2° FINANZE......VATICANE !!!!!!!!!!!!!

SINIBALDO

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1°PARTE:
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Ma anche sul 10% che affluisce allo Stato vi sono polemiche.

Come denunciato dall'ADUC, che contro il sistema dell'8 per mille
ha promosso una campagna che va avanti da anni, nel 2001 i tre
quarti dei cento milioni di sua competenza sono stati distolti, con
un semplice decreto legge, dagli scopi prefissati e sono andati a
finanziare la missione in Albania (con i risvolti militari che ne
conseguono).

Sempre nel 2001 solo 500 euro sono andati a progetti per
combattere la fame nel mondo.

Come spiega il presidente
dell'ADUC Vincenzo Dovuto: se si va a vedere il dettaglio
delle spese dello Stato si scopre che per esempio, nel 2002
un terzo dei cento milioni di euro che i cittadini hanno dato
allo Stato sono serviti per ristrutturare beni di proprietà
guarda caso della Chiesa cattolica.

L'OBOLO ESENTASSE

C'è da dire che oltre l'8 per mille, affluisce nelle casse vaticane
fino a mille euro (due milioni di vecchie lire) detraibile dalla
denuncia dei redditi.

L'art. 46 della legge di attuazione
concordataria che prevede questa forma di erogazione,
chiamata "obolo" è un contributo personale e facoltativo ma
grava comunque sotto forma di minori introiti sulle esangui
pubbliche finanze italiane.

Occorre aggiungere che mentre gli
esperti finanziari avevano previsto che da queste offerte
scaturisse il più rilevante finanziamento della Chiesa, cosi non è
stato.
Il loro gettito è stato di circa 25 milioni di euro l'anno ed
è attualmente in diminuzione.

Il che dimostra in maniera
clamorosa che il finanziamento complessivo dello Stato Vaticano
non può essere chiamato in nessun modo "autofinanziamento"
come vorrebbe qualche cardinale (il cardinale Ruini in testa).

I LIQUAMI DEL VATICANO

Tra i privilegiati che possono dissetarsi senza spendere un
centesimo addossandone l'onere ai comuni cittadini è da
segnalare la Città del Vaticano che in base all'art. 6 del
concordato ha diritto a ricevere tutta l'acqua di cui ha bisogno
(circa cinque milioni di metri cubi l'anno) senza versare un
centesimo all'Acea.

Ma la faccenda comincia a complicarsi
quando la più recente normativa italiana include nella
tariffa (la bolletta dell'acqua) anche il canone per le fognature
e la depurazione.

Prima del 70 gli scarichi finivano
direttamente sul Tevere. Successivamente si è invece
cominciato e riversare gli scarichi ed i liquami in vasche e
depuratori che hanno un costo per chi li gestisce e non
rientrano nelle previsioni concordatarie.

Per il rispetto della santa Sede, l'Acea non aveva osato sollevare
la questione, sino a che, bel 1999, quando la municipalizzata
venne privatizzata ed entrò in borsa, il credito di alcuni miliardi
di lire divenne difficile da nascondere facendoli pagare ai
cittadini della capitale.

Peraltro vi erano mugugni dei piccoli
azionisti i quali reclamavano affinché il buco di bilancio fosse
risanato da qualcuno, o dalla Santa Sede o dallo Stato Italiano.
Il delicato dossier passò immediatamente al vaglio del
Ministero degli Esteri, trattandosi di rapporti tra Stati.

La più imbarazzante vertenza che abbia mai diviso le due sponde
del Tevere, da un lato la municipalizzata Acea che chiedeva
50 miliardi di vecchie lire quali arretrati di 20 anni di scarichi
abusivi, dall'altra parte i prelati rappresentanti del Vaticano
offesi per essere stati trattati come morosi qualsiasi e soprattutto
per un fatto di liquami, è finita nel migliore dei modi.

Nella finanziaria per il 2004 è comparsa una voce relativa ai
25 milioni di euro da versare all'Acea per i liquami arretrati e
4 milioni di euro a partire dal 2005.

Naturalmente il costo dei liquami del Vaticano si è riversato sui
cittadini Romani.

