse, anche la quota su
cui non è stata effettuata nessuna scelta viene distribuita alla Chiesa Cattolica
o allo Stato, in percentuale alle scelte in loro favore.
A questa ulteriore spartizione le altre confessioni dignitosamente non hanno
accettato di partecipare.
Insomma su cento cittadini 90 non si esprimono (per disinteresse) e solo
8 firmano per la Chiesa cattolica, l'80% della quota irpef stabilita andrà
alla Chiesa cattolica.
Ma anche le somme accumulate per la scelta a favore dello Stato (circa il 10%)
sono convogliate per lo più ad opere assistenziali, in Italia quasi interamente
in mano alla Chiesa cattolica.
Questo meccanismo non rispetta in alcun modo la volontà di chi , non
scegliendo o scegliendo lo Stato, ha ritenuto di sottrarsi all'obbligo di
partecipare a questo tipo di referendum.
Peraltro il sistema viola il diritto alla privacy, il che si aggrava ulteriormente
da quando la legge consente ai lavoratori dipendenti di affidare al datore
di lavoro la compilazione della denuncia dei redditi, con possibili rischi di
rappresaglie sul posto di lavoro.
(CONTINUA)
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SINIBALDO
Dantes exaudit: non dantibus ostia claudit.
Antico distico leonino.
Intendi tu il lugubre
Lamento de’ bronzi
Sì dolce agli ipocriti
Sì bello pe’ gonzi ?
Il tempio rigurgita
De’ colli più torti
Che lieti borbottano
La prece dei morti.
Requiescant in pace,
Requiescant in pace.
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La Città del Vaticano si estende su 44 ettari di terreno.
Ha 911 residenti di cui 532 cittadini, il cui reddito pro-capite
ammonta a 407.095 euro.
Non produce beni e i suoi servizi sono per lo più gratuiti.
La sua economia (con i suoi profitti) si basa sugli investimenti, mobili e
immobili, sul patrimonio esistente, le rendite e sulle rimesse delle diocesi
sparse nel mondo; sono 4 649 riunite in 110 Conferenze Episcopali.
Il bilancio di tutto questo è tenuto dall'Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica) e la Prefettura per gli Affari economici, guidata dal cardinale Sergio Sebastiani, lo controlla.
A quest'ultima è anche demandato il compito di controllare i bilanci dello Ior
(l'Istituto per le opere religiose), la banca Vaticana.
Ogni diocesi inoltre gestisce un patrimonio a sé.
Fatto di immobili, titoli e offerte dei fedeli.
La Città del Vaticano è composta da tre parti (a volte considerate
personalità giuridiche altre no).
Lo Stato, la Santa Sede e la Curia.
Il primo è l'entità territoriale, la seconda è il vertice della Chiesa e la
Curia è la struttura organizzativa.
Tutte le istituzioni vaticane spesso rivendicano l'extraterritorialità e la
non rispondenza alle leggi degli altri Stati-Nazione.
L'APSA
L'Apsa è in pratica la Banca Centrale della Città del Vaticano.
Essa svolge funzioni di tesoreria e gestisce gli stipendi dello Stato.
Fra i suoi compiti c'è anche quello di coniare moneta.
Nel 1998 infatti, l'Ue ha autorizzato l'Apsa ad emettere 670 mila euro l'anno.
Con la possibilità di emetterne altri 201mila in occasione di Concili ecumenici,
Anni Santi o in occasione di un'apertura della Sede vacante.
Secondo quanto riportato dai dati ufficiali della Prefettura per gli
Affari Economici, per il 2002 il Vaticano e la Santa Sede sarebbero in deficit
29,5 milioni di euro.
Nel bilancio però non figurano strutture come le università pontificie,
gli ospedali cattolici (Bambini Gesù di Roma, ad esempio),
i santuari (Loreto, Pompei).
Ma soprattutto non figura l'obolo.
Una pratica che ha portato nel solo 2002 un gettito nelle casse della
Città del Vaticano di 52,8 milioni di euro.
LO IOR (Istituto per le Opere Religiose)
E' la banca della Città del Vaticano.
Dopo le vicende legate al banco Ambrosiano, al crac e al cardinale
Marcinkus, nel 1990 papa Giovanni Paolo II lo ha riformato.
