Lo scandalo vero esplose però quando, nemmeno quattro mesi dopo la sua elezione al papato, Giulio III
nominò cardinale il suo
amante diciassettenne
Innocenzo Del Monte (1532-1577), che aveva già fatto adottare dal fratello Baldovino. (Per questo oggi gli storici eterosessuali
occultano lo scandalo dicendo genericamente che fece cardinale "un
figlio").
Dal Monte aveva conosciuto
tredicenne Innocenzo (che prima dell'adozione si chiamava Santino) quale figlio d'un suo servo. Il cardinale se ne innamorò perdutamente e barattò la connivenza del padre con consistenti favori.
A premio di tale
prostituzione anche il ragazzo ottenne a quattordici anni redditizi
benefici ecclesiastici.
L'adozione da parte del fratello del cardinale (Baldovino Del Monte) prima e la nomina cardinalizia poi furono il
premio supremo della sua
compiacenza.
La mossa era comunque eccessiva perfino per la corrotta Curia romana, come testimonia appena cinque anni dopo l'accaduto,
Johannes Sleidan:
Papa Giulio nel tempo ch'era Legato [rappresentante del papa]
in Bologna haveva appresso di se un certo giovanetto per nome Innocentio: il qual lo fece Cardinale contra 'l volere & opinion di tutti; e di nuovo [oltre a ciò]
lo ricevè per suo famigliare [lo adottò]
, e gli dette 'l suo cognome e le sue insegne.
In Roma si diceva, e fu ancora scritto in alcuni cartelli, che Giove intratteneva Ganimede, ancor che brutto [nonostante fosse indecente]
.
In oltre il Papa stesso non ricopriva [nascondeva]
questo à gli altri Cardinali: e si dice che à le volte per motteggio [per scherzare]
rac- / p. 762 / contava quanto quel giovanetto fusse lascivo & importuno.
Mentre ch'erano nel Conclave furono prese [intercettate]
certe lettere, che si diceva, che l'haveva scritte à XXVI. de Gennaro un certo Camillo Oliva, famigliare [servitore]
del Cardinal di Mantova, ad Annibal Contino suo amico: ne le quali lettere si ritrovò un Sonetto in lingua volgare; nel quale parlando de la sua affettione e del desiderio, che havea di lui; usava parole tanto disho<ne>
ste, che non si potrebbono raccontare [non si potrebbero riferire]
senza sceleratezza.
[12].
Di quì ne venne il motto [la battuta]
di quelli, che dicevano, che cio significava che doveva essere qualche Papa infame, che uscirebbe del Conclave, d'onde sono uscite simili lettere [era un presagio del fatto che sarebbe uscito un papa infame, da un conclave da cui erano già uscite simili lettere].
[13].
Tale nomina, contro cui
protestarono invano i cardinali più sensibili alla necessità di
riformare i costumi della Chiesa per contrastare la Riforma protestante, suscitò ampio rumore nelle Corti europee: <la nomina> "
destò scandalo in tutta Roma. Non mancò chi disse, e la voce fu accolta da tutta la città, che il papa aveva voluto creare cardinale il suo amante. (...)
L'ambasciatore veneto Matteo Dandolo scriveva che il Dal Monte "era un piccolo furfantello
", e che il cardinal Del Monte "se lo prese in camera e nel proprio letto, come se gli fosse stato figliuolo o nipote
. (...)
[14].
Onofrio Panvinio, riferendosi alla vicenda del Del Monte, scriveva di Giulio III che era "nimie vitae luxuriae et libidinibus intemperanter deditus" [eccessivamente dedito con intemperanza alla vita di lussuria e alle libidini, NdR](...)
e, ancora più esplicitamente, lo definì "puerorum amoribus implicitus
" [
invischiato in amori per ragazzini, NdR]
[15].
Il bello è che la mossa era stata vaticinata da una pasquinata del 1550, scritta durante il conclave, che ammoniva a non far papa Del Monte perché:
Mont'ha capricci tali,
che si vedrian tor furbi dalle strade
e porglia lato della Trinitade.
[16]. Del Monte ha capricci tali
che si vedrebbero togliere dalle strada ragazzacci
e metterli al lato della Trinità.
[16].
Papa Giulio III in un ritratto al museo di Villa Giulia, Roma. (Foto G. Dall'Orto).
La lista dei
commenti scandalizzati dell'epoca è lunghissima.
Due furono le voci principali che sulla vicenda girarono per Roma.