UNA COSA È SICURA: LE FINANZE DI DIO
SONO DAVVERO INFINITE


L’ultima volta che se ne parlò fu alla fine degli anni Ottanta,
quando si chiuse il caso del Banco Ambrosiano.
Per uscire dal crac lo Ior, allora guidato da monsignor
Paul Marcinkus, pag 250 milioni di dollari ai liquidatori della ex banca
di Roberto Calvi (meno di un quarto dei 1.159 milioni che, secondo
il ministro del Tesoro dell’epoca, Beniamino Andreatta, doveva
alle consociate estere dell’azienda di credito milanese).

Da quegli anni nell’Istituto per le opere religiose molte cose
sono cambiate, altre sono rimaste identiche.

Giovanni Paolo II lo ha riformato
nel 1990, affidandone la responsabilità a «laici cattolici competenti»
e riservando ai prelati una funzione di vigilanza. Dal 1989 alla
guida dell’istituto siede Angelo Caloia, professore dell’università
Cattolica di Milano, ex presidente del Mediocredito Lombardo e
oggi a capo di due società di Banca Intesa, una delle quali costituita
in Lussemburgo.

Identico rispetto a 20 anni fa, invece, è il riserbo
che circonda le attività della banca vaticana. Lo Ior ha una sola
sede, naturalmente dentro le mura della Città Stato. Non ha altri
sportelli e dispone di un unico bancomat.

All’estero, Italia
compresa, non ha un ufficio, una rappresentanza, un punto
d'appoggio fisico. E non ha neppure accesso diretto ai circuiti
finanziari internazionali. Per operare in Europa si avvale di due
grandi banche, una tedesca e una italiana.

Si fa il nome di
Banca Intesa, della quale lo Ior possiede il 3,37% insieme con
la Banca Lombarda e la Mittel (il cosiddetto Gruppo bresciano
dei soci), e di Deutsche Bank; ma nessuno lo conferma con
certezza.
E non aderisce alle norme antiriciclaggio sulla trasparenza dei conti.

Una banca strana, regolata dalla consegna del silenzio in nome
del segreto di Stato.

TUTTO SOTTO IL CONTROLLO DELLA SEGRETERIA

Il riferimento è la Segreteria di Stato del cardinale Angelo Sodano.
È stato lo stesso Caloia a spiegare l’essenza dello Ior in un
documento inedito.
In una dichiarazione scritta per la corte distrettuale della California e
presentata attraverso Franzo Grande Stevens, da 15 anni
avvocato dello Ior e membro nel consiglio di amministrazione di Ifil,

la finanziaria che controlla Fiat, il presidente della banca vaticana
ha rivelato che «i depositanti sono i dipendenti del Vaticano, i
membri della Santa Sede, gli ordini religiosi e le persone che
depositano denaro destinato, almeno in parte, a opere di
beneficenza». Almeno in parte.

Caloia ha affermato che «nel mio ufficio è la norma fare riferimento
al cardinale Angelo Sodano». E ha aggiunto: «Il segretario di Stato
ha un notevole controllo sulla progettazione e l’esecuzione di tutte
le nostre attività, compresi i budget e le operazioni».

Una lunga e illuminante dichiarazione, che termina sottolineando
la peculiarità dell’Istituto: l’immunità che deriva dall’essere una
banca di Stato, non sottomessa ad alcuna legislazione, né
nazionale né internazionale. «Niente in questa dichiarazione»
ha infatti ribadito Caloia, concludendo la sua testimonianza,
«va inteso, né può essere preso come una sottomissione alla
giurisdizione di questa Corte, o una rinuncia a qualsiasi diritto
di immunità sovrana».

INTERESSI AL 12% ANNUO

Al suo arrivo allo Ior, 13 anni fa, Caloia trovò nei forzieri 5 mila
miliardi di lire e titoli soprattutto esteri.

Oggi lo Ior amministra un
patrimonio stimato di 5 miliardi di euro e funziona come un
fondo chiuso, come ha spiegato sempre Caloia. In pratica, ha
rendimenti da hedge fund, visto che ai suoi clienti garantisce
interessi medi annui superiori al 12%.

Anche per depositi di
lieve consistenza. Un esempio? La Jcma, un’associazione di
medici cattolici giapponesi, nel 1998 ha depositato 35mila dollari
presso la banca vaticana. A 4 anni di distanza si è ritrovata sul
conto quasi 55mila dollari: il 56% in più. E se i clienti
guadagnano il 12% medio annuo, vuol dire che i fondi
dell’Istituto rendono ancora di più. Quanto, però, non è dato saperlo.

