Alla cortese attenzione di Tashtego

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Ion aveva 19 anni quando, nel 2013, è stato ucciso dal patrigno, Andrei Tapis. Si era opposto all'uomo che, per l'ennesima volta, stava litigando brutalmente con sua madre.

Talpis gli ha tolto la vita con una sola coltellata, nella loro casa di Remanzasco, in provincia di Udine. Per l'omicidio era stato condannato all'ergastolo, in appello. La corte di Cassazione, però, ha annullato la sentenza, escludendo - spiega Il Messaggero Veneto - la circostanza aggravante speciale, che viene riconosciuta in caso di omicidio di un consanguineo.


Sul piano civilistico, vale la parificazione di status con i figli legittimi operata dalla legge. Secondo il codice penale, invece, la distinzione permane e basta a escludere l'aggravante speciale che, proprio in virtù dell'esistenza di una discendenza tra la vittima e il suo carnefice, in caso di omicidio prevede la pena del carcere a vita.


Questo ha sostenuto la difesa nel ricorso discusso martedì davanti alla I sezione della Corte di Cassazione e questo hanno affermato i giudici di legittimità nel verdetto emesso a fine giornata.


Il processo, dunque, si dovrà rifare, ma la pena sarà sicuramente molto meno pesante.

Punto e a capo, quindi, ma con un range sanzionatorio enormemente più limitato. L'omicidio commesso la notte del 26 novembre 2013, quando Talpis, 57 anni, originario della Moldavia e all'epoca residente a Remanzacco con la famiglia, colpì mortalmente con un coltello da cucina il figliastro 19enne, potrebbe chiudersi a questo punto con una condanna compresa tra i 20 e i 16 anni.
 
Il 25 agosto 1256 la campana dell'Arengo del palazzo del Podestà chiamò a raccolta i cittadini bolognesi in piazza Maggiore: il Podestà (Bonaccorso da Soresina) ed il Capitano del popolo annunciarono la liberazione di circa 6.000 servi, appartenenti a circa 400 signori (solo la famiglia Prendiparte, proprietaria dell'omonima torre, ne possedeva più di 200). Essi furono riscattati con il pagamento, da parte del tesoro comunale, di 8 (per i bambini) o 10 (per i maggiori di quattordici anni) lire d'argento bolognesi; questi erano grossomodo i prezzi di mercato dei servi. Per la liberazione di 5.855 servi il comune pagò 54.014 lire bolognesi.

In quell'occasione parlò anche Rolandino de' Passaggeri:

« Adamo aveva peccato d'orgoglio e debolezza per questo fu cacciato dal Paradiso. Adamo prima di morire volle che Seth chiedesse al Cherubino il perdono divino. Il Cherubino colse il seme dal pomo dell'albero fatale e lo pose sotto la lingua del morente. Da quel seme nacque un grandissimo albero che seccò dopo mille e mille anni e fu tagliato alla radice. Un giorno giunsero degli uomini che ne segarono due tronchi e con quelle fecero una croce... la Croce di Cristo.
Quindi l'albero del Paradiso, principio della colpa e della schiavitù, diventa l'albero della redenzione e della libertà »
In realtà la liberazione di tanti schiavi fu anche una mossa dettata da interessi economici: oltre ad una probabile miglior resa lavorativa dei servi, dopo la loro liberazione Bologna pianificava di sottoporre alle tasse migliaia di nuovi individui fino ad allora esenti. Per questo il Comune vietò ai servi liberati di spostarsi fuori dall'ambito della diocesi di appartenenza.
 

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