beh per quanto introvabile l'originale,
possiamo leggere tutto il repechage
courtesy ''Libero'' del 24 maggio, ovviamente
solo per completezza
Quando sinistra e Repubblica attaccavano «il guitto Falcone»
Adesso i compagni lo osannano come l’«amico Giovanni», ma nel gennaio del ’92 il quotidiano di Mauro lo massacrò: «Sempre in tv, incarna i peggiori vizi nazionali»
Fare memoria, nell’anniversario della strage di quel maledetto sabato di 20 anni fa, è anche questo. Perchéèfacile, potenzadellatv, ricordare Orlando che accusò Falcone di «tenere le carte nei cassetti» (accusa costata all’«amico Giovanni» di oggi un procedimento davanti al Csm), o il «Giovanni, non mi piaci nel Palazzo» di un altro retino doc dell’epoca, l’avvocato Alfredo Galasso, durante una storica staffetta televisiva antimafia, a un mese dall’uccisionedi Liberograssi, tra Maurizio Costanzo e Michele Santoro, a settembre del 1991.
Ma pochi forse ricordano un articolo firmato dal blasonato Sandro Viola pubblicato il 9 gennaio del 1992 darepubblicae adesso prudentemente rimosso dal sito internet del quotidiano di Ezio Mauro. «Falcone che peccato...», il titolo. Che non rende appieno l’attacco, durissimo, al magistrato che quattromesidoposarebbestatoammazzato sull’autostrada, a Capaci.
«Da qualche tempo – scrive Viola nell’editoriale – sta diventando difficile guardare al giudice Falcone col rispetto che s’era guadagnato. Egli è stato preso infatti da una febbre di presenzialismo. Sembra dominato daquell’impulsoirrefrenabilea parlare cheoggi rappresenta il piùindecente dei vizi nazionali». Viola si chiede«comemaiunvalorosomagistrato desideri essere un mediocre pubblicista». E attacca proprio Cose dicosanostra, diventatodopolestragi del ’92 una sorta di testamento morale di Falcone. «Scorrendo il libro-intervista – scrive ancora l’editorialista – s’avverte l’eruzione d’una vanità, d’una spinta a descriversi, a celebrarsi, comesenecolgono nelle interviste del ministro De Michelis o dei guitti televisivi».
Non che Repubblica non fosse in buona compagnia, quanto a “sinistri” attacchi.
Paolo Borsellino, vittima anche lui (57 giorni dopo Capaci, il 19 luglio del ’92) di quell’estate di sangue, diceva che l’«amico Giovanni» (stavolta sì che la familiarità èautentica),avevacominciatoamorire quando il fuoco amico dei colleghi gli aveva sbarrato la strada nel 1988, alla nomina a procuratore capodi Palermo. Fu Md- tra le toghe di sinistra si distinse Elena Paciotti, poi europarlamentare Pd - a guidare la crociata contro Falcone. Esempre il fuoco amico di sinistra e colleghi di sinistra sbarrò a Falcone, poco prima di morire, la strada alla nomina alla guida della neonata Direzione nazionale antimafia. «Falcone superprocuratore? Non può farlo, vi dico perché», tuonaronoicompagni sull’unità. Il tritolo di Capaci, poi, fece il resto.
Al neosindacoleolucaorlando- fu lui, dasindaco, a sposare nel 1986 Giovanni Falcone e Francesca Morvillo - Maria Falcone, la sorella del magistrato ucciso, ha mandato a dire, oggi: «Dica quattro parole: “Con Falcone ho sbagliato”». Madaorlandoè arrivato il niet: «Esprimo il mio rammarico umano per quell’incomprensione. Ma ribadisco che il compito del politicoè diversoda quellodelmagistrato». L’«amico Giovanni» non merita scuse. Neanche da morto.