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Il debito USA è schiacciante! (Seconda parte)



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Nota di Zio: Mi sono registrato sul sito Deshgold di Gennaro Porcelli per poter
scaricare gratis il suo ebook sull'oro e sulla moneta fiat (senza valore intrinseco)
vi consiglio di non perderlo perché sarebbe un grave errore non leggerlo!!

Ziobarbero
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schiavi-del-debito.jpg


PREMESSA
Fino agli anni ’70 del secolo scorso, l’americano medio vedeva il suo reddito crescere costantemente. Risparmiava e investiva.
Difatti dagli anni ’50 in poi negli States la versione del capitalismo predominante era quella “manageriale produttivista”.
Nelle grandi aziende vi era una (quasi) netta separazione tra il management e i proprietari.
Il management delle società private aveva il ruolo di investire nel miglioramento dei processi e dei prodotti; salari e stipendi crescevano in via parallela agli incrementi di produttività. Insomma, l'obiettivo era far crescere i dividendi azionari delle società e non il valore delle loro azioni.
La spesa in prodotti di consumo era derivante dai salari e stipendi reali e costituiva la cosiddetta domanda naturale. Questa domanda era in grado di soddisfare la maggior parte delle esigenze e dei bisogni delle famiglie senza incorrere in debiti.

A partire dagli anni ’80 cominciò ad affermarsi in USA – per poi estendersi a tutto l’Occidente – una nuova versione del capitalismo arrivata fino ai giorni nostri: il capitalismo manageriale azionario.
In questa nuova versione di capitalismo, il management incentra il suo interesse primario nell’aumento di valore delle azioni e non nell’incremento dei dividendi. Sono gli azionisti che condizionano l’azione del management e non il contrario come nella versione precedente di capitalismo.
Per azionisti si intendono i grandi fondi d’investimento e le grandi istituzioni finanziarie che detengono la maggioranza dei pacchetti azionari delle società.
Da quegli anni, fino ad arrivare ai giorni odierni, l’economia americana si “finanziarizza”. Il management è concentrato solo a creare valore per gli azionisti. La creazione di valore non ha più luogo tramite investimenti, ricerca, sviluppo e aumento della produttività; piuttosto si verifica tramite sofisticate operazioni di ingegneria finanziaria (per esempio tramite “fusioni & acquisizioni” tra gruppi con l’unico fine di tagliare il costo del lavoro e fare crescere i valori azionari).
La globalizzazione dell’economia, insieme al fenomeno delle delocalizzazioni produttive, compiono il resto: salari e stipendi sono compressi su scala generale e per evitare il drastico crollo dei consumi, il Governo USA e il mondo bancario varano la deregolamentazione finanziaria al fine di espandere il credito in modo illimitato e permettere all’americano medio di continuare a spendere in modo artificiale, tramite l’indebitamento permanente (cosiddetta domanda artificiale).
Il peggior tipo di domanda artificiale si configura quando una persona o un intero paese prendono continuamente in prestito denaro per finanziare i consumi correnti.
è quello che sta avvenendo da decenni negli USA, grazie all’espansione illimitata del credito bancario.

LA RIPRESA ECONOMICA IN USA: OVVERO LA “SUBPRIME ECONOMIC RECOVERY”.
Sapete che cosa significa in inglese il termine “subprime” (da cui “crisi dei mutui subprime”)?
I subprime sono prestiti concessi a tassi elevati a persone con sostanziale rischio di credito. Sono persone che non presentano adeguate garanzie di solvibilità del prestito o che hanno già avuto precedenti insolvenze con istituzioni bancarie e finanziarie.
Nel biennio 2007-2008, a causa dell’aumento dei tassi d’interesse operato dalla FED per tentare di arginare la speculazione immobiliare (che la FED stessa aveva alimentato tramite la deregolamentazione del credito ipotecario facile al pubblico subprime tradizionalmente escluso da tali concessioni di credito), i mutuatari subprime fecero immediatamente inadempienza causando la cosiddetta crisi dei mutui subprime.
La “ripresa economica” in USA, dopo la crisi dei mutui subprime, ha le stesse caratteristiche del boom economico immobiliare precedente: è definibile come “subprime economic recovery”, cioè fondata sull’espansione del credito e del relativo indebitamento a mutuatari incapienti.
L’unica differenza rispetto al boom economico precedente fondato sui mutui immobiliari è che questa ripresa è stata indotta dall’espansione del credito per acquisti in leasing di autovetture, indebitamento al consumo tramite carte di credito e concessione di prestiti personali (grafico sotto).
SUBPRIMERISING-500x375.jpg