Una, "benevola", affermava che il cardinalato era frutto della predilezione che la scimmia addomesticata del papa mostrava per questo ragazzetto (perché su di lui trovava in abbondanza pulci da mangiare... aggiungevano i più tremendi). A lui in effetti era stata data la cura dell'animale, al punto che ne fu soprannominato "Bertuccino".
Su ciò ironizza per esempio
una cattivissima pasquinata del 1550:
Ama Del Monte con ugual ardore
la scimmia e il servitore.
Egli al vago femmineo garzoncello
ha mandato il cappello: [l'ha nominato cardinale, NdR]
perché la scimmia, a trattamento uguale,
non fa pur cardinale? [17]. L'altra tesi, "malevola" (o "realista"?), affermava invece che il cardinalato era la ricompensa delle prestazioni sessuali del ragazzo, o al più per entrambe le cose, come propone il poeta francese Joachim du Bellay (1522?-1560): Ma vedere uno staffiere, un bambino, una bestia,
un furfante, un poltrone diventare cardinale,
e per aver saputo accudire bene a una scimmia,
un Ganimede avere il rosso [cappello cardinalizio NdR] in testa
(...)
questi miracoli, Morel, accadono solo a Roma.[18]. Qualcuno, come il protestante Théodore Agrippa d'Aubigné (1552-1630)[19]dichiarò ch'eran vere entrambe le ipotesi, ma che il ragazzo era più... "dotato" di quanto sembrasse a prima vista [20].
Gli storici cattolici invece negano, e amen (loro la storia la fanno così: cancellando tutto quello che non fa comodo a loro) [21].
Così del resto aveva fatto già fra Paolo Sarpi (1552-1623), che prudentemente parla solo di un "affetto filiale" che legava il papa al ragazzino, pur lasciando trasparire fra le righe il suo biasimo per tale "paterno" sentimento (ho messo online qui tale commento, con parafrasi in italiano moderno).
Altrettanto prudente (o, più banalmente, censurato) il cardinale PietroSforza Pallavicini (1607-1668), che scrive ormai in piena Controriforma [1656/7]:
Mà quel che imbrattò le primizie del suo Pontificato, fù la prima porpora ch'egli diede. Ne vestì esso un Giovane chiamato Innocenzo, di nazione [nascita] sì oscura, ch'ella rimane ancora ignota alla fama: se non quanto appresso ne fia raccontato.
Nel tempo che Giulio governava Piacenza in qualità di Legato, pose affezione ad un fanciulletto che gli veniva d'intorno festivamente alla tavola: e parendogli di svegliato ingegno, prese ad allevarlo per Dio [per beneficenza]; e il fece studiare.
Avvenne che'l Giovanetto assai avanzò nelle lettere umane: onde il Padrone compiacendosi che quasi la sua perspicacia havesse saputa discernere una pianta di gran pregio ancora in erba, e tra'l fango, si riscaldò nell'affetto, amando quell'allievo sì come parto del suo giudicio; i cui figliuoli si stimano più nostri che quelli del corpo: e col tempo l'affezione pervenne à segno [arrivò a tal punto], che fè adottare Innocenzo da Balduino del Monte suo fratello.
Or Giulio asceso alla podestà d'eleggere i Padri del Concistoro, innanzi ò di rimunerarne il merito in Prelati illustri, ò almeno di favorirne il parentado ne' consanguinei; fù rapito dall'affezione verso Innocenzo, fatto da lui dimorare fin'à quell'ora in Bagnaia Villa vicina di Roma una giornata; promovendolo à un tal Grado mentre non havea forse compiti i diciassett'anni, ed arricchendolo con dodici mila scudi d'entrata.
Mà per onestar [dare apparenza onesta a] quella promozione incomincò egli il Concistoro con parole pregne di zelo appartenenti alla divisata riformazion [relativa alla progettata riforma] del Conclave: proponendo di rinovar le Constituzioni antiche; e d'aggiugner nuove pene contra i mali usi introdotti.
Quindi passò alla creazione del Cardinale, mostrando la necessità della Casa sua, e l'inabilità degli altri Nipoti, e chiedendo ciò in grazia al Collegio.
Al qual beneficio rendè Innocenzo poi quella ingratitudine che si commette nella [con la] mala riusciuta, recando vituperio al Benefattore.[22]. Come se tutto ciò non bastasse, Innocenzo si rivelò uno dei peggiori cardinali che la Chiesa abbia mai avuto: rimasto libero di sé a 23 anni (Giulio III morì nel 1555) fu coinvolto in una catena di stupri (eterosessuali), violenze e perfino omicidii [23].
Ebbe però sempre punizioni molto blande, a riprova del fatto che il Potere è sempre molto indulgente verso i propri esponenti, anche quelli palesemente indegni.