Adriano Olivetti

La fortuna di Olivetti è che è stato coinvolto nella prima e seconda fase di sviluppo del capitalismo in Italia e quindi le più favorevoli.... poi logicamente dipende dai singoli come applicare alla realtà questa fortuna elui lo ha fato meglio di altri...
 
Questa sera sulla RAI andrà in onda la prima puntata della fiction sulla storia della vita di Adriano Olivetti.

Non prevedo di vedere questo sceneggiato. Del resto, non ho visto nemmeno Miss Italia 2013.

Qualche giorno fa ho letto che, per esigenze di òdiens, nell'opera televisiva si è voluto dare credito all'inevitabile tesi complottistica, ipotizzando che le morti di due personaggi chiave di Olivetti siano state decise da qualche Oscuro Signore (Voldemort, Darth Sidious, la Cia, gli Ebrei, i Massoni: scegliete voi).
La figlia di uno dei due presunti assassinati ha commentato un po' infastidita che l'incidente stradale nel quale perse la vita suo padre non aveva nulla di complottistico.
(OT Ma ovviamente un complottista DOC dirà che la figlia dice così perché è stata minacciata / corrotta: la testimonianza contraria alla tesi complottista è sempre falsa, per definizione).

Basta guglare un po' e si trovano frammenti di complotto dappertutto, ad esempio:
L’Olivetti – nelle parole del tesoriere Mario Caglieris – è “una fabbrica fondata su un preciso codice morale, per il quale il profitto viene destinato. prima di tutto agli investimenti, poi alle retribuzioni e ai servizi sociali, in ultimo agli azionisti con il vincolo di non creare mai disoccupazione”.
La scommessa, professionale e scientifica, di Adriano Olivetti non si limita a confrontarsi con la concorrenza di quegli scienziati che, negli anni Cinquanta, stanno gettando le basi dell’informatica moderna, ma si intreccia anche con le dinamiche della Guerra Fredda.
A cominciare dalla nomina del giovane ricercatore italo-cinese Mario Tchou alla guida del costituendo Laboratorio di ricerche elettroniche di Ivrea, nel 1954, poi trasferito a Barbaricina, vicino Pisa. L’intento del Laboratorio è quello di gettare le basi progettuali per creare il primo calcolatore elettronico da destinare al mercato.
Nel 1959 è pronto Elea 9003 – acronimo di Elaboratore elettronico automatico – terzo prototipo dopo Elea 9001 ed Elea 9002, nonché il primo calcolatore a transistor commerciale della storia. Con l’ingresso ufficiale nel campo dell’informatica, l’Italia entra nel ristretto novero dei Paesi industriali in possesso di mezzi e conoscenze definite “sensibili”, ma la politica italiana – cerimonie a parte – non sembra affatto interessata a sostenere e proteggere la nascente industria informatica. L’Olivetti non riceve aiuti di Stato ed è anzi lei stessa a portare le istituzioni nazionali a conoscenza delle potenzialità nel campo informatico, mentre i concorrenti stranieri, ad esempio negli Stati Uniti, godono di somme ingenti stanziate dal governo, soprattutto a scopi militari.
In questo scenario, due eventi tragici danno una svolta al destino dell’informatica italiana. Il primo è la morte d’infarto, nel febbraio 1960, di Adriano Olivetti. Il secondo, nel novembre 1961, è l’incidente stradale in cui il pioniere dell’informatica italiana, Mario Tchou, muore sul colpo.
Secondo Giuseppe Rao, funzionario diplomatico – una delle rare fonti sui movimenti dell’Olivetti nel campo dell’elettronica – numerosi elementi lasciano supporre l’esistenza di un complotto per uccidere Tchou. L’ipotesi è che l’aver affidato ad un “muso giallo” il compito di condurre l’Italia nei segreti dello strategico mondo dell’informatica avrebbe destato le preoccupazioni di chi, in quel momento storico, aveva il maggior interesse a monopolizzarlo o perlomeno a primeggiarvi, gli Stati Uniti. E, fra l’altro, Mario Tchou era stato contattato dall’ambasciata cinese perché anche Pechino iniziava ad avviare studi sui calcolatori.


Io, che sono una mente semplice, mi accontento di pensare alla Sfiga.








A proposito del clima industriale della Olivetti: ricordo che da giovane, all'università, appresi un episiodio.
S'erano verificati dei furti di ingranaggi vari in Olivetti.
Si decise di indagare.
(Probabilmente ai tempi sorvegliare i dipendenti era legale, per cui) venne fuori che i pezzi erano stati rubati da un operaio.
L'operaio fu condotto davanti a Olivetti.