CAYMAN SOTTO IL CONTROLLO DEL VATICANO

Quindi lo Ior investe bene.
Secondo un rapporto del giugno 2002 del Dipartimento del Tesoro
americano, basato su stime della Fed, solo in titoli Usa il Vaticano
ha 298milioni di dollari: 195 in azioni, 102 in obbligazioni a lungo
termine (49milioni in bond societari, 36milioni in emissioni delle
agenzie governative e 17milioni in titoli governativi) più 1milione
di euro in obbligazioni a breve del Tesoro. E l’advisor inglese
The Guthrie Group nei suoi tabulati segnala una joint venture
da 273,6milioni di euro tra Ior e partner Usa. Di più è impossibile
sapere. Soprattutto sulle società partecipate all’estero dall’istituto
presieduto da Caloia.

Basta un esempio per capire dove i segreti vengono conservati:
le Isole Cayman, il paradiso fiscale caraibico, spiritualmente
guidato dal cardinale Adam Joseph Maida che, tra l’altro, siede
nel collegio di vigilanza dello Ior. Le Cayman sono state
sottratte al controllo della diocesi giamaicana di Kingston per
essere proclamate Missio sui iuris, alle dipendenze dirette
del Vaticano.

LE BEGHE DEI CONDOMINI DELLO IOR

E in Italia?
Anche Oltretevere lo Ior mantiene il senso degli affari.
I diritti di voto dei 45milioni di quote di Banca Intesa (per un
valore in Borsa di circa 130milioni di euro) sono stati concessi
alla Mittel di Giovanni Bazoli in cambio di un dividendo maggiorato
rispetto a quello di competenza. E quando la Borsa tira, gli
affari si moltiplicano.
Un esempio?
Nel 1998 non sfuggì a molti l’ottimo investimento (100miliardi di lire)
deciso da Caloia nelle azioni della Banca popolare di Brescia:
in meno di 12 mesi il capitale si quadruplicò, naturalmente
molto prima del crollo del titolo Bipop.

Ma il patrimonio dello Ior non è solo mobile.
E dell’Istituto si parla anche in relazione alle beghe con gli inquilini di
4 condomini di Roma e Frascati che lo Ior, a cavallo fra il 2002 e il
2003, ha venduto alla società Marine Investimenti Sud, all’epoca di
proprietà al 90% della Finnat Fiduciaria di Giampietro Nattino, uno
dei laici della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, e
oggi in mano alla lussemburghese Longueville. Gli inquilini, però,
affermano di sentirsi chiedere il pagamento del canone di locazione
ancora dallo Ior. Che nei documenti ufficiali compare anche come
Ocrot: Officia pro caritatis religionisque operibus tutandis, con il
codice fiscale italiano dell’istituto: 80206390587

QUELL'ASSEGNO DA 2,5 MILIONI
FIRMATO DAI CAVALIERI DI COLOMBO

Per il 25esimo anniversario di pontificato, Giovanni Paolo II il
25 ottobre 2003 ha ricevuto un assegno da 2,5milioni di dollari,
la rendita di un fondo d’investimento americano da 20milioni di
dollari dedicato a lui, il Vicarius Christi Fund. Il denaro è gestito
dall’ordine cavalleresco cattolico più grande del mondo:
The Knights of Columbus, i Cavalieri di Colombo, che conta
su 1,6milioni di membri tra Stati Uniti, Canada, Messico,
Porto Rico, Repubblica Dominicana, Filippine, Bahamas,
Guatemala, Guam, Saipan e Isole Vergini. Alla Congregazione
per le cause dei santi stanno vagliando la canonizzazione di
Michael McGivney, che ha fondato l’ordine 122 anni fa nel
Connecticut. Un omaggio a un’associazione che da anni vanta
legami molto stretti con la Santa Sede.

Ma anche sul 10% che affluisce allo Stato vi sono polemiche.
Come denunciato dall'ADUC, che contro il sistema dell'8 per mille
ha promosso una campagna che va avanti da anni, nel 2001 i
tre quarti dei cento milioni di sua competenza sono stati distolti,
con un semplice decreto legge, dagli scopi prefissati e sono
andati a finanziare la missione in Albania (con i risvolti militari
che ne conseguono). Sempre nel 2001 solo 500 euro sono
andati a progetti per combattere la fame nel mondo. Come
spiega il presidente dell'ADUC Vincenzo Dovuto: se si va a vedere
il dettaglio delle spese dello Stato si scopre che per esempio,
nel 2002 un terzo dei cento milioni di euro che i cittadini hanno
dato allo Stato sono serviti per ristrutturare beni di proprietà
guarda caso della Chiesa cattolica.

