News, Dati, Eventi finanziari amico caro, te lo dico da amico, fatti li.... qui e' tutta malvivenza (2 lettori)

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A QUANDO VORREMO PRENDERE IL VOLO......
Pubblicato su 11 Luglio 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in IPHARRA
Di: Claudio Marconi
Con l’articolo appena pubblicato questo blog sospende le pubblicazioni per come le avete conosciute fino ad oggi.
Non c’è cosa più inutile che fare un blog per informare chi non vuole essere informato o che, al limite, si limita a bestemmiare a casa sua davanti ad un video.
Sporadicamente verrà ancora pubblicato qualche articolo che riterremo interessante, ma senza una linea di continuità.
Questa non è una delle tante "lettere aperte", nè un "contributo al dibattito", nè l'espressione di un punto di vista. E' l'urlo di rabbia e di esasperazione, l'equivalente di un cazzotto in faccia o di un calcio nel culo, sferrato con tutti i sentimenti da uno che, come il sottoscritto ,si è battuto tutta la vita, non contro il nemico, come avrebbe voluto, ma in grande prevalenza contro la balordaggine o la malafede del cosidetto popolo.
Non ce l'ho con tutti voi, è chiaro: solo con tutti quelli che , non di meno, sono riusciti a vanificare ogni anelito di riscossa dei migliori e dei più, ogni volontà di lotta, ogni sforzo positivo, ogni fedeltà, ogni sacrificio, persino di giovani e meno giovani vite.
Chi avrà la bontà di leggere queste mie righe, interroghi la propria coscienza, e saprà se merita di essere incluso nella nefasta categoria. Questo, a dirla fuori dei denti, si chiama tradimento, e al punto in cui siamo arrivati, sono sempre più restio a concedere l'attenuante della buona fede. Qualcuno viene a dire che il tristo fenomeno sarebbe "umano", ma è segno che, costui nutre un'opinione assai scadente dell' Uomo, che gli fa definire "umano" quello che per noi è vile, e "sovrumano" quel che per noi è proprio di un autentico Uomo, per cui onore=fedeltà.
Non ci può essere ormai alcun dubbio che la Sovranità Nazionale e Monetaria è l'unica idea politica che merita tale nome. Le altre, TUTTE le altre, non sono che elucubrazioni intellettualistiche su ammuffiti filosofemi, che in passato, quando erano "fedi", hanno infestato il mondo con la loro astrattezza, e oggi sono solo vecchie etichette ingiallite applicate su contenitori di immondizie.
Per chi, anzichè starsene a ponzare e polemizzare davanti a un computer, tra quattro mura, si sposta continuamente tra le più diverse piccole realtà della nostra Patria, non ci può essere dubbio che la nostra è l'unica “idea politica”, la Sovranità, che può contare su un fiorire continuo di iniziative militanti, che coinvolgono decine di migliaia di giovani dalle Alpi alla Sicilia, senza soldi, senza mezzi, senza alte protezioni, alimentate solo dalla fede.
Il desiderio di Sovranità Nazionale e Monetaria, di cui si continua a proclamare l'avvenuto decesso, condito con le balle diffamatorie più fantasiose, non solo è più vivo che mai, ma è l'unica idea rimasta viva, mentre tutte le altre se l'è digerite il mondialismo finanziario e il suo ermetico umanitarismo a senso unico. E quello è paranoia, non idea politica.
Una cosa sola manca, dalla nostra parte: la voglia ed il coraggio di lottare. E questo è così evidente che nessuno osa nemmeno negarlo. Solo che, quando si tenta di fare un passo concreto in quella direzione, non si riesce ad andare oltre a una dichiarazione d'intenti. Saltano fuori mille riserve, mille incomprensioni, mille incompatibilità, mille polemiche, mille antipatie personali. Si cerca il pelo nell'uovo per escludersi a vicenda, a base di pettegolezzi, dietrologie e "impurità" ostative. E l'iniziativa di una lotta unificante resta asfittica o si lascia cadere.
Tutto ciò è degradante e falso. Basta frequentare un certo numero delle comunità di base, maggiori o minori, ascoltare il battito di quei giovani cuori, per accorgersi come, pur non essendo esse intercomunicanti, l'impostazione e lo "schieramento", rispetto a ciascuno dei dilemmi e dei conflitti che affliggono questo schifo di "mondo moderno" è sicuro e unanime, più di quanto una qualsiasi disciplina di partito abbia mai potuto garantire.
L'atmosfera che si respira in esse, gli "umori" che vi circolano, le figure storiche di riferimento, il "linguaggio" e lo stile usati sono assolutamente identici. Ed è logico che sia così, perchè quella che ci accomuna NON E' UN' IDEOLOGIA, MA UN MODO DI ESSERE, e chi E' in un modo non può che reagire all'unisono con gli altri della medesima sostanza.
Ma allora, se la lotta è rigorosamente necessaria e urgente; se esiste (al di là di tutti i bizantinismi) un comune sentire che di tale lotta è la solida base, che stiamo a fare, come tanti idioti, a inseguirci la coda intorno ognuno al suo piolo ?Come si spiega l'assurda situazione? Come si può realizzare l'esortazione di Dante: "Uomini siate, e non pecore matte - sì che il Giudeo di voi, tra voi, non rida!" ?
Perdonatemi se non uso il linguaggio "intellettuale", e uso il rozzo parlare del militante, ma questo io sono. La causa, io credo, è la prassi democratica, che, anche se in teoria la neghiamo, pur adottiamo bigottamente anche tra noi, e che, come anche i più fessi dovrebbero aver capito, porta ad emergere un determinato tipo umano.
E' chiaro, però, che così non si cava un ragno da un buco, e continueremo giulivi a fare i capponi di Renzo, mentre gli "altri" seguiteranno indisturbati a banchettare con la nostra Patria, a svenderla a prezzo fallimentare e a fare del già popolo italiano un torpido branco di maiali da ingrasso per i festini altrui, secondo il compitino che è stato loro assegnato anni or sono.
Siamo chiari. nulla di grande è mai stato fatto nella storia, senza un capo. E nessuna battaglia è mai stata vinta. Ma (checchè ne pensino i democratici), il capo non si può eleggere a maggioranza. Egli emerge dalla lotta, dove le qualità umane vengono tese al massimo. Non dai dibattiti, dalle polemiche o dalla dialettica, e tanto meno dalle "urne".
Ma, d'altro canto, un esercito atto alla lotta non può mettersi insieme senza un capo, o almeno è difficilissimo, ed esige una eccezionale tensione spirituale di tutti.
Guardiamoci in faccia: siamo o non siamo noi gente di tal fatta ?
Siamo o non siamo gli uomini del nuovo ciclo ?
Perchè i casi sono due: o lo siamo, e allora, come dice la canzone, è assolutamente certo che "il domani appartiene a noi"; o non lo siamo e non siamo diversi dalle pecore del gregge democratico, e allora non vedo proprio perchè stiamo a perdere tempo in cento convegni e discussioni: mettiamoci l'anello al naso e andiamo a ingorgare il traffico con la "massa".
Che gente siamo, è il momento di dimostrarlo ora coi fatti.
Attendo.





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CLIMA ARTIFICIALE, INIBIZIONE DELLE PIOGGE,TORNADI
Administator | 11-07-2015 Categoria: Ambiente



riviera_brenta.jpg
Da anni i lettori di StampaLibera sanno che gli sconvolgimenti climatici hanno origini che non è azzardato definire artificiali e ne conoscono anche le motivazioni più recondite.
Queste informazioni sono date regolarmente dai report di siti e giornalisti investigativi, che riportano tanto di progetti desecretati o in alcuni casi nemmeno secretati ma solamente occultati o ignorati dai media del Regime.
Non stupisce più quindi, sapere che grandina in fine settembre 2014 (vedi video), con 20 cm di grandine grossa come uova, a Venezia a devastare le incredibili ville della Serenissima. Non stupisce vedere che i tempi fra un lampo e un altro sono di 2-4 secondi con una regolarità impressionante ed una localizzazione e precisione chirurgica. Questi fenomeni sono stati visti per decine di minuti da chi scrive, da una distanza di un decina di chilometri. La cosa ancor più incredibile è che questo inconsueto temporale era sempre fermo nello stesso posto.
Non stupisce un incredibile maltempo senza nuvole, una pioggia torrenziale senza scontro di corpi nuvolosi, un sole quasi perennemente annebbiato, dei disastri ambientali come incendi ed anche terremoti in posti mirati, come le città d'arte di tutto il mondo. Non stupisce ovviamente nemmeno una temperatura di 18° in inverno in nord Italia e vicina ai 10 gradi a luglio nella stessa località. Chi ha conservato la memoria e ha avuto modo di vivere all'aperto sa che al sole segue la pioggia e viceversa in una alternanza di 5 - 7 giorni in estate.
Non stupisce quindi il paradosso fisico della salita in cielo di tanta acqua evapotraspirata da terreni, corpi idrici e vegetazioni, che non ritorna affatto al suolo sotto forma di pioggia, ma scompare.
Volete sapere chi sono i ladri di nuvole o volete conoscere chi sono i terroristi ambientali con finalità di devastazione di citta, nazioni, culture e popoli? Dovete fare uno sforzo ed andare a ritroso a leggere gli articoli sull'argomento riportati qui o sul blog "Sulatesta" di Lannes alla voce scie chimiche o guerra ambientale.
Siamo paranoici? E' una guerra ambientale, progettata nei minimi particolari o sono alterazioni climatiche facenti seguito alle migliaia di esplosioni nucleari nella ionosfera (di cui Gianni Lannes dimostrò nei suoi articoli e foto di documenti, l'esistenza l'attuazione) ?
Di certo, di naturale questi eventi climatici estremi hanno ben poco e non trovano conferme in regolarità, intensità e drammaticità nella storia recente.
Ai cari lettori altre debite considerazioni.
LB