Confessò che era lui il ladro.
Aveva portato a casa dei pezzi di metallo, ingranaggi...
Ci aveva lavorato su, fuori dall'orario di lavoro.
Aveva fatto un prototipo.
Aveva realizzato una cosa che sarebbe diventata la "Divisumma", una macchina calcolatrice modernissima, per l'epoca.

L'operaio non fu licenziato, bensì promosso...





...Ma credo che questa sia una storia falsa, ché nel web non c'è scritta, e io so bene che è vero solo quello che c'è nel web.
 
Ultima modifica:
...Qualche giorno fa ho letto che, per esigenze di òdiens, nell'opera televisiva si è voluto dare credito all'inevitabile tesi complottistica, ipotizzando che le morti di due personaggi chiave di Olivetti siano state decise da qualche Oscuro Signore (Voldemort, Darth Sidious, la Cia, gli Ebrei, i Massoni: scegliete voi).
La figlia di uno dei due presunti assassinati ha commentato un po' infastidita che l'incidente stradale nel quale perse la vita suo padre non aveva nulla di complottistico.

pure il Dalmasso è personaggio inventato

d'altronde mi interessa relativamente la fiction (che appunto non è un documentario storico), quanto l'opportunità che ha di portare al pubblico un imprenditore che fu anche un intellettuale di rilievo , esponente tra i più brillanti di quella corrente di pensiero, anti-individualista ed anti-giacobina, che ha annoverato tra gli altri Maritain e prima ancora Schumacher

giusto due nomi , tra altri , dei quali quasi non vi è traccia nel dibattito accademico

con l'aggiunta che Olivetti non fu solo un teorico , ma visse in prima persona le sue idee


... L’Olivetti – nelle parole del tesoriere Mario Caglieris – è “una fabbrica fondata su un preciso codice morale, per il quale il profitto viene destinato. prima di tutto agli investimenti, poi alle retribuzioni e ai servizi sociali, in ultimo agli azionisti con il vincolo di non creare mai disoccupazione”.

ecco , appunto
 
Non prevedo di vedere questo sceneggiato. Del resto, non ho visto nemmeno Miss Italia 2013.

Qualche giorno fa ho letto che, per esigenze di òdiens, nell'opera televisiva si è voluto dare credito all'inevitabile tesi complottistica, ipotizzando che le morti di due personaggi chiave di Olivetti siano state decise da qualche Oscuro Signore (Voldemort, Darth Sidious, la Cia, gli Ebrei, i Massoni: scegliete voi).
La figlia di uno dei due presunti assassinati ha commentato un po' infastidita che l'incidente stradale nel quale perse la vita suo padre non aveva nulla di complottistico.
(OT Ma ovviamente un complottista DOC dirà che la figlia dice così perché è stata minacciata / corrotta: la testimonianza contraria alla tesi complottista è sempre falsa, per definizione).

