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SEMPLICEMENTE PAZZESCO: DAL 2014 AL 2018 GLI ITALIANI PAGHERANNO 2.540 MLD DI TASSE (PIU' DEL DEBITO PUBBLICO ATTUALE)

giovedì 2 aprile 2015
La pressione fiscale resterà sempre inchiodata sopra il 43% per altri quattro anni. Non accennerà a calare, fatta eccezione per lievissime riduzioni in alcuni anni, il peso delle tasse sulle famiglie e imprese italiane tra il 2015 e il 2018.
Quest'anno il macigno tributario si attesterà al 43,4% del pil, restando di fatto allo stesso livello del 2013 e del 2014, e schizzerà fino al 43,6% nel 2016; poi una impalpabile diminuzione: 43,3% nel 2017 e 43,2% nel 2018.
Quattro anni di pressione fiscale insostenibile provocata da un aumento delle entrate tributarie, nel quinquennio, di oltre 45 miliardi di euro. Così il Centro studi di Unimpresa, che elaborato l'ultimo Documento di economia e finanza del governo, nel giorno in cui l'Istat ha certificato che lo scorso anno il peso delle tasse sulle famiglie e sulle imprese si è attestato al 43,5% del prodotto interno lordo.
"Con questo peso delle tasse, è difficile sperare di agganciare la ripresa" commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. Praticamente, è impossibile.
Un livello di pressione fiscale costantemente alto, dunque quello programmato dal governo di Matteo Renzi, che è la conseguenza della crescita delle entrate tributarie: il gettito correrà molto più del pil e aumenterà, complessivamente tra il 2014 e il 2018, di 45,7 miliardi. Altro che "taglio delle tasse" più volte annunciato da Renzi.
Nel dettaglio, rispetto al 2013 nel 2014 lo Stato ha incassato 1,6 miliardi in più da imprese e famiglie che hanno assicurato un gettito di 487,5 miliardi di euro.
In termini percentuali si tratta di un incremento lieve, lo 0,34% in più, ma che va nella direzione opposta rispetto all'andamento dell'economia, prevista in calo dello 0,3% secondo il Def approvato dal governo.
Una doppia velocità che si registra costantemente anche nelle previsioni degli anni successivi.
Il gettito tributario nel 2015 arriverà a 493,7 miliardi in aumento di 6,2 miliardi rispetto a quest'anno: tasse in crescita dell'1,27%, mentre il pil dovrebbe salire solo dello 0,5%.
Nel 2016 lo Stato incasserà 507,9 miliardi di euro con un incremento di 14,1 miliardi sull'anno precedente: in termini percentuali la crescita delle imposte è pari al 2,88% che va raffrontata con lo 0,8% della crescita economica.
Nel 2017 la situazione è sostanzialmente identica: grazie a un incremento di 11,1 miliardi sul 2016, il gettito tributario arriverà a 519,1 miliardi in aumento del 2,19% e col pil in crescita dell'1,1%.
Chiude il conto il 2018, quando le tasse versate da aziende e cittadini nelle casse dello Stato saranno pari a 531,6 miliardi in aumento di 12,5 miliardi sull'anno precedente: vale a dire +2,42% e pil più lento all'1,2%.
Nel quinquennio 2014-2018 le tasse pagate dai contribuenti in Italia arriverebbe a toccare 2.540,1 miliardi di euro. Più dell'attuale debito pubblico accumulato in oltre sessanta anni di spesa.
Redazione Milano

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1.Repetita iuvant. Di fronte al disastro imminente più che mai...
Naturalmente occorre ragionare in termini di ciclo economico e considerare la struttura indotta dalle politiche economiche seguite ormai da un lungo periodo. In €uropa e non solo.


Come stimolo alla discussione - che, date le variabili in campo, consente molteplici approcci ma, poi, si incentra su ben precisi elementi strutturali (appunto)- vi propongo il link a questa analisi di Mauro Bottarelli: ci parla della vana rincorsa USA (già analizzata qui), alla ripresa dell'economia reale, da parte del QE della Fed, pur in presenza di (almeno iniziali) di stimoli fiscali e ampi deficit del budget federale, e lo rapporta al paradosso dell'€uro-QE, dove più aumentano gli acquisti, più cadono i rendimenti, più diminuiscono i "titoli eleggibili" all'acquisto.
E tutto ciò dato il limite inevitabile insito nel "floor" stabilito dai tassi di deposito (overnight) presso la BCE, che rende impraticabile l'acquisto di titoli con rendimento inferiore al - (meno) 0,20.
La progressiva scarsità di obbligazioni acquistabili potrebbe determinare, già nella seconda parte dell'anno in corso, un "tapering" da parte della stessa BCE.
Il problema, dunque, rimane quello della liquidità, bloccata (in €uropa per...definizione) dalle politiche dei bilanci pubblici in cornice fiscal compact, e intrappolata dalla caduta della domanda che scoraggia gli investimenti produttivi (e quindi, la ripresa effettiva di occupazione, profitti e circolazione di liquidità...).


2. Persino i BRICS, gli "emergenti", risentono della mancanza diffusa della domanda mondiale, cosa che rende alquanto fragile e a rischio sia l'opportunità del loro mercato equities (transitoriamente meno "gonfiato"), sia di quello obbligazionario: i fattori di rischio convergente risiederebbero "nel livello di aumento della leva (anche sull'azionario-industriale) e del finanziamento estero, la debolezza strutturale della domanda e la fine di fatto del denaro a costo zero da parte della Fed".
Quest'ultimo fattore, per la verità, alquanto ondivago su tempi e modi, almeno a vedere il balletto delle interpretazioni mediatico-specialistiche che i media USA intessono sulle dichiarazioni della Yellen (tra un rinvio e l'altro del rialzo dei tassi e un aggettivo sulla "pazienza" della banca centrale, v.qui par.3).


Ma se l'impostazione di Bottarelli si fonda sulla logica intrinseca (certo collegata alla non-ripresa dell'economia reale) dei mercati finanziari, - cosa abbastanza naturale in un "ambiente" globalizzato in cui la finanza "guida" ed ha perduto il suo carattere strumentale ed ausiliario dell'attività produttiva in senso reale- ci piace ricordare quanto avevamo da poco riproposto in termini di paradigma macroeconomico ("l'equilibrio della sotto-occupazione") che non lascia scampo alle fantasie su una ripresa "mondiale" (e meno che mai a epicentro €uropeo).
Lo stesso Bottarelli fa riferimento alla trappola della liquidità in cui sono piombati i risparmiatori giapponesi (famiglie, sempre di meno, e sistema delle imprese sempre di più, com'è naturale in un sistema deflazionista basato sulla competitività estera. Cioè, - detto tra noi, dato che la governance UEM non vuole capirlo-, esattamente quello che si sta cercando di instaurare nell'area euro.


3. Al riguardo, (nel post da ultimo linkato) avevamo riportato quanto analizzato dal New York Times:
"La caduta del risparmio in Giappone ha coinciso con l'erosione nelle retribuzioni e nella sicurezza per molti, specialmente giovani lavoratori".

Le famiglie giapponesi risparmiavano quasi un quarto dei loro redditi a metà degli anni '70. E mentre il tasso di risparmio declinava, rimaneva tuttavia più alto di quello di altri paesi fino agli anni '90 (ndr; esattamente come in Italia).

L'anno scorso il rateo nazionale di risparmio delle famiglie è scivolato all'1,3% (!), secondo le stime governative dello scorso dicembre...

Il Giappone non è sul punto di esaurire la liquidità risparmiata: grazie agli alti risparmi del passato, rimangono assets finanziari delle famiglie per circa 1400 trilioni di Yen.

Le imprese hanno sostituito le famiglie come accumulatori di risparmio. In un'era di rallentamento della crescita, esse vedono però poche opportunità di investimento; così i profitti semplicemente si accumulano nelle banche. Il risparmio "corporate" in liquidità ammonta a circa il 40% del valore del mercato di borsa giapponese, cioè il doppio di quello degli Stati Uniti.

Uno degli obiettivi della Abenomics, è di riportare questa liquidità di nuovo nelle mani degli individui - e in ultima analisi a scorrere nell'economia- in forma di aumenti salariali o di ritorni più elevati per gli investitori.

Il primo ministro ha fatto un duro lavoro di lobbying sulla questione delle paghe, agevolando incontri tra gli executives delle corporations e i leaders sindacali, facendo intravedere la prospettiva di tagli alla tassazione sulle società come ricompensa agli aumenti di paga."


3.1. Rilievi a cui seguiva questa analisi:
"Quello che se ne ricava, e che ora più che mai vale la pena di ribadire, è quanto segue:
"Ora, come vedete, questo tentativo di correzione, per quanto non affidato a misure keynesiane tradizionali, tende a basarsi sugli stessi presupposti "diagnostici" e sugli stessi concreti effetti "terapeutici" delle teorie, per l'appunto, keynesiane.

A conforto si potrebbero rammentare i ben diversi livelli di deficit fiscale mantenuti dal Giappone negli ultimi anni.

Ma per comprendere la attuale politica "mediatoria e sollecitatoria" di Abe, dobbiamo rammentare che, in presenza di un mercato del lavoro eccessivamente deflazionistico, cioè precarizzato al massimo, disattivando istituzionalmente ogni reale efficacia della tutela sindacale (v. infra, par.8 e grafici relativi), persino la politica fiscale espansiva - e non solo, com'è scontato, quella monetaria- riesce scarsamente efficace.

Ciò perchè la liquidità aggiuntiva immessa coll'indebitamento pubblico, viene privata in modo strutturale (esattamente come le...riforme) di quella attitudine redistributiva che agevola la collocazione del prodotto così accresciuto verso le fasce sociali che hanno maggior propensione al consumo e che, perciò, stimolano maggiormente la domanda e la connessa trasformazione del risparmio in investimento.

Insomma, la politica europea di oggi, sta tristemente flirtando con un disastro (già) annunciato, appunto, dagli esiti delle politiche adottate in passato in Giappone: la miopia è di voler oggi insistere in queste politiche fallimentari, di stagnazione e indebolimento strutturale della domanda, nonchè della stessa fondamentale base demografica del Paese, come abbiamo visto più sopra.
La linea a cui oggi si è dovuto adeguare il governo giapponese mostra l'incoscienza e l'imprevidenza di chi oggi governa l'Europa: è ovvio che mutare il mercato del lavoro, e quindi perseguire la deflazione salariale che questo oggi comporta, è un compito impraticabile all'interno dell'€uro.
Di certo, il prezzo da pagare, da parte dell'intera area euro, all'ossequio al modello del "gold standard di fatto" (cioè alle correzioni degli squilibri commerciali tra i diversi paesi aderenti mediante svalutazione dei tassi di cambio reale ottenuta agendo sull'aumento della disoccupazione-sotto-occupazione e il calo delle retribuzioni, (adde: che vediamo ben confermato QUI), è troppo alto: e ciò in termini di distruzione della capacità di risparmio e di conseguente propensione all'investimento (e quindi alla stessa ricerca e innovazione tecnologica). E l'esempio "in avanscoperta" del Giappone dovrebbe servire ai governanti europei. Ma non pare che sia così."



4. In questo "stato delle cose", cosa ti vanno a pensare in Italia? A tagliare la spesa pubblica (sempre poi per tagliare le tasse )!
Ovviamente, la pressione più forte è sull'aggregato di spesa che, contabilmente appare più eclatante, cioè quello pensionistico.
Preliminarmente, un primo interrogativo: se mi trovo in una crisi di domanda che innesca una trappola della liquidità e, da ciò, una debt deflation che minaccia in modo esplosivo la stessa stabilità finanziaria (cioè la possibilità di restituzione dei debiti e la conseguente salute del sistema bancario), che faccio?
Taglio l'unico sistema di aumento della liquidità che è realisticamente percorribile, cioè la spesa pubblica?

Ovviamente, sottostante a tale "perspicua" linea di intervento, c'è l'idea che la spesa pensionistica sia "improduttiva" e come tale illimitatamente "spiazzabile" (sarebbero più corretto dire "tagliabile", finora), essendo un parassitario "trasferimento": come se questa forma di assicurazione pubblica che convoglia una enorme quantità di risparmio si traducesse poi in una mera passività di sistema, cioè come se i pensionati non avessero alcuna propensione al consumo che sostiene fatturati e occupazione!
Ma ancor più, come se la contribuzione non fosse altro che un fattore da considerare in modo alterato, cioè un onere "a vuoto" che non porterà altro che, appunto, a passività parassitarie (illimitatamente comprimibili, con beneficio di tutto il sistema....).
Peccato che le cose non stiano così: in realtà si vuole solo risparmiare risorse pubbliche in funzione contabile "fiscal compact", e da qui la più generale e rinnovata enfasi su una spending review che, da sempre, consiste solo in "tagli" al bilancio pubblico (cioè nella misura fiscale più recessiva e di più ampia drenatura della liquidità).