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HOLODOMOR: UNA TRAGEDIA MAI ESISTITA…
Redazione | 11-07-2015 Categoria: Esteri



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HOLODOMOR: UNA TRAGEDIA MAI ESISTITA…

PAOLO SENSINI –
Il Novecento è il secolo per antonomasia delle carneficine, ma solo di alcune è lecito e politicamente corretto parlare. Di altre bisogna invece solo tacere, perché così l’idiozia generale si governa meglio. Del cosiddetto Holodomor, che significa “infliggere la morte attraverso la fame”, nessuno sa praticamente nulla, anche se è una delle più efferate stragi compiute in un lasso di tempo brevissimo. Parliamo infatti di 6-8 milioni di contadini ucraini fatti morire tra l’autunno 1932 e la primavera 1933 nella maniera più atroce possibile: d’inedia. Il motivo? I contadini (i famigerati “kulaki”) rifiutavano di farsi espropriare di tutto ciò che coltivavano e producevano dal potere boscevico, motivo per cui agli occhi di Stalin, Kaganovič e dei loro sodali l’unico modo per togliere di mezzo questi “pidocchi” e procedere speditamente all’edificazione del socialismo era imporre un “sano terrore comunista”. Che nei libri di storia “ufficiali” non si dia conto di una tragedia di simili proporzioni è comprensibile, anche perché la quasi totalità dell’intelligencija autorizzata a formare il “discorso pubblico” è stata allevata mangiando in quel trogolo politico-esistenziale. Ma che vi siano dei cretini e supponenti, i quali si credono addirittura i depositari ultimi della “scienza marxista” e magari anche dei fini “geo-strateghi”, secondo cui parlare di questo genocidio sarebbe un modo per sviare dalla “tragedia dei poveri cristi determinata dall’accumulazionare originaria del capitale”, è veramente un capolavoro di idiozia. Di fronte a una dichiarazione di tale cinismo e ottusità mancano davvero le parole, come se cercare di mettere a fuoco e dare il giusto risalto a una vicenda del genere fosse un modo per occultare altre sequenze storiche. Una riedizione del famoso “benaltrismo”, aggravata dal fatto che chi osa parlarne sarebbero agli occhi di costoro nientepopodimeno che dei “liberali e filocapitalisti”. Caspita, roba da Gulag! Solo chi ha una coda di paglia sesquipedale, per non aggiungere di peggio, può dire e scrivere simili corbellerie, ma quando si è fatto il proprio apprendistato nella bottega di chi possiede “la vera scienza marxista” questo e altro.
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/cos-stalin-fece-morire-fame-milioni-ucraini-1150244.html

TROVATO SU MAURIZIOBLONDET
 

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Perché le sanzioni di Obama contro la Russia sono condannate →
Bin Ladin e l’illusione dell’11 settembre: Deutsche Bank e Blackstone

