.... Siamo qua per parlare e capire
ho aggiunto oggi altri pensieri
Nn posso entrare nel merito di molte delle cose che mi hai chiesto perchè sarebbe violare la privacy di persone che conosco e mi conoscono , molte delle quali sono dei professionisti nn solo preparati ma anche molto in gamba, che vivono quel che fanno come una missione prima che come un lavoro .
Ma ti basti pensare al vaso di pandora scoperchiato dal caso di quel ragazzino prelevato dalla forza pubblica, oltre che dagli assistenti sociali e via discorremdo dinanzi a scuola. Da li in poi sono venuti alla ribalta della cronaca decine e decine di casi simili, visto che mi duole dirlo, quella è la normale procedura con cui i minori vengono allontanati dalle famiglie.
Se ti interessa leggi questa intervista. Credo che sia molto esplicativa su quella che è la reale situazione, che poi nell'ambiente ci siano anche persone che lvorano bene nessuno lo mette in dubbio, ma in un sistema che si deve prendere incarico del bene di un minore nn è ammissibile che venga commesso neanche un solo errore, anche perchè chi sbaglia poi, di norma, nn paga.
Tribunale dei Minori e servizi Sociali: un vero disastro (Parte Seconda)
L´affido Quando entrano in campo i cosiddetti “Servizi territoriali”, cominciano i guai, soprattutto per i figli, principale oggetto di studio a modello “cavia da laboratorio” che, come genitori, parenti e membri tutti della famiglia, sono ridotti a “definizioni e catalogazioni, ed etichettati in categorie che ben poche volte hanno a che fare con le reali condizioni in cui si trovano.
L´affido
Quando entrano in campo i cosiddetti “Servizi territoriali”, cominciano i guai, soprattutto per i figli, principale oggetto di studio a modello “cavia da laboratorio” che, come genitori, parenti e membri tutti della famiglia, sono ridotti a “definizioni e catalogazioni, ed etichettati in categorie che ben poche volte hanno a che fare con le reali condizioni in cui si trovano. Ogni caso, è un caso a parte, quindi di per sé non dovrebbero esistere categorie in cui obbligatoriamente tutti i casi sono fatti rientrare.
Sostanzialmente, i Servizi Territoriali esprimono un “parere psico-sociale” sulle capacità genitoriali e potenzialmente “sviluppabili” e il tipo di legame esistente fra genitori e figli. Ed è questo uno dei passi fondamentali sottoposto a numerosissime contestazioni nei casi di separazione ove vi sia l´intromissione dei servizi sociali, specie quando gli incaricati responsabili del progetto non hanno le necessarie qualifiche professionali. E capita più spesso di quanto si creda.
?Sul territorio nazionale le competenze dei Servizi Territoriali e dei Servizi Affidi sono realizzate attraverso organizzazioni e strutture differenti, a seconda delle necessità, possibilità territoriali o amministrative. Per dare inizio ad un percorso di affido il rapporto minore - famiglia d’origine deve svolgersi in una situazione disfunzionale: la famiglia non svolge, o svolge in maniera insufficiente, i compiti di accudimento ed educazione del minore, rischiando di lasciarlo in balia delle sue ridotte capacità o addirittura di altri, in maniera consapevole o inconsapevole; la famiglia distorce i compiti suddetti assegnando al minore ruoli non adatti, imponendogli comportamenti non adeguati all’età o non rispettando le necessarie capacità generazionali.
Le relazioni minore-famiglia affidataria e famiglia affidataria-famiglia d’origine, si devono avviare solamente dopo un intervento del livello istituzionale e, nel caso in cui si siano attuate spontaneamente, l´istituzione dovrebbe farsi immediatamente carico della qualità di questi rapporti. La relazione disfunzionale minore - famiglia d’origine, quindi, apre il rapporto con il livello istituzionale e nascono quindi le relazioni Servizi Territoriali - minore e Servizi Territoriali - famiglia d’origine che devono realizzare la prima fase fondamentale del processo: l’identificazione del bisogno. Questa fase avvia due relazioni a livello istituzionale: la relazione Servizi Territoriali - Autorità Giudiziaria e quella Servizi Territoriali - Servizi Affidi.
La prima vede coinvolto, nella fase di identificazione del bisogno, il Giudice Tutelare quando la relazione Servizi Territoriali - famiglia d’origine si svolge senza conflitti; vede coinvolto, invece, il Tribunale per i Minorenni quando la relazione Servizi Territoriali - famiglia d’origine non perviene ad un accordo. La seconda relazione Servizi Territoriali-Servizi Affidi innesca la successiva fase del processo: l’identificazione della risorsa. Questa fase vede coinvolti i due Servizi sopraindicati per l’individuazione, all’interno della “Banca famiglie“, del nucleo familiare più indicato per la specifica situazione in esame. Le due relazioni appena individuate danno avvio, a livello di processo, alla fase definitiva: la presa di decisione. In questo momento avviene l’abbinamento minore - famiglia affidataria. Si aprono le relazioni famiglia affidataria - famiglia d’origine e famiglia affidataria - minore come previsto dal progetto; queste relazioni si realizzeranno sempre secondo l´intervento del servizio competente. La funzione di gestore e mediatore del Servizio competente costituisce la base dell’ultima fase del processo, quella della valutazione e verifica. Questo momento fondamentale apre nuovamente la relazione tra il servizio di territorio e il servizio affidi per la revisione dei criteri di selezione e abbinamento delle famiglie e può portare alla chiusura dell´affidamento familiare riportando il minore alla famiglia di origine nel momento in cui diventi nuovamente funzionale.
