ABBIAMO DUE VITE: LA SECONDA INIZIA QUANDO CI RENDIAMO CONTO DI AVERNE SOLO UNA

Stiamo proprio cadendo nella (era troppo pesante) facciamo cacca dai ......


ALGHERO. Un pescatore algherese, Cesare Goffi, di 68 anni, è stato colpito da un infarto,
ed è attualmente ricoverato nel reparto di medicina dell’ospedale civile, dopo aver scoperto che l’appartamento dove vive in via Asfodelo,
a due passi dal piazzale della Pace, era stato occupato da due rumeni.
É lo stesso Goffi, le cui condizioni di salute si sarebbero stabilizzate, a raccontare della incredibile vicenda vissuta nei giorni scorsi.

«Da qualche mese ci siamo spostati dalla nostra abitazione - dice - per assistere mia madre, avanti negli anni,
le cui condizioni di salute di sono aggravate recentemente e ha quindi bisogno di assistenza 24 ore su 24.
Non possiamo lasciarla da sola. Abbiamo regolarmente chiuso la nostra casa in via Asfodelo e quindi ci siamo trasferiti.
Ma qualche giorno fa, passando davanti alla nostra palazzina, abbiamo avuto la sgradita sorpresa di vedere le finestre aperte.
Noi avevamo lasciato tutto chiuso.
Sono salito al terzo piano e ho trovato il mio appartamento occupato da due persone, uomini, presumibilmente di nazionalità rumena».
 
Ultima modifica:
Della vicenda dovrebbe essere stata informata anche l’amministrazione comunale, attraverso la Polizia Locale.
«In quei pochi minuti che sono rimasto in casa, prima di stare male, - aggiunge il pescatore -
ho notato che dall’appartamento mancava molta roba, arredi ma non solo, oggetti raccolti in un vita,
che ora erano nelle mani di persone sconosciute che con prepotenza si sono introdotti nell’abitazione.
Una esperienza incredibile, che ha sconvolto la mia vita,difficile perfino credere che situazioni
di questo genere possano verificarsi in una città come Alghero. Spero di rientrare in possesso della mia casa il prima possibile».

Tra i timori dell’uomo c’è anche il sospetto che dall’appartamento siano spariti anche beni di un certo valore.
La vicenda presenta una serie di aspetti che dovranno essere chiariti anche perché attualmente non risulta assunto alcun atto ufficiale
da parte di nessuno.
Indipendentemente dalla denuncia della persona offesa infatti, oggi impedita a formalizzarla a causa delle sue condizioni di salute,
l’ipotesi di reato di occupazione abusiva appare consumato in maniera palese almeno stando al racconto del pescatore algherese.
 
Dura la vita

I fatti risalgono a ieri, secondo quanto raccontato dallo stesso partito di destra.
“Mentre era nei bagni della facoltà – denuncia CasaPound – l’universitaria è stata avvicinata da due studentesse,
presumibilmente appartenenti ai movimenti antagonisti napoletani, che prima le hanno intimato di non metter più piede all’interno della facoltà e dopo sono passate alle mani,
scaraventandola a terra e dando vita a un tentativo di pestaggio, dal quale la ragazza si è difesa, riuscendosi poi ad allontanare".

Una violenza senza senso, culmiata in una seconda aggressione questa volta coltelli alla mano. Come non si vedeva dagli anni di piombo.
"All’uscita della facoltà l’universitaria - continua il comunicato di CasaPound - è stata avvicinata da due ragazzi, che, strattonandola,
l’hanno condotta nell’atrio di un edificio, l’hanno minacciata tenendole chiusa la bocca e, armati di un coltello, l
e hanno ribadito di non recarsi più a seguire i corsi all’università procurandole un taglio sul braccio; uno dei due le ha detto ‘la prossima volta faremo di peggio’”.
 
sempre dura

Brutta avventura per Giancarla Rondinelli, giornalista di Quinta Colonna, il programma condotto da Paolo Del Debbio su Rete 4.