luglio 30, 2014 Lascia un commento

Dean Henderson 27/07/2014
Nello stesso momento in cui una squadra di Navy Seal scendeva sul complesso di Abbottabad che ospitava il presunto Usama bin Ladin, il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti citava in giudizio la Deutsche Bank. Bin Ladin era un discepolo del capo dei Fratelli musulmani Abdullah Azam. Abbottabad prende il nome dall’ufficiale inglese Sir James Abbott. Nella causa civile presentata alla corte federale di Manhattan, il procuratore Preet Bharara indagava su danni e le perdite per l’emissione di mutui della Deutsche Bank sostenuti dai contribuenti statunitensi tramite l’HUD. Seconda banca del mondo, in maggioranza proprietà della dinastia Warburg che finanziò Hitler, deve anche rispondere del suo ruolo nell’11 settembre.
La Deutsche Bank a corto
Giorni dopo l’11 settembre, il presidente della SEC di Bush, Harvey Pitt, poi costretto a dimettersi per la sua patetica risposta a una serie di scandali societari, apparve alla CNN per rivelare i volumi insolitamente pesanti di vendite allo scoperto di azioni di compagnie aeree e assicurazioni della settimana precedente l’11 settembre. Pitt promise di seguire tali traffici, ipotizzando che al-Qaida potesse esserne coinvolta. Fu l’ultima volta che qualcuno dell’amministrazione Bush ne parlò. Secondo l’Istituto Politico Internazionale di Herzliyah, un’organizzazione anti-terrorismo israeliana, il responsabile del giro di tali titoli era Deutsche Bank Alex Brown. Un articolo su Barons corrobora questo fatto. American e United Airlines, e i giganti delle assicurazioni statunitensi che coprivano il WTC, Munich RE, Swiss RE e la francese Axa, furono specificamente presi di mira. Il 10 settembre, il giorno prima degli attacchi, i rapporti put/call di questi titoli fu senza precedenti. Un put è un’opzione futura che scommette sul declino del titolo, mentre una call è l’opzione futura che scommette sull’ascesa del titolo. Il 10 settembre 2001 presso il Chicago Board Options Exchange c’erano 4516 put su American Airlines e solo 748 call. United Airlines fu presa di mira con 4744 put in contrapposizione a 396 call. I dati sulle compagnie di assicurazione erano egualmente sbilanciati. Il maggiore trader di opzioni fu Deutsche Bank Alex Brown, ramo commerciale statunitense di Deutsche Bank, tradizionale cassaforte delle ricchezze delle Otto famiglie e maggiore azionista bancario dei Quattro cavalieri, divenuta prima banca del mondo con 882 miliardi di dollari di attività. Nel 2001 il senatore Carl Levin (D-MI) del comitato bancario, indicò la Banker’s Trust quale attore importante nel riciclaggio di narcodollari. Il 28 agosto, appena due settimane prima dell’11 settembre, il dirigente di Deutsche Bank Kevin Ingram fu dichiarato colpevole di riciclaggio dei proventi dell’eroina e dell’organizzazione della vendita di armi statunitensi in Pakistan e Afghanistan. Il 15 giugno 2001 un articolo del New York Post disse che Usama bin Ladin ne era il probabile acquirente. Ingram è un caro amico del segretario al Tesoro di Clinton e insider di Goldman Sachs Robert Rubin, ultimamente membro della direzione di Citigroup. Ingram aveva lavorato per Goldman Sachs e Lehman Brothers. Banker’s Trust acquistò la crescente banca d’investimento Alex Brown nel 1997, prima che si fondessero con Deutsche Bank. Alex Brown prende il nome dal fondatore AB “Buzzy” Krongard, che ne fu presidente fino all’acquisto nel 1997 dalla Banker’s Trust. Krongard poi divenne il 3° uomo della CIA. Il 15 settembre, quattro giorni dopo l’11/9, il New York Times riferì che il presidente di Deutsche Bank Global Private Banking, Mayo Shattuck III, si era improvvisamente dimesso. Muhammad Atta e altri due presunti dirottatori avevano i conti presso la sede della Deutsche Bank di Amburgo. Vi furono segnalazioni secondo cui la famiglia bin Ladin aveva appena comprato una grande quota di Deutsche Bank, con l’aiuto del consulente finanziario della Carlyle Group George Bush Sr. I bin Ladin investirono 2 milioni di dollari nel Carlyle Group. Avevano anche grosse partecipazioni in Microsoft e Boeing, ed ampi rapporti d’affari con Citigroup, GE, Merrill Lynch, Goldman Sachs e Fremont Group, recentemente scorporata dalla Bechtel. A 20 giorni dall’11 settembre, Deutsche Bank allontanò, silenziandolo efficacemente, l’inquirente della SEC Richard Walker, il cui compito principale era approfondire il misterioso giro dei titoli di compagnie aeree e assicurazione prima dell’11 settembre. Deutsche era collegata alla LJM dell’Enron e al partenariato Chewco. Enron assunse funzionari della SEC, mentre reclutava parecchio personale della CIA per le sue operazioni di sicurezza globali. Alcuni ipotizzano che il vasto pool monetario che scomparve nell’abisso Enron fosse un fondo nero per il breve sciacallaggio sull’11 settembre, o anche per l’operazione stessa.
I Quattro cavalieri, ora proprietari di maggioranza della Deutsche Bank via Banker’s Trust, ebbero la desiderata presenza militare statunitense in Asia Centrale per gentile concessione dell’11 settembre. Con l’occupazione dell’Afghanistan e nuove basi USA che dilagavano in Asia centrale, il premio petrolifero sul Mar Caspio divenne lo sport delle guardie finanziate dai contribuenti statunitensi. Il direttore di BP Amoco, Zbigniew Brzezinski, nel suo libro del 1997 La Grande Scacchiera… definisce l’Asia centrale la chiave del potere globale e individuò l’Uzbekistan come nazione chiave nell’Asia centrale. Una volta che gli Stati Uniti iniziarono a bombardare l’Afghanistan con il pretesto di prendere bin Ladin, nessun Paese ricevette più visite dai funzionari degli Stati Uniti dell’Uzbekistan, governato da ex-comunisti e il cui governo fu “ammorbidito” da anni di destabilizzazione CIA/al-Qaida. Tutto ciò venne fermato all’improvviso con l’11 settembre. Gli Stati Uniti installarono una base militare in Uzbekistan così come in Pakistan, Kirghizistan e Tagikistan. Nel gennaio 2002, dopo che il governo dell’ex-negoziatore Unocal Hamid Kharzai fu installato a Kabul, l’esecutivo di Unocal Zalmay Khalilzad fu nominato inviato di Bush in Afghanistan.[1] Il primo punto all’ordine del giorno Karzai/Khalilzad era far rivivere lo sforzo di Centgas di Unocal per costruire il gasdotto dei Quattro cavalieri da Dauletabad, Turkmenistan, attraverso l’Afghanistan al porto di Karachi sull’Oceano Indiano, dove era prevista una base navale degli Stati Uniti sul terreno in precedenza ceduto al sultano dell’Oman. Nel 2005 Chevron acquistò Unocal. I 400 miliardi di dollari annuali di narcotraffico mondiale, importante motore economico delle Otto famiglie, balzò dopo l’11 settembre, quando i taliban posero un giro di vite sulla produzione di oppio, nel 1999. Una mossa che contribuì a suggellare il loro destino. Un articolo del 21 novembre 2001 sul London Independent s’intitolava “coltivatori di oppio, rallegratevi della sconfitta dei taliban“. Il 25 novembre l’Independent ebbe un altro pezzo intitolato “I signori della guerra vittoriosi apriranno le cateratte dell’oppio“. L’articolo descrive come i signori della guerra alleati degli USA, dopo la disfatta dei taliban, incoraggiarono i contadini afghani a piantare “più oppio possibile”. Asia Times Online riferì che gli Stati Uniti liberarono dal carcere il signore della droga Ayub Afridi per organizzare una squadra della CIA da 200000 dollari/anno, assumendo teppisti afghani che riavviarono la produzione di oppio. Il loro piano sembra aver funzionato. Il 4 gennaio 2002 il Christian Science Monitor riportava l’esplosione nel sud della Florida del traffico di eroina e cocaina che non si vedeva dall’apogeo dei contra/mujahadin degli anni ’80. Fu una coincidenza che le forze militari colombiani e i loro capi oligarchici, che gestiscono il narcotraffico nel Paese, lanciassero una grande offensiva contro le FARC nel febbraio 2002? Utilizzarono anche loro la copertura della guerra per inviare cocaina nel sud della Florida? Nel 2005 la produzione di oppio afgano era esplosa.
Come lo studioso e dirigente del Forum Tiers Monde in Senegal, Samir Amin, dichiarò, “… non possiamo fare a meno di notare che gli eventi dell’11 settembre si sono verificati proprio nel momento giusto permettendo agli Stati Uniti d’installarsi nell’Asia centrale ricca di petrolio, una regione che consente per l’ennesima volta la viziosa geo-strategia occidentale per circondare Russia, Cina e India. Obiettivo strategico apertamente proclamato dagli Stati Uniti da oltre dieci anni. Sadam Husayn fu la giustificazione per le permanenti installazioni militari statunitensi nel Golfo. Usama bin Ladin poté esserlo per la politica degli Stati Uniti in Asia centrale. Non si può escludere l’ipotesi che la CIA e il suo fedele alleato Mossad possano esservi coinvolti in qualche modo“.[2] I sospetti di Amin sono confermati da rapporti su internet secondo cui 20000 sacchi per cadaveri furono improvvisamente consegnati dal dipartimento della Difesa a camp Floyd Benet nel Queens, tre settimane prima l’11 settembre. Un militare dell’US Navy di stanza su una portaerei, telefonò alla famiglia prima dell’11 settembre, per avvertirli che “qualcosa di grosso” sarebbe accaduto in una grande città degli Stati Uniti. Disse anche alla famiglia che la sua nave fu dirottata dalla precedente missione dirigendosi verso la costa orientale degli Stati Uniti, preparandosi a tale evento.[3]
Seguire il denaro del Carlyle Group
Usama bin Ladin ebbe sostegno finanziario dal defunto sceicco miliardario saudita Qalid bin Mahfuz. Bin Mahfuz era rappresentato negli Stati Uniti dallo studio legale Akin, Gump, Strauss, Hauer & Feld di Washington DC, la stessa società che rappresentava la Fratellanza musulmana della Casa dei Saud e il più grande ente islamico caritativo, la Fondazione mondiale per lo sviluppo e il soccorso in Terra Santa. Akin – Gump difese bin Mahfuz, partner di Chevron Texaco in Asia centrale, quando esplose lo scandalo della BCCI. Akin, Gump e partner sono amici intimi del presidente George W. Bush. [4] Un audit del governo nel 1999 rilevava che la saudita National Commercial Bank di bin Mahfuz aveva trasferito quell’anno oltre 3 milioni di dollari ad Usama bin Ladin tramite enti di beneficenza. [5] Bin Mahfouz non poteva essere accusato di slealtà alla famiglia, dato che era cognato di Usama. Il fratello di bin Ladin, Salim, fu uno stretto socio in affari dell’agente della CIA James Bath, la cui Skycraft Airways affittava aerei a bin Mahfuz, quando lo sceicco riciclava i narcodollari del Cartello di Medellin attraverso la filiale alle Cayman della BCCI, assieme al capo dell’intelligence saudita Qamal Adham. Salim era anche investitore dell’Harken Energy che George W. Bush e Dick Cheney avviarono come Arbusto Energy con i 50000 dollari dati dal padre miliardario di Usama, Muhammad bin Ladin. Salim e Muhammad sono morti in misteriosi incidenti aerei. Mentre i due jumbo jet si schiantavano sul World Trade Center, l’11 settembre, un altro dei fratelli di Usama, Shafiq bin Ladin, era alla conferenza annuale degli investitori del Carlyle Group a Washington DC. Uno dei relatori alla conferenza DC sarebbe stato George Bush Sr., che ora lavora come consulente finanziario del Mellon Carlyle Group, presieduto da Frank Carlucci, segretario alla Difesa di Reagan e Bush e che presiedeva il Consiglio di Sicurezza Nazionale a controllo familiare di Reagan. Carlucci collaborò con i mafiosi, nel 1961, nell’assassinio della CIA del primo ministro congolese Patrice Lumumba. Fu compagno di stanza a Yale del segretario alla Difesa di Bush Jr. Donald Rumsfeld. Incontrò a Yale James Baker e George Bush Sr., membro della Skull & Bones, anche conosciuta come Confraternita della Morte e l’Ordine, nome condiviso dagli antichi terroristi afghani Roshaniya. Il Carlyle Group fu fondata dall’assistente di Carter David Rubenstein, nel 1987. È un fondo private equity specializzato nel riciclaggio dei petrodollari degli sceicchi del Golfo Persico, ritornati nelle banche e società delle Otto famiglie. Fino al novembre 2001 Carlyle fu consulente finanziario del più ricco magnate delle costruzioni in Arabia Saudita, lo sceicco Muhammad bin Ladin. Attraverso Carlyle, lo sceicco bin Ladin fece grandi investimenti nella Citigroup, nel colosso bancario olandese ABN Amro, Nortel, Motorola e GE. Più significativamente, vi furono segnalazioni secondo cui la famiglia bin Ladin lavorasse attraverso Carlyle Group ad acquisire una grande quota della Deutsche Bank, il cui ex-presidente JH Binford Peay siede nel CdA di Carlyle con George Bush Sr. e James Baker.[6] L’azienda legale della famiglia Baker, Baker Botts, ha uffici a Riyadh. L’ex partner di Robert Jordan, che difese George W. nello scandalo Harken Energy, divenne l’ambasciatore di Bush in Arabia Saudita. Baker Botts rappresentò BP Amoco in Asia centrale e fu consulente legale di Carlyle Group. I Baker da generazioni sono gli uomini di paglia dei Rockefeller. Il presidente Bush Sr. una volta intervenne a nome dei monarchi sauditi, che avrebbe poi consigliato nel Carlyle, in una causa legale dei cittadini statunitensi contro re Fahd e la polizia saudita per l’accusa di torture, poco dopo l’11 settembre. Bush Sr. incontrò il principe ereditario saudita Abdullah a Riyadh, mentre James Baker si unì a un gruppo di banchieri internazionali al Lanesborough Hotel di Londra. Baker Botts rappresentava la famiglia reale saudita nella causa intentatela contro dalle famiglie delle vittime dell’11 settembre.[7]