5. Una serie di interessanti commenti di Flavio (che riprende cose che qui abbiamo, invano, più volte enfatizzato) ci restituisce una vana (perchè inascoltata) verità:
"Stamattina in auto ascoltavo RadioAnchio su RadioUno. Ospite in studio Tito Boeri (dove è andato a finire? Ah, presidente dell'Inps, ecco perchè al tempo non pubblicò qualcosa di qualcuno, ma è altra storia).
Si parlava di INPS, pensioni, busta arancione in arrivo ecc... Viene mandato in onda l'intervento del prof. Felice Roberto Pizzuti, docente La Sapienza Roma, colui che cura annualmente il cosiddetto Rapporto sullo Stato Sociale. Bene, l'intervento è stato interessante, preciso, puntuale.

Pizzuti ha definito una "bomba sociale" l'attuale piega che si sta prendere in Italia sul versante previdenziale e ha snocciolato diversi dati davvero interessanti, spiegando al paradosso per cui, di fronte a redditi medi e pensioni medie calanti, si continuino a lodare come salvifiche ulteriori modifiche che vanno a rendere ancora più insostenibile, in termini monetari così come pure di disuguaglianza, il sistema previdenziale italiano.

Specifica attenzione poi è stata data al fatto che nella maggior parte delle volte, in Italia (sui media), si diano numeri a caso, agglomerando assieme dati previdenziali uniti a quelli per le prestazioni sociali (che sono ben altra cosa).
Il dato che più mi ha colpito è stato un numero: 21 (o 24, v.infra), come i miliardi che lo Stato ogni anno incassa, dalla differenza (in attivo) fra entrate contributive (da leone fa il fondo dei precari, anche da me/noi finanziato) e prestazioni previdenziali (pensioni da lavoro, se non ho capito male). Quante manovre sono 21 miliardi? Vogliamo sommarle ai circa 100 di interessi sul debito pubblico? Quanto fa'?. Ecco, allora, a chi (stra)parla dicendo: "Abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità", d'ora in avanti abbiamo anche un numero, +21mld, con cui rispondere prontamente.
Per chi volesse approfondire, qui anche un articolo relativo, e qui un excursus del professore su Sbilanciamoci...

"...ecco qui (tratto da uno degli articoli di Pizzuti appena linkati, ndr.) il passaggio (mi piace molto l'ultima considerazione):
"Anche in Italia si è verificata la stessa illusione statistica; attualmente la spesa sociale è pari al 28,4% del Pil, in linea con i valori medi europei.
Tuttavia, se confrontiamo il valore pro capite, il nostro paese registra un forte e crescente divario negativo: fatto pari a 100 il valore medio dell’Unione a 15 nel 1995, quell’anno il dato italiano era 84,1, ma da allora è calato fino a 75,8 del 2011.
In tutti i paesi europei, tranne l’Irlanda, la voce di spesa più importante è la previdenza (15,1% nell’EU-16); questa voce in Italia è pari al 18,8%, in Francia al 16,5% e in Germania al 13,6%.

La superiorità del nostro dato previdenziale di 3,7 punti rispetto alla media europea è tuttavia viziata da diverse disomogeneità presenti nelle statistiche (numerazione romana aggiunta, ndr.).
I. Ad esempio, l’Eurostat include nella spesa pensionistica italiana i trattamenti di fine rapporto (pari all’1,7% del Pil) che non sono prestazioni pensionistiche.
II. C’è poi che le spese pensionistiche sono confrontate al lordo delle ritenute d’imposta, ma le uscite pubbliche sono quelle al netto.
Tuttavia, mentre in Italia le aliquote fiscali (sulle pensioni) sono le stesse che si applicano ai redditi da lavoro, per un ammontare trattenuto pari a circa il 2,5% del Pil, in altri paesi spesso sono inferiori e in Germania sono addirittura nulle, cosicché i confronti operati al lordo sovrastimano i nostri trasferimenti pensionistici che, in realtà, non sono affatto anomali.
In ogni caso, dopo le riforme del 1992 e 1995, fin dal 1998 il saldo tra le entrate contributive e le prestazioni previdenziali nette è sempre stato attivo; l’ultimo dato, del 2011, è di ben 24 miliardi di euro. Dunque, il nostro sistema pensionistico pubblico non grava sul bilancio pubblico, anzi lo migliora in misura consistente (pari a sei volte le entrate Imu sulla prima casa!)".



6. Ma se questa questione non accenna a essere "inquadrata" cum grano salis (eufemisticamente parlando), - proseguendosi in una campagna strumentale che mal dissimula la folle politica di taglio della spesa pubblica, (nel caso "anche" pensionistica), per rientrare nell'altrettanto controproducente pareggio strutturale di bilancio-, un altro interessante (more solito) commento di Flavio, ci riporta al "cuore" del problema.
E cioè al "ridisegno" suicida della realtà economica e sociale italiana, conseguente alla logica €uropea della limitazione dell'intervento dello Stato - questo implicando il principio centrale dei Trattati - art.3, par.3, TUE- della "economia sociale di mercato fortemente competitiva"- e quindi delle privatizzazioni (col pendant inevitabile del mitico INVESTITORE ESTERO) e dei tetti al deficit.



7. Arricchiamo, anche questa volta, il commento con correlativi links sui vari punti:
"Ieri sera, questa volta ritornando a casa da lavoro, ma sempre su RadioUno (stessa trasmissione), discutevano in studio un altro professore (ci cui non ricordo il nome) e Mucchetti, sulla questione Pirelli, ma più in generale sulla questione IDE.

Così come Ansaldo STS, anche per Pirelli si è detto in queste settimane che "il matrimonio (perchè così si dice, acquisizione risulterebbe troppo drastico, anche se tale è) renderà la società più forte".
Io non ho mai visto un pesce piccolo che, una volta inglobato all'interno di uno più grosso, si sia rafforzato. L'ho visto sempre morto.
In ogni caso anche in studio si è fatto lo stesso ragionamento (non è rafforzamento, ma acquisizione).
Di Mucchetti mi è piaciuto (effimero) il passaggio in cui ha detto che, "arrivati a questo punto, per onestà intellettuale - chi ce l'ha ancora, ha aggiunto - bisogna parlare di svendita all'estero, di decentramento delle attività decisionali fondamentali, di de-industrializzazione pesante e massiccia del nostro apparato produttivo".
Si è parlato di IRI (seppur riportandosi a "quando funzionava", cioè quando al comando non c'erano i neoliberal che ora guidano la campagna di svendita), di CDP e del loro ruolo.
Laconico Mucchetti alla domanda: "Ma non potevano scalarla gli italiani?", ha replicato "Eh, già, ma con quali soldi?!?! Chi c'aveva 7 miliardi per comprarsi Pirelli?".
Tranchant anche una frase di cui riporto il senso, per cui si soggiungeva che oramai è "nostalgia" il fatto di voler chiamare ancora l'Italia come la seconda manifattura d'Europa e che una politica industriale su industrie al cui capo ci sono oramai gli stranieri risulta alquanto effimera, se non inutile.
Ma io dico: ma con tutti questi miliardi di avanzo primario pubblico e di INPS di cui parlavamo ieri, perchè non si è potenziata la CDP ed il Fondo Strategico Italiano per acquisire all'estero aziende o trattenere quelle a rischio scalata che sono (erano) appunto strategiche per l'interesse nazionale?
Eh no, troppo facile, meglio ingrassare i soliti noti con l'immobiliare o con le banche, gli stessi che poi girano in Audi, Mercedes, BMW e hanno gli Iphone, e magari il loro lavoro giornaliero sono le telefonate e la presenza nei CdA. Mentre la gente non arriva a fine mese, spaccandosi la schiena 8 o più ore al giorno e, pur lavorando più dei propri genitori, non arrivano a fine mese e non risparmiano il becco di un quattrino."



8. Qui, per concludere, dovremmo rammentare il lungo discorso sulle "politiche industriali" (che a "qualcuno", al solo nominarle, fanno venire, testuale, "la pelle d'oca"), che pure consentirebbe alcune - per quanto ormai "disperate"- "opzioni" di salvezza.
Ma non a queste vogliamo riallacciarci. Attualmente, sarebbe un inutile esercizio di wishful thinking.
Piuttosto, ci pare più "produttivo" rammentare gli "ostacoli" (culturali) profondi ed esiziali che, inalterati rispetto a quanto evidenziato un anno fa, si frappongono all'adozione di corrette politiche di salvezza nazionale:
- l'ordoliberismo che, - per ammissione non ufficiosa degli stessi massimi organi di governance UEM, oltre che per espressa previsione delle norme fondamentali dei trattati-, è (nelle intenzioni irremovibili di tale governance) destinato a solidificarsi nell'area UEM, è una costruzione ormai altamente instabile.

- Essa, nella rigidità delle intenzioni programmatiche confermate dopo le recenti elezioni (contro ogni evidenza dei suoi risultati), implica un modello deflattivo salariale accelerato che passa per il mantenimento di un'alto tasso di disoccupazione, con una meramente formale lotta contro la deflazione - irrealisticamente curata dalle nuove misure di Draghi, volte in realtà alla difficilissima costrizione della Germania alla reflazione-, e il perseguimento prioritario delle riforme liberalizzatrici "finali" del lavoro (sostanzialmente totale liberalizzazione del licenziamento in ogni settore, voluta dagli USA anche come precondizione essenziale del futuro Ttip, cioè dell'area di liberoscambio USA-UE);

- poichè tale complesso di misure, - sempre ambiguamente rilevabili tra le righe, dovendo l'ordoliberismo per sua natura esprimersi in modo tattico e dissimulato dai media-, ha come effetto l'acuirsi nel tempo dei problemi di caduta della domanda interna nell'area UEM, e (semmai) lo stabilizzarsi di un surplus commerciale complessivo dell'area stessa, le stesse misure sono destinate ad un fallimento estremamente doloroso per i popoli europei.

- Fallimento doloroso in particolare per il nostro, che essendo fortemente patrimonializzato (almeno nelle valutazioni dello "ieri") e (l'unico) super-fedele nella realizzazione dei vincoli fiscali, va sicuramente incontro a fasi di recessione alternata a stagnazione, per un lungo e insostenibile periodo, cui sarà inevitabilmente accompagnata la svendita dei suoi, sempre più svalorizzati, asset patrimoniali pubblici e privati, resi convenienti per i paesi creditori e gli investitori finanziari esteri, secondo la logica del "tacchino da spennare" (inutile sottolineare l'enfasi che, anche oggi, personaggi come Fortis o Prodi, pongono sugli IDE come presunto sistema di rilancio della nostra economia e persino dell'occupazione!);

- dovendo considerare la compatta ortodossia delle forze politiche italiane a questo modello, prima di dichiarare fallimento, c'è il rischio concreto che passino degli anni e che l'Italia sia perciò, in tale breve periodo, ridotta a "fabbrica cacciavite" e a hub turistico a controllo estero (naturalmente), subendo una deindustrializzazione irreversibile che non le consentirà più di riprendersi il suo posto tra le maggiori potenze industriali europee e mondiali.

- Nondimeno, il costo del fallimento ineluttabile del modello deflazionistico-mercantilistico imposto dall'UEM, quand'anche scontassimo le pressioni USA sulla correzione reflattiva del surplus della Germania (comunque contraddittorie rispetto alla ripresa della domanda interna, essendo affidate alla sola politica monetaria ed irremovibile sul problema del costo del lavoro), rispondendo a calcoli e terapie già rivelatesi sbagliate su entrambe le sponde dell'Atlantico, condurrà la Germania a prendere atto dell'eccessivo rischio di intervento, ancorchè indiretto, a sostegno finanziario degli altri maggiori paesi, in particolare della Francia.

- Quest'ultima, a sua volta, essendo già soggetta a forti tensioni politiche interne, non potrà ancora a lungo gradire un sistema che comunque non le consentirebbe di correggere a sufficienza la propria competitività extra-UEM (dato il corso dell'euro rispetto al dollaro, non mitigabile realisticamente con le politiche intraprese dalla BCE), per finire sotto l'influenza finanziaria dominante della Germania, secondo un'inesorabile proiezione, quale ci ha evidenziato Brigitte Granville.

