Investimenti & Sviluppo (IES) 10% di Buy Back sul flottante e Novità (10 lettori)

vdb61

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The Royal Bank of Scotland Group PLC è una delle tre banche di clearing e una delle più antiche del Regno Unito, fondata ad Edimburgo nel 1727 per mandato reale.
Oggi è la maggiore banca in Scozia, la seconda del Regno Unito e d'Europa e la quinta al mondo, con una capitalizzazione di 120 miliardi di Dollari[1] pari a 82 mld di Euro secondo un cambio Euro-Dollaro pari a 1.45. Le sue azioni hanno un listing primario al London Stock Exchange.
Il 28 novembre 2008 il Governo del Regno Unito ha acquistato il 57.90% di RBS, diventando il primo azionista della banca [2].


Oggi Royal Bank of Scotland, la banca britannica recentemente privatizzata, annuncia una perdita di 28 miliardi di sterline (41 miliardi di dollari) nel 2008. Si tratta della perdita più grossa di ogni tempo in Gran Bretagna per quanto riguarda le grandi imprese ed è legata essenzialmente all'acquisizione della banca olandese Abn Amro. La perdita prima prima degli oneri straordinari legati alle acquisizioni è tra i 7 e gli 8 miliardi di sterline (11,9 miliardi di dollari). La banca fa sapere che gli oneri legati alle acquisizioni oscillano tra i 15 e i 20 miliardi di sterline. Dopo l'annuncio, a Londra, il titolo di Rbs è scivolato di circa il 70 per cento. Intanto il governo britannico convertirà le azioni privilegiate della banca in azioni ordinarie, portando la sua partecipazione dal 58% a circa il 70 per cento.


:help::titanic::ciao:
 

vdb61

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i sudditi di Sua Maestà, da gran liberisti :-?, stanno di fatto nazionalizzando (statalizzando, irizzando,...) le banche (e che banche ...), per impedirne il fallimento :eek: :D
 

vdb61

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Il fantasma di Londra

di FEDERICO RAMPINI


Recessione dell'economia reale, frana della finanza pubblica, recrudescenza di dissesti bancari: in questo "triangolo delle Bermude" la crisi si avvita di nuovo a ritmi convulsi. Il deficit italiano è in brusca risalita al 3,8%, il debito viaggia verso il 110% del Pil. Rischia di esplodere ben oltre quel livello, qualora - l'ipotesi è della Commissione europea - anche l'Italia sia "costretta a ricapitalizzare qualche banca in crisi", come sta facendo Londra in preda a una nuova emergenza. Si conferma per il 2009 una brutale decrescita in Italia e nell'Eurozona: meno 2% del Pil.
In un biennio la nostra disoccupazione arriverà a minacciare quasi un lavoratore italiano ogni dieci. C'è un nesso implacabile tra i gravissimi costi sociali e la crisi delle banche. La finanza malata, su cui finora si è intervenuti con terapie inefficaci, continua a trascinarci a picco.

In Inghilterra crolla la Royal Bank of Scotland ma i tremori si allargano a Lloyds Banking; non sono al sicuro Barclays e Hsbc. L'insieme degli attivi delle banche inglesi vale 4.000 miliardi di sterline, due volte e mezzo il Pil britannico. Basta che il 15% dei titoli custoditi nei bilanci di quelle banche valgano zero, e un terzo del Pil inglese va in fumo. Questa aritmetica spinge il Financial Times fino a ventilare il rischio di bancarotta sovrana per il Regno Unito. Ma anche senza arrivare allo scenario estremo dell'insolvenza statale, il salvataggio delle banche può portare il debito pubblico inglese ai livelli della Grecia. L'arrivo di un membro così illustre nel club dei Pigs (Italia Spagna Grecia Portogallo) non sarebbe una buona notizia per noi. Anzi, si riaffaccia lo spettro del 1992, quando Roma e Londra precipitarono assieme in una drammatica crisi di sfiducia dei mercati, facendo esplodere gli interessi sul nostro debito pubblico. Più si ingrossa la lista degli stati fragili, più i mercati diventano diffidenti e i capitali fuggono verso poche oasi: i buoni del Tesoro americani o tedeschi.


