AMARE E' GUARDARE INSIEME NELLA STESSA DIREZiONE E ASCOLTARE LE PAROLE:

Allora Gianni :

gelato

dolci

patatine

pizza

dove ti butti ? :D

semplice ... NUOVA APERTURA DA LUNEDI' 21/7

DOLCE & SALATO


ti aspettiamo per toglierti tutti gli sfizi ....:D:cool::V

poi ci metti due signorine di spalle ..una con un cono gelato e l'altra con la patatina..naturalmente gelato e patatina che sfiorano le labbra..

quando si comincia ?:V:cool:;):D
 
Ultima modifica:
chi ha qualche nome buono di aziende che hanno business in qs settore ?

ROMA (WSI) - La grande sete del mondo mette d’accordo multinazionali ed ambientalisti che, dopo anni di accuse reciproche, ora combattono l’uno al fianco dell’altro la guerra per la salvaguardia di una risorsa sempre più scarsa. Unico l’obiettivo, diversi gli interessi. La politica resta al palo.

Fino a qualche anno fa era un’inezia, ma man mano che il costo della voce «acqua» aumenta nei bilanci, le multinazionali investono cifre sempre maggiori nella sua produzione e salvaguardia. Non è che il mondo di colpo sia entrato in una siccità globale, più che altro sono aumentati enormemente i consumi in Occidente ma soprattutto nei paesi emergenti che in pochi anni hanno immesso nello scenario migliaia di industrie assetate e miliardi di persone alle quali prima bastava l’acqua necessaria per vivere mentre ora consumano quanto e più dei paesi ricchi.

Basti pensare che a un essere umano sono sufficienti 4 litri al giorno per vivere, mentre il fabbisogno europeo di acqua potabile è di 165 litri a testa. Le prospettive sono preoccupanti: se la popolazione mondiale crescerà di un miliardo di persone da qui al 2030, arrivando a 8 miliardi, a far registrare il balzo maggiore, passando da 2 a 5 miliardi, sarà la classe media, quella che consuma beni e servizi per produrre i quali ci vorrà sempre più acqua, indispensabile per l’energia, ad esempio.

Le multinazionali fiutano l’affare ed investono miliardi di dollari per essere autosufficienti. «Il costo dell’acqua sta crescendo in tutto il mondo» spiega al Financial Times Christopher Gasson, dell’istituto di ricerca Global Water Intelligence secondo il quale, inoltre, le aziende che una volta consideravano l’acqua una materia gratuita ora sanno che il suo sfruttamento indiscriminato può «danneggiare il loro marchio, la loro credibilità, la loro valutazione e i costi assicurativi».

Undici anni fa, la Coca Cola dovette chiudere un impianto di imbottigliamento in India dopo le proteste per l’impatto negativo (smentito dalla società) sulla distribuzione idrica locale. Dal 2003 la società di Atlanta ha speso quasi due miliardi di dollari per ridurre il fabbisogno dei suoi impianti nel mondo impiegando anche risorse in campagne per la salvaguardia ambientale, come quella in corso in alcuni Paesi per il riuso delle bottiglie di plastica. Non è l’unica.

La Nestlé ha accantonato 31 milioni per progetti di trattamento delle acque mentre Rio Tinto e Bhp hanno investito in Cile tre miliardi per un dissalatore che darà acqua nelle loro miniere di rame al posto di quella della zona. Perfino Google ha speso cifre considerevoli per raffreddare i server con l’acqua marina in Finlandia o con l’acqua piovana nella Carolina del Sud (Usa).

«Le aziende hanno l’obbligo verso i loro azionisti di massimizzare i profitti e si impegneranno in attività favore dell’ambiente se pensano di fare buoni affari, e poi in questo momento conviene apparire sensibili perché fa bene alle pubbliche relazioni e alla pubblicità», dichiara al Corriere della Sera Reginald Dale, direttore del centro di studi strategici e internazionali di Washington, un organismo impegnato sui temi ecologici.

Secondo l’Onu, però, il vero grande consumatore di acqua è l’agricoltura che assorbe il 70% di quella usata, mentre il 22 va all’industria e l’8 agli usi domestici. Se si escludono i pochi Paesi come Israele attenti, anche per motivi strategici, a gestire le proprie scarse risorse, nel mondo l’uso dell’acqua nei campi, specie quella che arriva dai pozzi, avviene quasi senza controlli.

In un rapporto del 2012 citato dal Financial Times, i servizi segreti americani addirittura prevedono che «nei prossimi dieci anni i problemi idrici contribuiranno a creare instabilità in stati importanti per gli interessi degli Usa». Non ci si rende conto «che stiamo esaurendo l’acqua molto prima del petrolio» dichiara al quotidiano inglese con un certo catastrofismo Peter Brabeck, presidente della Nestlé.