Bush, Baker e Peay di Deutsche Bank s’incontrarono nel CdA di Carlyle con l’ex primo ministro inglese John Major, l’ex-presidente della SEC Arthur Levitt, il direttore del budget di Reagan Richard Darman e l’ex-presidente del Joint Chiefs of Staff generale John Shalikashvili. L’ex-presidente filippino Fidel Ramos, capo dell’intelligence del regime di Marcos, un ex-primo ministro thailandese, l’ex primo ministro sudcoreano Park Tae Joon e il direttore dell’Abu Dhabi Investment Authority on Asia, contaminata dalla BCCI, fanno parte dell’Advisory Board del Carlyle.[8] Carlyle acquistò la società immobiliare Coldwell Banker dalla Sears nel 1989 e la vendette al Fremont Group della Bechtel. Carlyle acquistò anche Caterair, il principale servizio di ristorazione delle linee aeree del mondo, dalla Marriott. Caterair aveva accesso senza precedenti alla flotta mondiale aerea commerciale. Il presidente George Bush Jr. diresse Caterair fino al 1994. Poco dopo essere divenuto governatore del Texas, la società fallì. La Carlyle piombò a comprarne i resti ad un prezzo speciale. Bush supervisionò un investimento da 10 milioni di dollari all’Università del Texas della Carlyle, mentre era governatore. Carlyle detiene una grossa fetta della divisione aerospaziale di Ford e Harasco, produttore di veicoli militari. Carlyle è l’11.mo maggiore appaltatore della difesa degli Stati Uniti. Per il 20% è della Mellon Bank ed è controllata dal potente Blackstone Group, che si rimpinzò a buon mercato delle carcasse saccheggiate delle casse depositi e prestiti vendute con la Resolution Trust Corporation da Bush padre. Blackstone, potenza finanziaria controllata dai Rothschild e il cui presidente Peter Fischer fu presidente del Council on Foreign Relations, possedeva anche Bioport, l’unico produttore di vaccini contro l’antrace negli Stati Uniti. Nell’ottobre 2001 i tabloid della Florida, i principali media e congressisti iniziarono a ricevere letali pacchetti di antrace, più tardi identificato nel ceppo “Ames”. I tabloid, tra cui Sun, National Enquirer e Weekly World News, storicamente operano per la disinformazione e diversione della CIA.[9] Il 12 ottobre gli scienziati del laboratorio veterinario dell’Iowa State University, USDA, ad Ames, con la benedizione dell’FBI, incenerirono 100 fiale di culture di antrace risalenti al 1928, distruggendo deliberatamente le prove materiali per le indagini sull’antrace.[10] Il futuro di BioPort sembrava brillante più che mai. Il suo principale azionista è Fuad al-Hibri, ricco uomo d’affari saudita vicino alla famiglia bin Ladin. Al-Hibri era manager per le fusioni e acquisizioni di Citigroup. Il Pakistan News Service riportò il 1 dicembre 2001 che numerosi documenti della BioPort furono trovati in covi di al-Qaida a Kabul. L’ammiraglio William Crowe, membro del CdA di Chevron Texaco ed ex-membro del Joint Chiefs of Staff, acquisì una quota del 22% della Bioport al prezzo molto speciale di 0 dollari. La parte di Crowe nel patto era promuovere il vaccino contro l’antrace della Bioport presso l’esercito statunitense. Molti azionisti della BioPort facevano parte dell’oligarchia inglese di Porton Down. Buon amico di Henry Kissinger, Lord Jacob Rothschild sedeva nel consiglio consultivo internazionale di Blackstone, proprietaria di Bioport. Il gigante farmaceutico tedesco Bayer, nato dal combine nazista IG Farben finanziato dalla Deutsche Bank, vide le vendite del suo antibiotico Cipromyacin balzare del 1000% per effetto della paura dell’antrace, mentre i cittadini statunitensi si precipitarono ad acquistare forniture per 60 giorni di vaccino contro l’antrace al prezzo di 700 dollari. La Bayer era sull’orlo del fallimento prima dell’11 settembre.
Secondo Michael Davidson di From the Wilderness Publications, non meno di dodici microbiologi di fama mondiale morirono in circostanze misteriose dopo l’11 settembre. Il Dr. Don Wiley del Howard Hughes Medical Institute di Harvard fu trovato annegato nel fiume Mississippi, giorni dopo che la sua auto abbandonata venisse trovata sul ponte I-40 a Memphis, non lontano dall’arena Pyramid. Memphis prende il nome da un’antica capitale egizia, di grande importanza per la Fratellanza. Diversi importanti microbiologi russi e israeliani erano sul volo Air Sibir 1812, abbattuto da un missile ucraino andato fuori rotta per oltre 100 miglia, il 4 ottobre 2001. Molti altri microbiologi importanti erano su un volo Swiss Air che si schiantò mentre tentava di atterrare a Zurigo, il 24 novembre 2001. A parte i miliardi guadagnati da Bioport, Bayer e dall’industria farmaceutica controllata dai Rockefeller grazie al panico pubblico indotto sull’antrace, Davidson vide in questa misteriosa sfilza di scienziati morti, una trama più oscura per scatenare un nuovo massiccio programma di spopolamento globale. Secondo il Dott. Len Horowitz, l’antrace militare è disponibile quasi esclusivamente presso l’American Type Culture Collection (ATCC) di Rockville, MD, guidata dal Dr. Joshua Lederberg. Lederberg è presidente della Rockefeller University. Nel 1994 Don Riegle affermò al Congresso che l’ATCC aveva inviato 19 pacchetti di bacillo di antrace in Iraq, nel 1978-1988.[11]
Il crociato e gli spettri
Poco dopo l’11 settembre, il presidente Bush iniziò a usare la parola “crociata” nel malcelato tentativo di evocare le antiche Crociate, dove società segrete cristiane guidate dai cavalieri templari collaboravano con gli Assassini dei Fratelli musulmani per attaccare i musulmani nazionalisti saraceni. Il 26 settembre, due settimane dopo l’11 settembre, le United Defense Industries (UDI) del Carlyle Group firmarono un contratto da 66,5 milioni di dollari con il Pentagono per completare l’avanzato sistema di artiglieria Crusader. I titoli UDI salirono alle stelle. Il 14 dicembre Carlyle vendette le sue nuove azioni per 237 milioni dollari in un solo giorno. Il giorno prima il Congresso aveva approvato il bilancio della difesa di Bush, che finanziava il contratto UDI con l’esercito statunitense. [12] Nel maggio 2002, una volta che i proprietari Blackstone della Carlyle avevano incassato, il compagno di stanza a Yale di Carlucci, il segretario della Difesa Donald Rumsfeld annunciò la cancellazione del programma Crusader. La Carlyle è proprietaria del BDM federale di McLean, VA, proprio lungo la strada per Langley. Gli uffici sauditi del BDM sono anonimi. Il suo ruolo nel regno riguarda l’addestramento dei militari sauditi nei sistemi d’armi made in USA e l’ammodernamento della Guardia nazionale saudita. BDM ebbe un contratto da 50 milioni di dollari per supervisionare l’aeronautica saudita nel 1995-1997. Ebbe un contratto da 44,4 milioni di dollari per costruire alloggi presso la base militare Qamis Mushayt. Parte dei sei statunitensi uccisi nel 1996 con un’autobomba in una base militare statunitense in Arabia Saudita, erano impiegati della BDM.[13] Nel 2000 BDM ebbe un contratto da 65 milioni di dollari per mantenere la flotta di F-15 dell’aeronautica saudita. Nel 1998 Carlyle vendette BDM a TRW, produttore leader di satelliti spia della NSA, la cui sede si trova sulla giustamente denominata Savage Road, a Ft. Meade, MD e le cui attività europee sono dirette dal palazzo della IG Farben a Francoforte. La NSA ha collaborato con IBM negli anni ’70 nel progetto Lucifero, producendo una macchina per cifratura delle dimensioni di un microchip.[14] Dalla simbolica sede centrale a forma di piramide, a San Francisco, TRW è una delle tre agenzie di informazioni statunitensi che raccolgono continuamente informazioni su tutti gli statunitensi. Uno dei più sofisticati satelliti della NSA si chiama Pyramider. Nel luglio 2002 Northrop Grumman acquistò TRW per 7,8 miliardi di dollari divenendo il secondo maggiore appaltatore della difesa statunitense dopo Lockheed Martin. Northrop vanta un fatturato annuo di 26 miliardi di dollari e ha 123000 dipendenti. TRW ha creato Vinnell Corporation, ora al 26.mo anno di “modernizzazione” della Guardia Nazionale saudita in collaborazione con l’esercito statunitense. La Guardia saudita è divisa in due unità. Una protegge il regno dalle minacce esterne. Le altre guardie sorvegliano le installazioni petrolifere Aramco dei Quattro cavalieri, per proteggerle dal popolo saudita. Nel 1998 Vinnell intascò un contratto da 831 milioni di dollari dalla Casa dei Saud. Un primo contratto di tre anni da 163 milioni di dollari vede il cognato del principe ereditario Abdullah come junior partner. Prima di venire in Arabia Saudita, Vinnell fece centinaia di milioni di dollari costruendo basi statunitensi durante la guerra del Vietnam, poi fece ancora più soldi distruggendo quelle basi, quando le forze USA si ritirarono. Un funzionario del Pentagono descrisse una volta Vinnell su Village Voice come “il nostro piccolo esercito mercenario“.
Altri tre enti spettrali operanti in Arabia Saudita sono O’Gara Servizi di protezione, Booz Allen Hamilton e Science Applications International Group (SAIC). O’Gara fornisce la sicurezza alla Casa di Saud e agli altri monarchi del Consiglio di Cooperazione del Golfo. La sicurezza della Casa dei Saud comprende anche molti mercenari statunitensi. Booz Allen di McLean, VA, ebbe un contratto di 5 anni e da 21,8 milioni dollari per aggiornare la marina saudita nel 1995. Booz consiglia anche i marines sauditi e gestisce la scuola ufficiali delle forze armate saudite.[15] Nel 1990-1995 i sauditi spesero 62 miliardi di dollari in armi statunitensi. Alla fine del 2010 il Pentagono annunciò un accordo da 60 miliardi di dollari per le armi ai sauditi, uno dei più grandi di sempre. Secondo il Center for Public Integrity, Booz Allen iniziò a stipulare contratti sul programma Total Information Awareness della Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), prima dell’11 settembre. Booz ebbe 13 contratti con la DARPA, del valore di 23 milioni di dollari, superata solo dai 23 contratti della DARPA da 27 milioni di dollari concessi a Lockheed Martin. L’ex direttore della CIA e CEO della Dyncorp, James Woolsey, ora lavora per Booz Allen. Nel 2008 Carlyle Group acquistò la quota di maggioranza di Booz Allen per 2,54 miliardi di dollari. SAIC ebbe due contratti dalla Casa dei Saud, alla fine degli anni ’90, da 166 milioni di dollari, per fornire veloci sistemi di comunicazione e comando alle Forze navali reali saudite. SAIC addestra spesso personale saudita nel suo quartier generale a San Diego. La CIA ha un contratto con SAIC per rivalutare la malattia della Guerra del Golfo tra le truppe statunitensi, attive nel conflitto del 1991. Nel 1995 SAIC assunse la Network Solutions, la società che assegna i nomi ai domini e che “sorveglia” Internet. Il CdA di SAIC vede l’ex-vicedirettore della CIA ed allievo della Naval Task Force 157 Bobby Inman, il segretario alla Difesa di Nixon Melvin Laird, l’ex-generale Maxwell Thurman, il segretario alla Difesa di Obama Robert Gates, il direttore della CIA di Clinton e membro del consiglio di Citigroup John Deutch e il segretario alla Difesa di Clinton William Perry. SAIC gestisce l’Interstate Identification Index dell’FBI, un database con 30 milioni di fedine criminali. Inoltre ha contratti investigativi per 200 milioni di dollari con l’IRS.[16]
Note
[1] “Wolf Blitzer Reports”. CNN. 1-6-02
[2] “Political Islam”. Samir Amin. Covert Action Quarterly. Winter 2001. p.6
[3] UnwoToday
[4]US Ties to Saudi Elite May be Hurtng War on Terrorism”. Jonathan Wells, Jack Meyers and Maggie Mulvihill. Boston Herald Online. 12-10-01
[5] “The White House Connection: Saudi Agents and Close Bush Friends”. Maggie Mulvihill, Jonathan Wells, Jack Meyers Boston Herald Online 12-11-01
[6] “Arms Buildup Enriches Firm Staffed by Hired Guns”. Mark Fineman. 1-10-92
[7] Dude, Where’s My Country. Michael Moore WarnerBooks New York 2003
[8] Fineman
[9] Spooks: The Haunting of America- Private Use of Secret Agents. Jim Hougan. William Morrow & Company. New York. 1978
[10] “Anthrax Terrorism: Investigative Muddle or Criminally Reckless Endangerment?” David Neiwart. Covert Action Quarterly. Winter 2001. p.36
[11] “The CIA’s Role in the Anthrax Mailings”. Len Horwitz. March 2002
[12] Fineman
[13] “Saudi Bombing Puts Spotlight on US Military Aid”. Washington Post. 11-13-95
[14] The Puzzle Palace: America’s National Security Agency and its Special Relationship with Britain’s GCHQ. James Bamford. Sidgwick and Jackson. London. 1983
[15] “Privatizing War: How Affairs of the State are Outsourced to Corporations Beyond Public Control”. Ken Silverstein. The Nation. 7-28/8-4, 1997.
[16] “Internet Users Spooked about Spies New Role”. Glenn Simpson. Wall Street Journal. 10-2-95
Dean Henderson è autore di Big Oil & Their Bankers in the Persian Gulf: Four Horsemen, Eight Families & Their Global Intelligence, Narcotics & Terror Network, The Grateful Unrich: Revolution in 50 Countries,Das Kartell der Federal Reserve, Stickin’ it to the Matrix & The Federal Reserve Cartel. Il suo sito è Left Hook
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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mototopo