Basta guglare un po' e si trovano frammenti di complotto dappertutto, ad esempio:
L’Olivetti – nelle parole del tesoriere Mario Caglieris – è “una fabbrica fondata su un preciso codice morale, per il quale il profitto viene destinato. prima di tutto agli investimenti, poi alle retribuzioni e ai servizi sociali, in ultimo agli azionisti con il vincolo di non creare mai disoccupazione”.
La scommessa, professionale e scientifica, di Adriano Olivetti non si limita a confrontarsi con la concorrenza di quegli scienziati che, negli anni Cinquanta, stanno gettando le basi dell’informatica moderna, ma si intreccia anche con le dinamiche della Guerra Fredda.
A cominciare dalla nomina del giovane ricercatore italo-cinese Mario Tchou alla guida del costituendo Laboratorio di ricerche elettroniche di Ivrea, nel 1954, poi trasferito a Barbaricina, vicino Pisa. L’intento del Laboratorio è quello di gettare le basi progettuali per creare il primo calcolatore elettronico da destinare al mercato.
Nel 1959 è pronto Elea 9003 – acronimo di Elaboratore elettronico automatico – terzo prototipo dopo Elea 9001 ed Elea 9002, nonché il primo calcolatore a transistor commerciale della storia. Con l’ingresso ufficiale nel campo dell’informatica, l’Italia entra nel ristretto novero dei Paesi industriali in possesso di mezzi e conoscenze definite “sensibili”, ma la politica italiana – cerimonie a parte – non sembra affatto interessata a sostenere e proteggere la nascente industria informatica. L’Olivetti non riceve aiuti di Stato ed è anzi lei stessa a portare le istituzioni nazionali a conoscenza delle potenzialità nel campo informatico, mentre i concorrenti stranieri, ad esempio negli Stati Uniti, godono di somme ingenti stanziate dal governo, soprattutto a scopi militari.
In questo scenario, due eventi tragici danno una svolta al destino dell’informatica italiana. Il primo è la morte d’infarto, nel febbraio 1960, di Adriano Olivetti. Il secondo, nel novembre 1961, è l’incidente stradale in cui il pioniere dell’informatica italiana, Mario Tchou, muore sul colpo.
Secondo Giuseppe Rao, funzionario diplomatico – una delle rare fonti sui movimenti dell’Olivetti nel campo dell’elettronica – numerosi elementi lasciano supporre l’esistenza di un complotto per uccidere Tchou. L’ipotesi è che l’aver affidato ad un “muso giallo” il compito di condurre l’Italia nei segreti dello strategico mondo dell’informatica avrebbe destato le preoccupazioni di chi, in quel momento storico, aveva il maggior interesse a monopolizzarlo o perlomeno a primeggiarvi, gli Stati Uniti. E, fra l’altro, Mario Tchou era stato contattato dall’ambasciata cinese perché anche Pechino iniziava ad avviare studi sui calcolatori.


Io, che sono una mente semplice, mi accontento di pensare alla Sfiga.








A proposito del clima industriale della Olivetti: ricordo che da giovane, all'università, appresi un episiodio.
S'erano verificati dei furti di ingranaggi vari in Olivetti.
Si decise di indagare.
(Probabilmente ai tempi sorvegliare i dipendenti era legale, per cui) venne fuori che i pezzi erano stati rubati da un operaio.
L'operaio fu condotto davanti a Olivetti.

Confessò che era lui il ladro.
Aveva portato a casa dei pezzi di metallo, ingranaggi...
Ci aveva lavorato su, fuori dall'orario di lavoro.
Aveva fatto un prototipo.
Aveva realizzato una cosa che sarebbe diventata la "Divisumma", una macchina calcolatrice modernissima, per l'epoca.

L'operaio non fu licenziato, bensì promosso...





...Ma credo che questa sia una storia falsa, ché nel web non c'è scritta, e io so bene che è vero solo quello che c'è nel web.

come dire non ascolto sinatra perchè dicono fosse mafioso...
 
Non prevedo di vedere questo sceneggiato. Del resto, non ho visto nemmeno Miss Italia 2013.

Qualche giorno fa ho letto che, per esigenze di òdiens, nell'opera televisiva si è voluto dare credito all'inevitabile tesi complottistica, ipotizzando che le morti di due personaggi chiave di Olivetti siano state decise da qualche Oscuro Signore (Voldemort, Darth Sidious, la Cia, gli Ebrei, i Massoni: scegliete voi).
La figlia di uno dei due presunti assassinati ha commentato un po' infastidita che l'incidente stradale nel quale perse la vita suo padre non aveva nulla di complottistico.
(OT Ma ovviamente un complottista DOC dirà che la figlia dice così perché è stata minacciata / corrotta: la testimonianza contraria alla tesi complottista è sempre falsa, per definizione).

