SINIBALDO
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UN CAMBIAMENTO EPOCALE !!!!!!!!!!!!!
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Il mondo è in continuo cambiamento.
I suoi attori, le sue regole, i suoi assetti continuano a mutare, ed in questo momento c’è la sensazione che le carte sul tavolo stiano cambiando in modo molto più rapido e visibile del solito.
Sembra che il nostro pianeta si stia preparando ad un grosso cambiamento.
Pare che stia avvenendo il progressivo ingresso in una nuova era, stabilendo il declino di un’altra: il tramonto dell'era del petrolio è ormai prossimo. Ma dove approderemo?
L’attenzione internazionale è in gran parte focalizzata sull’ennesimo picco del oro nero.
La materia prima per eccellenza è il carburante oltre che delle nostre auto anche dell’intera economia mondiale, influenzando ampiamente il suo andamento, e di conseguenza gran parte delle strategie geopolitiche delle grandi nazioni, ed in questo momento più che mai.
Un po’ come una droga, il greggio ha fatto entrare in un circolo vizioso le nostre civiltà rendendo quest’idrocarburo una colonna portante del mondo, nostro malgrado, dando peso ad una sostanza lontana dall’essere infinita e in mano a persone che sono lontano dall’essere affidabili.
Secondo le leggi economiche i due fattori in gergo definiti scarsità delle risorse e speculatori di queste ultime, sono delle componenti potenzialmente molto pericolose per chi non le controlla, cioè per noi, specialmente quando il mercato si fa affollato di gente assetata di denaro e di potere.
A distanza di circa 5 mesi dall’ultima impennata e dopo un anno nero quanto il greggio per i significativi aumenti del prezzo di quest’ultimo, siamo ripiombati nella stessa situazione nefasta, anzi, forse peggio.
Negli ultimi giorni, il prezzo del petrolio ha sfondato ogni record precedente su tutti i mercati finanziari di scambio.
Ma dei segnali tralasciati dai vertici dell’Opec, ci fanno intuire che è solo l’inizio, ed i prezzi avranno difficoltà a scendere.
Ed è proprio questo fattore insieme al problema della produzione di energia elettrica che crea le più grandi difficoltà al sistema economico italiano ed al cosiddetto “made in Italy”.
Questo freno si aggiunge ad un contesto che di sicuro non è positivo, ed è anzi largamente amplificato in Italia grazie all’alta dipendenza dal greggio a livello strutturale e cioè il funzionamento della nostra macchina economica.
Ma le cose stanno lentamente cambiando, a livello internazionale come anche nel nostro paese, poiché il prezzo del petrolio è troppo elevato e tende ad esserlo sempre di più e le sue riserve, si sa, tendono ad essere di meno.
>>>Gli alti prezzi del petrolio stanno danneggiando la crescita economica.
Il prezzo è estremamente alto. E’ irragionevole e dobbiamo dire che danneggerà l’economia.
Spero che i produttori si astengano dal dire che i prezzi devono rimanere a questi livelli.<<<
E’ questo l’auspicio che ha formulato in un’intervista con la Reuters il capo dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, Claude Mandil, dopo l’esperienza di quest’ultimo anno e l’inizio negativo di quello appena varato.
Dal 1999 al 2004, il prezzo del petrolio è balzato da 18 dollari al barile a 54, una variazione di 36 dollari pari ad un aumento percentuale del 200%.
In tutti questi anni di trattazioni del greggio, il 2004 è sicuramente stato l’anno dei record per i prezzi del petrolio.
Sono passati dalla fascia dei 30 dollari a quella dei 50, totalizzando complessivamente un aumento di circa il 50%.
Il 25 ottobre scorso ha toccato sulla piazza di New York i 55,67 dollari al barile.
L'anno appena trascorso, è stato un vero shock per l'economia internazionale, tenuto conto del fatto che ben pochi analisti avevano previsto un rialzo di questo genere.