- Risultato: l'Italia ha la altissima probabilità di finire nella situazione sintetizzata da Churchill alla vigilia della seconda guerra mondiale ("potevate scegliere tra la guerra e il disonore: avete scelto il disonore e avrete la guerra"). Cioè sarà ridotta a manifatturiero "cacciavite", espropriata del controllo dei principali gruppi industriali, costretta a livelli di reddito irrecuperabili rispetto al periodo ante-entrata nella moneta unica, e DOVRA' COMUNQUE FRONTEGGIARE L'EURO-BREAK, innescato dalla Germania o dalla stessa Francia!

Appunto, la Francia (per dire...):
Grecia, francese Sapin: Atene deve fare di più su riforme

http://it.reuters.com/article/topNews/idITKBN0MT0O920150402
giovedì 2 aprile 2015 10:17

Ma anche:
Francia: «Basta austerity
 
I QE "FLIRTING WITH DISASTER": GLI OSTACOLI INSORMONTABILI ALLE "OPZIONI" DI SALVEZZA NELL'ITALIA IN SVENDITA







l-uomo-confuso-di-affari-cerca-una-soluzione-al-labirinto-32591664.jpg



1.Repetita iuvant. Di fronte al disastro imminente più che mai...
Naturalmente occorre ragionare in termini di ciclo economico e considerare la struttura indotta dalle politiche economiche seguite ormai da un lungo periodo. In €uropa e non solo.


Come stimolo alla discussione - che, date le variabili in campo, consente molteplici approcci ma, poi, si incentra su ben precisi elementi strutturali (appunto)- vi propongo il link a questa analisi di Mauro Bottarelli: ci parla della vana rincorsa USA (già analizzata qui), alla ripresa dell'economia reale, da parte del QE della Fed, pur in presenza di (almeno iniziali) di stimoli fiscali e ampi deficit del budget federale, e lo rapporta al paradosso dell'€uro-QE, dove più aumentano gli acquisti, più cadono i rendimenti, più diminuiscono i "titoli eleggibili" all'acquisto.
E tutto ciò dato il limite inevitabile insito nel "floor" stabilito dai tassi di deposito (overnight) presso la BCE, che rende impraticabile l'acquisto di titoli con rendimento inferiore al - (meno) 0,20.
La progressiva scarsità di obbligazioni acquistabili potrebbe determinare, già nella seconda parte dell'anno in corso, un "tapering" da parte della stessa BCE.
Il problema, dunque, rimane quello della liquidità, bloccata (in €uropa per...definizione) dalle politiche dei bilanci pubblici in cornice fiscal compact, e intrappolata dalla caduta della domanda che scoraggia gli investimenti produttivi (e quindi, la ripresa effettiva di occupazione, profitti e circolazione di liquidità...).


2. Persino i BRICS, gli "emergenti", risentono della mancanza diffusa della domanda mondiale, cosa che rende alquanto fragile e a rischio sia l'opportunità del loro mercato equities (transitoriamente meno "gonfiato"), sia di quello obbligazionario: i fattori di rischio convergente risiederebbero "nel livello di aumento della leva (anche sull'azionario-industriale) e del finanziamento estero, la debolezza strutturale della domanda e la fine di fatto del denaro a costo zero da parte della Fed".
Quest'ultimo fattore, per la verità, alquanto ondivago su tempi e modi, almeno a vedere il balletto delle interpretazioni mediatico-specialistiche che i media USA intessono sulle dichiarazioni della Yellen (tra un rinvio e l'altro del rialzo dei tassi e un aggettivo sulla "pazienza" della banca centrale, v.qui par.3).


Ma se l'impostazione di Bottarelli si fonda sulla logica intrinseca (certo collegata alla non-ripresa dell'economia reale) dei mercati finanziari, - cosa abbastanza naturale in un "ambiente" globalizzato in cui la finanza "guida" ed ha perduto il suo carattere strumentale ed ausiliario dell'attività produttiva in senso reale- ci piace ricordare quanto avevamo da poco riproposto in termini di paradigma macroeconomico ("l'equilibrio della sotto-occupazione") che non lascia scampo alle fantasie su una ripresa "mondiale" (e meno che mai a epicentro €uropeo).
Lo stesso Bottarelli fa riferimento alla trappola della liquidità in cui sono piombati i risparmiatori giapponesi (famiglie, sempre di meno, e sistema delle imprese sempre di più, com'è naturale in un sistema deflazionista basato sulla competitività estera. Cioè, - detto tra noi, dato che la governance UEM non vuole capirlo-, esattamente quello che si sta cercando di instaurare nell'area euro.


3. Al riguardo, (nel post da ultimo linkato) avevamo riportato quanto analizzato dal New York Times:
"La caduta del risparmio in Giappone ha coinciso con l'erosione nelle retribuzioni e nella sicurezza per molti, specialmente giovani lavoratori".

Le famiglie giapponesi risparmiavano quasi un quarto dei loro redditi a metà degli anni '70. E mentre il tasso di risparmio declinava, rimaneva tuttavia più alto di quello di altri paesi fino agli anni '90 (ndr; esattamente come in Italia).

L'anno scorso il rateo nazionale di risparmio delle famiglie è scivolato all'1,3% (!), secondo le stime governative dello scorso dicembre...

Il Giappone non è sul punto di esaurire la liquidità risparmiata: grazie agli alti risparmi del passato, rimangono assets finanziari delle famiglie per circa 1400 trilioni di Yen.

Le imprese hanno sostituito le famiglie come accumulatori di risparmio. In un'era di rallentamento della crescita, esse vedono però poche opportunità di investimento; così i profitti semplicemente si accumulano nelle banche. Il risparmio "corporate" in liquidità ammonta a circa il 40% del valore del mercato di borsa giapponese, cioè il doppio di quello degli Stati Uniti.

Uno degli obiettivi della Abenomics, è di riportare questa liquidità di nuovo nelle mani degli individui - e in ultima analisi a scorrere nell'economia- in forma di aumenti salariali o di ritorni più elevati per gli investitori.

Il primo ministro ha fatto un duro lavoro di lobbying sulla questione delle paghe, agevolando incontri tra gli executives delle corporations e i leaders sindacali, facendo intravedere la prospettiva di tagli alla tassazione sulle società come ricompensa agli aumenti di paga."


3.1. Rilievi a cui seguiva questa analisi:
"Quello che se ne ricava, e che ora più che mai vale la pena di ribadire, è quanto segue:
"Ora, come vedete, questo tentativo di correzione, per quanto non affidato a misure keynesiane tradizionali, tende a basarsi sugli stessi presupposti "diagnostici" e sugli stessi concreti effetti "terapeutici" delle teorie, per l'appunto, keynesiane.

A conforto si potrebbero rammentare i ben diversi livelli di deficit fiscale mantenuti dal Giappone negli ultimi anni.

Ma per comprendere la attuale politica "mediatoria e sollecitatoria" di Abe, dobbiamo rammentare che, in presenza di un mercato del lavoro eccessivamente deflazionistico, cioè precarizzato al massimo, disattivando istituzionalmente ogni reale efficacia della tutela sindacale (v. infra, par.8 e grafici relativi), persino la politica fiscale espansiva - e non solo, com'è scontato, quella monetaria- riesce scarsamente efficace.

Ciò perchè la liquidità aggiuntiva immessa coll'indebitamento pubblico, viene privata in modo strutturale (esattamente come le...riforme) di quella attitudine redistributiva che agevola la collocazione del prodotto così accresciuto verso le fasce sociali che hanno maggior propensione al consumo e che, perciò, stimolano maggiormente la domanda e la connessa trasformazione del risparmio in investimento.

Insomma, la politica europea di oggi, sta tristemente flirtando con un disastro (già) annunciato, appunto, dagli esiti delle politiche adottate in passato in Giappone: la miopia è di voler oggi insistere in queste politiche fallimentari, di stagnazione e indebolimento strutturale della domanda, nonchè della stessa fondamentale base demografica del Paese, come abbiamo visto più sopra.
La linea a cui oggi si è dovuto adeguare il governo giapponese mostra l'incoscienza e l'imprevidenza di chi oggi governa l'Europa: è ovvio che mutare il mercato del lavoro, e quindi perseguire la deflazione salariale che questo oggi comporta, è un compito impraticabile all'interno dell'€uro.
Di certo, il prezzo da pagare, da parte dell'intera area euro, all'ossequio al modello del "gold standard di fatto" (cioè alle correzioni degli squilibri commerciali tra i diversi paesi aderenti mediante svalutazione dei tassi di cambio reale ottenuta agendo sull'aumento della disoccupazione-sotto-occupazione e il calo delle retribuzioni, (adde: che vediamo ben confermato QUI), è troppo alto: e ciò in termini di distruzione della capacità di risparmio e di conseguente propensione all'investimento (e quindi alla stessa ricerca e innovazione tecnologica). E l'esempio "in avanscoperta" del Giappone dovrebbe servire ai governanti europei. Ma non pare che sia così."



4. In questo "stato delle cose", cosa ti vanno a pensare in Italia? A tagliare la spesa pubblica (sempre poi per tagliare le tasse )!
Ovviamente, la pressione più forte è sull'aggregato di spesa che, contabilmente appare più eclatante, cioè quello pensionistico.
Preliminarmente, un primo interrogativo: se mi trovo in una crisi di domanda che innesca una trappola della liquidità e, da ciò, una debt deflation che minaccia in modo esplosivo la stessa stabilità finanziaria (cioè la possibilità di restituzione dei debiti e la conseguente salute del sistema bancario), che faccio?
Taglio l'unico sistema di aumento della liquidità che è realisticamente percorribile, cioè la spesa pubblica?

Ovviamente, sottostante a tale "perspicua" linea di intervento, c'è l'idea che la spesa pensionistica sia "improduttiva" e come tale illimitatamente "spiazzabile" (sarebbero più corretto dire "tagliabile", finora), essendo un parassitario "trasferimento": come se questa forma di assicurazione pubblica che convoglia una enorme quantità di risparmio si traducesse poi in una mera passività di sistema, cioè come se i pensionati non avessero alcuna propensione al consumo che sostiene fatturati e occupazione!
Ma ancor più, come se la contribuzione non fosse altro che un fattore da considerare in modo alterato, cioè un onere "a vuoto" che non porterà altro che, appunto, a passività parassitarie (illimitatamente comprimibili, con beneficio di tutto il sistema....).
Peccato che le cose non stiano così: in realtà si vuole solo risparmiare risorse pubbliche in funzione contabile "fiscal compact", e da qui la più generale e rinnovata enfasi su una spending review che, da sempre, consiste solo in "tagli" al bilancio pubblico (cioè nella misura fiscale più recessiva e di più ampia drenatura della liquidità).


5. Una serie di interessanti commenti di Flavio (che riprende cose che qui abbiamo, invano, più volte enfatizzato) ci restituisce una vana (perchè inascoltata) verità:
"Stamattina in auto ascoltavo RadioAnchio su RadioUno. Ospite in studio Tito Boeri (dove è andato a finire? Ah, presidente dell'Inps, ecco perchè al tempo non pubblicò qualcosa di qualcuno, ma è altra storia).
Si parlava di INPS, pensioni, busta arancione in arrivo ecc... Viene mandato in onda l'intervento del prof. Felice Roberto Pizzuti, docente La Sapienza Roma, colui che cura annualmente il cosiddetto Rapporto sullo Stato Sociale. Bene, l'intervento è stato interessante, preciso, puntuale.

Pizzuti ha definito una "bomba sociale" l'attuale piega che si sta prendere in Italia sul versante previdenziale e ha snocciolato diversi dati davvero interessanti, spiegando al paradosso per cui, di fronte a redditi medi e pensioni medie calanti, si continuino a lodare come salvifiche ulteriori modifiche che vanno a rendere ancora più insostenibile, in termini monetari così come pure di disuguaglianza, il sistema previdenziale italiano.

Specifica attenzione poi è stata data al fatto che nella maggior parte delle volte, in Italia (sui media), si diano numeri a caso, agglomerando assieme dati previdenziali uniti a quelli per le prestazioni sociali (che sono ben altra cosa).
Il dato che più mi ha colpito è stato un numero: 21 (o 24, v.infra), come i miliardi che lo Stato ogni anno incassa, dalla differenza (in attivo) fra entrate contributive (da leone fa il fondo dei precari, anche da me/noi finanziato) e prestazioni previdenziali (pensioni da lavoro, se non ho capito male). Quante manovre sono 21 miliardi? Vogliamo sommarle ai circa 100 di interessi sul debito pubblico? Quanto fa'?. Ecco, allora, a chi (stra)parla dicendo: "Abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità", d'ora in avanti abbiamo anche un numero, +21mld, con cui rispondere prontamente.
Per chi volesse approfondire, qui anche un articolo relativo, e qui un excursus del professore su Sbilanciamoci...

