Alla cortese attenzione di Tashtego

Ora tocca a Napolitano. Le accuse che sono emerse nelle ultime ore sono nuove? Niente affatto. Il Giornale le denunciò in tempo reale e un quotidiano come La Stampa ne parlò in un prudentissimo ma preciso retroscena. Chi ora parla di "non scoop" tecnicamente ha ragione. In realtà torto; perché se lo scrive Alan Friedman, ovvero un giornalista anglosassone tutt'altro che ostile all'establishment, con il supporto di interviste a Mario Monti, Carlo De Benedetti, Romando Prodi - videoregistrate e dunque non equivocabili - e con la vetrina simultanea di due grandi testate come il Corriere della Sera e il Financial Times, la notizia prende un altro peso e, come avvenuto con Di Pietro, diventa una Verità; non più un sospetto, ma un fatto mediaticamente incontestabile.
QUIRINALE CERIMONIA PER LO SCAMBIO DI AUGURI CON LE ALTE CARICHE DELLO STATO NAPOLITANO LETTA BOLDRINI GRASSO E dunque coloro che tendono a relativizzare o addirittura ridicolizzare lo scoop sbagliano. Le leggi della comunicazione sono inequivocabili e ben note sia a Friedman che ai navigati interlocutori che si sono concessi al suo microfono. Lo scandalo c'è ed è colossale.
Sa di licenziamento. Già, ma per mano di chi? Del Parlamento e del popolo italiano? Macché, questa è democrazia e la democrazia si sa non è più di moda. Il vero potere risiede altrove - nell'establishment europeista, transnazionale e finanziario - e si esercita in altro maniere, meno desuete, eppure molto efficaci, in quanto fondate non sul consenso elettorale, bensì sul controllo delle leve che determinano il destino dei popoli e dei Paesi.
Dunque: la moneta, il debito pubblico, la possibilità di imporre leggi al di sopra dei Parlamenti nazionali e di dettar legge attraverso organismi sovranazionali, naturalmente privi di sovranità popolare. Non è questo il mondo in cui viviamo? Un mondo in cui i governi non hanno quasi più poteri, i parlamenti non riescono a legiferare e in cui la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e naturalmente l'Unione europea hanno poteri soverchianti?
napolitano letta renzi La sensazione, sgradevolissima ma temo veritiera, è che la vicenda di Napolitano sia "cosa loro" ovvero che risponda a logiche e modalità che sfuggono al comune cittadino e che finiscono per ingannare anche quei politici che, avendo capito dove risiede il vero potere, lo corteggiano nella speranza di essere cooptati.
ANTONIO DI PIETRO E alcuni ci riescono. Giorgio Napolitano, naturalmente. Ma anche Gianfranco Fini, la cui svolta antiberlusconiana si manifestò dopo la sua partecipazione alla Convenzione europea, ovvero al consesso che nella prima metà degli anni Duemila era stato incaricato di elaborare la Costituzione europea. Lì, Gianfranco, l'allievo prediletto di Almirante e uomo dai radicati valori della destra nazionalista, capì chi comanda davvero. E svoltò rinnegando se stesso e diventando strumento nella lotta contro Berlusconi, uno che l'élite non ha mai sopportato.
Milena Gabanelli candidata Stelle al Colle h partb Giorgio Napolitano ha seguito lo stesso percorso. Leggendo "Il tramonto dell'euro" di Alberto Bagnai, troverete riportato un bellissimo discorso in Parlamento in cui Napolitano prevedeva, con straordinaria lungimiranza, le devastazioni che avrebbe provocato la moneta unica. Poi, però, Napolitano divenne europarlamentare. E la sua visione cambiò drasticamente. Di quell'uomo oggi non c'è più traccia.
GIORGIO NAPOLITANO E MARIO MONTI Come Gianfranco, anche Giorgio pensava di essere arrivato, di appartenere a pieno titolo alla super élite transnazionale. Entrambi si sentivano intoccabili; non capivano, però, che le logiche di quell'establishment sono diverse da quelle dei partiti, che le loro leggi, non scritte, sono implacabili e, soprattutto, che non tutti i membri sono uguali. Al suo interno c'è chi conta di più (come Draghi senza dubbio) e chi di meno (come quasi tutti i politici italiani); chi sa e chi non sa; chi viene cooptato nel girone divino e chi, pur partecipando, resta ai margini.
irl44 gianfranco fini romano prodi Ecco, Napolitano apparteneva alla seconda categoria. E ora che non serve più o forse semplicemente perché ha deluso, viene abbandonato a se stesso. Con modalità che sono proprie di quegli ambienti, usando come sicario un giornalista americano, che di nome fa Alan e di cognome Friedman.
 