Una dinamica innescata, ripresa mondiale a parte, dalle tensioni geopolitiche, con la difficile situazione venezuelana e nigeriana, oltre alle difficoltà a far ripartire le esportazioni irachene,
il dissesto del colosso russo Yukos e i danni provocati dagli uragani negli Stati Uniti, che hanno pesato sulla produzione del Golfo del Messico.
Per l’anno appena iniziato sembra che i prezzi non siano tanto disposti a voler scendere.
Anzi le quotazioni hanno fatto segnare un nuovo record di tutti i tempi nei Brent dell’Ipe di Londra, toccando quota 53,15 dollari al barile, ed uno anche sui future del NYMEX di New York a 55,75.
Le dichiarazioni degli ultimi giorni ci tengono ulteriormente con il fiato sospeso.
Ai paesi produttori - che guadagnano meno della distribuzione delle multinazionali, ma che tuttavia guadagnano di più - piacciono i prezzi così elevati tanto da provvedere a dei cambiamenti nella produzione volti a favorirne il mantenimento.
>>>Il prezzo oggi è fra i 40 e i 50 dollari al barile e probabilmente ci resterà per tutto il 2005<<<<
lo ha detto il ministro del petrolio dell'Arabia Saudita, maggiore paese produttore di petrolio, Ali al-Naimi in un'intervista a Cnbc.
Il segretario generale dell’Opec Adnan Shihab-Eldin, a capo dell’associazione che copre più del 40% della produzione petrolifera mondiale, ha asserito qualche giorno fa che “tutte le opzioni rimangono ancora aperte” sulle misure da adoperare per fermare la corsa dei prezzi, qualora verrà fermata.
Il prossimo 16 marzo a Isfahan in Iran, avrà luogo la tanto attesa conferenza del cartello petrolifero che stabilirà la strategia da adoperare sul mercato.
Le ipotesi sono divergenti. C’è chi parla di aumentare la produzione e chi di tagliarla, ma su una cosa i produttori sono d’accordo: il prezzo del greggio avrà probabilmente una banda di oscillazione di riferimento più elevata di quella attuale.
Fino ad ora è stabilita fra i 22-28 dollari a barile, ma da tempo ormai non viene più rispettata.
Ai vertici dell’Opec si parla di sostituirla, e di porne una che abbia un margine di oscillazione fra i 40-50 dollari, secondo quanto riferito dal segretario generale del cartello che la considera una “forchetta di prezzo stabile considerato il nuovo contesto mondiale che si è sviluppato negli ultimi anni”.
Lo stesso Adnan Shihab-Eldin, ha inoltre riferito che non esclude il rischio di un’oscillazione sostanziale delle quotazioni del greggio nei prossimi due anni, per non parlare dei prossimi dieci, che ne farà quasi sicuramente innalzare i prezzi fino a 80 dollari al barile.
Questo sarebbe del tutto possibile considerando diversi fattori.
Primo l’aumento esponenziale della domanda di petrolio dovuto alla continua crescita delle quote acquistate da Cina ed India sul mercato del greggio combinata ai frequenti picchi di domanda invernali, ma anche dai possibili tagli di produzione sia per motivi tecnici sia per motivi politici:
fattori che rischiano di non coprire la domanda mondiale nel breve termine, con la possibilità di dilungarsi, innalzando sensibilmente il prezzo dell’oro nero.
Senza dubbio, uno dei problemi più rilevanti rimane l’influente pressione speculativa che imperversa sul mercato petrolifero, specialmente quello a termine scambiato sulle piazze finanziarie anglosassoni del
NYMEX (New York Mercantile Exchange) e dell’Ipe (International Petroleum Exchange di Londra), sottolineando che la maggior parte di questi scambi di idrocarburi è ormai dominata da operatori di mercato, fondi ed investitori istituzionali, che acquistano e vendono sfruttando
l’andamento delle quotazioni, allo stesso tempo influenzandole, nell’intento di guadagnare più introiti possibili e in certi casi anche di controllare la crescita economica delle economie avversarie.
Questi mercati non trattano petrolio reale, ma solo "petrolio di carta".
Una presa in giro che conviene a tutti i produttori e alle multinazionali.