"...ecco qui (tratto da uno degli articoli di Pizzuti appena linkati, ndr.) il passaggio (mi piace molto l'ultima considerazione):
"Anche in Italia si è verificata la stessa illusione statistica; attualmente la spesa sociale è pari al 28,4% del Pil, in linea con i valori medi europei.
Tuttavia, se confrontiamo il valore pro capite, il nostro paese registra un forte e crescente divario negativo: fatto pari a 100 il valore medio dell’Unione a 15 nel 1995, quell’anno il dato italiano era 84,1, ma da allora è calato fino a 75,8 del 2011.
In tutti i paesi europei, tranne l’Irlanda, la voce di spesa più importante è la previdenza (15,1% nell’EU-16); questa voce in Italia è pari al 18,8%, in Francia al 16,5% e in Germania al 13,6%.

La superiorità del nostro dato previdenziale di 3,7 punti rispetto alla media europea è tuttavia viziata da diverse disomogeneità presenti nelle statistiche (numerazione romana aggiunta, ndr.).
I. Ad esempio, l’Eurostat include nella spesa pensionistica italiana i trattamenti di fine rapporto (pari all’1,7% del Pil) che non sono prestazioni pensionistiche.
II. C’è poi che le spese pensionistiche sono confrontate al lordo delle ritenute d’imposta, ma le uscite pubbliche sono quelle al netto.
Tuttavia, mentre in Italia le aliquote fiscali (sulle pensioni) sono le stesse che si applicano ai redditi da lavoro, per un ammontare trattenuto pari a circa il 2,5% del Pil, in altri paesi spesso sono inferiori e in Germania sono addirittura nulle, cosicché i confronti operati al lordo sovrastimano i nostri trasferimenti pensionistici che, in realtà, non sono affatto anomali.
In ogni caso, dopo le riforme del 1992 e 1995, fin dal 1998 il saldo tra le entrate contributive e le prestazioni previdenziali nette è sempre stato attivo; l’ultimo dato, del 2011, è di ben 24 miliardi di euro. Dunque, il nostro sistema pensionistico pubblico non grava sul bilancio pubblico, anzi lo migliora in misura consistente (pari a sei volte le entrate Imu sulla prima casa!)".



6. Ma se questa questione non accenna a essere "inquadrata" cum grano salis (eufemisticamente parlando), - proseguendosi in una campagna strumentale che mal dissimula la folle politica di taglio della spesa pubblica, (nel caso "anche" pensionistica), per rientrare nell'altrettanto controproducente pareggio strutturale di bilancio-, un altro interessante (more solito) commento di Flavio, ci riporta al "cuore" del problema.
E cioè al "ridisegno" suicida della realtà economica e sociale italiana, conseguente alla logica €uropea della limitazione dell'intervento dello Stato - questo implicando il principio centrale dei Trattati - art.3, par.3, TUE- della "economia sociale di mercato fortemente competitiva"- e quindi delle privatizzazioni (col pendant inevitabile del mitico INVESTITORE ESTERO) e dei tetti al deficit.



7. Arricchiamo, anche questa volta, il commento con correlativi links sui vari punti:
"Ieri sera, questa volta ritornando a casa da lavoro, ma sempre su RadioUno (stessa trasmissione), discutevano in studio un altro professore (ci cui non ricordo il nome) e Mucchetti, sulla questione Pirelli, ma più in generale sulla questione IDE.

Così come Ansaldo STS, anche per Pirelli si è detto in queste settimane che "il matrimonio (perchè così si dice, acquisizione risulterebbe troppo drastico, anche se tale è) renderà la società più forte".
Io non ho mai visto un pesce piccolo che, una volta inglobato all'interno di uno più grosso, si sia rafforzato. L'ho visto sempre morto.
In ogni caso anche in studio si è fatto lo stesso ragionamento (non è rafforzamento, ma acquisizione).
Di Mucchetti mi è piaciuto (effimero) il passaggio in cui ha detto che, "arrivati a questo punto, per onestà intellettuale - chi ce l'ha ancora, ha aggiunto - bisogna parlare di svendita all'estero, di decentramento delle attività decisionali fondamentali, di de-industrializzazione pesante e massiccia del nostro apparato produttivo".
Si è parlato di IRI (seppur riportandosi a "quando funzionava", cioè quando al comando non c'erano i neoliberal che ora guidano la campagna di svendita), di CDP e del loro ruolo.
Laconico Mucchetti alla domanda: "Ma non potevano scalarla gli italiani?", ha replicato "Eh, già, ma con quali soldi?!?! Chi c'aveva 7 miliardi per comprarsi Pirelli?".
Tranchant anche una frase di cui riporto il senso, per cui si soggiungeva che oramai è "nostalgia" il fatto di voler chiamare ancora l'Italia come la seconda manifattura d'Europa e che una politica industriale su industrie al cui capo ci sono oramai gli stranieri risulta alquanto effimera, se non inutile.
Ma io dico: ma con tutti questi miliardi di avanzo primario pubblico e di INPS di cui parlavamo ieri, perchè non si è potenziata la CDP ed il Fondo Strategico Italiano per acquisire all'estero aziende o trattenere quelle a rischio scalata che sono (erano) appunto strategiche per l'interesse nazionale?
Eh no, troppo facile, meglio ingrassare i soliti noti con l'immobiliare o con le banche, gli stessi che poi girano in Audi, Mercedes, BMW e hanno gli Iphone, e magari il loro lavoro giornaliero sono le telefonate e la presenza nei CdA. Mentre la gente non arriva a fine mese, spaccandosi la schiena 8 o più ore al giorno e, pur lavorando più dei propri genitori, non arrivano a fine mese e non risparmiano il becco di un quattrino."



8. Qui, per concludere, dovremmo rammentare il lungo discorso sulle "politiche industriali" (che a "qualcuno", al solo nominarle, fanno venire, testuale, "la pelle d'oca"), che pure consentirebbe alcune - per quanto ormai "disperate"- "opzioni" di salvezza.
Ma non a queste vogliamo riallacciarci. Attualmente, sarebbe un inutile esercizio di wishful thinking.
Piuttosto, ci pare più "produttivo" rammentare gli "ostacoli" (culturali) profondi ed esiziali che, inalterati rispetto a quanto evidenziato un anno fa, si frappongono all'adozione di corrette politiche di salvezza nazionale:
- l'ordoliberismo che, - per ammissione non ufficiosa degli stessi massimi organi di governance UEM, oltre che per espressa previsione delle norme fondamentali dei trattati-, è (nelle intenzioni irremovibili di tale governance) destinato a solidificarsi nell'area UEM, è una costruzione ormai altamente instabile.

- Essa, nella rigidità delle intenzioni programmatiche confermate dopo le recenti elezioni (contro ogni evidenza dei suoi risultati), implica un modello deflattivo salariale accelerato che passa per il mantenimento di un'alto tasso di disoccupazione, con una meramente formale lotta contro la deflazione - irrealisticamente curata dalle nuove misure di Draghi, volte in realtà alla difficilissima costrizione della Germania alla reflazione-, e il perseguimento prioritario delle riforme liberalizzatrici "finali" del lavoro (sostanzialmente totale liberalizzazione del licenziamento in ogni settore, voluta dagli USA anche come precondizione essenziale del futuro Ttip, cioè dell'area di liberoscambio USA-UE);

- poichè tale complesso di misure, - sempre ambiguamente rilevabili tra le righe, dovendo l'ordoliberismo per sua natura esprimersi in modo tattico e dissimulato dai media-, ha come effetto l'acuirsi nel tempo dei problemi di caduta della domanda interna nell'area UEM, e (semmai) lo stabilizzarsi di un surplus commerciale complessivo dell'area stessa, le stesse misure sono destinate ad un fallimento estremamente doloroso per i popoli europei.

- Fallimento doloroso in particolare per il nostro, che essendo fortemente patrimonializzato (almeno nelle valutazioni dello "ieri") e (l'unico) super-fedele nella realizzazione dei vincoli fiscali, va sicuramente incontro a fasi di recessione alternata a stagnazione, per un lungo e insostenibile periodo, cui sarà inevitabilmente accompagnata la svendita dei suoi, sempre più svalorizzati, asset patrimoniali pubblici e privati, resi convenienti per i paesi creditori e gli investitori finanziari esteri, secondo la logica del "tacchino da spennare" (inutile sottolineare l'enfasi che, anche oggi, personaggi come Fortis o Prodi, pongono sugli IDE come presunto sistema di rilancio della nostra economia e persino dell'occupazione!);

- dovendo considerare la compatta ortodossia delle forze politiche italiane a questo modello, prima di dichiarare fallimento, c'è il rischio concreto che passino degli anni e che l'Italia sia perciò, in tale breve periodo, ridotta a "fabbrica cacciavite" e a hub turistico a controllo estero (naturalmente), subendo una deindustrializzazione irreversibile che non le consentirà più di riprendersi il suo posto tra le maggiori potenze industriali europee e mondiali.

- Nondimeno, il costo del fallimento ineluttabile del modello deflazionistico-mercantilistico imposto dall'UEM, quand'anche scontassimo le pressioni USA sulla correzione reflattiva del surplus della Germania (comunque contraddittorie rispetto alla ripresa della domanda interna, essendo affidate alla sola politica monetaria ed irremovibile sul problema del costo del lavoro), rispondendo a calcoli e terapie già rivelatesi sbagliate su entrambe le sponde dell'Atlantico, condurrà la Germania a prendere atto dell'eccessivo rischio di intervento, ancorchè indiretto, a sostegno finanziario degli altri maggiori paesi, in particolare della Francia.

- Quest'ultima, a sua volta, essendo già soggetta a forti tensioni politiche interne, non potrà ancora a lungo gradire un sistema che comunque non le consentirebbe di correggere a sufficienza la propria competitività extra-UEM (dato il corso dell'euro rispetto al dollaro, non mitigabile realisticamente con le politiche intraprese dalla BCE), per finire sotto l'influenza finanziaria dominante della Germania, secondo un'inesorabile proiezione, quale ci ha evidenziato Brigitte Granville.

- Risultato: l'Italia ha la altissima probabilità di finire nella situazione sintetizzata da Churchill alla vigilia della seconda guerra mondiale ("potevate scegliere tra la guerra e il disonore: avete scelto il disonore e avrete la guerra"). Cioè sarà ridotta a manifatturiero "cacciavite", espropriata del controllo dei principali gruppi industriali, costretta a livelli di reddito irrecuperabili rispetto al periodo ante-entrata nella moneta unica, e DOVRA' COMUNQUE FRONTEGGIARE L'EURO-BREAK, innescato dalla Germania o dalla stessa Francia!

Appunto, la Francia (per dire...):
Grecia, francese Sapin: Atene deve fare di più su riforme

http://it.reuters.com/article/topNews/idITKBN0MT0O920150402
giovedì 2 aprile 2015 10:17

Ma anche:
Francia: «Basta austerity
 
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Il Meccanismo Target2 Scritto da Philipp Bagus Lunedì 18 Giugno 2012 23:02
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Finalmente grazie a Philipp Bagus, autore della Tragedia dell'Euro, capiamo davvero cosa sia il sistema TARGET2 del quale molto spesso si sente parlare. Non è certamente un articolo facile, però chi riesce a capirlo si renderà conto di una cosa: più si scava nelle dinamiche della Tragedia dell'Euro e più si giunge a due evidenze: 1) l'Unione monetaria da diverso tempo si è già trasformata in una Unione dei Trasferimenti, 2) l'Unione finirà male con perdite davvero spaventose che finiranno con il demolire gran parte della ricchezza artificiale di cui si è goduto in tutti questi anni.

Comprate Cosa è il Denaro insieme alla Tragedia dell'Euro se non lo avete ancora fatto, ne rimangono più poche copie e in caso di eventuale ristampa il prezzo purtroppo aumenterà per riflettere la perdita di potere d'acquisto dell'Euro (soprattutto in termini di oro e argento).