Eppure basterebbe che i governi si impegnassero nella regolamentazione dell’uso e nella riparazione delle reti idriche per risolvere i problemi che attanagliano anche stati americani, come l’Arizona o il Nevada dove, se la situazione non cambierà, si arriverà al razionamento.

Ha fiducia Reginald Dale: «Sarà la forza del mercato a contribuire a risolvere molti dei problemi ambientali, compresa la carenza d’acqua e i cambiamenti climatici. Se guardiamo al rapido progresso delle tecnologie a rispetto ambientale, si capisce che questo sta già avvenendo».
 
Vi do il buongiorno con questa bellissima favola di Cappuccetto Rosso raccontata da Matteo Renzi.
Purtroppo è in inglese (per chi non lo comprende) :D




"The bellissim story of Cappuccett Red" by Matteo Renzi

One mattin the mammy of Cappuccett Red dissed:
– Dear Cappuccett, port this cestell to the nonn, but attention to the lup that is very ma very kattiv! And torn prest! Good luck! And in bocc at the lup!
Cappuccett didn’t cap very well this ultim thing, but went away, da sol, with the cestell.
Cammining cam...
mining and cammining in the cuor of the forest, at a cert punt she incontered the lup, who dissed:
– Wow! Little toc of girl, ‘ndove do you go?
– I go to the nonn with this little cest, which is little but it is full of a sacc of chocolate and biscots and panettons and more and mirtills – risposed Cappuccett Red.
– Hostregate, what a cul I have! – dissed the lup, with a fium of aquolin out of the bocc. And so the lup adjunsed:
– Beh, now I dev andar because my telephonin is squilling, sorry.
And the lup went away, but not very away, but to the nonn’s house.
Cappuccett Red, who was very ma very lent, lent un casin, continued for her sentier in the forest. The lup arrived at the house, suoned the campanel, entered, and after saluting the nonn, magned her in one boccon.
Allor, after sputing the dentier, he indossed the ridicol night berret and fikked himself in the let. When Cappuccett Red came to the nonn’s house, suoned and entered.
But when the little and stupid girl saw the nonn (non was the nonn, but the lup, you ricord?) dissed:
– But nonn, why do you stay in let?
And the fint nonn:
– Oh, I’ve stort my cavigl doing aerobics...
– Oh, poor nonn! – dissed Cappuccett (she was more than strunz, I cred) – But... what big okks you have! Do you have bisogn some collir?
– Oh no! It’s for veder you megl, my dear (and stupid) little girl – dissed the nonn-lup.
Allor Cappuccett, who was more dur than a block of marm:
– But what big oreks you have! Do you have fors the orekkions?
– Oh no! It is to ascolt you megl.
And Cappuccett (that I cred was now really rincoglionited) dissed:
– But what big dents you have!
And the lup, at this point dissed:
– It is to magn you megl! – and magned really tutt quant the poor little girl.
But out of the house a simpatic, curious and innocent cacciator (of frod) sented all and dissed:
– Cazz! A lup! Its pellicc vals a sac of solds!
And so, spinted only by the compassion for the little girl, butted a terr many quantity of volps, fringuells and conigls that he had ammazzed till that moment, imbracced the fucil, entered in the stanz and killed the lup kattiv.
Allor squarced his panz (being attent not to rovin the pellicc) and tired fora the nonn (still viv) and Cappuccett (still strunz and more rincoglionited).
And so, at the end, the cacciator (of frod) vended the pellicc and guadagned honestly a sacc of solds. The nonn magned tutt the leccornies that were in the cestell. Insom, everybody lived felix and content (excluse the lup).
 
Ecco tutti i trucchi della Merkel per nascondere i buchi di Berlino
Dalla Cassa depositi e prestiti ai tassi di occupazione, ecco tutti i trucchi della Merkel per spadroneggiare in Europa

A Bruxelles spadroneggia la Germania. Angela Merkel fa il bello e il cattivo tempo. Quello che decide la cancelliera, è legge per tutti i Paesi dell'Eurozona.

Eppure i tedeschi non sono migliori di noi italiani che passiamo per spendaccioni, disorganizzati e inaffidabili. In realtà i tedeschi sono soltanto molto più bravi a nascondere le proprie magagne economiche per truccare il debito pubblico e avere voce in capitolo su tutte le decisioni che vengono prese dall'Unione europea. Che non fosse otto tutto quello che luccica a Berlino era un sentore piuttosto comune. Adesso, però, un attento studio compilato da una équipe della università di Linz, riportato oggi da ItaliaOggi, mette a nudo tutti i trucchi legali per nascondere lo sporco sotto il tappeto.