Ora la responsabilità è stata affidata a persone laiche ma di credenze
cattoliche; lo presiede, infatti, Angelo Caloia, professore dell'università
Cattolica di Milano, ex presidente del Medio Credito Lombardo e
attualmente a capo di due società di Banca Intesa.
Lo Ior ha sede unica in Vaticano.
Non ha filiali in nessun altro luogo.
Non ha accesso diretto ai circuiti finanziari internazionali.
Non aderisce alle norme antiriciclaggio sulla trasparenza dei conti.
Il riferimento è la segreteria di Stato vaticana di monsignor Angelo Sodano.
Oggi lo Ior amministra un patrimonio di circa 5 miliardi di euro.
Ai suoi clienti (dipendenti del Vaticano, membri della Santa Sede, ordini religiosi, benefattori) garantisce un tasso annuo del 12%.
Poco si sa sulle attività della banca; dove investa, a chi dia crediti.
Nel 2002 il dipartimento del Tesoro americano ha segnalato che il
Vaticano ha 289 milioni di dollari in titoli Usa.
L'advisor inglese Guthrie Group ha reso nota una joint venture tra Ior
e partner americani per un valore di 273,6 milioni di euro.
Ultimamente, si sa che le isole Cayman, il noto paradiso fiscale internazionale,
sono passate dal controllo della diocesi giamaicana, guidata dal
cardinale Adam Joseph Maida, membro del collegio di vigilanza
dello Ior, a quello diretto del Vaticano.
QUANTO CI COSTA IL VATICANO SpA
La Città del vaticano è il più piccolo stato del mondo ma anche il più rispettato.
Si tratta di una monarchia assoluta elettiva.
Grazie al carisma del Papa, all'organizzazione piramidale e non democratica
ed all'esercizio delle attività di apostolato e di beneficenza, la Santa Sede
amministra i suoi beni e le sue società in tutto il mondo.
I suoi beni immobili (beni ecclesiastici) situati in altri stati godono in
numerose nazioni, tra le quali l'Italia, di regimi privilegiati ed in alcuni
casi di extraterritorialità che consentono l'esonero da imposizione di tasse.
Per questi regimi speciali, che valgono anche in temi di commerci,
di contratti e di donazioni nonché per l'opacità della sua finanza,
Città del Vaticano, pur con le debite differenze, è stato spesso paragonata
alle " giurisdizioni off shore" (paradisi artificiali).
In Italia in particolare si intrecciano proprietà immobiliari, attività bancarie,
imprese industriali, finanziamenti diretti e indiretti a carico del bilancio
dello Stato Italiano e di Enti Pubblici.
Ciò crea una posizione di quasi monopolio del vasto mondo dell'assistenza,
una presenza costante in tutte le iniziative a favore della gioventù,
della gestione di cliniche e di enti ospedalieri.
Con il condizionamento operato dalla chiesa sul parlamento nella produzione
legislativa, necessaria a creare una indispensabile cornice istituzionale e
strutturale e sopratutto un confacente regime di privilegio tributario.
Attraverso i Patti Lateranensi del 1929 e successivo accordo, che hanno
regolato i rapporti tra Stato Italiano e Chiesa, poi con la nascita della
Repubblica e dei governi democristiani, lentamente l'Italia divenne la sede
temporale del potere ecclesiastico, penetrato per delega nei governi,
negli enti pubblici, nelle leggi, nella costituzione materiale.
Per mantenere indenne il potere temporale della Chiesa, il Sacro Soglio e
le sue propaggini diocesane, non scomunicarono mai le malversazioni e
la pubblica corruttela che avveniva sotto gli occhi di tutti fino a diventare
sistema di governo e sottogoverno.
Eugenio Scalfaro da La Repubblica: "Non è mistero per nessuno ed anzi storicamente accertato
che
l'episcopatofu cieco e sordo di fronte al sistema della pubblica corruttela
del quale era perfettamente consapevole e spesso direttamente beneficiario.