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Articolo Tradotto da Francesco Carbone e Francesco Simoncelli. Titolo originario: Passing the Bailout Buck

Recentemente in Europa si è assistito ad un intenso dibattito sul cosiddetto sistema TARGET2 (Trans-European Automated Real-time Gross Settlement Express Transfer System 2), ovvero il sistema congiunto di compensazione lorda della zona euro.[1]

Le interpretazioni di questo meccanismo sono state alquanto divergenti. Alcuni economisti, tra i quali in particolare Hans-Werner Sinn, hanno sostenuto che il TARGET2 fungerebbe come una sorta di sistema di salvataggio tra i paesi della Unione monetaria. Altri hanno invece negato questa tesi con particolare veemenza. Jürgen Stark della Banca Centrale Europea (BCE) è arrivato persino ad affermare che chiunque sostenga la tesi del sistema di salvataggio meriterebbe di perdere la propria reputazione e credibilità di serio studioso accademico.

Non c'è alcun dubbio che gli addebiti e gli accrediti del TARGET2 siano aumentati progressivamente a partire dallo scoppio della crisi finanziaria: mentre i paesi periferici non hanno fatto che accumulare debiti, ad aprile 2012 la Bundesbank è giunta a vantare crediti per €644 miliardi, circa €8,000 per cittadino tedesco.

La questione interessante che ci proponiamo di investigare è quindi la seguente: il TARGET2 costituisce davvero un sistema di salvataggio occulto per continuare a finanziare standard di vita che i paesi della periferia non potrebbero altrimenti permettersi?

Cominciamo la nostra analisi con il semplice esempio di due individui che regolano i propri pagamenti attraverso una unica banca.


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La persona A vende un bene o un servizio alla persona B per €100. Secondo termini usati nel commercio internazionale potremmo affermare che A gode ora di un avanzo di partite correnti mentre B si ritrova in posizione di disavanzo. Poniamo che B effettui il pagamento della transazione commerciale andando a debito con la banca. Mentre Il soggetto A si ritrova tra gli attivi un credito bancario di €100, B ha semplicemente un debito verso la banca pari a €100. I rapporti di debito sono rappresentati dalle frecce piene che puntano nella direzione del debitore.

Il soggetto A in sostanza ha accumulato un pò di soldi nella propria banca che nel futuro prevede di utilizzare, ipotizziamo, come fondo per la propria pensione. Il soggetto B, invece, è nella situazione di dover produrre qualcosa di valore in modo da poter estinguere definitivamente il proprio debito. Possiamo immaginare che in futuro A venga ripagato proprio dalla produzione di un flusso di beni reali prodotti da B (e tali eventualmente da garantirgli la pensione futura).

Per A è importante che il prestito concesso dalla banca a B sia garantito da un bene collaterale, quale ad esempio un titolo finanziario con elevato rating creditizio o un immobile. Qualora tale prestito non poggiasse su garanzia alcuna, infatti, potrebbero sorgere dei problemi. Poniamo infatti che B muoia senza lasciare nulla. Se la banca non avesse alcun modo di rivalersi su un bene collaterale lasciato a garanzia, tale da compensare il prestito diventato inesigibile, si ritroverebbe in stato di insolvenza. Il soggetto A, a sua volta, vanterebbe un credito nei confronti di una banca insolvente (sempre sotto l'ipotesi semplificativa che gli unici clienti della banca siano solo i soggetti A e B).

Naturalmente, qualora la banca godesse del privilegio di stampare banconote (a corso legale), potrebbe evitare la bancarotta semplicemente ripagando A con denaro di nuova produzione. A verrà rimborsato al valore nominale di 100, ma in sostanza, nel nostro caso esemplificativo, attraverso un credito inutile: B non ha prodotto nulla ed essendo deceduto non potrà più produrre nulla per poter realmente estinguere il proprio debito con un bene reale. Qualunque uso possa fare A della carta appena stampata, il suo tenore di vita è destinato ad abbassarsi: la sua ricchezza adesso trova infatti corrispettivo in un semplice pezzo di carta e non più nella capacità di B di produrre qualcosa di reale.

Supponiamo ora che A viva in Germania e B viva in Spagna. Inoltre, introduciamo la Commerzbank come la banca tedesca di A, ed il Banco Santander come la banca spagnola di B. Inoltre, aggiungiamo le due corrispettive banche centrali nazionali e la BCE.


figure2.png


Supponiamo ancora una volta che A esporti beni per €100 vendendoli a B. Una volta effettuato il pagamento, A riceve un credito nei confronti della Commerzbank. In parole più semplici il conto bancario di A aumenta di un importo pari a €100. B invece prende €100 in prestito dal Banco Santander (in alternativa avrebbe potuto attingere dal proprio conto di deposito presso il Banco Santander). La Commerzbank riceve un credito nei confronti della Bundesbank (o riduce il suo rifinanziamento presso di essa), mentre il Banco Santander aumenta il proprio rifinanziamento con la Banca di Spagna (o riduce le proprie riserve in eccesso).

A livello di banche centrali, la Bundesbank riceve un credito nei confronti della BCE, mentre la Banca di Spagna si ritrova con un debito di pari importo. Sostanzialmente, alla base di questa procedura, abbiamo una importazione di merci in Spagna finanziata dal Banco Santander attraverso la creazione di nuovo denaro sotto forma di prestito al soggetto B. La creazione di moneta si concretizza nell'accensione di un debito TARGET2 per la Banca di Spagna e di un credito TARGET2 invece per la Bundesbank.

Proviamo a confrontare il metodo TARGET2 con il finanziamento alle importazioni che avverrebbe nel contesto di un gold standard. In entrambi i sistemi, gli avanzi commerciali possono essere finanziati da equivalenti importazioni di capitale privato: vale a dire A, o la Commerzbank, acquistano un bond da B. Tuttavia, mentre in un gold standard, e in assenza di finanziamento da parte di capitali privati, l'importazione dovrebbe necessariamente essere pagata attraverso un trasferimento di oro fisico, nel caso dell''Eurosistema gli avanzi commerciali possono trovare contropartita nella semplice produzione di crediti verso la BCE.

In parole più semplici, invece dell'oro, la Bundesbank riceve crediti TARGET2. Mentre in un gold standard il pagamento delle importazioni (se non finanziato da prestiti privati) troverebbe un limite fisico nei deflussi di oro, nel sistema attuale non esiste alcun limite ai crediti TARGET2 che possono essere prodotti ed accumulati. Ancora in altre parole i disavanzi commerciali possono essere finanziati senza alcun limite dalla creazione di crediti e debito in Euro nei confronti della BCE.

Come si estinguono quindi i debiti ed i crediti creati nel meccanismo TARGET2?

Crediti e debiti vanno in compensazione se A importa da B o se B vende un'obbligazione ad A o prende in prestito sempre da A sul mercato dei capitali. Non ci sarebbe niente da rivendicare nei confronti di un finanziamento effettuato attraverso prestiti od obbligazioni private. I debiti TARGET2, tuttavia, non sono prestiti privati, ma equivalgono a prestiti pubblici effettuati dalle banche centrali. Senza TARGET2, qualche soggetto economico residente in Spagna dovrebbe finanziare il proprio deficit commerciale ricorrendo agli investitori privati e pagando in tal modo tassi di interesse potenzialmente più alti, soprattutto qualora non fosse in grado di fornire adeguate garanzie a fronte di tali prestiti.

In questo senso, il sistema TARGET2 equivale in realtà ad un piano di salvataggio nei confronti di un sistema economico non competitivo caratterizzato da prezzi troppo elevati. Grazie a questo meccanismo di salvataggio, il paese in questione non ha bisogno di deregolamentare il mercato del lavoro o di ridurre la spesa pubblica al fine di aggiustare i prezzi interni, esso può continuare a spendere mantenendo non competitiva la propria struttura economica.

Ma quindi, i debiti ed i crediti TARGET2 potrebbero non trovare mai effettiva estinzione? Sorprendentemente è proprio così: non vi è né un limite ai valori del TARGET2, né i debiti accumulati giungono mai al punto da dover essere pagati. Diversamente, nel sistema americano della Federal Reserve i debiti trovano garanzia nei crediti in oro e ogni anno i saldi vengono regolati. Se la Federal Reserve Bank di Richmond ha un debito con la Federal Reserve Bank di New York, la prima salderà il proprio conto tramite l'invio dei certificati d'oro alla seconda.[2]

L'Eurosistema non solo consente il finanziamento dei disavanzi commerciali tramite creazione di moneta dal nulla; ma consente anche la "fuga di capitali." Nella situazione attuale, un default del governo greco manderebbe in bancarotta il proprio sistema bancario. Al fine di non incorrere in una perdita, i depositanti greci hanno inviato e stanno inviando i loro soldi dai conti presso le banche greche sui conti aperti nelle banche della Germania e di altri paesi. Attraverso questo trasferimento, la banca greca perde riserve mentre quella tedesca le aumenta. La banca Greca aumenta il rifinanziamento presso la propria banca centrale nazionale (ad esempio, riceve denaro di nuova creazione), mentre la banca tedesca può diminuire i propri prestiti dalla Bundesbank. La Bundesbank guadagna un credito TARGET2, la Banca di Grecia un debito TARGET2. Se il governo Greco va in default, e la Banca di Grecia va in default a causa dei propri debiti accumulati, le perdite si rifletteranno sul bilancio della BCE. Quindi, il rischio di un default della Grecia è ora condiviso dai risparmiatori tedeschi attraverso il credito TARGET2.

Qual è l'Essenza dei Bilanci TARGET2?

I crediti TARGET2 in ultima analisi rappresentano dei crediti avanzati dai risparmiatori, mentre i debiti TARGET2 rappresentano debiti di aziende, governi e singoli individui. I conti TARGET2 sono di fatto una conseguenza di una redistribuzione di ricchezza in corso e di un salvataggio a favore dei paesi più deboli. I conti TARGET2 in questo senso rispecchiano le dinamiche della tragedia dell'euro, vale a dire, la monetizzazione dei deficit pubblici.

Prendiamo l'esempio seguente. Una banca spagnola crea nuovo denaro per comprare un titolo del governo spagnolo. Ciò permette al governo iberico di mantenere invariata la spesa pubblica posticipando le dovute riforme del mercato del lavoro. Potrebbe persino aumentare i salari del settore pubblico ed i sussidi di disoccupazione. La competitività dell'economia spagnola di fatto è ostacolata da salari troppo elevati e genera un deficit commerciale quando ad esempio un ministro spagnolo acquista una vettura tedesca.

In teoria, il deficit commerciale potrebbe essere finanziato da entità private, per esempio, da prestiti dalle banche tedesche alle banche spagnole. Dopo qualche tempo però le banche spagnole faranno fatica a trovare nuovi collaterali. I debiti statali crescenti e l'eccessivo indebitamento del settore privato riducono la qualità del debito spagnolo come garanzia. Ad un certo punto, gli investitori privati smetteranno di continuare a finanziare sia le banche spagnole sia il deficit commerciale spagnolo in quanto non riescono più a ottenere buone garanzie (di fatto abbiamo già oltrepassato questo punto).

Eppure, grazie al TARGET2 la festa può continuare. Le banche spagnole possono utilizzare cattive garanzie (come i titoli di stato spagnoli) e rifinanziarsi presso la Banca di Spagna, che accetta i titoli di stato spagnoli come garanzia per nuovi prestiti. Come risultato di questa monetizzazione indiretta dei titoli di stato, i debiti del TARGET2 presso la BCE aumentano. I cattivi rischi (le garanzie fornite a collaterale) vengono spostati all'Eurosistema e socializzati. Il TARGET2 consente in tal modo di finanziare il deficit commerciale attraverso prestiti bancari centrali.

Non solo i debiti pubblici possono essere monetizzati attraverso l'Eurosistema e il loro rischio socializzato attraverso il TARGET2, ma ciò può verificarsi anche per i debiti privati. Questa possibilità è aumentata soprattutto a partire dal mese di febbraio 2012, quando la BCE ha permesso alle banche centrali nazionali di determinare a proprio rischio e pericolo le garanzie idonee per i prestiti delle banche centrali.[3] A seconda delle regole determinate per i collaterali, una banca spagnola può ora fare un prestito ad un'impresa spagnola di modo che essa possa importare beni e servizi dalla Germania. La banca spagnola può fornire il prestito concesso all'importatore come garanzia per ottenere un nuovo prestito dalla Banca di Spagna (naturalmente, applicandovi uno sconto). In questo modo, il prestito privato (in questo caso utilizzato per il consumo), viene monetizzato. Come conseguenza avremo ulteriori debiti TARGET2 per la Banca di Spagna e ulteriori crediti TARGET2 per la Bundesbank.

Quali sono esattamente i Rischi per un Paese in Credito TARGET2 come la Germania?