Il problema di fonodo però è che un veicolo si deprezza del 10% non appena acquistato, un'altra percentuale di deprezzamento varia dal 50% in su per i successivi tre anni e le istituzioni finanziarie in USA si fanno rimborsare il 110% del capitale iniziale più rate di interesse al 10% annuo.
Wall Street e le sue finanziarie hanno già provveduto a “impacchettare” in titoli obbligazionari ad alto rendimento (junk bonds, ovvero titoli spazzatura ad alto rischio d’insolvenza) tutti questi mutui concessi per acquisto di autovetture (auto-loans-subprime).
Non appena il mercato in USA darà segnali di recessione, tutta questa marea di prestiti personali sfocerà nell’insolvenza generalizzata dei mutuatari e dei fondi che hanno acquistato obbligazioni.
Vogliamo scommettere che anche questa volta il Governo USA e la FED vareranno delle misure economiche espansive per arginare la crisi, aggravando di nuovo il bilancio pubblico, socializzando le perdite delle finanziarie di Wall Street e facendo esplodere il bilancio federale?
Speculare, privatizzare i profitti e socializzare le perdite, è una delle caratteristiche dell’imperante capitalismo manageriale azionario e delle istituzioni finanziarie che lo dirigono (Banche Centrali in testa).


Diamo infine un'occhiata alla famosa “ripresa economica in USA”.
Durante il biennio 2008-2010 (sinistra nel grafico sotto), sono stati persi ben 4 milioni di posti di lavoro di media retribuzione (mid-wage occupations), più di 1 milione di posti di lavoro con alta retribuzione e 1 milione di posti di lavoro a bassa retribuzione.
In totale, più di 5 milioni di posti di lavoro persi nelle fasce medio-alte.
Ecco la “ripresa” economica in termini di posti di lavoro e qualità del lavoro creato.

Più di 1 milione di posti creati nel settore a bassa retribuzione (a destra nel grafico), circa 400.000 posti nel settore a media retribuzione. Inoltre, durante questa ripresa economica, sono stati perduti altri 300.000 circa posti nel settore ad alta retribuzione.
Non è una ripresa poi così forte, giusto?
Il tasso d’indebitamento del 90% degli americani arriva alla stratosferica cifra del 73,4% della ricchezza delle famiglie. Il restante 9% ha contratto debiti per il 21,3%, mentre l’1% della popolazione ha contratto debiti solo per il 5,4% (grafico sotto).


La società USA vede svanire, giorno dopo giorno, il “sogno americano”, cioè il “patto sociale” che ha tenuto insieme l’America dalla sua nascita.
Gli USA sono una società fortemente polarizzata: l’1% della sua popolazione possiede il 49,7% (cioè la metà) della ricchezza totale della nazione (grafico sotto), il 90% ne possiede solo il 12,2% ed è letteralmente intossicato dai debiti che graveranno anche sulle prossime generazioni.


FINE SECONDA PARTE

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Difatti dagli anni ’50 in poi negli States la versione del capitalismo predominante era quella “manageriale produttivista”.
Nelle grandi aziende vi era una (quasi) netta separazione tra il management e i proprietari.
Il management delle società private aveva il ruolo di investire nel miglioramento dei processi e dei prodotti; salari e stipendi crescevano in via parallela agli incrementi di produttività. Insomma, l'obiettivo era far crescere i dividendi azionari delle società e non il valore delle loro azioni.
La spesa in prodotti di consumo era derivante dai salari e stipendi reali e costituiva la cosiddetta domanda naturale. Questa domanda era in grado di soddisfare la maggior parte delle esigenze e dei bisogni delle famiglie senza incorrere in debiti.