Come accadde, tanto per ricordare un macroscopico esempio, in occasione
del vero e proprio "sacco di Roma" che durò dagli anni cinquanta a tutti i
settanta nel corso dei quali, appalti, piani regolatori, aree verdi o di
destinazione estensiva furono manipolati per favorire Ordini religiosi,
grandi famiglie papaline, dignitari della Santa Sede, società immobiliari
e palazzinari, dentro una rete di compiacenza di marca vaticana che
spolparono la città come si spolpano le ossa di un pollo" .
Cosi il Vaticano ha potuto conservare e moltiplicare in Italia immense ricchezze.
Gli innumerevoli immobili situati in tutto il territorio italiano e sopratutto a Roma,
sono anch'essi favoriti da un regime fiscale che ha del ridicolo.
Le chiese sono semivuote ma le casse sono piene.
Un fiume inesauribile di denaro affluisce in Vaticano dall'Italia e da tutte le
nazioni e comunità dove vi sia una maggioranza cattolica: offerte, donazioni,
eredità, quote di imposte.
Soltanto una, piccola parte di tali ricchezze finisce in progetti umanitari.
Il resto va alla catachesi nelle parrocchie, all'edilizia di culto, al sostegno del
clero (circa 40.000 preti in Italia), ma anche alle banche amiche, da qui la
liquidità si ricicla e si moltiplica in investimenti, in titoli, in immobili, in
businnes disinvolti, in azioni di industrie etc...
Non per niente spesso il Vaticano, sempre per quanto concerne lo Stato Italiano
è rimasto implicato in vicende strane mai completamente chiarite, come
il caso Calvi, il banchiere di Dio impiccato sotto un ponte di Londra, la vicenda
del Banco Ambrosiano e dell'assassino di Marco Ambrosoli , il sinistro ruolo
dello Ior attraverso il misterioso Marcinkus ed altri faccendieri di alto bordo
tra i quali Michele Sindona.
KILLER IN PARADISO
Consulente finanziario del Vaticano e della mafia italo-americana, il finanziere
siciliano Sindona negli anni 60 brucia le tappe e diviene un protagonista del
mercato finanziario americano.
Sospettato negli Usa di essere coinvolto nel traffico internazionale di
stupefacenti e legato ad ambienti mafiosi, in Italia può continuare a
gestire i suoi sporchi affari grazie ai rapporti con la democrazia cristiana
ed alle credenziali che gli derivano dal suo legame personale con Paolo VI.
Quest'ultimo lo incarica di eludere la legislazione fiscale sottraendo alla
tassazione l'ingente patrimonio azionario vaticano (che esulava dai privilegi
fissati dal Concordato). Sindona non tradisce le aspettative del Pontefice
trasferendo gli investimenti nel mercato esentasse degli eurodollari tramite
un rete di banche off-shore domiciliate nei paradisi fiscali.
Non si sa se la chiesa abbia beneficiato del condono sul rientro di capitali
dall'estero ideato da Tremonti.
Il Vaticano ebbe rapporti anche con la banda della Magliana.
A questo riguardo assai strana e curiosa appare la vicenda di Enrico De Pedis
appunto boss della famigerata banda.
Dopo una vita costellata da una serie di gravi reati quali da associazione per
delinquere al traffico di stupefacenti, dalle rapine a mano armata agli omicidi
il 2 febbraio 1990 nella romana via del pellegrino viene ucciso da bande rivali.
Il 9 luglio 1997 un'interrogazione parlamentare del leghista Borghezio invita
il Ministro degli Interni ad accertare i motivi per i quali "il noto gangster
Enrico De Pedis riposi nella cripta della Basilica si Sant'Apollinare, un privilegio
che secondo il diritto canonico spetta soltanto al Sommo Pontefice, ai cardinali
ed ai vescovi".
Si accerta che il nulla osta per la sepoltura era stato richiesto al Vaticano da
monsignor Pier Vergari, rettore della Basilica, cioè lo stesso prelato che ai
funerali aveva impartito l'estrema benedizione al boss di testaccio secondo
il quotidiano l'Unità questo enigma imbarazzante ha una soluzione
politica-religiosa.
In particolare per quanto riguarda l'omicidio Pecorelli del 1979, la procura
di Perugia ha ipotizzato l'esistenza di contatti organici tra la banda della
Magliana, cosa nostra e ambienti politici romani che facevano capo a
Giulio Andreotti e Claudio Vitalone (poi usciti indenni dai processi a loro carico).