Sarà Villa Orsetti, la residenza lucchese del giornalista economico statunitense Alan Friedman, nel parco di Villa Reale, la dimora storica dove il principe William e Kate Middleton trascorreranno l'ultima parte della loro luna di miele. Lo annuncia oggi in prima pagina ''Il Giornale della Toscana''. Si tratta di un'antica villa sulle colline intorno a Lucca, di proprietà di Friedman.
 
Un ristorante nello Stato di Anambra, in Nigeria, è stato chiuso dalla polizia perché accusato di preparare piatti a base di carne umana. Il blitz, rivelato dal quotidiano Independent, secondo alcuni si sarebbe svolto diversi mesi fa e in effetti esiste un video che pare risalga ad agosto. La notizia è comunque rimbalzata su tutti i siti internazionali solo oggi.
Gli agenti sono intervenuti dopo una soffiata e nei frigoriferi hanno trovato due teste umane avvolte nel cellophane; nei menu, inoltre, comparivano proprio pietanze cucinate con parti del corpo. Nel locale, situato vicino al famoso mercato Ose-Okwodu, sono state sequestrate anche armi, due fucili AK-47, e diversi telefoni cellulari. Undici persone sono state arrestate.
Storie di cannibalismo non sono rare in Nigeria, ma questa è la prima volta in cui viene individuato un ristorante che ufficialmente propone carne umana sul menu.
 