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MATTARELLA →
TARGET 2: NON ESISTE LA MONETA UNICA

Posted on 24/01/2015 by admin
TARGET 21: NON ESISTE LA MONETA UNICA​
Il funzionamento e la stessa esistenza2 della piattaforma per pagamenti bancari internazionali detta Target23, dimostrano che tutto il denaro sui conti correnti bancari, anche se denominato “euro”, non è l’euro, e non è creato dalla BCE, ma dalle banche dei singoli paesi aderenti. “Euro” è solo l’etichetta applicata a realtà giuridico-monetarie diverse tra loro per indurre la gente a pensare che siano un’unica cosa.
Queste ragioni si aggiungono a quelle già comunemente addotte per negare che l’euro sia una moneta e che sia una moneta unica4.
Confermano inoltre la teoria, già ampiamente dimostrata5, che la liquidità, gli attivi dei conti correnti, siano generati dall’attività di prestito delle banche commerciali, e solo in minima parte dalle banche centrali.
Innanzitutto, dicevo, la moneta che si trova registrata sui conti correnti non è l’euro della BCE, ma un’altra cosa. Infatti, se fosse l’euro “vero”, l’euro-valuta legale della BCE, per fare un bonifico di 1.000 euro dal mio conto corrente italiano a quello del mio fornitore in Germania, la mia banca opererebbe esattamente come quando fa un bonifico a un altro conto corrente italiano, a un altro conto corrente ABI, anziché passare per Target2, cioè chiedere alla Banca d’Italia di prestarle 1.000 euro della BCE (e la Banca d’Italia lo fa indebitandosi verso la BCE), con cui viene eseguito l’accredito sul conto corrente tedesco.
Il che dimostra che gli “euro” segnati sui conti correnti italiani non sono euro veri (non sono cioè la valuta legale), non sono emessi dalla BCE, sono diversi anche dagli “euro” segnati sui conti correnti tedeschi (greci, spagnoli, finlandesi…): gli euro sui conti correnti italiani sono gli euro… dell’ABI, cioè creati dal sistema bancario italiano, e non sono accreditabili su conti correnti non italiani.
Abbiamo due riprove della veridicità di ciò.
La prima, diretta: se voglio pagare un debito estero usando gli “euro” che ho sul mio conto corrente, devo passare per il meccanismo suddescritto; se invece voglio pagarlo con euro-banconote o euro-spiccioli (cioè euro-valuta legale), posso pagarlo direttamente, versandoli sul conto corrente estero del mio creditore in una banca del suo paese. Ergo gli euro del cc sono una cosa diversa, per natura giuridica, dagli euro-valuta legale.
La seconda, indiretta: Target 2 è adoperato per i pagamenti anche da paesi che non usano l’euro, ergo Target 2 è strutturata per trattare valute anche diverse dall’euro.
Si conferma quindi che il grosso del money supply, circa il 97%, è generato con strumenti essenzialmente contabili dai vari sistemi delle banche commerciali. Vi sono tanti (pseudo) euro quanti sono i paesi partecipanti all’Eurozona, e ciascuno di essi ha circolazione limitata al paese del sistema bancario che lo ha generato; e in più vi è l’euro vero, la valuta legale, cioè quello creato dal Sistema Europeo delle Banche Centrali – l’unico che circoli, che sia accettabile, in tutta l’Eurozona, tanto in forma scritturale, che in forma cartacea o metallica.
Il che ha diverse implicazioni.
Innanzitutto, gli euro che ho sul mio conto corrente sono una cosa giuridicamente diversa dagli euro che si trovano sui conti correnti degli altri paesi dell’Eurozona, anche se hanno la medesima denominazione – imposta evidentemente per creare un’illusione di identità nell’opinione pubblica.
Dissolta tale illusione, appare evidente che non solo non esiste una moneta unica, ma siamo lontanissimi da un’unione monetaria e da un’integrazione bancaria europee, e che le tesi che essa si stia realizzando o si possa realizzare sono mistificazioni di mala fede.
In secondo luogo, Target 2 conferma che la massa monetaria non è creata dalla BCE, ma dai sistemi delle banche commerciali.
In terzo luogo, appare evidente anche che il money supply denominato in euro non è creato unico per l’intera Eurozona, ossia che non c’è un money supply unitario per la c.d. UEM, bensì paese per paese in forma di rilascio di prestiti di banche commerciali denominate “euro” sebbene, nella realtà giuridica, consistano non in euro (reali-legali), ma in promesse di euro reali-legali, emessi dalla BCE. Naturalmente, gli euro veri, oggetto delle promesse suddette, non esistono se non in minima parte, dato che, come già ricordato, il money supply consiste per il 97% circa in euro-promesse, e solo per il 3% in euro veri.
In quarto luogo, quelle cose che la banca ti presta (nel mutuo, nel fido, nello sconto, nell’anticipazione) non sono, giuridicamente, euro, anche se falsamente sono denominati “euro”, e tu quindi puoi chiedere al giudice di dichiarare che non sono euro, o perlomeno non sono il vero euro, la moneta legale, l’unica riconosciuta dalla Stato.
Ma che cosa sono, giuridicamente, gli “euro” sui conti correnti? Non sono il vero euro, la moneta legale, l’unica riconosciuta dalla Stato. Non sono soldi, sono saldi. Sono saldi attivi di un rapporto debito-credito: credito per il correntista, debito verso la banca. Debito di che cosa? Debito di euro veri. Se io ho un attivo di conto corrente di 1.000 euro, vuol dire che la banca, a mia richiesta, mi deve dare euro-banconote per 1.000 euro. E se io bonifico a te questi 1.000 trasferendoli sul tuo conto corrente, ciò che avviene è che il rapporto debito-credito di 1.000 rimane, ma cambiano il debitore (che diventa la tua banca in luogo della mia) e il creditore (che diventi tu invece di me). Questa sostituzione può avvenire direttamente soltanto tra banche del medesimo sistema bancario. Evidentemente, le banche di un paese non accettano, senza la garanzia delle banche centrali e gli euro veri della BCE, di sostituirsi alla banca di un altro paese in questo rapporto di debenza. In sostanza, quindi, tutto questo discorso arriva a un approdo concettuale molto semplice: l’euro non esiste, se non come cartamoneta, conio e come moneta delle banche centrali; tutto il resto è promessa di euro emessa dalle banche ordinarie, che tra loro se la accreditano come se fosse euro, e ciascuna se la contabilizza come se fosse euro.
Corollario del fatto che l’euro vero è solo quello della Banca centrale europea e quindi la carta moneta, mentre sui conti correnti bancari un euro solo apparente, perché è illegittimo costringere allo uso del nome euro, cioè dell’euro apparente, proibendo quello dell’euro vero, cioè della carta moneta. È un costringere la gente a spogliarsi del vero e a darlo in cambio del falso. E’ un privarla del diritto all’uso dell’unica vera moneta, della moneta legale.
Analogamente è illegittimo istituire controlli e deterrenti al deposito e al ritiro o peggio all’uso, di euro veri, cartacei. Sono tutte operazioni nell’interesse dei banchieri privati quali creatori esclusivi dell’euro apparente – operazioni per rafforzare l’illusione e nascondere la realtà.
24.01.15 Marco Della Luna
P.S. Non affronto, in questo articolo, riservandola per altri, la problematica di come veramente funzioni Target2 e dei suoi effetti reali.
1Target” è l’acronimo di Trans-European Automated Real-time Gross settlement Express Transfer system


2Le basi legali di Target2 si trovano in https://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/1003/1349/html/index.en.html

3Se io voglio pagare una fornitura che importo da un fornitore tedesco, devo chiedere alla mia banca di chiedere alla banca centrale italiana di chiedere in prestito la somma dalla BCE, e di metterla a disposizione della banca centrale tedesca in modo che questa la accrediti al conto corrente della banca commerciale del mio fornitore. Se l’Italia esposta consistentemente più di quanto esporta, succede che la banca centrale italiana accumula debiti crescenti verso la BCE, mentre le banche centrali dei paesi da cui importiamo aumentano corrispondentemente i propri crediti verso la BCE. Così è successo: alla fine del 2011 le banche centrali dei PIIGS avevano accumulato debiti verso la BCE per 600 miliardi, e la banca centrale tedesca un credito di 800 miliardi. Praticamente, la BCE finanzia le esportazioni della Germania e dell’Olanda, favorendo il progressivo indebitamento dei paesi meno competitivi; così ha creato una mina monetaria colossale. Per una descrizione del funzionamento, vedi: Il Meccanismo Target2

4Queste ragioni sono: l’euro è in essenza un sistema di blocco dei rapporti di cambio delle monete dei paesi aderenti; non esiste un bilancio comune, non esiste un sistema di trasferimenti nell’Eurozona per compensare gli squilibri delle bilance commerciali interstato, non esiste una comune banca centrale di emissione che faccia da prestatore di ultima istanza e garantisca l’acquisto dei titoli del debito pubblico; le varie monete nazionali esistono ancora, sebbene denominate tutte “euro”, perché ciascuna poggia sui titoli del debito pubblico nazionale, e ciascun debito pubblico nazionale riceve un suo proprio rating, paga un suo proprio rendimento, è soggetto a un possibile default separato dagli altri.