Comunque Pecorelli secondo testimonianze di un pentito sarebbe stato ucciso
da un commando composto da sicari della banda della Magliana e cosa nostra.
L'IMBROGLIO DELL'OTTO PER MILLE
Il finanziamento dello Stato Italiano alla Chiesa Cattolica, deciso con la
revisione concordataria del 1984 fu sottoscritto da Craxi per acquisire
benemerenze presso il Vaticano.
E con l'imbroglio dell'otto per mille nella formulazione italiana, tale
finanziamento non può che essere definito una colossale truffa.
Infatti la percentuale dei contribuenti italiani che firmano in calce alla
denuncia dei redditi l'otto per mille a favore della Chiesa cattolica è di
circa il 45% che poi in sede di liquidazione dell'importo calcolato diventa
come d'incanto il 90%.
OPERE DI BENE, MA NON SOLO
Il piatto vale ben oltre un miliardo di euro.
La partita si gioca a sette, ogni anno, quando arriva il momento di
presentare la dichiarazione dei redditi, quando gli italiani decidono a chi
destinare l'otto per mille del loro imponibile: alla Chiesa cattolica?
Alle altre cinque confessioni di minoranza ammesse alla spartizione?
O allo Stato?
Un dubbio che non tocca la stragrande maggioranza degli italiani, che
hanno inequivocabilmente deciso di premiare la Santa Sede.
Ma che si ripropone quando si fanno i conti finali, per vedere come e
dove sono stati spesi i soldi dei contribuenti.
I numeri parlano chiaro e dicono che la Chiesa cattolica non ha rivali.
Quest'anno per la prima volta ha superato il miliardo di euro di incasso è
ha stabilito il record di preferenze: 87,17 per cento delle scelte contro
l'86,58 del 2002 (anno nel quale lo Stato ha ottenuto l'11,04 per cento
dei consensi e gli altri le briciole rimanenti).
«I cittadini - dice Paolo Moscarino, direttore dell'ufficio promozione
sostegno economico della Conferenza episcopale italiana - hanno capito
che non si tratta solo di una firma ma della partecipazione consapevole
alla missione della Chiesa».
La Cei ha illustrato nei giorni passati l'utilizzo della sua quota di otto per mille,
a tredici anni dall'introduzione.
Analizzando le cifre si scopre così che gli introiti, dal 1990 al 2003, si sono
praticamente quintuplicati. Ma la distribuzione nei tre compiti istituzionalmente
fissati dalla legge non si è mossa in modo omogeneo.
È cresciuta notevolmente la voce «esigenze di culto e pastorale», che va
dalla catechesi nelle parrocchie all'edilizia di culto: il fondo è passato da
38 a oltre 420 milioni di euro.
Più modesto l'aumento delle somme spese per gli interventi caritativi
(da 27 a 185 milioni di euro) e di quelle usate per il sostentamento del
clero: (da 145 a 330 milioni di euro).
«Sì, solo il 18 per cento del totale finisce direttamente in progetti umanitari»,
spiega ancora Moscarino.
«Attenti però a non fare semplificazioni: la carità cammina sulle gambe
degli uomini, che la Chiesa deve formare e sostenere, anche economicamente».
Ma è il meccanismo di attribuzione a far discutere.
Soprattutto per quel che riguarda l'otto per mille di chi hanno scelto di
non scegliere, lasciando in bianco la casella della dichiarazione dei redditi.
Si tratta della maggioranza delle persone che pagano le tasse.
In cifre: 22 milioni su 36 milioni di contribuenti del '99 (che hanno determinato
la spartizione dell'anno scorso).
Ebbene, il loro otto per mille è stato diviso tra tutti i pretendenti in proporzione
delle preferenze ottenute.
In altre parole: l'87 per cento dell'otto per mille di chi non ha preso alcuna
decisione è andato comunque alla Chiesa cattolica, il dieci allo Stato.
E così via.
«Il sistema non ci piace», dice Ignazio Barbuscia, tesoriere dell'unione delle
chiese avventiste del settimo giorno.
«Avevamo proposto che quei soldi andassero allo Stato, ma evidentemente
hanno prevalso altre logiche».
Già, lo Stato.
Anche sulla gestione del suo otto per mille non mancano le polemiche.