(da Rinascita)
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SINIBALDO
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Il mondo è in continuo cambiamento.
I suoi attori, le sue regole, i suoi assetti continuano a mutare, ed in questo momento c’è la sensazione che le carte sul tavolo stiano cambiando in modo molto più rapido e visibile del solito.
Sembra che il nostro pianeta si stia preparando ad un grosso cambiamento.
Pare che stia avvenendo il progressivo ingresso in una nuova era, stabilendo il declino di un’altra: il tramonto dell'era del petrolio è ormai prossimo. Ma dove approderemo?
L’attenzione internazionale è in gran parte focalizzata sull’ennesimo picco del oro nero.
La materia prima per eccellenza è il carburante oltre che delle nostre auto anche dell’intera economia mondiale, influenzando ampiamente il suo andamento, e di conseguenza gran parte delle strategie geopolitiche delle grandi nazioni, ed in questo momento più che mai.
Un po’ come una droga, il greggio ha fatto entrare in un circolo vizioso le nostre civiltà rendendo quest’idrocarburo una colonna portante del mondo, nostro malgrado, dando peso ad una sostanza lontana dall’essere infinita e in mano a persone che sono lontano dall’essere affidabili.
Secondo le leggi economiche i due fattori in gergo definiti scarsità delle risorse e speculatori di queste ultime, sono delle componenti potenzialmente molto pericolose per chi non le controlla, cioè per noi, specialmente quando il mercato si fa affollato di gente assetata di denaro e di potere.
A distanza di circa 5 mesi dall’ultima impennata e dopo un anno nero quanto il greggio per i significativi aumenti del prezzo di quest’ultimo, siamo ripiombati nella stessa situazione nefasta, anzi, forse peggio.
Negli ultimi giorni, il prezzo del petrolio ha sfondato ogni record precedente su tutti i mercati finanziari di scambio.
Ma dei segnali tralasciati dai vertici dell’Opec, ci fanno intuire che è solo l’inizio, ed i prezzi avranno difficoltà a scendere.
Ed è proprio questo fattore insieme al problema della produzione di energia elettrica che crea le più grandi difficoltà al sistema economico italiano ed al cosiddetto “made in Italy”.
Questo freno si aggiunge ad un contesto che di sicuro non è positivo, ed è anzi largamente amplificato in Italia grazie all’alta dipendenza dal greggio a livello strutturale e cioè il funzionamento della nostra macchina economica.
Ma le cose stanno lentamente cambiando, a livello internazionale come anche nel nostro paese, poiché il prezzo del petrolio è troppo elevato e tende ad esserlo sempre di più e le sue riserve, si sa, tendono ad essere di meno.
>>>Gli alti prezzi del petrolio stanno danneggiando la crescita economica.
Il prezzo è estremamente alto. E’ irragionevole e dobbiamo dire che danneggerà l’economia.
Spero che i produttori si astengano dal dire che i prezzi devono rimanere a questi livelli.<<<
E’ questo l’auspicio che ha formulato in un’intervista con la Reuters il capo dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, Claude Mandil, dopo l’esperienza di quest’ultimo anno e l’inizio negativo di quello appena varato.
Dal 1999 al 2004, il prezzo del petrolio è balzato da 18 dollari al barile a 54, una variazione di 36 dollari pari ad un aumento percentuale del 200%.
In tutti questi anni di trattazioni del greggio, il 2004 è sicuramente stato l’anno dei record per i prezzi del petrolio.
Sono passati dalla fascia dei 30 dollari a quella dei 50, totalizzando complessivamente un aumento di circa il 50%.
Il 25 ottobre scorso ha toccato sulla piazza di New York i 55,67 dollari al barile.
L'anno appena trascorso, è stato un vero shock per l'economia internazionale, tenuto conto del fatto che ben pochi analisti avevano previsto un rialzo di questo genere.