5 Tra gli altri, èstato dimostrato scientificamente dal prof. Richard Werner dell’Università di Southampton mediante un esperimento, che è stato filmato da una troupe televisiva. Su International Review of Financial Analysis – 36 (2014), Werner ha pubblicato un paper su questo esperimento, col titolo Can banks individually create money out of nothing? – The theories and the empirical evidence (Possono le banche creare denaro dal nulla? Teorie e prove empiriche.



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luglio 13, 2015 posted by Fabio Lugano
Moralisti a casa degli altri: qualche dato su Deutsche Bank l


Salve a tutti
come sapete dai nostri aggiornamenti e dalle news l’Europa è spezzata a metà: da un lato il blocco “Morbido”, costituito da Francia , Cipro ed Italia, disponibile ad un bail out ed ad un nuovo “Haircut” del debito greco, o comunque ad una sua rimodulazione. ed un blocco di paesi “Duri”, costituito dalle Repubbliche Baltiche, Slovenia, Slovacchia, Portogallo, Malta e capitanato dalla Germania e dal suo uomo forte, il Ministro delle Finanze Schaeuble, che, con le sue uscite un po’ fantasiose, ha animato questo weekend.
Ora pensate che il problema d’Europa sia la Grecia ed i suoi 300 miliardi di debito ? Oppure l’Italia con i suoi 2.200 ? Miei cari amici VI SBAGLIATE ! In europa abbiamo un mostro che,dasolo ha tante “Liabilities”, obblighi, da superare il valore del PIL mondiale e da essere seconda , per poco, solo a Morgan Stanley, e questo “Mostro” è TEDESCO: la DEUTSCHE BANK.
Il colosso bancario tedesco viene , fresco fresco, da un cambio radicale ai vertici , da una ristrutturazione lacrime e sangue, con chiusure di filiali , migliaia di licenziamenti e cessione del ramo Postbank e da un aumento di capitale consistente che ha visto l’entrata di un membro della famiglia reale del Qatar. . La causa di tutto questo è stata una gestione molto spericolata a causa della quale:
– la DB si era trovata coinvolta nelle perdite delle banche Islandesi all’inizio della crisi, a cui aveva fatto cospicui prestiti;
– la DB si era trovata coinvolta anche nei prestiti alle banche Irlandesi, che sono state travolte dalla crisi del mercato locale;
– DB aveva titoli di stato greci ed il programma di Bail-out l’ha salvata dal perdite enormi.
– DB ha dovuto pagare 2,5 miliardi di dollari di multa per le manipolazioni al Libor alle autorità americane e inglesi.
Insomma i manager tedeschi non ne avrebbero combinata una giusta. Però questo è, forse,il meno. Ricordate i famosi CONTRATTI DERIVATI, quelli che han fatto saltare Lehman Brothers ? Ecco, secondo Zerohedge ed altri DB ne ha in pancia per 54.652 MILIARDI DI EURO 180 volte il debito greco, 27 volte il nostro. Ora vero è che questi contratti non sono passività, MA SONO UN RISCHIO COLOSSALE, assolutamente sproporzionato rispetto al capitale della banca di poco sopra gli 84 miliardi di euro. Lascio a voi valutare la rischiosità della situazione. Tra l’altro la banca ha dovuto PAGARE UNA MULTA ULTERIORE AL SEC per 55 milioni di dollari, per aver “MALPRESENTATO LE PERDITE DA DERIVATI” (valuewalk.com). I derivati sono sensibilissimi agli andamenti economici ed alla solvibilità dei debitori, essendo spesso sotto forma di assicurazioni su titoli. Ora l’economia mondiale sembra rallentare (vi consiglio questo articolo: http://investmentresearchdynamics.com/a-derivatives-bomb-exploded-within-the-last-two-weeks/) e se pure i debiti sovrani avessero problemi che succederebbe a questa montagna di contratti ? E cosa potrebbe fare il governo tedesco, il cui PIL è un ventesimo del valore dei derivati ?
Frances Coppola su “Forbes” parla di: “Too big to fail” zombie bank
A voi le conclusioni
 

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crisi luglio 12, 2015 posted by Fabio Lugano
VIDEO ! Secondo il direttore de “Il Sole 24 Ore” in caso di uscita dall’euro ci RIVALUTEREMMO DEL 30% !!! Fidatevi gente..


Vi mostriamo un estratto di una puntata recente di Porta a Porta in cui il direttore del Sole 24 Ore , Napoletano, dice che l’Italia, in caso di uscita dall’euro, avrebbe gli stessi problemi della Svizzera, quindi una rivalutazione del 30% ! Quindi la Germania ci starebbe zavorrando !!! Quindi tutti i discorsi su svalutazione ed inflazione che preoccupano tutti gli altri economisti in caso di euroexit sono sbagliati !
Italiani, fidatevi del direttore del principale quotidiano economico italiano, e godetevi i frutti di una eventuale iper rivalutazione da uscita dall’euro !
 

mototopo

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LA SOLUZIONE SCHAUBLE E' LEGITTIMAMENTE PRATICABILE E AUSPICABILE? (Risvolti frattalici)



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1. La soluzione "Schauble", relativa ad una Grexit forzata e per di più limitata a 5 anni, è giuridicamente realizzabile alla luce dei trattati e della disciplina dettata specificamente per l'area euro?
Diciamo subito che "Fonti Ue l’hanno liquidata come «non fattibile», mentre il Governo greco ha smentito che Wolfgang Schaeuble ne abbia parlato durante l’Eurogruppo."




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2. La conclusione, tuttavia, non è affatto ovvia, mentre non è certamente trascurabile dare una risposta più seria e approfondita.
Per una serie di ragioni fondamentali:
a) l'alzata di ingegno di Schauble implica anzitutto che la tesi dell'irreversibilità dell'euro non sia giuridicamente fondata alla luce dei trattati.
Se così fosse, - e a maggior ragione, se si sconta l'interessata parzialità di un'interpretazione di "fonti UE" (interessate alla conservazione dello status quo, direttamente strumentale rispetto all'esistenza stessa della continuità burocratica e lavorativa di tali "fonti")-, la prima risposta resa in pubblico (dalle "fonti UE") si sarebbe appellata alla irreversibilità giuridica dell'euro.
Ma, appunto da ciò, traiamo ulteriore conferma che, sul piano giuridico, questa affermazione non possa essere compiuta (tranne che per i banchieri, digiuni di diritto, che hanno il maggior interesse a raccontare le cose così come conviene all'affermazione del loro potere, divenuto insindacabile);


b) bisogna poi tenere presente che la Grexit potrebbe, a certe condizioni, rivelarsi un relativo successo, in termini di ripresa della crescita e del benessere sociale. Considerato che la fissazione di un termine per il "rientro", non potrebbe che legarsi alla concessione di una facoltà esercitabile a tale scadenza dalla Grecia, si arriverebbe ad una probabile situazione in cui la stessa Grecia non avrebbe più interesse ad esercitare tale facoltà (ovviamente se il governo greco, in futuro, fosse razionalmente teso a perseguire l'interesse democratico nazionale, cosa che tale futura situazione chiarirebbe definitivamente...).


c) Dunque, con molta probabilità, la Grexit, ancorchè fissata " a tempo", sarebbe definitiva (ciò a prescindere dalla fattibilità giuridica della scadenza, come vedremo oltre). Il successo di tale fase dipenderebbe ovviamente dagli Stati Uniti, nella ipotesi non solo più probabile ma più rispondente alla posizione che essi sono andati assumendo: se infatti gli USA allo stato caldeggiano una stabilità -essenzialmente in chiave geo-politica- dell'eurozona e una connessa ristrutturazione del debito greco "dentro" l'euro, la "fattibilità" della soluzione Schauble, dovrebbe coerentemente spostare in tale nuovo scenario la loro aspirazione alla stabilità in Europa: cioè la farebbe rapportare alle nuove condizioni di fatto, e si dovrebbe perciò arrivare a quella assistenza finanziaria della Fed (la famosa swap line) alla Grecia, esplicitamente indicata da Stgilitz.


d) più che di un obbligo morale, per gli USA, si tratterebbe anche di un obbligo di coerenza politica, inteso come pronta reazione allo "sgarro", alla propria volontà di "guida" in Europa, che sarebbe arrecato dal prevalere, in UEM, della linea dura imposta dai falchi tedeschi.


e) Ma una volta intrapresa questa soluzione, essa dovrebbe coerentemente essere estesa a sostegno di ogni altro paese dell'eurozona che seguisse la Grecia, concretizzando cioè il "rischio" evidenziato da Krugman: cioè che la positiva riuscita dell'esperienza greca indurrebbe, a strascico, anche gli altri paesi a fare la stessa scelta, ponendo fine alla moneta unica.
Naturalmente, tutto ciò sotto l'egida USA e per contrapposizione alla intemperanza tedesca, che, proprio in tal modo, verrebbe più efficacemente punita.
In un certo senso gli USA non avrebbero molta scelta e dovrebbero così attenuare il principale drive della loro politica verso l'€uropa, cioè l'imposizione delle riforme che renderebbero, nei loro zoppicanti calcoli, conveniente la successiva operatività del TTIP.
Per via della oscura vena distruttiva tedesca, si troverebbero (certo, un po' paraddossalmente) a dover contraddire una propria linea tradizionale, a causa della irruzione del principio estremo, riaffermato dai tedeschi oltre le intenzioni "pratiche" degli americani, di voler imporre "un mondo nel quale la narrazione distorta della crisi da finanza pubblica viene definitivamente sdoganata, giustificando ogni e qualsiasi ulteriore attacco allo stato sociale di ogni e qualsiasi paese europeo".

f), insomma, se volete vederla in chiave frattalica, potrebbe maturare la terza salvezza per via americana, in un secolo, della sciagurata €uropa, lasciata in balia della bulimia di potere tedesca.