A partire dagli anni ’80 cominciò ad affermarsi in USA – per poi estendersi a tutto l’Occidente – una nuova versione del capitalismo arrivata fino ai giorni nostri: il capitalismo manageriale azionario.
In questa nuova versione di capitalismo, il management incentra il suo interesse primario nell’aumento di valore delle azioni e non nell’incremento dei dividendi. Sono gli azionisti che condizionano l’azione del management e non il contrario come nella versione precedente di capitalismo.
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Da quegli anni, fino ad arrivare ai giorni odierni, l’economia americana si “finanziarizza”. Il management è concentrato solo a creare valore per gli azionisti. La creazione di valore non ha più luogo tramite investimenti, ricerca, sviluppo e aumento della produttività; piuttosto si verifica tramite sofisticate operazioni di ingegneria finanziaria (per esempio tramite “fusioni & acquisizioni” tra gruppi con l’unico fine di tagliare il costo del lavoro e fare crescere i valori azionari).
La globalizzazione dell’economia, insieme al fenomeno delle delocalizzazioni produttive, compiono il resto: salari e stipendi sono compressi su scala generale e per evitare il drastico crollo dei consumi, il Governo USA e il mondo bancario varano la deregolamentazione finanziaria al fine di espandere il credito in modo illimitato e permettere all’americano medio di continuare a spendere in modo artificiale, tramite l’indebitamento permanente (cosiddetta domanda artificiale).
Il peggior tipo di domanda artificiale si configura quando una persona o un intero paese prendono continuamente in prestito denaro per finanziare i consumi correnti.
è quello che sta avvenendo da decenni negli USA, grazie all’espansione illimitata del credito bancario.

LA RIPRESA ECONOMICA IN USA: OVVERO LA “SUBPRIME ECONOMIC RECOVERY”.
Sapete che cosa significa in inglese il termine “subprime” (da cui “crisi dei mutui subprime”)?
I subprime sono prestiti concessi a tassi elevati a persone con sostanziale rischio di credito. Sono persone che non presentano adeguate garanzie di solvibilità del prestito o che hanno già avuto precedenti insolvenze con istituzioni bancarie e finanziarie.
Nel biennio 2007-2008, a causa dell’aumento dei tassi d’interesse operato dalla FED per tentare di arginare la speculazione immobiliare (che la FED stessa aveva alimentato tramite la deregolamentazione del credito ipotecario facile al pubblico subprime tradizionalmente escluso da tali concessioni di credito), i mutuatari subprime fecero immediatamente inadempienza causando la cosiddetta crisi dei mutui subprime.
La “ripresa economica” in USA, dopo la crisi dei mutui subprime, ha le stesse caratteristiche del boom economico immobiliare precedente: è definibile come “subprime economic recovery”, cioè fondata sull’espansione del credito e del relativo indebitamento a mutuatari incapienti.
L’unica differenza rispetto al boom economico precedente fondato sui mutui immobiliari è che questa ripresa è stata indotta dall’espansione del credito per acquisti in leasing di autovetture, indebitamento al consumo tramite carte di credito e concessione di prestiti personali (grafico sotto).
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Durante il biennio 2008-2010 (sinistra nel grafico sotto), sono stati persi ben 4 milioni di posti di lavoro di media retribuzione (mid-wage occupations), più di 1 milione di posti di lavoro con alta retribuzione e 1 milione di posti di lavoro a bassa retribuzione.
In totale, più di 5 milioni di posti di lavoro persi nelle fasce medio-alte.
Ecco la “ripresa” economica in termini di posti di lavoro e qualità del lavoro creato.

Più di 1 milione di posti creati nel settore a bassa retribuzione (a destra nel grafico), circa 400.000 posti nel settore a media retribuzione. Inoltre, durante questa ripresa economica, sono stati perduti altri 300.000 circa posti nel settore ad alta retribuzione.
Non è una ripresa poi così forte, giusto?
Il tasso d’indebitamento del 90% degli americani arriva alla stratosferica cifra del 73,4% della ricchezza delle famiglie. Il restante 9% ha contratto debiti per il 21,3%, mentre l’1% della popolazione ha contratto debiti solo per il 5,4% (grafico sotto).


La società USA vede svanire, giorno dopo giorno, il “sogno americano”, cioè il “patto sociale” che ha tenuto insieme l’America dalla sua nascita.
Gli USA sono una società fortemente polarizzata: l’1% della sua popolazione possiede il 49,7% (cioè la metà) della ricchezza totale della nazione (grafico sotto), il 90% ne possiede solo il 12,2% ed è letteralmente intossicato dai debiti che graveranno anche sulle prossime generazioni.