Se la Grecia abbandonasse l'Euro, molto probabilmente finirebbe con il non pagare i propri debiti alla Banca Centrale Europea con oro o beni reali. La BCE subirebbe pertanto una perdita, e attraverso il contributo in conto capitale di ciascuna banca nazionale, il 27% di tale perdita ricadrebbe sulla Bundesbank. Se anche altri paesi lasciassero l'euro, la perdita sarebbe molto più elevata. Nel caso opposto di una uscita tedesca dall'Euro, la Bundesbank subirà perdite importanti nel caso la nuova valuta tedesca si apprezzasse, in quanto gli asset principali della Bundesbank diventerebbero ora dei semplici crediti TARGET2 denominati in Euro. Oltretutto, i restanti paesi della zona euro potrebbero persino opporsi al pagamento dei debiti TARGET2.

La liquidazione dei crediti TARGET2 si trasformerebbe quindi una perdita reale? Se prendiamo il nostro esempio iniziale dei due individui con una banca di compensazione, la conclusione è semplice. Se B andasse in default, la banca fallirebbe ed A perdebbe i propri soldi. Lo stesso accadrebbe nel caso dell'Eurosistema. Se i governi della periferia andassero in default, le loro banche fallirebbero, le banche centrali nazionali farebbero la stessa fine e anche la BCE fallirebbe. La Bundesbank vanterebbe quindi un credito TARGET2 su una BCE insolvente e si troverbbe anch'essa in stato di bancarotta. La Commerzbank perdebbe i propri crediti nei confronti della Bundesbank (o non verrebbe più rifinanziata) ed anch'essa andrebbe in default. Alla fine della catena il soggetto privato tedesco rimarrebbe con un pugno di mosche in mano.

Lo scopo dei salvataggi dei paesi periferici come la Grecia è pertanto quello di mantenere viva l'illusione che i risparmiatori tedeschi o quelli di altri paesi non subiscano alcuna perdita.

Possono la BCE o la Bundesbank andare davvero in bancarotta? Non potrebbero sempre pagare stampando semplicemente più soldi? Sì, di fatto la BCE è in grado di pagare i propri conti producendo dal nulla nuove quantità di denaro. Tuttavia, la creazione di denaro dal nulla non toglie il fatto che la ricchezza svanirebbe nel momento in cui la periferia fallisse. E' come se B non fosse più in grado di pagare il proprio debito con beni reali a causa del proprio decesso. Il soggetto A riceverà nuovo denaro di carta dalla propria banca, ma questo non sarà sufficiente per garantirgli la pensione come invece era nei suoi piani. Purtroppo, finché la periferia europea rispetto alla Germania continua a rimanere in condizioni di inferiorità competitiva, essa non sarà capace di produrre sufficienti beni reali per saldare i crediti tedeschi TARGET2. Molto probabilmente, il valore reale di quel credito è già svanito per sempre. Pensare che possa rappresentare vera ricchezza è un'illusione che si concluderà in uno dei tre seguenti modi.

Il primo caso sarebbe quello inflazionistico: la BCE produce nuovo denaro al fine di mantenere il sistema a galla.

Il secondo caso sarebbe quello di un default della periferia a causa del quale la qualità degli asset della BCE verrebbe compromessa e il suo capitale bruciato. La BCE perderebbe la capacità di poter ridurre la quantità di moneta in circolazione per difendere il valore dell'Euro. La BCE in altre parole non avrebbe più alcun asset buono da vendere sul mercato in quanto il valore di quegli asset sarebbe già crollato. In tale scenario si correrebbe il rischio di una perdita totale di fiducia nella valuta europea, in primo luogo sui mercati valutari internazionali, e quindi internamente. Il valore della divisa potrebbe collassare ponendo fine all'illusione di ricchezza dei risparmiatori e dei possessori di euro.

Il terzo caso sarebbe quella di ricapitalizzare la BCE trasferendole asset di alta qualità. La BCE potrebbe quindi utilizzare questi nuovi asset per conservare la fiducia nell'Euro e difenderne il valore. La ricapitalizzazione, naturalmente, richiedebbe anche un'espropriazione di ricchezza a danno dei cittadini tedeschi e di quelli di altri paesi. Dopo l'inflazione e il default, l'espropriazione fiscale sarebbe la terza alternativa in grado di porre fine all'illusione di ricchezza fin qua generata artificialmente.

TARGET2, Eurobond, Meccanismo di Stabilità Europeo: qual è la Differenza?

Gli Eurobond sarebbero emessi congiuntamente e garantiti da tutti i 17 membri dell'Eurozona, tuttavia la loro effettiva emissione ha incontrato pareri molto controversi. Per esempio, il governo tedesco si è sempre opposto con veemenza a tale progetto. D'altro canto il governo Tedesco non si è mai davvero opposto al TARGET2. Il TARGET2 è solo il riflesso del sostituto di un salvataggio. Quando i governi emettono bond che vengono comprati dalle loro banche per finanziare un disavanzo commerciale, il risultato è un debito TARGET2. Gli squilibri del TARGET2 sono solo il dato più evidente che gli euro creati nella periferia siano stati utilizzati per pagare le merci provenienti dall'estero.

Il Meccanismo di Stabilità Europeo (ESM) è un altro sostituto degli Eurobond, poiché l'ESM può concedere prestiti a governi in difficoltà emettendo titoli garantiti collettivamente. La differenza tra i tre strumenti è solo di grado. C'è un maggiore controllo parlamentare sugli Eurobond o sull'ESM. Nell'ESM, i paesi creditori hanno un maggiore controllo sui salvataggi rispetto agli Eurobond. Anche le differenze tra i tassi di interesse sono più pronunciate con l'ESM rispetto agli Eurobond. La BCE vuole spostare l'onere del salvataggio dal TARGET2 all'ESM. I governi preferiscono nascondere le perdite sui contribuenti il più a lungo possibile e preferiscono che la BCE alimenti i deficit.

In conclusione, tutti e tre i dispositivi servono come sistemi di salvataggio e di fatto danno forma ad una Unione europea dei trasferimenti già esistente.



Note

[1] La migliore introduzione ed analisi del TARGET2 può essere trovata in Stefan Homburg, "Anmerkungen zum Target-2-Streit," Wirtschaftsdienst, volume 91, numero 3 (2011): pp. 536–530. La nostra analisi ed i grafici seguono strettamente la linea di ragionamento di Homburg.

[2] Almeno queste regole appaiono nel manuale di contabilità della Federal Reserve. Sembra, però, come se la FED abbia sospeso in ultima analisi i ripagamenti. Consultare Michiel Bijlsma e Jasper Lukkezen "Target-2 of the ECB vs. Interdistrict Settlement Account of the Federal Reserve" (2012).

[3] Jens Weidmann ha criticato la modifica delle norme di garanzia e ha chiesto garanzie per i debiti TARGET2 nel mese di Marzo 2012. Tuttavia, solo le banche centrali ed i governi sono in grado di fornire buone garanzie come l'oro per i debiti TARGET2. La maggior parte delle banche non ha più buone garanzie. Altrimenti le avrebbero utilizzate per rifinanziarsi sui mercati privati e non attraverso l'Eurosistema con i suoi standard collaterali bassi.
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Il Meccanismo Target2 Scritto da Philipp Bagus Lunedì 18 Giugno 2012 23:02
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Finalmente grazie a Philipp Bagus, autore della Tragedia dell'Euro, capiamo davvero cosa sia il sistema TARGET2 del quale molto spesso si sente parlare. Non è certamente un articolo facile, però chi riesce a capirlo si renderà conto di una cosa: più si scava nelle dinamiche della Tragedia dell'Euro e più si giunge a due evidenze: 1) l'Unione monetaria da diverso tempo si è già trasformata in una Unione dei Trasferimenti, 2) l'Unione finirà male con perdite davvero spaventose che finiranno con il demolire gran parte della ricchezza artificiale di cui si è goduto in tutti questi anni.

Comprate Cosa è il Denaro insieme alla Tragedia dell'Euro se non lo avete ancora fatto, ne rimangono più poche copie e in caso di eventuale ristampa il prezzo purtroppo aumenterà per riflettere la perdita di potere d'acquisto dell'Euro (soprattutto in termini di oro e argento).

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Articolo Tradotto da Francesco Carbone e Francesco Simoncelli. Titolo originario: Passing the Bailout Buck

Recentemente in Europa si è assistito ad un intenso dibattito sul cosiddetto sistema TARGET2 (Trans-European Automated Real-time Gross Settlement Express Transfer System 2), ovvero il sistema congiunto di compensazione lorda della zona euro.[1]

Le interpretazioni di questo meccanismo sono state alquanto divergenti. Alcuni economisti, tra i quali in particolare Hans-Werner Sinn, hanno sostenuto che il TARGET2 fungerebbe come una sorta di sistema di salvataggio tra i paesi della Unione monetaria. Altri hanno invece negato questa tesi con particolare veemenza. Jürgen Stark della Banca Centrale Europea (BCE) è arrivato persino ad affermare che chiunque sostenga la tesi del sistema di salvataggio meriterebbe di perdere la propria reputazione e credibilità di serio studioso accademico.

Non c'è alcun dubbio che gli addebiti e gli accrediti del TARGET2 siano aumentati progressivamente a partire dallo scoppio della crisi finanziaria: mentre i paesi periferici non hanno fatto che accumulare debiti, ad aprile 2012 la Bundesbank è giunta a vantare crediti per €644 miliardi, circa €8,000 per cittadino tedesco.

La questione interessante che ci proponiamo di investigare è quindi la seguente: il TARGET2 costituisce davvero un sistema di salvataggio occulto per continuare a finanziare standard di vita che i paesi della periferia non potrebbero altrimenti permettersi?

Cominciamo la nostra analisi con il semplice esempio di due individui che regolano i propri pagamenti attraverso una unica banca.


figure1.png


La persona A vende un bene o un servizio alla persona B per €100. Secondo termini usati nel commercio internazionale potremmo affermare che A gode ora di un avanzo di partite correnti mentre B si ritrova in posizione di disavanzo. Poniamo che B effettui il pagamento della transazione commerciale andando a debito con la banca. Mentre Il soggetto A si ritrova tra gli attivi un credito bancario di €100, B ha semplicemente un debito verso la banca pari a €100. I rapporti di debito sono rappresentati dalle frecce piene che puntano nella direzione del debitore.

Il soggetto A in sostanza ha accumulato un pò di soldi nella propria banca che nel futuro prevede di utilizzare, ipotizziamo, come fondo per la propria pensione. Il soggetto B, invece, è nella situazione di dover produrre qualcosa di valore in modo da poter estinguere definitivamente il proprio debito. Possiamo immaginare che in futuro A venga ripagato proprio dalla produzione di un flusso di beni reali prodotti da B (e tali eventualmente da garantirgli la pensione futura).

Per A è importante che il prestito concesso dalla banca a B sia garantito da un bene collaterale, quale ad esempio un titolo finanziario con elevato rating creditizio o un immobile. Qualora tale prestito non poggiasse su garanzia alcuna, infatti, potrebbero sorgere dei problemi. Poniamo infatti che B muoia senza lasciare nulla. Se la banca non avesse alcun modo di rivalersi su un bene collaterale lasciato a garanzia, tale da compensare il prestito diventato inesigibile, si ritroverebbe in stato di insolvenza. Il soggetto A, a sua volta, vanterebbe un credito nei confronti di una banca insolvente (sempre sotto l'ipotesi semplificativa che gli unici clienti della banca siano solo i soggetti A e B).

Naturalmente, qualora la banca godesse del privilegio di stampare banconote (a corso legale), potrebbe evitare la bancarotta semplicemente ripagando A con denaro di nuova produzione. A verrà rimborsato al valore nominale di 100, ma in sostanza, nel nostro caso esemplificativo, attraverso un credito inutile: B non ha prodotto nulla ed essendo deceduto non potrà più produrre nulla per poter realmente estinguere il proprio debito con un bene reale. Qualunque uso possa fare A della carta appena stampata, il suo tenore di vita è destinato ad abbassarsi: la sua ricchezza adesso trova infatti corrispettivo in un semplice pezzo di carta e non più nella capacità di B di produrre qualcosa di reale.