3. A questo punto, si comprende come sia possibile dire "LASCIATE FARE A SCHAUBLE!" e, quindi dover vagliare, come paradossale chance di risoluzione parziale della crisi €uropea, l'enforcement della soluzione propugnata da quest'ultimo.
Parlo di risoluzione parziale perchè la connessione col TTIP (cioè con l'interesse primario degli USA), non sarebbe perciò superata: ma, d'altra parte, neppure nel 1943-45 l'intervento USA ebbe carattere di mera filantropia, dato che quella salvezza è la madre della "sudditanza" (e della pseudo-stabilità) da conservare nella fase attuale.


Si dice che non esistano disposizioni specifiche, nei trattati, relative alla euroexit di uno o più paesi, nè in senso di scelta autonoma, cioè "mi sottraggo al vincolo della moneta unica", nè in termini di scelta imposta, cioè "ti buttiamo fuori".
Questo, nella lettera dei trattati, risulta vero: ma quanto alla euroexit volontaria, di riappropriazione della sovranità monetaria (e molto altro), abbiamo già visto come, sia per le citate ammissioni - dirette ed indirette- da parte degli stessi organi o fonti UE, sia per i principi generali di interpretazione delle norme dei trattati, la cosa non possa considerarsi giuridicamente impedita.


Una normale interpretazione "teleologica", alla luce dello scopo e dell'oggetto della disciplina degli artt.139 e 140 del TFUE, ci ha portato a poter affermare che:
"...l'unione monetaria, dunque, è un istituto "auspicato" ma non giuridicamente costitutivo dell'Unione europea, risultando configurato, sotto ogni profilo, come conseguenza di un provvedimento ampliativo "eventuale", di uno status autonomamente sussistente nella sua pienezza (quello cui si riferisce, semmai, il già visto recesso ex art.50 del TUE.
La natura di provvedimento ampliativo implica, per corollario logico necessario, che esso sia disciplinato alla stregua dell'attribuzione "concessoria" di un quid pluris "vantaggioso", un bene della vita aggiuntivo, che può spettare al richiedente solo a condizione che attivi la relativa procedura e presti il suo consenso fino all'adozione del provvedimento costitutivo di tale status aggiuntivo (a quello di membro dell'Unione);



...ne discende ulteriormente, che l'intero regime giuridico dell'ammissione (ad adesione coessenziale e costitutiva in quanto espressa dallo Stato interessato) divenga quello proprio degli atti c.d. ampliativi. E cioè esso risulta costantemente mantenibile a condizione del protrarsi del consenso coessenziale del paese "beneficiato". Come una licenza-autorizzazione edilizia ovvero come una licenza per la vendita degli alcolici, il titolare avrà sempre e comunque, in omaggio alla libera disponibilità volontaria del bene "aggiuntivo" attribuitogli dall'Autorità concedente, la facoltà di rinunciarvi e di sottrarsi in tal modo al complesso dei controlli e sanzioni che condizionano, nell'ambito della funzione pubblicistica del provvedimento ampliativo, il successivo rapporto di durata con la stessa Autorità concedente;




...ciò, va ribadito, configura tale libera disponibilità come principio di civiltà giuridica comune alla nazioni civili e non ha bisogno, per poter essere affermato, della esplicita previsione di una procedura eguale e contraria per poter essere ammessa: la cessazione degli effetti dell'atto ampliativo consegue naturalmente al contrarius consensus del "beneficiato", poichè, ove si negasse ciò, l'atto ampliativo, con la sua base "causale" di necessaria e perdurante prestazione del consenso da parte dell'istante, si trasformerebbe diversamente in atto ablativo, cioè espropriativo proprio di quella stessa volontà dispositiva dei propri interessi insita obiettivamente nel sistema degli artt.139-140."


4. Tra l'altro, l'opposto ma simmetrico atteggiamento di Germania e Grecia, converge sul fatto che l'ammissione nell'eurozona sia un provvedimento ampliativo e, dunque, fornisce una conferma di ciò, nella considerazione delle parti e nella prassi applicativa, cioè in termini di interpretazione del trattato rilevante secondo i criteri della Convenzione di Vienna (art.31, par.1 e par.3, lettera b):
1. Un trattato deve essere interpretato in buona fede in base al senso comune da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto ed alla luce dei suo oggetto e del suo scopo.
3. Verrà tenuto conto, oltre che del contesto:
a) di ogni accordo ulteriore intervenuto tra le parti circa l'interpretazione del trattato o l'attuazione delle disposizioni in esso contenute; b) di ogni ulteriore pratica seguita nell'applicazione del trattato con la quale venga accertato l'accordo delle parti relativamente all'interpretazione del trattato; c) di ogni norma pertinente di diritto internazionale, applicabile alle relazioni fra le parti.)


5. Il problema che pone la "soluzione (finale) Schauble" è quello di una exit disposta d'imperio e "ab externo", cioè ingiunta dagli altri (euro)partners, e quindi contro la volontà del Paese interessato; fenomeno che è ben diverso da quello dell'esercizio di una facoltà propria del "beneficiario", insita nel "contesto " nonchè dell'oggetto e nello scopo del trattato (in tale parte qui rilevante).
Ma in termini riferiti a tali parametri di convergenza, come indici di osservanza obbligata di certe condizioni di funzionalità dell'euro secondo i trattati (cioè di funzionalità solo formale, perchè economicamente è un altro discorso), si può arrivare a sostenere l'esistenza di un tale potere di sostanziale revoca di quello che abbiamo visto essere configurato come un beneficio.
La lettura da cui partire è quella del già visto

(ex articoli 121, paragrafo 1, 122, paragrafo 2, seconda frase, e 123, paragrafo 5, del TCE)

1. Almeno una volta ogni due anni o a richiesta di uno Stato membro con deroga‚ la Commissione e la Banca centrale europea riferiscono al Consiglio sui progressi compiuti dagli Stati membri con deroga nell'adempimento degli obblighi relativi alla realizzazione dell'Unione economica e monetaria. Dette relazioni comprendono un esame della compatibilità tra la legislazione nazionale di ciascuno di tali Stati membri, incluso lo statuto della sua banca centrale, da un lato, e gli articoli 130 e 131 nonché lo statuto del SEBC e della BCE, dall'altro. Le relazioni devono anche esaminare la realizzazione di un alto grado di sostenibile convergenza con riferimento al rispetto dei seguenti criteri da parte di ciascuno Stato membro:

- il raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi; questo risulterà da un tasso d'inflazione prossimo a quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi,

- la sostenibilità della situazione della finanza pubblica; questa risulterà dal conseguimento di una situazione di bilancio pubblico non caratterizzata da un disavanzo eccessivo secondo la definizione di cui all'articolo 126, paragrafo 6,

- il rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo per almeno due anni, senza svalutazioni nei confronti dell'euro,

- i livelli dei tassi di interesse a lungo termine che riflettano la stabilità della convergenza raggiunta dallo Stato membro con deroga e della sua partecipazione al meccanismo di cambio.

I quattro criteri esposti nel presente paragrafo e i periodi pertinenti durante i quali devono essere rispettati sono definiti ulteriormente in un protocollo allegato ai trattati. Le relazioni della Commissione e della Banca centrale europea tengono inoltre conto dei risultati dell'integrazione dei mercati, della situazione e dell'evoluzione delle partite correnti delle bilance dei pagamenti, di un esame dell'evoluzione dei costi unitari del lavoro e di altri indici di prezzo.

2. Previa consultazione del Parlamento europeo e dopo dibattito in seno al Consiglio europeo, il Consiglio, su proposta della Commissione, decide quali Stati membri con deroga soddisfano alle condizioni necessarie sulla base dei criteri di cui di cui al paragrafo 1, e abolisce le deroghe degli Stati membri in questione.

Il Consiglio delibera sulla base di una raccomandazione presentata dalla maggioranza qualificata dei membri che, in seno al Consiglio, rappresentano gli Stati membri la cui moneta è l'euro. Questi membri deliberano entro sei mesi dal ricevimento della proposta della Commissione da parte del Consiglio.

Per maggioranza qualificata di detti membri, prevista al secondo comma, s'intende quella definita conformemente all'articolo 238, paragrafo 3, lettera a).

3. Se si decide, conformemente alla procedura di cui al paragrafo 2, di abolire una deroga, il Consiglio, deliberando all'unanimità degli Stati membri la cui moneta è l'euro e dello Stato membro in questione, su proposta della Commissione e previa consultazione della Banca centrale europea, fissa irrevocabilmente il tasso al quale l'euro subentra alla moneta dello Stato membro in questione e prende le altre misure necessarie per l'introduzione dell'euro come moneta unica nello Stato membro interessato."