Andiamo con ordine. E partiamo dalla Cassa depositi e presiti, mare magnum dei buchi e degli sprechi della politica italiana. L'istituto, presieduto da Franco Bassanini e controllato per l'80% dal Tesoro, emette ogni anni 320 milioni di obbligazioni che il ministero dell'Economia è tenuto a contabilizzare nel debito pubblico. In Germania c'è un carrozzone analogo: Kreditanstalt für Wiederaufbau (la Banca della Ricostruzione). Peccato che la Kfw, sebbene per l'80% in mano al governo federale, non sia tenuta ad attenersi alle regole della Cdp. Nell'ultimo anno, per esempio, ha emesso obbligazioni per 500 miliardi di euro. Cifra monstre che è servito a finanziare una caterva di interventi pubblici ma di cui non c'è alcuna traccia nel debito pubblico della Germania. Un trucco di magia messo a segno dal governo nazionale che, grazie a una leggina ad hoc, ha escluso dal conteggio del deficit "le società pubbliche che coprono la metà dei propri costi con ricavi di mercato".

Nel deficit non v'è nemmeno traccia di tutti i debiti degli enti locali. Qui la magia è fatta dal federalismo. Mentre in Italia i deficit di Regioni, Comuni e Province finiscono nel grande calderone del debito pubblico, i 600 miliardi di buco dei länder tedeschi restano rintanati nei bilanci locali. Il trucchetto ha una dobbia utilità: da una parte facilita la Germania a rimanere sotto il tetto del 3%, dall'altra la Merkel può permettersi di pareggiare i bilancia entro il 2020 anziché, come invece è stato imposto a noi, entro il 2015. Cinque anni di agio in più che evitano alla cancelliera di fare quella carneficina sociale a cui, dall'ex premier Mario Monti in poi, ci hanno abituato i nostri governi. 

La Germania bara anche sui tassi che calcolano l'occupazione. Il dato sbandierato dall'Eurostat, che fissa la disoccupazione tedesca al 5%, è infatti truccato. La gabola è semplice: tra gli occupati rientra anche chi ha un "mini job", ovvero un contratto trimestrale da 400 euro al mese e senza alcuna prospettiva di assunzione. Secondo lo studio riportato da ItaliaOggi, dunque, lo scarto tra il 12,7% di disoccupazione italiana e il 5% di quella tedesca la forbice è molto più stretta. Tanto che in molti ricorrono al lavoro nero. Secondo gli economisti tedeschi, 350 miliardi di euro vengono sottratti ogni anno dalle casse dello Stato (circa il 13% della produzione totale). 

La Merkel può contare anche sul sistema bancario tedesco che, a differenza di quello italiano, è ancora pubblico. Anche in questo caso il vantaggio è doppio. Dal momento che anche le banche regionali sono pubbliche, anche i crediti inesigibili (circa 637 miliardi, euro più euro meno) vanno a finire sul conto del depito pubblico. Eppure non figurano. Come non figurano i debiti delle banche nazionali. Controllandone circa il 45%, la Merkel può usare il sistema bancario tedesco a suo uso e consumo. Come? Per esempio svendendo i titoli di Stato italiani e ritoccando all'insù lo spread coi Bund. Un giochetto che è servito, guarda un po', a far leva perché Silvio Berlusconi lasciasse Palazzo Chigi. Un uso politico del sistema bancario e della finanza che Bruxelles avrebbe dovuto sanzionare. Come non sanziona mai la Bundesbank ogni qual volta che interviene in prima persona alle aste dei titoli di Stato tedeschi. Non appena i titoli rischiano di finire sul mercato secondario, ecco che la Buba ci mette lo zampino contravvenendo apertamente al trattato di Maastricht.

I ricercatori dell'università di Linz hanno, infine, messo in luce come la Germania se ne infischi del six pack, ovvero il pacchetto di direttive concordate nel 2011 per contenere il rapporto deficit-pil sotto il tetto del 3% il surplus sotto il 6%. Ebbene, di queste direttive Berlino se ne infischia alla grandissima. Tanto che nell'ultimo quinquennio ha tenuto l'avanzo al 7% senza che a Bruxelles nessuno osasse dire alcunché alla Merkel. Finché tirerà quest'aria, la cancelliera non potrà che dormire sonni tranquilli.

Cose sapute da anni ma nessuno glielo dice :clap::clap:

giorno oggi patate per tutti questa è una patatona divento tifoso dell'inter:-o:-o

FOTO Nabilla Benattia, la sexy fidanzata di M'Vila - Corriere dello Sport.it
 

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