Esiste poi tutta una serie di procedure specifiche per le richieste di affidamento, regolate da leggi molto severe. Ed è giusto che sia così. Se fossero sempre applicate con altrettanta severità.
In tutti i casi, comunque, la legge prevede che i primi ad essere consultati siano gli stessi minori, i bambini, che devono essere informati e preparati e che invece, nella quasi totalità dei casi, sono trattati come veri e propri “pacchi postali” a seconda delle decisioni dei vari servizi di affidamento o servizi sociali.
Allo stesso modo, esistono diverse tipologie di affidamento: a lungo termine (fino a due anni e solitamente applicato alle situazioni più complesse); a medio termine (fino a 18 mesi); a breve termine (da 6 a 8 mesi), a tempo parziale (alcune ore giornaliere).
L´affido può essere applicato con il consenso dei genitori (consensuale) oppure con provvedimento emanato dal tribunale dei minori (giudiziale) ed è qui che sorgono ulteriori problemi in seguito alle interpretazioni dei singoli tribunali in merito alla legge in questione. Spesso infatti, il giudice decide di non consultare il minore (che ha tale diritto a partire dal dodicesimo anno di età) ed emette sentenze che possono andare a danno, prima di tutti, dello stesso bambino, fatto oggetto di scambio.
Capita sovente che il tribunale non conceda udienza al minore anche sotto la stessa richiesta dei genitori.
L´istruttoria-capestro
La fase istruttoria consiste in alcuni colloqui con l´assistente sociale e gli psicologi affidati al caso specifico. Ma che cosa succede quando tali figure non hanno i necessari requisiti per assolvere al proprio ufficio? Anche in tal caso gli esempi sono numerosi, e i ricorso ai tribunali dei minori si accumulano, per poi essere i archiviati senza motivazione o addirittura insabbiati. E anche di questo esistono casi documentati, specie quando gli assistenti sociali che, per norma, sono tenuti a conoscere e consultare più volte tutti i componenti della famiglia che vengono a contatto con i bambini, non svolgono tale obbligo, prendendo decisioni sulla base di un solo incontro durato mezz´ora. E può capitare che in base a tali superficiali incontri, venga raccomandata al tribunale la procedura di affidamento anche “sine die”, ovvero: al minore è impedito di frequentare la famiglia di origine fino al raggiungimento della maggiore età. A quel punto il danno è fatto e, spesso, irreversibile, e si trascina a volte per il resto della vita.
Non è raro che, a volte, molti avvocati matrimonialisti giudichino l´operato degli assistenti sociali, “più dannoso di un´epidemia di colera”...
Chi è l´assistente sociale?
Per definizione, dovrebbe essere una figura altamente qualificata che, in base a determinati principi, conoscenze e metodi, svolge la propria attività nell´ambito organizzativo delle risorse sociali, messe a disposizione dalle amministrazioni. E già questo è un punto dolente, visto che le disponibilità sono oltremodo inadeguate.
Per definizione, un professionista che opera con autonomia tecnico-professionale e di giudizio in tutte le fasi dell´intervento per la prevenzione, il sostegno ed il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità in situazione di bisogno e di disagio e può svolgere attività didattico-formative. Inoltre è chiamato a svolgere compiti di gestione, concorre all´organizzazione e alla programmazione e può esercitare attività di coordinamento e di direzione dei Servizi Sociali. La professione dell´Assistente Sociale può essere esercitata in forma autonoma o di rapporto di lavoro subordinato. Nella collaborazione con l´autorità giudiziaria, l´attività dell´Assistente Sociale ha esclusivamente funzione tecnico-professionale.
Secondo la norma di legge l´assistente sociale deve essere in possesso di particolari requisiti, di una laurea di 1° o di 2° libello, o dottorato in Ricerca e Servizio Sociale, Sociologia, Metodo e Tecnica del servizio Sociale. E´ altresì necessaria l´inscrizione all´Albo Professionale (CNOAS) previa abilitazione professionale da sostenere con un esame di stato. L´Albo è poi diviso a livello regionale e strutturato in due sezioni: La Sezione A per gli specialisti, ovvero i laureati di 2°livello, i quali assolvono sia le competenze della Sezione B, sia la elaborazione di programmi nel campo delle politiche e del servizio sociale, oltre ad analisi e valutazione degli interventi relativi al proprio servizio di categoria; supervisione e valutazione della qualità degli interventi di tirocinanti e studenti in laurea specialistica e altre specifiche. Nonché prevenzione, analisi, organizzazione, gestione, formazione. La Sezione B per gli assistenti sociali con laurea di 1°livello.