Basta guglare un po' e si trovano frammenti di complotto dappertutto, ad esempio:
L’Olivetti – nelle parole del tesoriere Mario Caglieris – è “una fabbrica fondata su un preciso codice morale, per il quale il profitto viene destinato. prima di tutto agli investimenti, poi alle retribuzioni e ai servizi sociali, in ultimo agli azionisti con il vincolo di non creare mai disoccupazione”.
La scommessa, professionale e scientifica, di Adriano Olivetti non si limita a confrontarsi con la concorrenza di quegli scienziati che, negli anni Cinquanta, stanno gettando le basi dell’informatica moderna, ma si intreccia anche con le dinamiche della Guerra Fredda.
A cominciare dalla nomina del giovane ricercatore italo-cinese Mario Tchou alla guida del costituendo Laboratorio di ricerche elettroniche di Ivrea, nel 1954, poi trasferito a Barbaricina, vicino Pisa. L’intento del Laboratorio è quello di gettare le basi progettuali per creare il primo calcolatore elettronico da destinare al mercato.
Nel 1959 è pronto Elea 9003 – acronimo di Elaboratore elettronico automatico – terzo prototipo dopo Elea 9001 ed Elea 9002, nonché il primo calcolatore a transistor commerciale della storia. Con l’ingresso ufficiale nel campo dell’informatica, l’Italia entra nel ristretto novero dei Paesi industriali in possesso di mezzi e conoscenze definite “sensibili”, ma la politica italiana – cerimonie a parte – non sembra affatto interessata a sostenere e proteggere la nascente industria informatica. L’Olivetti non riceve aiuti di Stato ed è anzi lei stessa a portare le istituzioni nazionali a conoscenza delle potenzialità nel campo informatico, mentre i concorrenti stranieri, ad esempio negli Stati Uniti, godono di somme ingenti stanziate dal governo, soprattutto a scopi militari.
In questo scenario, due eventi tragici danno una svolta al destino dell’informatica italiana. Il primo è la morte d’infarto, nel febbraio 1960, di Adriano Olivetti. Il secondo, nel novembre 1961, è l’incidente stradale in cui il pioniere dell’informatica italiana, Mario Tchou, muore sul colpo.
Secondo Giuseppe Rao, funzionario diplomatico – una delle rare fonti sui movimenti dell’Olivetti nel campo dell’elettronica – numerosi elementi lasciano supporre l’esistenza di un complotto per uccidere Tchou. L’ipotesi è che l’aver affidato ad un “muso giallo” il compito di condurre l’Italia nei segreti dello strategico mondo dell’informatica avrebbe destato le preoccupazioni di chi, in quel momento storico, aveva il maggior interesse a monopolizzarlo o perlomeno a primeggiarvi, gli Stati Uniti. E, fra l’altro, Mario Tchou era stato contattato dall’ambasciata cinese perché anche Pechino iniziava ad avviare studi sui calcolatori.


Io, che sono una mente semplice, mi accontento di pensare alla Sfiga.








A proposito del clima industriale della Olivetti: ricordo che da giovane, all'università, appresi un episiodio.
S'erano verificati dei furti di ingranaggi vari in Olivetti.
Si decise di indagare.
(Probabilmente ai tempi sorvegliare i dipendenti era legale, per cui) venne fuori che i pezzi erano stati rubati da un operaio.
L'operaio fu condotto davanti a Olivetti.

Confessò che era lui il ladro.
Aveva portato a casa dei pezzi di metallo, ingranaggi...
Ci aveva lavorato su, fuori dall'orario di lavoro.
Aveva fatto un prototipo.
Aveva realizzato una cosa che sarebbe diventata la "Divisumma", una macchina calcolatrice modernissima, per l'epoca.

L'operaio non fu licenziato, bensì promosso...





...Ma credo che questa sia una storia falsa, ché nel web non c'è scritta, e io so bene che è vero solo quello che c'è nel web.

:) Che "sia una storia falsa" è VERO!:)
:) Che "è vero solo quello che c'è nel web" è Falso!>:mmmm:

>:mumble: Tant'è che " nel web " ci sei pure/anche TU!:D
 
fu una gran persona :bow:

curioso ciò che ho scritto prima, un po' sovrappensiero... indica che non ho alcuna fiducia di poter assistere in futuro alla proliferazione dei modelli olivettiani :(
:up: Sicuramente!
Un industriale che rispettava i diritti e salute delle maestranze.

;)"modelli olivettiani" sono (stati) applicati: Alba> FERRERO ; Parma> BARILLA ; Maranello> FERRARI....... :Dpoi, a Modena, intervenne LA-FEROCE e.... )

P.S. Gli autori della "fiction" potevano risparmiarsi l'ingerenza (boiata) Americana.
 
Ultima modifica:
Ieri su RaiReplay - e comandàto da mia moglie - ho visto la prima parte di Olivetti.

Ho la sensazione che la parte saliente, ovvero il documentario economico-sociale, sia stato negletto a favore delle trame sentimentali e complottistiche.

Per fortuna, tra i titoli di coda, compare il classico disclaimer dei film "ogni riferimento a persone reali è da intendersi casuale".




Ma... non potevano scegliere un attore un po' più eporediese? :-? Crìbio, anche lui, mica si è sforzato di parlare con una cadenza un po' locale...

Vabbè, l'ha prodotto Luca Barbareschi, chemminghia ci si poteva azpettare? :rolleyes:
 

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