La cronista si stava occupando dell'assegnazione di alcuni alloggi popolari a immigrati a Bari.
A quanto pare prima di girare il servizio la giornalista sarebbe stata aggredita da alcuni immigrati con insulti e minacce.

"Solo il tempestivo intervento dei Carabinieri ha scongiurato il peggio",
 
Ti giri di qua, ti volti di là, ci sono sempre di mezzo i sauditi..........ma mandiamoli a ........

I Maldiviani, da sempre seguaci di un islam mitigato dalle forti radici buddhiste,
stanno conoscendo un periodo di forte re-islamizzazione dei costumi.
Per comprendere la causa di ciò, è necessario guardare ai fattori economici che caratterizzano questo stato insulare.

Esso ha conosciuto una forte crescita economica grazie al turismo, soprattutto occidentale, che è de facto il settore trainante del Paese.
A questa attività preminente, si affianca quella dell’occultamento di fondi esteri, che rende questo posto un doppio paradiso: geografico e fiscale.

La crescita economica ha giovato ad una fascia della popolazione che è andata a formare una classe medio-borghese che ha potuto iniziare a permettersi di istruire i propri figli all’estero.
Proprio qui si snoda il centro dell’analisi. Le mete scelte dai maldiviani per l’educazione delle nuove generazioni risultano estremamente significative.

I giovani maldiviani della middle class sono stati mandati a formarsi, nella stragrande maggioranza dei casi, nelle madrasa pakistane e saudite,
non certo note per insegnare valori di tolleranza e libertà.
Questi ragazzi acculturati, tornati in patria, sono stati i fautori di una capillare diffusione dell’islamismo politico,
se non proprio dello jihadismo, tanto caro a Rihad che, per inciso, è divenuta un’alleata fondamentale.
Il frutto di questo indottrinamento è una cifra, fredda ma che parla da sola.
Su una popolazione di meno di 350.000 persone, sono più di cinquecento i combattenti che si sono recati in Siria a combattere per la causa del califfo.
 
Da parte loro i sauditi stanno investendo nell’arcipelago secondo due linee direttrici:
da un lato politicizzando, dall’altro socializzando la questione religiosa.
Rihad, si spiegava prima, ha sostituito i classici alleati delle Maldive:
segnale di questo, oltre alla rottura critica con la politica mediorientale dell’Iran,
è stata l’apertura della prima ambasciata saudita su suolo maldiviano, nell’agosto 2015.

Gli arabi hanno investito, in linea con la loro classica strategia, nella costruzione di scuole coraniche wahabite ed ong islamiche per l’assistenza alla popolazione.
Questo assedio per un ritorno, nel caso in esame, per un primo approccio, all’islam radicale, si è esplicato negli effetti desiderati.
La popolazione più povera delle Maldive ha assorbito l’indottrinamento dei nuovi chierici della classe borghese
e per primi i media locali registrano i segnali del nuovo pericolosissimo fervore.
Sarebbe banale parlare solo della diffusione mai conosciuta prima dell’hijab e delle barbe lunghe,
in precedenza evitati per tradizione e di per sé non estremamente indicativi.

Non è affatto però banale riportare le notizie locali che hanno descritto i cortei svoltisi nel corso di tutto quest’anno,
in cui, oltre agli slogan per una re-islamizzazione radicale della società, hanno troneggiato diverse bandiere dell’ISIS.
Comprendendo le minacce all’economia del turismo, l’unica vera economia nazionale,
che deriverebbero dal diffondersi di notizie circa il rischio di attentati,
notizie provenienti anche dal dipartimento di stato USA, il governo sta mostrando una reazione al terrorismo, più che reale di facciata.
 