L'OBOLO ESENTASSE C'è da dire che oltre l'8 per mille, affluisce nelle casse vaticane
fino a mille euro (due milioni di vecchie lire) detraibile dalla
denuncia dei redditi. L'art. 46 della legge di attuazione
concordataria che prevede questa forma di erogazione,
chiamata "obolo" è un contributo personale e facoltativo ma
grava comunque sotto forma di minori introiti sulle esangui
pubbliche finanze italiane. Occorre aggiungere che mentre gli
esperti finanziari avevano previsto che da queste offerte
scaturisse il più rilevante finanziamento della Chiesa, cosi non
è stato. Il loro gettito è stato di circa 25 milioni di euro l'anno
ed è attualmente in diminuzione. Il che dimostra in maniera
clamorosa che il finanziamento complessivo dello Stato Vaticano
non può essere chiamato in nessun modo "autofinanziamento"
come vorrebbe qualche cardinale (il cardinale Ruini in testa).

I LIQUAMI DEL VATICANO

Tra i privilegiati che possono dissetarsi senza spendere un
centesimo addossandone l'onere ai comuni cittadini è da
segnalare la Città del Vaticano che in base all'art. 6 del
concordato ha diritto a ricevere tutta l'acqua di cui ha bisogno
(circa cinque milioni di metri cubi l'anno) senza versare un
centesimo all'Acea. Ma la faccenda comincia a complicarsi
quando la più recente normativa italiana include nella tariffa
(la bolletta dell'acqua) anche il canone per le fognature e la
depurazione. prima del 70 gli scarichi finivano direttamente
sul Tevere. Successivamente si e invece cominciato e riversare
gli scarichi ed i liquami in vasche e depuratori che hanno un
costo per chi li gestisce e non rientrano nelle previsioni
concordatarie.

Per il rispetto della santa Sede, l'Acea non aveva osato sollevare
la questione, sino a che, bel 1999, quando la municipalizzata
venne privatizzata ed entrò in borsa, il credito di alcuni miliardi
di lire divenne difficile da nascondere facendoli pagare ai cittadini
della capitale. Peraltro vi erano mugugni dei piccoli azionisti i
quali reclamavano affinché il buco di bilancio fosse risanato da
qualcuno, o dalla Santa Sede o dallo Stato Italiano. IL delicato
dossier passò immediatamente al vaglio del Ministero degli
Esteri, trattandosi di rapporti tra Stati.

La più imbarazzante vertenza che abbia mai diviso le due sponde
del Tevere, da un lato la municipalizzata Acea che chiedeva
50 miliardi di vecchie lire quali arretrati di 20 anni di scarichi
abusivi, dall'altra parte i prelati rappresentanti del Vaticano offesi
per essere stati trattati come morosi qualsiasi e soprattutto per
un fatto di liquami, è finita nel migliore dei modi. Nella finanziaria
per il 2004 è comparsa una voce relativa ai 25 milioni di euro da
versare all'Acea per i liquami arretrati e 4 milioni di euro a partire
dal 2005.
Naturalmente il costo dei liquami del Vaticano si è riversato sui
cittadini Romani.

UNA COSA È SICURA: LE FINANZE DI DIO
SONO DAVVERO INFINITE


L’ultima volta che se ne parlò fu alla fine degli anni Ottanta, quando
si chiuse il caso del Banco Ambrosiano. Per uscire dal crac lo Ior,
allora guidato da monsignor Paul Marcinkus, pagò 250 milioni di
dollari ai liquidatori della ex banca di Roberto Calvi (meno di un
quarto dei 1.159 milioni che, secondo il ministro del Tesoro dell’epoca,
Beniamino Andreatta, doveva alle consociate estere dell’azienda
di credito milanese). Da quegli anni nell’Istituto per le opere
religiose molte cose sono cambiate, altre sono rimaste identiche.