Supponiamo ora che A viva in Germania e B viva in Spagna. Inoltre, introduciamo la Commerzbank come la banca tedesca di A, ed il Banco Santander come la banca spagnola di B. Inoltre, aggiungiamo le due corrispettive banche centrali nazionali e la BCE.


figure2.png


Supponiamo ancora una volta che A esporti beni per €100 vendendoli a B. Una volta effettuato il pagamento, A riceve un credito nei confronti della Commerzbank. In parole più semplici il conto bancario di A aumenta di un importo pari a €100. B invece prende €100 in prestito dal Banco Santander (in alternativa avrebbe potuto attingere dal proprio conto di deposito presso il Banco Santander). La Commerzbank riceve un credito nei confronti della Bundesbank (o riduce il suo rifinanziamento presso di essa), mentre il Banco Santander aumenta il proprio rifinanziamento con la Banca di Spagna (o riduce le proprie riserve in eccesso).

A livello di banche centrali, la Bundesbank riceve un credito nei confronti della BCE, mentre la Banca di Spagna si ritrova con un debito di pari importo. Sostanzialmente, alla base di questa procedura, abbiamo una importazione di merci in Spagna finanziata dal Banco Santander attraverso la creazione di nuovo denaro sotto forma di prestito al soggetto B. La creazione di moneta si concretizza nell'accensione di un debito TARGET2 per la Banca di Spagna e di un credito TARGET2 invece per la Bundesbank.

Proviamo a confrontare il metodo TARGET2 con il finanziamento alle importazioni che avverrebbe nel contesto di un gold standard. In entrambi i sistemi, gli avanzi commerciali possono essere finanziati da equivalenti importazioni di capitale privato: vale a dire A, o la Commerzbank, acquistano un bond da B. Tuttavia, mentre in un gold standard, e in assenza di finanziamento da parte di capitali privati, l'importazione dovrebbe necessariamente essere pagata attraverso un trasferimento di oro fisico, nel caso dell''Eurosistema gli avanzi commerciali possono trovare contropartita nella semplice produzione di crediti verso la BCE.

In parole più semplici, invece dell'oro, la Bundesbank riceve crediti TARGET2. Mentre in un gold standard il pagamento delle importazioni (se non finanziato da prestiti privati) troverebbe un limite fisico nei deflussi di oro, nel sistema attuale non esiste alcun limite ai crediti TARGET2 che possono essere prodotti ed accumulati. Ancora in altre parole i disavanzi commerciali possono essere finanziati senza alcun limite dalla creazione di crediti e debito in Euro nei confronti della BCE.

Come si estinguono quindi i debiti ed i crediti creati nel meccanismo TARGET2?

Crediti e debiti vanno in compensazione se A importa da B o se B vende un'obbligazione ad A o prende in prestito sempre da A sul mercato dei capitali. Non ci sarebbe niente da rivendicare nei confronti di un finanziamento effettuato attraverso prestiti od obbligazioni private. I debiti TARGET2, tuttavia, non sono prestiti privati, ma equivalgono a prestiti pubblici effettuati dalle banche centrali. Senza TARGET2, qualche soggetto economico residente in Spagna dovrebbe finanziare il proprio deficit commerciale ricorrendo agli investitori privati e pagando in tal modo tassi di interesse potenzialmente più alti, soprattutto qualora non fosse in grado di fornire adeguate garanzie a fronte di tali prestiti.

In questo senso, il sistema TARGET2 equivale in realtà ad un piano di salvataggio nei confronti di un sistema economico non competitivo caratterizzato da prezzi troppo elevati. Grazie a questo meccanismo di salvataggio, il paese in questione non ha bisogno di deregolamentare il mercato del lavoro o di ridurre la spesa pubblica al fine di aggiustare i prezzi interni, esso può continuare a spendere mantenendo non competitiva la propria struttura economica.

Ma quindi, i debiti ed i crediti TARGET2 potrebbero non trovare mai effettiva estinzione? Sorprendentemente è proprio così: non vi è né un limite ai valori del TARGET2, né i debiti accumulati giungono mai al punto da dover essere pagati. Diversamente, nel sistema americano della Federal Reserve i debiti trovano garanzia nei crediti in oro e ogni anno i saldi vengono regolati. Se la Federal Reserve Bank di Richmond ha un debito con la Federal Reserve Bank di New York, la prima salderà il proprio conto tramite l'invio dei certificati d'oro alla seconda.[2]

L'Eurosistema non solo consente il finanziamento dei disavanzi commerciali tramite creazione di moneta dal nulla; ma consente anche la "fuga di capitali." Nella situazione attuale, un default del governo greco manderebbe in bancarotta il proprio sistema bancario. Al fine di non incorrere in una perdita, i depositanti greci hanno inviato e stanno inviando i loro soldi dai conti presso le banche greche sui conti aperti nelle banche della Germania e di altri paesi. Attraverso questo trasferimento, la banca greca perde riserve mentre quella tedesca le aumenta. La banca Greca aumenta il rifinanziamento presso la propria banca centrale nazionale (ad esempio, riceve denaro di nuova creazione), mentre la banca tedesca può diminuire i propri prestiti dalla Bundesbank. La Bundesbank guadagna un credito TARGET2, la Banca di Grecia un debito TARGET2. Se il governo Greco va in default, e la Banca di Grecia va in default a causa dei propri debiti accumulati, le perdite si rifletteranno sul bilancio della BCE. Quindi, il rischio di un default della Grecia è ora condiviso dai risparmiatori tedeschi attraverso il credito TARGET2.

Qual è l'Essenza dei Bilanci TARGET2?

I crediti TARGET2 in ultima analisi rappresentano dei crediti avanzati dai risparmiatori, mentre i debiti TARGET2 rappresentano debiti di aziende, governi e singoli individui. I conti TARGET2 sono di fatto una conseguenza di una redistribuzione di ricchezza in corso e di un salvataggio a favore dei paesi più deboli. I conti TARGET2 in questo senso rispecchiano le dinamiche della tragedia dell'euro, vale a dire, la monetizzazione dei deficit pubblici.

Prendiamo l'esempio seguente. Una banca spagnola crea nuovo denaro per comprare un titolo del governo spagnolo. Ciò permette al governo iberico di mantenere invariata la spesa pubblica posticipando le dovute riforme del mercato del lavoro. Potrebbe persino aumentare i salari del settore pubblico ed i sussidi di disoccupazione. La competitività dell'economia spagnola di fatto è ostacolata da salari troppo elevati e genera un deficit commerciale quando ad esempio un ministro spagnolo acquista una vettura tedesca.

In teoria, il deficit commerciale potrebbe essere finanziato da entità private, per esempio, da prestiti dalle banche tedesche alle banche spagnole. Dopo qualche tempo però le banche spagnole faranno fatica a trovare nuovi collaterali. I debiti statali crescenti e l'eccessivo indebitamento del settore privato riducono la qualità del debito spagnolo come garanzia. Ad un certo punto, gli investitori privati smetteranno di continuare a finanziare sia le banche spagnole sia il deficit commerciale spagnolo in quanto non riescono più a ottenere buone garanzie (di fatto abbiamo già oltrepassato questo punto).

Eppure, grazie al TARGET2 la festa può continuare. Le banche spagnole possono utilizzare cattive garanzie (come i titoli di stato spagnoli) e rifinanziarsi presso la Banca di Spagna, che accetta i titoli di stato spagnoli come garanzia per nuovi prestiti. Come risultato di questa monetizzazione indiretta dei titoli di stato, i debiti del TARGET2 presso la BCE aumentano. I cattivi rischi (le garanzie fornite a collaterale) vengono spostati all'Eurosistema e socializzati. Il TARGET2 consente in tal modo di finanziare il deficit commerciale attraverso prestiti bancari centrali.

Non solo i debiti pubblici possono essere monetizzati attraverso l'Eurosistema e il loro rischio socializzato attraverso il TARGET2, ma ciò può verificarsi anche per i debiti privati. Questa possibilità è aumentata soprattutto a partire dal mese di febbraio 2012, quando la BCE ha permesso alle banche centrali nazionali di determinare a proprio rischio e pericolo le garanzie idonee per i prestiti delle banche centrali.[3] A seconda delle regole determinate per i collaterali, una banca spagnola può ora fare un prestito ad un'impresa spagnola di modo che essa possa importare beni e servizi dalla Germania. La banca spagnola può fornire il prestito concesso all'importatore come garanzia per ottenere un nuovo prestito dalla Banca di Spagna (naturalmente, applicandovi uno sconto). In questo modo, il prestito privato (in questo caso utilizzato per il consumo), viene monetizzato. Come conseguenza avremo ulteriori debiti TARGET2 per la Banca di Spagna e ulteriori crediti TARGET2 per la Bundesbank.

Quali sono esattamente i Rischi per un Paese in Credito TARGET2 come la Germania?

Se la Grecia abbandonasse l'Euro, molto probabilmente finirebbe con il non pagare i propri debiti alla Banca Centrale Europea con oro o beni reali. La BCE subirebbe pertanto una perdita, e attraverso il contributo in conto capitale di ciascuna banca nazionale, il 27% di tale perdita ricadrebbe sulla Bundesbank. Se anche altri paesi lasciassero l'euro, la perdita sarebbe molto più elevata. Nel caso opposto di una uscita tedesca dall'Euro, la Bundesbank subirà perdite importanti nel caso la nuova valuta tedesca si apprezzasse, in quanto gli asset principali della Bundesbank diventerebbero ora dei semplici crediti TARGET2 denominati in Euro. Oltretutto, i restanti paesi della zona euro potrebbero persino opporsi al pagamento dei debiti TARGET2.

La liquidazione dei crediti TARGET2 si trasformerebbe quindi una perdita reale? Se prendiamo il nostro esempio iniziale dei due individui con una banca di compensazione, la conclusione è semplice. Se B andasse in default, la banca fallirebbe ed A perdebbe i propri soldi. Lo stesso accadrebbe nel caso dell'Eurosistema. Se i governi della periferia andassero in default, le loro banche fallirebbero, le banche centrali nazionali farebbero la stessa fine e anche la BCE fallirebbe. La Bundesbank vanterebbe quindi un credito TARGET2 su una BCE insolvente e si troverbbe anch'essa in stato di bancarotta. La Commerzbank perdebbe i propri crediti nei confronti della Bundesbank (o non verrebbe più rifinanziata) ed anch'essa andrebbe in default. Alla fine della catena il soggetto privato tedesco rimarrebbe con un pugno di mosche in mano.

Lo scopo dei salvataggi dei paesi periferici come la Grecia è pertanto quello di mantenere viva l'illusione che i risparmiatori tedeschi o quelli di altri paesi non subiscano alcuna perdita.

Possono la BCE o la Bundesbank andare davvero in bancarotta? Non potrebbero sempre pagare stampando semplicemente più soldi? Sì, di fatto la BCE è in grado di pagare i propri conti producendo dal nulla nuove quantità di denaro. Tuttavia, la creazione di denaro dal nulla non toglie il fatto che la ricchezza svanirebbe nel momento in cui la periferia fallisse. E' come se B non fosse più in grado di pagare il proprio debito con beni reali a causa del proprio decesso. Il soggetto A riceverà nuovo denaro di carta dalla propria banca, ma questo non sarà sufficiente per garantirgli la pensione come invece era nei suoi piani. Purtroppo, finché la periferia europea rispetto alla Germania continua a rimanere in condizioni di inferiorità competitiva, essa non sarà capace di produrre sufficienti beni reali per saldare i crediti tedeschi TARGET2. Molto probabilmente, il valore reale di quel credito è già svanito per sempre. Pensare che possa rappresentare vera ricchezza è un'illusione che si concluderà in uno dei tre seguenti modi.

Il primo caso sarebbe quello inflazionistico: la BCE produce nuovo denaro al fine di mantenere il sistema a galla.

Il secondo caso sarebbe quello di un default della periferia a causa del quale la qualità degli asset della BCE verrebbe compromessa e il suo capitale bruciato. La BCE perderebbe la capacità di poter ridurre la quantità di moneta in circolazione per difendere il valore dell'Euro. La BCE in altre parole non avrebbe più alcun asset buono da vendere sul mercato in quanto il valore di quegli asset sarebbe già crollato. In tale scenario si correrebbe il rischio di una perdita totale di fiducia nella valuta europea, in primo luogo sui mercati valutari internazionali, e quindi internamente. Il valore della divisa potrebbe collassare ponendo fine all'illusione di ricchezza dei risparmiatori e dei possessori di euro.

Il terzo caso sarebbe quella di ricapitalizzare la BCE trasferendole asset di alta qualità. La BCE potrebbe quindi utilizzare questi nuovi asset per conservare la fiducia nell'Euro e difenderne il valore. La ricapitalizzazione, naturalmente, richiedebbe anche un'espropriazione di ricchezza a danno dei cittadini tedeschi e di quelli di altri paesi. Dopo l'inflazione e il default, l'espropriazione fiscale sarebbe la terza alternativa in grado di porre fine all'illusione di ricchezza fin qua generata artificialmente.