La mammografia non salverebbe la vita alle donne. Secondo uno studio canadese, appena pubblicato sul British Medical Journal, lo screening mammografico, cioè l’indagine condotta a tappeto su persone fra i 40 e i 59 anni, non riduce la mortalità per tumore al seno, come ci si aspettava, se confrontato con la palpazione. Anzi: porterebbe a sovrastimare i casi e spingerebbe a cure non necessarie. «Almeno per una donna su cinque - ha detto Anthony Miller della University of Toronto, il principale autore dello studio - la diagnosi di tumore, che risulta dalla mammografia, è sbagliata». Il dibattito sull’utilità degli screening va avanti da tempo e alcuni Paesi, come la Svizzera, non promuovono più programmi di questo tipo, proprio perché non sembrano incidere sulla sopravvivenza e portano a trattamenti non solo inutili, ma dannosi per gli effetti collaterali che comportano. PREVENZIONE - «Una cosa è certa - commenta Pierfranco Conte, professore all’Università di Padova e Direttore dell’Oncologia 2 dell’Istituto Oncologico Veneto Irccs -. Con gli screening sono aumentate enormemente le diagnosi di carcinoma mammario cosiddetto in situ: un tumore che non dà metastasi, ma che viene però trattato con la chirurgia e la radioterapia». Molti tumori, infatti, possono anche scomparire, ma una volta che vengono intercettati, è impossibile sapere se sono pericolosi oppure no e vengono curati comunque. Secondo molti esperti, però, non è ancora arrivato il momento di cancellare i programmi di prevenzione (nonostante lo si sia già fatto per un’altra neoplasia, quella della prostata, la cui diagnosi precoce viene fatta attraverso la misurazione del Psa, l’antigene prostatico specifico, nel sangue), ma sarebbe prima opportuno rivedere tutti gli studi finora condotti, compreso quello canadese. Che ha il merito di aver coinvolto 90mila donne e di essere durato 25 anni ed è finora il più ampio riportato dalla letteratura medica, ma che ha anche qualche limite.
SOPRAVVIVENZA - «I canadesi hanno scelto la sopravvivenza come parametro per valutare l’efficacia dello screening - spiega Francesco Di Costanzo, direttore dell’Oncologia nell’Azienda ospedaliera-universitaria Careggi di Firenze - ma probabilmente non è il migliore, soprattutto quando si misura su un lungo arco di tempo. Nel frattempo, infatti, possono intervenire altre malattie che possono portare a morte e confondono i dati. E poi bisogna considerare le macchine: un mammografo di 25 anni fa non è come uno di oggi: il potere diagnostico di questi strumenti è migliorato moltissimo». I dati canadesi, d’altra parte, fanno capire che è arrivato il momento di ripensare i modelli di screening e suggeriscono di tener conto non soltanto della loro efficacia, ma anche dei costi. «Intanto questi risultati dovrebbero scoraggiare certe fughe in avanti - continua Conte -. E cioè l’estensione dello screening: al di sotto dei 45 anni e al di sopra dei 70 non trova attualmente giustificazione». E poi la medicina sta cambiando rapidamente. Il tumore al seno non è una sola malattia, ma un insieme di malattie diverse da un punto di vista genetico, alcune più aggressive, altre indolenti, che hanno in comune solo il fatto di manifestarsi nello stesso organo: la mammella.
IDENTIKIT DEI RISCHI - Gli screening, invece, sono costruiti in base al presupposto che la malattia sia unica. Ecco perché anche gli interventi per la diagnosi precoce andrebbero «personalizzati», «tagliati» cioè sul singolo paziente, esattamente come sta avvenendo per la terapia. Allora: se una persona ha familiarità per il tumore, ha un determinato profilo ormonale, ha certe abitudini che riguardano anche la vita sessuale, va seguita in maniera più accurata con i test (che oggi non contano più soltanto sulla mammografia, ma anche sull’ecografia o sulla risonanza magnetica) rispetto a chi non ha tutte queste caratteristiche. «Un identikit dei rischi - dice Di Costanzo - può permettere di individuare le donne che devono essere seguite con più attenzione. Magari anche con un risparmio sui costi».
 
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Si tratta semplicemente dell' andamento stagionale del debito pubblico. La riduzione del -1.7% del dicembre 2013 è assolutamente in linea con quella dei 10 anni precedenti. Se il trend inverso si conferma con i dati del 14 marzo, allora si potrà dire che qualcosa è cambiato. Per ora è ancora un po' troppo demagogica la notizia...
 
E' quanto accaduto presso la Facoltà di Scienze linguistiche e letterature straniere dell'Università Cattolica di Milano. Mai era successo nella storia dell'università che uno studente compiesse un gesto simile a causa di un esame non andato a buon fine. Andrea M., 23 anni di origini pordenonesi, è stato ufficialmente espulso dalla facoltà e denunciato per vandalismo dopo aver imbrattato il muro della facoltà con bestemmie, alcune anche molto articolate. Il preside, scioccato, non riesce ancora a capire come sia possibile che a compiere tale gesto sia stato uno studente dagli ottimi voti, appartenente ad una famiglia cattolica, benestante e dai buoni principi morali (i genitori sono noti nel territorio per le loro innumerevoli donazioni a cinque zeri a favore di fondazioni filocristiane). "Non è possibile che per fare il traduttore in congressi dell'UE io sia costretto a studiarmi tutta stammerda dio *****, di Dio, Gesù e tutti gli altri scagnozzi non me ne frega un ***** P**** **o m*******o b**t***o." così ha risposto al docente dopo aver saputo l'esito negativo della prova scritta. Ora il giovane, dopo aver dichiarato apertamente di esser stato obbligato dalla madre a frequentare tale università, dovrà risarcire la facoltà con 90 ore obbligatorie di attività socialmente utili, iniziando dalla riverniciatura del muro.
 

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