Giovanni Paolo II lo ha riformato nel 1990, affidandone la
responsabilità a «laici cattolici competenti» e riservando ai
prelati una funzione di vigilanza. Dal 1989 alla guida dell’istituto
siede Angelo Caloia, professore dell’università Cattolica di
Milano, ex presidente del Mediocredito Lombardo e oggi a capo
di due società di Banca Intesa, una delle quali costituita in
Lussemburgo. Identico rispetto a 20 anni fa, invece, è il riserbo che
circonda le attività della banca vaticana. Lo Ior ha una sola sede,
naturalmente dentro le mura della Città Stato. Non ha altri sportelli
e dispone di un unico bancomat. All’estero, Italia compresa, non
ha un ufficio, una rappresentanza, un punto d'appoggio fisico. E non
ha neppure accesso diretto ai circuiti finanziari internazionali. Per
operare in Europa si avvale di due grandi banche, una tedesca e
una italiana. Si fa il nome di Banca Intesa, della quale lo Ior possiede
il 3,37% insieme con la Banca Lombarda e la Mittel (il cosiddetto
Gruppo bresciano dei soci), e di Deutsche Bank; ma nessuno lo
conferma con certezza. E non aderisce alle norme antiriciclaggio
sulla trasparenza dei conti.

Una banca strana, regolata dalla consegna del silenzio in
nome del segreto di Stato.

TUTTO SOTTO IL CONTROLLO DELLA SEGRETERIA

Il riferimento è la Segreteria di Stato del cardinale Angelo Sodano.
È stato lo stesso Caloia a spiegare l’essenza dello Ior in un
documento inedito che Economy pubblica in esclusiva. In una
dichiarazione scritta per la corte distrettuale della California
e presentata attraverso Franzo Grande Stevens, da 15 anni
avvocato dello Ior e membro nel consiglio di amministrazione
di Ifil, la finanziaria che controlla Fiat, il presidente della
banca vaticana ha rivelato che «i depositanti sono i dipendenti
del Vaticano, i membri della Santa Sede, gli ordini religiosi e le
persone che depositano denaro destinato, almeno in parte, a
opere di beneficenza». Almeno in parte.

Caloia ha affermato che «nel mio ufficio è la norma fare riferimento
al cardinale Angelo Sodano». E ha aggiunto: «Il segretario di Stato
ha un notevole controllo sulla progettazione e l’esecuzione di tutte
le nostre attività, compresi i budget e le operazioni».

Una lunga e illuminante dichiarazione, che termina sottolineando
la peculiarità dell’Istituto: l’immunità che deriva dall’essere una
banca di Stato, non sottomessa ad alcuna legislazione, né
nazionale né internazionale. «Niente in questa dichiarazione»
ha infatti ribadito Caloia, concludendo la sua testimonianza,
«va inteso, né può essere preso come una sottomissione alla
giurisdizione di questa Corte, o una rinuncia a qualsiasi
diritto di immunità sovrana».

INTERESSI AL 12% ANNUO

Al suo arrivo allo Ior, 13 anni fa, Caloia trovò nei forzieri 5 mila
miliardi di lire e titoli soprattutto esteri. Oggi lo Ior amministra
un patrimonio stimato di 5 miliardi di euro e funziona come un
fondo chiuso, come ha spiegato sempre Caloia. In pratica, ha
rendimenti da hedge fund, visto che ai suoi clienti garantisce
interessi medi annui superiori al 12%. Anche per depositi di
lieve consistenza. Un esempio? La Jcma, un’associazione di
medici cattolici giapponesi, nel 1998 ha depositato 35mila
dollari presso la banca vaticana. A 4 anni di distanza si è r
itrovata
sul conto quasi 55mila dollari: il 56% in più. E se i clienti
guadagnano il 12% medio annuo, vuol dire che i fondi
dell’Istituto rendono ancora di più. Quanto, però, non
è dato saperlo.

CAYMAN SOTTO IL CONTROLLO DEL VATICANO

Quindi lo Ior investe bene. Secondo un rapporto del giugno
2002 del Dipartimento del Tesoro americano, basato su
stime della Fed, solo in titoli Usa il Vaticano ha 298milioni di
dollari: 195 in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine
(49milioni in bond societari, 36milioni in emissioni delle
agenzie governative e 17milioni in titoli governativi) più
1milione di euro in obbligazioni a breve del Tesoro. E l’advisor
inglese The Guthrie Group nei suoi tabulati segnala una joint
venture da 273,6milioni di euro tra Ior e partner Usa. Di più è
impossibile sapere. Soprattutto sulle società partecipate all’estero
dall’istituto presieduto da Caloia.