Siamo daccapo all'ottobre del 2008, si riparte da zero. Tre mesi fa una catena di insolvenze bancarie spinse sull'orlo del baratro la finanza globale. Ai primi di ottobre l'America annaspava col piano Paulson, 700 miliardi di dollari per resuscitare le banche. Quel progetto di ricomprare i titoli-spazzatura coi fondi del contribuente finì in un vicolo cieco. L'Inghilterra sembrò aver trovato la soluzione: ricapitalizzare direttamente gli istituti di credito, con una nazionalizzazione parziale. Gordon Brown gettò sul piatto 500 miliardi di sterline fra iniezioni dirette di capitale pubblico nelle banche, prestiti straordinari della banca centrale, e altre garanzie di Stato. Molti lo imitarono, compresa l'America. In tre mesi quei fondi sono spariti in un buco nero.
Ieri Londra era di nuovo sull'orlo del precipizio. Giovedì un allarme parallelo era già scoppiato negli Stati Uniti, dove i due giganti Bank of America e Citigroup hanno rivelato nuove voragini di perdite. Giovedì il Tesoro di Washington in stato di allerta ha dovuto staccare in pochi minuti un nuovo assegno da 20 miliardi per Bank of America, e accollarsi altri 100 miliardi di future perdite dell'istituto sui titoli-spazzatura.

Mentre Obama celebra il suo ingresso alla Casa Bianca la sua task force economica deve già entrare in sala operatoria e intervenire sul malato a cuore aperto. In America e in Europa è ormai chiaro che sono stati compiuti errori imperdonabili, dopo la falsa tregua di ottobre. I massicci aiuti alle banche non sono stati accompagnati da vincoli stringenti per obbligare i banchieri a redistribuire il favore, cioè a riprendere l'erogazione del credito all'economia reale. Inoltre l'eccessiva autonomia lasciata ai banchieri ha prolungato la mancanza di trasparenza sui bilanci.
Donde le clamorose sorprese di buchi sempre nuovi e crescenti. Qui sta il punto di congiunzione perverso con le sofferenze dell'economia reale, il crollo della produzione, dei consumi, i licenziamenti di massa. Da un lato la crisi del mondo finanziario pesa sui conti pubblici, fa esplodere i deficit statali, impaurisce i risparmiatori. D'altro lato lo "sciopero dei banchieri" continua a privare il settore produttivo della linfa vitale che è il credito. Ora in America torna d'attualità il piano che prevedeva di svuotare l'ascesso comprando alle banche i loro titoli invendibili sui mercati. Forse saranno parcheggiati in una enorme bad bank di stato, una sorta di deposito di scorie radioattive. Gordon Brown non esclude quella ricetta ma intanto spinge ancora più avanti la nazionalizzazione, che nel caso della Royal Bank of Scotland diventa totale. Resta l'urgenza di fissare obblighi per il settore bancario, che ha tradito la sua ragion d'essere. L'immenso sperpero di denaro pubblico, che pagheremo per generazioni, deve almeno servire a qualcosa. In quanto all'Italia, è finita l'illusione che sia meno esposta perché finora "periferica" nello tsunami bancario. I dati sulla finanza pubblica, l'allarme sul rischio sovrano, ci dicono che la campana suona anche per noi.

(20 gennaio 2009)
 

migliore1977

Nuovo forumer
beh vedo che oggi la notiziona e' stata presa bene....come al solito.....
ma quand'è che la smetteranno di quotare "aria fritta" e passare alla sostanza????
babbo natale è passato, la befana pure.....speriamo in san valentino....
 

smeraldo

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MARKET TALK: Ies, AbaxBank conferma rating buy
MILANO (MF-DJ)--Vendite su Ies. La societa' ha sottoscritto un accordo preliminare con Eurinvest Finanza Stabile Spa per l'acquisizione del 100% di Eurinvest Sgr. Alla luce del newsflow gli esperti di Abax confermano il rating buy ed il target price a 0,2 euro. Ies -3,73% a 0,083 euro. cf (END) Dow Jones Newswires January 20, 2009 08:25 ET (13:25 GMT) Copyright (c) 2009 MF-Dow Jones News Srl.

attenzione che nei prossimi giorni ci saranno ricoperture...vedrete
 

DDUKE

Viva i popoli, Viva le Nazioni europee, fanculo U€
Abax usa la tecnica "prima e poi ci azzecco"....questo fanno ai master MBA :)

Quando arriverà e se ci arriverà, sentirete Maclin dire: "te l'avevo detto io, te l'avevo detto io iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii"
 

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