La burla degli “incontri protetti”
Quando gli assistenti sociali lo ritengono necessario, e quindi a livello assolutamente arbitrario e senza consultare i genitori, decidono, per esempio, che in un caos di separazione dove marito e moglie siano in disaccordo, la situazione renda necessario che il padre, ovvero colui che nella quasi assoluta totalità dei casi è allontanato dalla custodia dei figli, debba incontrare per un tempo prestabilito a giorni prestabiliti (solitamente un´ora per due volte alla settimana) i propri figli, in un luogo deciso dagli stessi assistenti sociali e sotto la loro sorveglianza. Sorveglianza che si solito è svolta da un tirocinante senza la necessaria esperienza.
Una delle “tecniche” prescrive che l´incontro debba svolgersi in una stanza appositamente scelta. E qui i bambini dovrebbero sentirsi a loro agio. In una stanza sconosciuta, di un ambiente sconosciuto, sotto lo sguardo di una persona sconosciuta che nulla sa e nulla conosce né di loro, né della situazione che stanno vivendo, né del padre, né della madre. Da questa situazione, l´assistente sociale dovrebbe trarre delle conclusioni sul futuro di persone adulte e bambini.
Le relazioni compilate sono poi sottoposte al giudice che deve decidere su affidamento, assegno per alimenti, rapporti interfamiliari, frequentazione dei bambini e quant´altro. Questi rapporti sono, a volte, qualcosa di veramente sorprendente. Compilati con estrema superficialità, lacunosi, con conclusioni assolutamente errate.
Di esempi ce ne sono a migliaia...
E i casi da citare ad esempio sono numerosi. Uno di questi riguarda un padre, I.R. che durante un colloquio racconta alcuni episodi e alcune vicende della storia della propria famiglia, fra le quali quella che vede protagonista il nonno, maresciallo maggiore carabiniere, che purtroppo non aveva potuto conoscere in quanto rimasto ucciso per mano di banditi che si spacciavano per partigiani durante il novembre 1943. Nella relazione che i servizi sociali presentano al giudice si legge che il “nonno era stato ucciso in un conflitto a fuoco con i Carabinieri“...!
Questo a sottolineare la perizia, la professionalità e lo zelo che certi operatori mettono nello svolgere il proprio lavoro. Ma c´è di più: convinti di essere nel giusto, hanno ribattuto che a sbagliare sarebbe stato I.R. nell´esporre la storia della propria famiglia...!! Viene poi raccomandato al giudice di proibire la frequentazione dei bambini con il nonno paterno, padre di I.R., poiché i bambini lo vedevano come figura forte e del quale parlavano spesso durante i colloqui con gli educatori. Il nonno paterno, senza che sia stato effettuato alcun colloquio approfondito, viene considerata figura deleteria per la salute mentale dei bambini! E questo è solo un esempio isolato della assoluta incapacità e incompetenza di alcuni assistenti sociali. Questo episodio si è verificato a Genova, al distretto sociale di via Torricelli, dove la pratica che si è citata come esempio, è stata affidata a dei tirocinanti senza i necessari requisiti. E solo per disaccordi con la madre, a I.R. è stato proibito di vedere i propri figli per oltre due mesi, poiché considerato persona non affidabile e non responsabile, non si sa però in base a quali parametri. Per la cronaca, I.R. svolge la il proprio lavoro nel settore della comunicazione da libero professionista, a livello dirigenziale, coordinando il lavoro di diverse altre figure professionali a lui sottoposte.
Lo stesso distretto sociale non ha fatto e non fa nulla nonostante la palese violazione della legge secondo la quale nessuno può interferire sulla frequenza e la durata delle conversazioni telefoniche fra padre e figli che costantemente sono ostacolate, oltre che dalla stessa madre (la quale non permette oltre due contatti al giorno) specialmente dalla nonna materna, che secondo quanto dicono gli stessi bambini, ha un atteggiamento ostile e si rende responsabile di trattamento tutt´altro che affettuosi nei confronti degli stessi minori.
Un altro caso è stato portato all´attenzione della cronaca dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, che ha preso una posizione apertamente contraria a quella del tribunale dei Minori di Milano. La vicenda riguarda la famiglia Rotilio, che, secondo quando afferma lo stesso Formigoni, “ha la sola colpa di vivere in povertà”. Otto figli più i genitori che vivono nella stessa stanza. Questo, secondo gli assistenti sociali, il motivo sufficiente a togliere la custodia genitoriale dei bambini.
Contro la proposta si sono scagliato sia il governatore Formigoni, sia l´allora sindaco di Cava Manara (Pavia), Giancarlo Mazza, sia don Oreste Benzi che la scrittrice Barbara Alberti. “Una decisione mostruosa”; “un atto ignobile”; “Non sono da dividere: è un esempio di famiglia unita nonostante le condizioni di indigenza”, sono state alcune delle critiche mosse agli assistenti sociali e al tribunale dei minori, per i quali calza a pennello il principio che “i poveri non possono permettersi di crescere figli”.