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ECONOMIA…

Pubblicato da redazione in Pensiero e Sovranità, Titoli di testa 1 aprile 2015 0 179 Visite


Di Franco Remondina
Il 27 marzo di quest’anno 20 economisti ed esperti finanziari inglesi, tedeschi, un francese, un australiano, uno svizzero, zero italiani, hanno scritto una lettera pubblicata sul Financial Times, questa:
http://www.ft.com/intl/cms/s/0/7bc99348-d40b-11e4-99bd-00144feab7de.html.
Cioè…
Almeno questi capiscono!
Come facevo notare nel post precedente, qui da noi nulla!
Ovviamente, non ci sono professori accademici tra i firmatari della lettera e questo aumenta, invece di diminuire il valore del ragionamento della lettera.
Per farla breve, si dice che : INVECE DI DARE 1100 MILIARDI DI EURO ALLE BANCHE PER TENERE SU I CORSI AZIONARI, SI POTREBBE DARE QUESTI SOLDI A LAVORATORI E IMPRESE!
Cioè…
SONO 175 EURO AL MESE PER I PROSSIMI 19 MESI!!!!!!!!!!!!!!!!!!! PER OGNI ABITANTE DELL’EUROZONA.
Il Pd e Renzi ci fanno la figura solita, i giornalisti italiani, i politici e gli economisti tutti, italiani s’intende, ci fanno la figura solita:quella di leccaculi delle banche!
Si inventano la necessità delle “riforme strutturali”, per farti credere che non ci siano i soldi, che hai vissuto sopra i tuoi mezzi e quindi i soldi non ci sono… Draghi, LI STAMPA I SOLDI!
Solo che dopo averli stampati li da alle banche, non alle imprese e ai lavoratori, li dà alle banche!
Sono quasi otto anni che si stampano migliaia di miliardi per darli alle banche. A te non danno una mazza, anzi dicono che sei un costo, che devi stringere la cinghia, moderare le tue richieste salariali….
Cioè…
Prendi l’america, dove per salvare le banche, non tutte le banche, solo “alcune banche”, quelle della lobby , gli USA hanno speso mi pare 6000 miliardi di dollari… se avessero dato questi soldi ad ogni abitante degli stati uniti, avremmo avuto la crisi?
Perchè è di questo che si tratta! La gestione dei soldi!!! Dopo otto anni di QE, le banche sono messe male peggio di allora… La vogliamo cambiare questa “modalità” di gestione oppure no?
In Italia no di sicuro! Devono prima fregarti i soldi del conto corrente!
20 economisti hanno questa idea, quella del “ritorno alla realtà” e scrivono al Financial Times!!!
Zero italiani in questi 20, zero accademici in questi 20!
Rispondono alla domanda: SE NON DAI I SOLDI ALLA GENTE, COME FAI A PARLARE DI RIPRESA?
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Draghi 2015-04-01
redazione
 
Maurizio Gustinicchi
PADOAN E LA SUPER............ DELL’ESPANSIVITA’ DELLA MANOVRA DI APRILE (quando fumare pesante apre le porte della percezione)
Continua il balletto dei Ministri dell’Economia che ci propinano massicce dosi di austerity spacciandole per manovre espansive. Questa volta, l’attuale Ministro, PiercaPadoan, ha toccato vette mai raggiunte prima da nessuno grazie ad un giro di parole finalizzato a spiegare COME POTREBBE DIVENTARE ESPANSIVA UNA MANOVRA DI TAGLI E TASSE. In pratica come dire: TI FACCIO INGRASSARE GRAZIE A MASSICCE DOSI DI CARESTIA.
Lo scorso gennaio 2014 pronosticai, la fine del ciarlatano LEPTAS, il quale, col suo fido scudiero SAKKOMANNIS, prometteva di far ripartire l’economia e di ridurre il debito pubblico:


Mostrai dei calcoli dai quale grazie ai quali poteva determinare il valore del debito pubblico a fine anno:

Debito Pubblico a fine dicembre 2014 pari a 2.165 euro. E quanto fu alla fin fine?

Mannaggia….ho sbagliato SOLO DI UN MESE ! ! ! Attenzione, questa precisione nonostante l’effetto Draghi, i tentativi del duo Gutgeld-Renzi di spingere la crescita e le attività di gestione pilotata della liquidità poste in essere dal MEF onde abbassare ARTIFICIOSAMENTE il valore totale del debito a fine anno (hanno ridotto la liquidità per poi alzarla ai livelli precedenti il mese successivo….questi BIRBANTELLI DEL MEF)!
Ora abbiamo un NUOVO POTENZIALE UTILIZZATORE DI ..........: PIERCAPADOAN!
L’altro giorno l’ho ascoltato in TV dire più o meno questo:


Ora, fare una manovra espansiva non vuol dire ESEGUIRE DEI TAGLI!
I tagli, come le tasse, sono sempre recessivi. A dire il vero, i tagli hanno un effetto recessivo maggiore rispetto alle tasse, questione di moltiplicatore della spesa pubblica, ma se cercate tra i miei pezzi lo trovate da soli, senza che debba mostrarvelo nuovamente.
Ora, sia noi, sia il Fondo Monetario Internazionale sappiamo dell’esistenza dei Moltiplicatori Fiscali, per noi è questo:

per il FMI è questo:

e sappiamo che, in entrambi i casi, l’effetto è questo:

e come è stato punito prima MONTI, quindi LETTA, ora anche RENZI sarà punito, e ve lo dico da tanto tempo:

Renzi potrebbe salvarsi solamente SE cadesse il governo perché a quel punto eviterebbe la manovra di aprile e potrebbe dare la colpa dell’aumento dell’Iva alla minoranza interna che gli avrebbe, di fatto, impedito di FARE COSE DIFFERENTI (che avrebbero lo stesso risultato dell’aumento dell’iva) CAUSANDO IL CROLLO INEVITABILE CONSEGUENTE ALLE MANOVRE TURBOLIBERISTE DELLA TROIKA.

Padoan, FARE TAGLI MA MENO DI QUANTO RICHIESTO (ovvero giocarsi qualche decimale di tasse o tagli in meno) NON CORRISPONDE ESATTAMENTE AD UNA MANOVRA ESPANSIVA, SI PREGA DI METTERE TABACCO, NON SOLO SUE TRACCE, IN QUEL CHE SI FUMA!

Maurizio Gustinicchi



 
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Napolitano premiato da Kissinger “si è distinto nei rapporti transatlantici”

NEWS, POLITICA venerdì, 3, aprile, 2015
Kissinger-Napolitano.jpg


Se vendi la sovranità di uno stato e partecipi ad un golpe, l’America ti premia e così Henry Kissinger ha confermato a Giorgio Napolitano che sarà lui a consegnargli il Premio Kissinger, il prossimo 17 giugno all’American Academy a Berlino. Lo scrive la stampa
Del resto, non sarebbe stato possibile diversamente, non solo quella è la tradizione del premio: soprattutto, l’uomo che per un quarto di secolo ha rappresentato la personificazione della politica americana all’estero e il suo «comunista preferito» («ex comunista», reagì Napolitano alla battuta), si sentono spesso, il filo è sempre acceso.
Per Napolitano è il secondo riconoscimento in politica estera nel giro di pochi giorni, avendo recentemente accettato la presidenza onoraria dell’Ispi, il più importante e storico think-tank italiano sulle relazioni internazionali. Il Kissinger Prize dal 2007 premia la personalità della politica europea che si sono distinte nei rapporti transatlantici.
Napolitano è stato designato l’11 marzo scorso «in riconoscimento degli straordinari contributi al consolidamento dell’integrazione e stabilità europea», segno di quanto si abbia consapevolezza anche all’estero del certosino lavoro di tessitura nei rapporti interni ed internazionali e del polso saldo con cui dal Colle si affrontarono, nel 2011 e nel 2013, due crisi politiche italiane che avrebbero potuto minare con la stabilità dell’eurozona anche quella dell’area del dollaro.
 
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Napolitano premiato da Kissinger “si è distinto nei rapporti transatlantici”

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Se vendi la sovranità di uno stato e partecipi ad un golpe, l’America ti premia e così Henry Kissinger ha confermato a Giorgio Napolitano che sarà lui a consegnargli il Premio Kissinger, il prossimo 17 giugno all’American Academy a Berlino. Lo scrive la stampa
Del resto, non sarebbe stato possibile diversamente, non solo quella è la tradizione del premio: soprattutto, l’uomo che per un quarto di secolo ha rappresentato la personificazione della politica americana all’estero e il suo «comunista preferito» («ex comunista», reagì Napolitano alla battuta), si sentono spesso, il filo è sempre acceso.
Per Napolitano è il secondo riconoscimento in politica estera nel giro di pochi giorni, avendo recentemente accettato la presidenza onoraria dell’Ispi, il più importante e storico think-tank italiano sulle relazioni internazionali. Il Kissinger Prize dal 2007 premia la personalità della politica europea che si sono distinte nei rapporti transatlantici.
Napolitano è stato designato l’11 marzo scorso «in riconoscimento degli straordinari contributi al consolidamento dell’integrazione e stabilità europea», segno di quanto si abbia consapevolezza anche all’estero del certosino lavoro di tessitura nei rapporti interni ed internazionali e del polso saldo con cui dal Colle si affrontarono, nel 2011 e nel 2013, due crisi politiche italiane che avrebbero potuto minare con la stabilità dell’eurozona anche quella dell’area del dollaro.
 

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