6. Siccome stiamo cercando di trovare una soluzione sufficientemente sintetica e semplificata - essendo peraltro la materia in preda alla più profonda confusione, evocata dalla intenzionale oscurità e lacunosità dei trattati -, proviamo a mostrarvi per punti essenziali il processo interpretativo nel senso sopra preannunziato (fattibilità giuridica della proposta Schauble):
a) un provvedimento ampliativo è, per principio generale del diritto (delle c.d. nazioni civili) revocabile se esso è costitutivo di una situazione di "durata", cioè operante nel tempo.
Questa situazione, deve costantemente ed obiettivamente risultare legittima, cioè rispondente alla scopo e oggetto della norma che la regola: e lo sarà, sempre secondo il senso naturale di tale norma (ammissiva), se e solo se le condizioni di ammissione al (supposto) "beneficio" siano mantenute in misura significativa durante lo svolgersi di tale situazione (cioè quella di appartenenza all'euro). Lo stesso accumularsi di "patti di stabilità", cioè dal regolamento "fatidico del 1997, fino all'attuale six pack, inclusivo del fiscal compact, confermano, d'altra parte, nella prassi applicativa uniforme e concorde tra le parti, questa caratteristica della situazione di euro-appartenenza;


b) ma la conclusione appare, prima di tutto, il risvolto naturale della logica intrinseca al primo paragrafo dell'art.140: "la realizzazione di un alto grado di sostenibile convergenza con riferimento al rispetto dei seguenti criteri..." è un vero "obbligo" che deve essere mantenuto nel tempo.
La sostenibilità della moneta unica, altrimenti, secondo la sua logica economica "interna" (buona o cattiva che sia), è il vero scopo dell'art.140, e poichè questo si svolge nel tempo, l'obbligo deve essere continuamente rispettato con riferimento a quei criteri (in quanto applicabili nel tempo successivo all'entrata). E' evidente come anche la famosa procedura per debito eccessivo (art.126 TFUE), ovvero le norme sulla BCE e sulle situazioni di indebitamento degli Stati (artt.123-125 TFUE), siano funzionali a questo obiettivo. Contestare ciò sarebbe un controsenso logico ed economico;


c) quindi, il mantenimento delle condizioni di convergenza - eventualmente adattate dalla prassi applicative (leggi: regolamenti secondari rispetto al trattato sul rispetto dei "parametri"),- risponde alla condizione del "rebus sic stantibus" (cioè ogni consenso è rivedibile se mutano le condizioni essenziali che vi hanno portato e questo mutamento ne renda impossibile l'esecuzione), la quale è un principio fondamentale del diritto internazionale (art.61 Convenzione di Vienna);


d) conseguenza naturale del ricorrere di questa situazione, cioè del venir meno della "presupposizione fondamentale" relativa all'effettivo rispetto dei criteri di convergenza, durante il possesso dello status, è un potere di scioglimento del vincolo nei confronti del paese che viene meno, per un periodo consistente e in misura sostanziale, agli obblighi oggetto del suo vincolo "duraturo".
Si tratta di una peculiare proiezione, ai trattati multilaterali, del rebus sic stantibus, in forma di facoltà, degli organi costituiti del trattato stesso, di adottare un contrarius actus rispetto alla "ammissione" (altro principio generale proprio di qualsiasi contesto organizzativo, come appunto una organizzazione internazionale, che si dota naturalmente di certe "autorità" interne ad essa). Dunque, è una facoltà che inerisce alla posizione delle controparti - e degli organi- del trattato, e non è affatto eccezionale ma insita nel diritto dei trattati (e dei contratti in generale, secondo le "nazioni civili");


e) Il testo dell'art.140, par.1, ci fornisce la base di ciò, in seguito ad una semplice lettura cognita causa, cioè tenendo conto dei principi giuridici finora illustrati. Ma non basta:
e1) ci troviamo di fronte ad una norma speciale (rispetto alla ordinaria clausola rebus sic stantibus nei trattati bilaterali), essendo l'inedita configurazione di una fattispecie, sia sostanziale che procedurale, di ammissione ad una (altrettanto inedita) peculiare moneta unica (sulla peculiarità, alla luce della teoria delle OCA di Mundell, sono stati spesi fiumi di inchiostro da decenni): ergo, agisce il principio di specialità nel configurare il contrarius actus.
e2) Ciò ci riconduce a dover guardare alle previsioni del secondo paragrafo dell'art.140: la fase di monitoraggio del rispetto dei criteri di convergenza, e quindi per conseguenza logica necessaria, del loro dovuto mantenimento nel tempo, spetta al Consiglio, in una fase costitutiva che non prevede, appunto, la partecipazione e l'adesione dello Stato-in-deroga "istante".
La competenza al riguardo spetta al Consiglio che può deliberare, come potete leggere più sopra, a maggioranza rafforzata, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo.
e3) L'accertamento preliminare e costitutivo dell'ammissione segue tale procedura e tale medesima procedura occorrerebbe, nella logica giuridica, seguire in caso di "revoca" dell'ammissione stessa. Poi potete chiamarla "buttare fuori" (la Grecia), ma giuridicamente la tesi di Schauble è sostenibile a "queste" condizioni derivanti dal Trattato: in sostanza deve procurarsi una maggioranza "solida" in Commissione, e in europarlamento, ed una "qualificata" nel Consiglio.


7. Che questa possa, anche in mancanza di norma espressa, essere la via legale, (non certo agevole peraltro), di operatività dell'ideona altruistica di Schauble, lo confermano anche altri principi:


i) quello della interpretazione analogica, ammesso anche dal diritto internazionale dei trattati, come potete ritrarre da qui:
"Interpretazione estensiva
Il modo d’interpretazione estensiva consente di attribuire a termini o espressioni contenuti nelle disposizioni di un accordo significati che vanno al di là del dato testuale ma che possano implicitamente o espressamente ricavarsi dall’analisi sistematica del testo, dalla considerazione per l’oggetto e lo scopo dell’accordo, dal contesto in cui esso fu concluso.
Analogia
“…una forma di interpretazione estensiva, (che) consiste nell’applicare una norma ad un caso che essa non prevede ma i cui caratteri essenziali sono analoghi a quelli del caso previsto…” (Conforti).
All’analogia nel diritto internazionale si ricorre per disciplinare fattispecie nuove, cioè rapporti che non esistevano all’epoca di formazione della norma
...".



ii) quello dei poteri c.d. "impliciti": nel caso si avrebbe il potere di revoca, organizzativamente spettante agli organi dell'UE-UEM, nelle forme regolate dalla norma speciale dell'art.140, applicabile anche in virtù della naturale analogia:
"L’interpretazione estensiva ha assunto particolare importanza in relazione ai trattati istitutivi di OI dove, secondo alcuni, si sarebbero sviluppate regole particolari d’interpretazione, valide cioè solo per questo tipo di accordo.
La forma che ha preso l’interpretazione estensiva in casi del genere è quella della teoria dei “poteri impliciti”, teoria elaborata in origine dalla dottrina di Stati federali per estendere le competenze del governo federale a scapito di quelle degli Stati federati

...gli organi di una OI non solo possono esercitare i poteri espressamente attribuiti loro ma anche quelli necessari all’esercizio del poteri espressi, anche se non previsti dal trattato."


8. Se avete avuto la forza di arrivare fin qui, proviamo a trarre qualche conclusione.
La soluzione Schauble è pienamente applicabile quanto alla possibile revoca, in sè considerata, della condizione di Stato membro dell'unione monetaria, laddove quest'ultimo, - al di là della stessa attribuzione di qualsiasi tipo e livello di "colpa"-, non sia stato, in modo manifesto, consistente ed attuale, in grado di rispettare i criteri di convergenza, sviluppabili attraverso atti applicativi (i vari regolamenti di stabilità) espressivi della loro funzionalità nel tempo, essenziale ab initio (cioè in fase ammissiva) per le parti.
Ciò deve seguire il principio del contrarius actus, logicamente insito nella intepretazione teleologica del trattato, e quindi una certa procedura speciale rinvenibile nell'art.140, trovando conforto sia nel principio dell'analogia che in quello dei "poteri impliciti".


La fissazione di un termine di 5 anni per il rientro, invece, non trova altrettanto conforto in questi principi: assorbente è il dato letterale ricavabile dall'art.140, primo paragrafo.
Ed infatti, la richiesta di ammissione (iniziale) viene monitorata comunque, a scadenza almeno biennale dalla Commissione: riacquistato, con la "revoca", uno status del tutto analogo a quello di Stato membro con deroga, la Grecia, dovrebbe avere questa facoltà di risottoporsi al monitoraggio, che riattiva l'accertamento finale, positivo, di "convergenza" ottenuta, previsto dal secondo paragrafo dell'art.140 (ad opera della deliberazione finale del Consiglio a maggioranza rafforzata).
Quindi la revoca è naturalmente e logicamente, per applicazione naturale della norma del trattato, sia "definitiva", sia suscettibile di essere superata dalla richiesta di riammissione riproponibile, dopo almeno un paio d'anni, dal paese "revocato".

Un'altra soluzione non avrebbe nemmeno senso logico od economico, oltre ad essere priva di base giuridica (analogica e normativo-letterale, propria del contrarius actus): quand'anche la Grecia facesse richiesta di essere riammessa prima degli ipotizzati 5 anni, senza essere "in regola" coi criteri di convergenza, le istituzioni europee coinvolte difficilmente raggiungerebbero le richieste maggioranze per ammetterla.
Ma, d'altra parte, come abbiamo detto all'inizio, se la Grecia si trovasse "bene" nel medio periodo successivo alla exit, non solo non avrebbe alcun interesse razionale a rientrare ma, probabilmente, ciò che ne seguirebbe avrebbe fatto sparire, in virtù dell'effetto di imitazione da parte di molti altri paesi, la stessa eurozona.
Il che naturalmente è il risultato auspicabile - per la democrazia dell'intero Continente, che l'iniziativa di Schauble potrebbe innescare.
Perciò, ancora una volta, LASCIATE FARE A SCHAUBLE!



Pubblicato da Quarantotto a 17:11 14 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest









sabato 11 luglio 2015
 

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