Nel 2001 i tre quarti dei cento milioni di euro di sua competenza sono stati
distolti, con un semplice decreto legge, dagli scopi prefissati.
E sono stati impiegati per finanziare la missione in Albania (con i risvolti
militari che ne conseguono).
Nello stesso anno, appena 500 euro sono andati a progetti per combattere
la fame nel mondo.
La denuncia arriva dai consumatori dell'Aduc, che contro l'attuale sistema
dell'otto per mille hanno lanciato una campagna che va avanti da anni.
«Non solo lo Stato costringe i cittadini a finanziare le religioni altrui.
Ma si rende protagonista di una vera beffa», spiega il presidente
Vincenzo Donvito.
«Se si va a vedere infatti il dettaglio delle spese dello Stato si scopre
che, per esempio, nel 2002 un terzo dei cento milioni di euro che i
cittadini hanno dato allo Stato sono serviti per ristrutturare beni culturali
di proprietà, guarda caso, della Chiesa cattolica».
COME PUÒ AVVENIRE
QUESTO GIOCO DI PRESTIGIO ???
Il nuovo sistema di finanziamento è regolato da una legge di attuazione
della revisione concordataria, e cioè dalla legge 222 del 20.05.1985.
L'entità dell'otto per mille dell'IRPEF (cioè del reddito denunciato come
tassabile d'imposta) è attualmente di circa un miliardo di euro
(2000 miliardi di lire) ma per un effetto dell'inflazione
(e nei periodi di boom economico anche dell'aumento del reddito imponibile)
è ovvio che la percentuale attribuibile alla Chiesa cattolica
continuerà a lievitare.
E continua a lievitare anche grazie a martellanti spot pubblicitari che
invadono le televisioni alla vigilia di ogni pagamento di tasse.
Analizzando le cifre si scopre cosi che gli introiti, dal 1990 al 2003, si
sono praticamente quintuplicati.
Questo versamento effettuato da tutti i contribuenti può essere suddiviso
mediante una scelta espressa fra lo Stato, la Chiesa cattolica e le altre
piccole cinque confessioni religiose che hanno accettato di partecipare a
lla spartizione
(i testimoni di Geova i più pericolosi concorrenti del Vaticano, sono da dieci
anni in attesa di essere inseriti, ma inutilmente).
Il meccanismo perverso che favorisce la Chiesa Cattolica è il seguente:
la quota dell'otto per mille di quei contribuenti (circa 22 milioni su 36 milioni)
che, intendendo sottrarsi a tale invito, non firmano nessuna preferenza ,
loro malgrado sono quasi totalmente aggiunti alla quota riservata
alla Chiesa cattolica.
Ciò in virtù di uno stratagemma ideato per aggirare l'ostacolo dei non credenti e mantenere il più alto possibile l'introito per la Chiesa Cattolica.
Il comma 3 dell'art. 21 della legge citata infatti prevede che in caso di scelta non espressa dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse.
Quale che sia, cioè, la percentuale delle scelte espresse, anche la quota su
cui non è stata effettuata nessuna scelta viene distribuita alla Chiesa Cattolica
o allo Stato, in percentuale alle scelte in loro favore.
A questa ulteriore spartizione le altre confessioni dignitosamente non hanno
accettato di partecipare.
Insomma su cento cittadini 90 non si esprimono (per disinteresse) e solo
8 firmano per la Chiesa cattolica, l'80% della quota irpef stabilita andrà
alla Chiesa cattolica.
Ma anche le somme accumulate per la scelta a favore dello Stato (circa il 10%)
sono convogliate per lo più ad opere assistenziali, in Italia quasi interamente
in mano alla Chiesa cattolica.
Questo meccanismo non rispetta in alcun modo la volontà di chi , non
scegliendo o scegliendo lo Stato, ha ritenuto di sottrarsi all'obbligo di
partecipare a questo tipo di referendum.
Peraltro il sistema viola il diritto alla privacy, il che si aggrava ulteriormente
da quando la legge consente ai lavoratori dipendenti di affidare al datore
di lavoro la compilazione della denuncia dei redditi, con possibili rischi di
rappresaglie sul posto di lavoro.
(CONTINUA)
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SINIBALDO