Ma scherziamo ? Se li trovavano a pinco palla va subito in galera

Il giudice Giovanna Di Rosa, presidente del tribunale di sorveglianza, aveva appena firmato il provvedimento
che lo rispediva a scontare in carcere la lunga pena che gli è stata inflitta per i ricatti alla Juve, le bancarotte, le corruzioni.
Motivo della decisione del giudice, una nuova scoperta della Procura della Repubblica: un milione e settecentomila euro di fondi neri

Corona però si precipita in tribunale insieme al suo avvocato Ivano Chiesa, e ottiene un congelamento del provvedimento.
Il giudice lo lascia a piede libero, in attesa che il tribunale si pronunci sul suo caso, il prossimo 21 gennaio
 
E questi fanno il paio con quelli di sopra....gran bel mondo di cacca

Finanziati dagli Usa (ma con riserva)

A partire dal 2013, l’Usaid (United States Agency for International Development) ha finanziato gli elmetti bianchi con aiuti pari a 23 milioni di dollari.
Il braccio destro del responsabile siriano dei “white helmets” è Zouheir Albounni, un impiegato dell’Usaid, come scrive Business Insider.
L’organizzazione è sostenuta anche da Regno Unito, Giappone, Danimarca e Germania.

Ma come è possibile che gli elmetti bianchi possano essere super partes se vengono foraggiati da governi attivi – chi in un modo e chi nell’altro – nel conflitto siriano?
È semplicemente impossibile.
Gli elmetti bianchi, inoltre, agiscono solamente nelle zone controllate dai ribelli ed è per questo scorretto chiamarli “protezione civile siriana”.
Ma non solo. Nella sezione “Broken promises” del loro sito, i “white helmets” ricordano che l’Onu ha giurato più volte di intervenire in Siria contro Assad,
senza però mantenere mai la promessa. Promessa che deve essere rispettata “usando la forza per proteggere i civili”.
Facendo guerra al governo siriano, insomma.

Ciò che colpisce, nella storia degli elmetti bianchi, è il ruolo ambiguo degli Stati Uniti, loro grandi finanziatori.
Lo scorso aprile gli Usa hanno vietato l’ingresso a Raed Saleh, responsabile dei “white helmets” in Siria.
Non appena Saleh è arrivato all’aeroporto di Washington, le autorità americane gli hanno comunicato che il “suo visto era stato annullato”. Il motivo? Sconosciuto.

Pochi giorni dopo, il portavoce della Casa Bianca, Mark Toner, è stato incalzato dai giornalisti:
“Comandate questi gruppi, continuerete a supportarli, eppure avete revocato il visto al loro leader. Non ha alcun senso”, ha detto un giornalista.
Il portavoce non è riuscito a dare una risposta convincente. Ha balbettato:
“Non possiamo parlare di ogni singolo caso di visto”. E poi, cambiando totalmente registro, dopo aver elogiato gli elmetti bianchi, ha detto: “Abbiamo dato loro 23 milioni di dollari”.
 
Visti negati a parte, gli elmetti bianchi piacciono a certi ambienti americani.
Lo staff di Hillary Clinton, per esempio, impazzisce per loro.
Laura Rosemberg, Foreign Policy Advisor di Hillary Clinton, il 19 agosto scorso twittava:
“Quando le bombe cadono come pioggia, loro gli corrono incontro. Ispirata dai ‘White Helmets’ e dagli altri che aiutano color che hanno bisogno nel mondo”.

Come ricorda Le Mesurier, all’inizio delle attività in Siria, “distribuivamo un sacco di equipaggiamento…
e mi ricordo che loro ci ringraziavano per i computer portatili e per gli strumenti di comunicazione che li aiutavano a connettersi a internet”.
Già, perché gli elmetti bianchi hanno solamente compiti difensivi e mai offensivi.

Eppure basta cercare “white helmets” su YouTube per rendersi conto che, troppo spesso, i soccorritori impugnano armi e si trovano in compagnia di gruppi radicali, come per esempio Al Nusra.

Non solo. Sul web è disponibile anche un filmato in cui si vede l’esecuzione di un uomo siriano da parte di un gruppo ribelle molto probabilmente legato ad Al Qaida.
Sembra un filmato dell’Isis, anche se realizzato con tecniche di bassissima qualità.
Il boia proclama la condanna poi spara alla vittima.
Pochi secondi dopo arrivano gli elmetti bianchi per raccogliere il corpo del defunto. E vanno via così, come se niente fosse.

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