Una dinamica innescata, ripresa mondiale a parte, dalle tensioni geopolitiche, con la difficile situazione venezuelana e nigeriana, oltre alle difficoltà a far ripartire le esportazioni irachene,
il dissesto del colosso russo Yukos e i danni provocati dagli uragani negli Stati Uniti, che hanno pesato sulla produzione del Golfo del Messico.
Per l’anno appena iniziato sembra che i prezzi non siano tanto disposti a voler scendere.
Anzi le quotazioni hanno fatto segnare un nuovo record di tutti i tempi nei Brent dell’Ipe di Londra, toccando quota 53,15 dollari al barile, ed uno anche sui future del NYMEX di New York a 55,75.
Le dichiarazioni degli ultimi giorni ci tengono ulteriormente con il fiato sospeso.
Ai paesi produttori - che guadagnano meno della distribuzione delle multinazionali, ma che tuttavia guadagnano di più - piacciono i prezzi così elevati tanto da provvedere a dei cambiamenti nella produzione volti a favorirne il mantenimento.
>>>Il prezzo oggi è fra i 40 e i 50 dollari al barile e probabilmente ci resterà per tutto il 2005<<<<
lo ha detto il ministro del petrolio dell'Arabia Saudita, maggiore paese produttore di petrolio, Ali al-Naimi in un'intervista a Cnbc.
Il segretario generale dell’Opec Adnan Shihab-Eldin, a capo dell’associazione che copre più del 40% della produzione petrolifera mondiale, ha asserito qualche giorno fa che “tutte le opzioni rimangono ancora aperte” sulle misure da adoperare per fermare la corsa dei prezzi, qualora verrà fermata.
Il prossimo 16 marzo a Isfahan in Iran, avrà luogo la tanto attesa conferenza del cartello petrolifero che stabilirà la strategia da adoperare sul mercato.
Le ipotesi sono divergenti. C’è chi parla di aumentare la produzione e chi di tagliarla, ma su una cosa i produttori sono d’accordo: il prezzo del greggio avrà probabilmente una banda di oscillazione di riferimento più elevata di quella attuale.
Fino ad ora è stabilita fra i 22-28 dollari a barile, ma da tempo ormai non viene più rispettata.
Ai vertici dell’Opec si parla di sostituirla, e di porne una che abbia un margine di oscillazione fra i 40-50 dollari, secondo quanto riferito dal segretario generale del cartello che la considera una “forchetta di prezzo stabile considerato il nuovo contesto mondiale che si è sviluppato negli ultimi anni”.
Lo stesso Adnan Shihab-Eldin, ha inoltre riferito che non esclude il rischio di un’oscillazione sostanziale delle quotazioni del greggio nei prossimi due anni, per non parlare dei prossimi dieci, che ne farà quasi sicuramente innalzare i prezzi fino a 80 dollari al barile.
Questo sarebbe del tutto possibile considerando diversi fattori.
Primo l’aumento esponenziale della domanda di petrolio dovuto alla continua crescita delle quote acquistate da Cina ed India sul mercato del greggio combinata ai frequenti picchi di domanda invernali, ma anche dai possibili tagli di produzione sia per motivi tecnici sia per motivi politici:
fattori che rischiano di non coprire la domanda mondiale nel breve termine, con la possibilità di dilungarsi, innalzando sensibilmente il prezzo dell’oro nero.
Senza dubbio, uno dei problemi più rilevanti rimane l’influente pressione speculativa che imperversa sul mercato petrolifero, specialmente quello a termine scambiato sulle piazze finanziarie anglosassoni del
NYMEX (New York Mercantile Exchange) e dell’Ipe (International Petroleum Exchange di Londra), sottolineando che la maggior parte di questi scambi di idrocarburi è ormai dominata da operatori di mercato, fondi ed investitori istituzionali, che acquistano e vendono sfruttando
l’andamento delle quotazioni, allo stesso tempo influenzandole, nell’intento di guadagnare più introiti possibili e in certi casi anche di controllare la crescita economica delle economie avversarie.
Questi mercati non trattano petrolio reale, ma solo "petrolio di carta".
Una presa in giro che conviene a tutti i produttori e alle multinazionali.
(da Rinascita)
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