TARGET2, Eurobond, Meccanismo di Stabilità Europeo: qual è la Differenza?

Gli Eurobond sarebbero emessi congiuntamente e garantiti da tutti i 17 membri dell'Eurozona, tuttavia la loro effettiva emissione ha incontrato pareri molto controversi. Per esempio, il governo tedesco si è sempre opposto con veemenza a tale progetto. D'altro canto il governo Tedesco non si è mai davvero opposto al TARGET2. Il TARGET2 è solo il riflesso del sostituto di un salvataggio. Quando i governi emettono bond che vengono comprati dalle loro banche per finanziare un disavanzo commerciale, il risultato è un debito TARGET2. Gli squilibri del TARGET2 sono solo il dato più evidente che gli euro creati nella periferia siano stati utilizzati per pagare le merci provenienti dall'estero.

Il Meccanismo di Stabilità Europeo (ESM) è un altro sostituto degli Eurobond, poiché l'ESM può concedere prestiti a governi in difficoltà emettendo titoli garantiti collettivamente. La differenza tra i tre strumenti è solo di grado. C'è un maggiore controllo parlamentare sugli Eurobond o sull'ESM. Nell'ESM, i paesi creditori hanno un maggiore controllo sui salvataggi rispetto agli Eurobond. Anche le differenze tra i tassi di interesse sono più pronunciate con l'ESM rispetto agli Eurobond. La BCE vuole spostare l'onere del salvataggio dal TARGET2 all'ESM. I governi preferiscono nascondere le perdite sui contribuenti il più a lungo possibile e preferiscono che la BCE alimenti i deficit.

In conclusione, tutti e tre i dispositivi servono come sistemi di salvataggio e di fatto danno forma ad una Unione europea dei trasferimenti già esistente.



Note

[1] La migliore introduzione ed analisi del TARGET2 può essere trovata in Stefan Homburg, "Anmerkungen zum Target-2-Streit," Wirtschaftsdienst, volume 91, numero 3 (2011): pp. 536–530. La nostra analisi ed i grafici seguono strettamente la linea di ragionamento di Homburg.

[2] Almeno queste regole appaiono nel manuale di contabilità della Federal Reserve. Sembra, però, come se la FED abbia sospeso in ultima analisi i ripagamenti. Consultare Michiel Bijlsma e Jasper Lukkezen "Target-2 of the ECB vs. Interdistrict Settlement Account of the Federal Reserve" (2012).

[3] Jens Weidmann ha criticato la modifica delle norme di garanzia e ha chiesto garanzie per i debiti TARGET2 nel mese di Marzo 2012. Tuttavia, solo le banche centrali ed i governi sono in grado di fornire buone garanzie come l'oro per i debiti TARGET2. La maggior parte delle banche non ha più buone garanzie. Altrimenti le avrebbero utilizzate per rifinanziarsi sui mercati privati e non attraverso l'Eurosistema con i suoi standard collaterali bassi.
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TARGET 2: NON ESISTE LA MONETA UNICA

Posted on 24/01/2015 by admin
TARGET 21: NON ESISTE LA MONETA UNICA​
Il funzionamento e la stessa esistenza2 della piattaforma per pagamenti bancari internazionali detta Target23, dimostrano che tutto il denaro sui conti correnti bancari, anche se denominato “euro”, non è l’euro, e non è creato dalla BCE, ma dalle banche dei singoli paesi aderenti. “Euro” è solo l’etichetta applicata a realtà giuridico-monetarie diverse tra loro per indurre la gente a pensare che siano un’unica cosa.
Queste ragioni si aggiungono a quelle già comunemente addotte per negare che l’euro sia una moneta e che sia una moneta unica4.
Confermano inoltre la teoria, già ampiamente dimostrata5, che la liquidità, gli attivi dei conti correnti, siano generati dall’attività di prestito delle banche commerciali, e solo in minima parte dalle banche centrali.
Innanzitutto, dicevo, la moneta che si trova registrata sui conti correnti non è l’euro della BCE, ma un’altra cosa. Infatti, se fosse l’euro “vero”, l’euro-valuta legale della BCE, per fare un bonifico di 1.000 euro dal mio conto corrente italiano a quello del mio fornitore in Germania, la mia banca opererebbe esattamente come quando fa un bonifico a un altro conto corrente italiano, a un altro conto corrente ABI, anziché passare per Target2, cioè chiedere alla Banca d’Italia di prestarle 1.000 euro della BCE (e la Banca d’Italia lo fa indebitandosi verso la BCE), con cui viene eseguito l’accredito sul conto corrente tedesco.
Il che dimostra che gli “euro” segnati sui conti correnti italiani non sono euro veri (non sono cioè la valuta legale), non sono emessi dalla BCE, sono diversi anche dagli “euro” segnati sui conti correnti tedeschi (greci, spagnoli, finlandesi…): gli euro sui conti correnti italiani sono gli euro… dell’ABI, cioè creati dal sistema bancario italiano, e non sono accreditabili su conti correnti non italiani.
Abbiamo due riprove della veridicità di ciò.
La prima, diretta: se voglio pagare un debito estero usando gli “euro” che ho sul mio conto corrente, devo passare per il meccanismo suddescritto; se invece voglio pagarlo con euro-banconote o euro-spiccioli (cioè euro-valuta legale), posso pagarlo direttamente, versandoli sul conto corrente estero del mio creditore in una banca del suo paese. Ergo gli euro del cc sono una cosa diversa, per natura giuridica, dagli euro-valuta legale.
La seconda, indiretta: Target 2 è adoperato per i pagamenti anche da paesi che non usano l’euro, ergo Target 2 è strutturata per trattare valute anche diverse dall’euro.
Si conferma quindi che il grosso del money supply, circa il 97%, è generato con strumenti essenzialmente contabili dai vari sistemi delle banche commerciali. Vi sono tanti (pseudo) euro quanti sono i paesi partecipanti all’Eurozona, e ciascuno di essi ha circolazione limitata al paese del sistema bancario che lo ha generato; e in più vi è l’euro vero, la valuta legale, cioè quello creato dal Sistema Europeo delle Banche Centrali – l’unico che circoli, che sia accettabile, in tutta l’Eurozona, tanto in forma scritturale, che in forma cartacea o metallica.
Il che ha diverse implicazioni.
Innanzitutto, gli euro che ho sul mio conto corrente sono una cosa giuridicamente diversa dagli euro che si trovano sui conti correnti degli altri paesi dell’Eurozona, anche se hanno la medesima denominazione – imposta evidentemente per creare un’illusione di identità nell’opinione pubblica.
Dissolta tale illusione, appare evidente che non solo non esiste una moneta unica, ma siamo lontanissimi da un’unione monetaria e da un’integrazione bancaria europee, e che le tesi che essa si stia realizzando o si possa realizzare sono mistificazioni di mala fede.
In secondo luogo, Target 2 conferma che la massa monetaria non è creata dalla BCE, ma dai sistemi delle banche commerciali.
In terzo luogo, appare evidente anche che il money supply denominato in euro non è creato unico per l’intera Eurozona, ossia che non c’è un money supply unitario per la c.d. UEM, bensì paese per paese in forma di rilascio di prestiti di banche commerciali denominate “euro” sebbene, nella realtà giuridica, consistano non in euro (reali-legali), ma in promesse di euro reali-legali, emessi dalla BCE. Naturalmente, gli euro veri, oggetto delle promesse suddette, non esistono se non in minima parte, dato che, come già ricordato, il money supply consiste per il 97% circa in euro-promesse, e solo per il 3% in euro veri.
In quarto luogo, quelle cose che la banca ti presta (nel mutuo, nel fido, nello sconto, nell’anticipazione) non sono, giuridicamente, euro, anche se falsamente sono denominati “euro”, e tu quindi puoi chiedere al giudice di dichiarare che non sono euro, o perlomeno non sono il vero euro, la moneta legale, l’unica riconosciuta dalla Stato.
Ma che cosa sono, giuridicamente, gli “euro” sui conti correnti? Non sono il vero euro, la moneta legale, l’unica riconosciuta dalla Stato. Non sono soldi, sono saldi. Sono saldi attivi di un rapporto debito-credito: credito per il correntista, debito verso la banca. Debito di che cosa? Debito di euro veri. Se io ho un attivo di conto corrente di 1.000 euro, vuol dire che la banca, a mia richiesta, mi deve dare euro-banconote per 1.000 euro. E se io bonifico a te questi 1.000 trasferendoli sul tuo conto corrente, ciò che avviene è che il rapporto debito-credito di 1.000 rimane, ma cambiano il debitore (che diventa la tua banca in luogo della mia) e il creditore (che diventi tu invece di me). Questa sostituzione può avvenire direttamente soltanto tra banche del medesimo sistema bancario. Evidentemente, le banche di un paese non accettano, senza la garanzia delle banche centrali e gli euro veri della BCE, di sostituirsi alla banca di un altro paese in questo rapporto di debenza. In sostanza, quindi, tutto questo discorso arriva a un approdo concettuale molto semplice: l’euro non esiste, se non come cartamoneta, conio e come moneta delle banche centrali; tutto il resto è promessa di euro emessa dalle banche ordinarie, che tra loro se la accreditano come se fosse euro, e ciascuna se la contabilizza come se fosse euro.
Corollario del fatto che l’euro vero è solo quello della Banca centrale europea e quindi la carta moneta, mentre sui conti correnti bancari un euro solo apparente, perché è illegittimo costringere allo uso del nome euro, cioè dell’euro apparente, proibendo quello dell’euro vero, cioè della carta moneta. È un costringere la gente a spogliarsi del vero e a darlo in cambio del falso. E’ un privarla del diritto all’uso dell’unica vera moneta, della moneta legale.
Analogamente è illegittimo istituire controlli e deterrenti al deposito e al ritiro o peggio all’uso, di euro veri, cartacei. Sono tutte operazioni nell’interesse dei banchieri privati quali creatori esclusivi dell’euro apparente – operazioni per rafforzare l’illusione e nascondere la realtà.
24.01.15 Marco Della Luna
P.S. Non affronto, in questo articolo, riservandola per altri, la problematica di come veramente funzioni Target2 e dei suoi effetti reali.
1Target” è l’acronimo di Trans-European Automated Real-time Gross settlement Express Transfer system


2Le basi legali di Target2 si trovano in https://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/1003/1349/html/index.en.html

3Se io voglio pagare una fornitura che importo da un fornitore tedesco, devo chiedere alla mia banca di chiedere alla banca centrale italiana di chiedere in prestito la somma dalla BCE, e di metterla a disposizione della banca centrale tedesca in modo che questa la accrediti al conto corrente della banca commerciale del mio fornitore. Se l’Italia esposta consistentemente più di quanto esporta, succede che la banca centrale italiana accumula debiti crescenti verso la BCE, mentre le banche centrali dei paesi da cui importiamo aumentano corrispondentemente i propri crediti verso la BCE. Così è successo: alla fine del 2011 le banche centrali dei PIIGS avevano accumulato debiti verso la BCE per 600 miliardi, e la banca centrale tedesca un credito di 800 miliardi. Praticamente, la BCE finanzia le esportazioni della Germania e dell’Olanda, favorendo il progressivo indebitamento dei paesi meno competitivi; così ha creato una mina monetaria colossale. Per una descrizione del funzionamento, vedi: Il Meccanismo Target2

4Queste ragioni sono: l’euro è in essenza un sistema di blocco dei rapporti di cambio delle monete dei paesi aderenti; non esiste un bilancio comune, non esiste un sistema di trasferimenti nell’Eurozona per compensare gli squilibri delle bilance commerciali interstato, non esiste una comune banca centrale di emissione che faccia da prestatore di ultima istanza e garantisca l’acquisto dei titoli del debito pubblico; le varie monete nazionali esistono ancora, sebbene denominate tutte “euro”, perché ciascuna poggia sui titoli del debito pubblico nazionale, e ciascun debito pubblico nazionale riceve un suo proprio rating, paga un suo proprio rendimento, è soggetto a un possibile default separato dagli altri.

5 Tra gli altri, èstato dimostrato scientificamente dal prof. Richard Werner dell’Università di Southampton mediante un esperimento, che è stato filmato da una troupe televisiva. Su International Review of Financial Analysis – 36 (2014), Werner ha pubblicato un paper su questo esperimento, col titolo Can banks individually create money out of nothing? – The theories and the empirical evidence (Possono le banche creare denaro dal nulla? Teorie e prove empiriche.
 

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