Basta un esempio per capire dove i segreti vengono conservati:
le Isole Cayman, il paradiso fiscale caraibico, spiritualmente
guidato dal cardinale Adam Joseph Maida che, tra l’altro, siede
nel collegio di vigilanza dello Ior. Le Cayman sono state sottratte
al controllo della diocesi giamaicana di Kingston per essere
proclamate Missio sui iuris, alle dipendenze dirette del Vaticano.


(CONTINUA)
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SINIBALDO
 
Appendo un pezzo di post che non ho mai finito di scrivere. Parla della questione ACEA e dei fondi per la bonifica della laguna di venezia (finiti nell tasche di... indovina chi?)

---

Avete un debito? E' opportuno di ricorrere agli avvocati per farsi pagare i compensi arretrati? Chiedetelo ad un avvocato, io vi propongo un ottimo sistema per farsi pagare le bollette dallo Stato.

Avete mai desiderato di consumare annualmente per l'equivalente di 5 milioni di Euro senza dovervi mai preoccupare di saldare i debiti? Un accordo con il Duce sarebbe potuto tornare comodo, ma in questi tempi oscuri persino il Duce non esiste più e dobbiamo accontentarci di pallide imitazioni che invece di sfoggiare brillanti pelate ricorrono a costosi sistemi per esibire una sparuta pezza di pelliccia sopra il cranio.

Ma in verità, in verità vi dico, non è neanche troppo necessario ricorrere al Duce, le pallide imitazioni tutto sommato possono andare bene. Chi abita a Roma sicuramente conosce l'ACEA, la municipalizzata di Roma che fornisce l'acqua a tutta la città e incidentalmente anche ad uno staterello straniero in cui vige la pena di morte, e i cui banchieri hanno la pessima abitudine di morire di morte prematura e spesso anche violenta.

Come molte municipalizzate l'ACEA è stata privatizzata e un bel giorno gli azionisti hanno detto "acciderbole, ma perché mai forniamo gratis la depurazione delle acque ad uno staterello straniero che di denari ne ha ben più di noi?" - al 1999 i crediti vantati da ACEA assommavano a circa 20 milioni di euro, equivalenti a circa dieci anni di fornitura, dato che il servizio costa sui 2 milionetti l'anno (liquami + acqua per annaffiare i giardini)

Certo 20 milioni di euro saranno bruscolini nel grasso bilancio del suddetto staterello, ma gli azionisti suddetti peccano di avidità, sarebbe il caso di farsi confessare ogni tanto; insomma sono 2 milioni di euro mica donati alla Social Corporate Responsability della Virgin, sono donati a chi di bene ne fa tanto, soprattutto a se stesso.

Stretti tra gli azionisti incazzati e gli staterelli cazzuti, ci stanno gli italiani, nei panni di un governo che nel 2004 decide di stanziare 25 milioni di euro per pagare i conti allo staterello, e altri 4 per i due anni successivi. Che sarà mai se le scuole pubbliche vanno allo sfascio, i magistrati non hanno né carta né penna né le scrivanie su cui appoggiarsi, in fondo è ora di finirla con questi maledetti comunisti che vogliono vivacchiare alle spalle dello stato.

Per farla breve, il Comune di Roma (comunista), Francesco Caltagirone (comunista pure lui?), Schroeder Investment (una banda di bolscevichi), Suez SA (comunisti d'oltralpe) e molti altri chiedono il pagamento.

Dal Manzanarre al Reno, dal Tevere alla laguna di Venezia, le le faccende acquatiche non finiscono qui: supponiamo che foste veneziani e che voleste disinquinare le acque della vostra laguna. Fortunatamente disponete di circa 50 milioni d'euro accantonati nell'apposito fondo speciale. Gaudeamus igitur?

Ma no, perché peccare d'impazienza? dopo tutto, quantanni sono che la laguna pullula d'ogni tipo di mostruosità chimica e organica nota all'uomo? Ci pensa il governatore Galan a salvare le anime dei veneziani, e a versare tale dobloni nelle casse della curia patriarcale che provvederà con quei fondi a ristrutturarsi un palazzo e la Basilica della Salute.

E già che c'è, finanzierà pure il Seminario Patriarcale, sede dello Studio Marcianum che provvederà a formare tanti teologi e tanti uomini, che provvederanno a portare avanti l'illustre tradizione del privatizzare i guadagni e pubblicizzare le perdite.
 

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