News, Dati, Eventi finanziari amico caro, te lo dico da amico, fatti li.... qui e' tutta malvivenza (1 Viewer)

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luglio 15, 2015 posted by Ulrich Anders
RUOCCO (M5S) INCHIODA PADOAN GRAZIE A NS LETTERA


L’On.le Carla Ruocco del M5S ha presentato un’interrogazione a risposta scritta al Ministro dell’Economia e delle Finanze dopo la segnalazione della lettera pubblicata da Scenari Economici, in cui si evidenziavano differenze di calcolo nella determinazione del debito pubblico/PIL italiano effettuate dall’OCSE e dal Governo italiano. Qui il link alla nostra lettera aperta:
http://scenarieconomici.it/lettera-aperta-al-ministro-delleconomia-dott-pier-carlo-padoan/
Interrogazione a risposta scritta

Carla Ruocco – Al Ministro dell’Economia e delle Finanze – per sapere – premesso che:

Secondo il Report sulle performance dei governi pubblicato dall’Ocse, nel 2014 il rapporto debito lordo/Pil dell’Italia è salito a quota 156 per cento, contro il 142,95 del 2013 e il 110,63 del 2007, risultando il terzo più elevato dell’area, dopo Giappone e Grecia;

In termini pro-capite, l’Italia è al quarto posto tra i paesi industrializzati con 49.798 dollari (dato 2013 comparabile), che sale a 55.538 dollari nel 2014;

Un punto percentuale di PIL vale grossomodo 16 miliardi, pertanto 13 punti percentuali di PIL (156%-143%),valgono circa 210 miliardi;

Il calcolo effettuato dall’Ocse sul debito pubblico fa riferimento ad una definizione diversa da quella valida ai fini del patto di stabilità europeo.
Considerato che:
Un fattore che incide sulla valutazione dell’entità del debito, secondo il metodo di cui sopra, è dato dall’impostazione del metodo di calcolo a valori di mercato.
Risulta pertanto che hanno contribuito a tale aumento la valutazione a valori di mercato dello stock del debito, del carico dei derivati finanziari in essere e di accresciuti impegni previdenziali;
Secondo le valutazioni di un gruppo di economisti ed analisti finanziari che si raccoglie e scambia opinioni anche sul portale “Scenari Economici”, riguardo ai dati recentemente presentati nel suddetto rapporto Ocse sul rapporto debito lordo/PIL dell’Italia, il Ministro dell’Economia e delle Finanze sarebbe tenuto a riferire e a dare spiegazioni esaustive e dettagliate;
Si chiede di sapere:
Quali spiegazioni necessarie, urgenti e dettagliate il Ministro voglia fornire in merito all’aumento del debito di ben 210 miliardi, calcolato in termini omogenei con metodo OCSE nel passaggio dal 2013 ed il 2014, anche alla luce del ruolo ricoperto in passato di Vice Segretario Generale e capo economista della medesima organizzazione internazionale;
Quali misure urgenti il Ministro intenda adottare per rivedere la stima del debito pubblico alla luce dei parametri utilizzati dall’Ocse e quindi modificare urgentemente l’indirizzo di politica economica adottato riguardo alla gestione del debito pubblico;
Quali valutazioni intenda fornire in merito ai valori di mercato dello stock del debito, del carico dei derivati finanziari in essere e di accresciuti impegni previdenziali sull’aumento della stima Ocse di ben 210 miliardi, per rendere conto del grave incremento del debito pubblico.



http://scenarieconomici.it/ruocco-m5s-inchioda-padoan-grazie-a-ns-lettera/#
 

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FINANCIAL TIMES: LINEE DI CREDITO SEGRETE BCE A BULGARIA E ROMANIA PER 89 MLD!

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17 luglio - Il Financial Times ha fatto sapere che la BCE “ha introdotto linee di credito segrete a Bulgaria e Romania per convincere le autorità monetaria dei due paesi a non chiudere le filiali di banche greche che operano nel loro territorio, che sono ovviamente in bancarotta. Se gli attivi di queste filiali fossero sequestrati dai regolatori, il capitale delle banche-madri riceverebbe un colpo mortale, facendo implodere il sistema finanziario interno ellenico. E a quanto ammontano tali linee di credito segrete che Draghi ha aperto a Romania e Bulgaria? A 89 miliardi di euro. Ciò dà un’idea delle immense cifre che Draghi e i suoi complici “europeisti” sono capaci di impegnare senza batter ciglio, rischiare e dilapidare in un giorno.
 

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BILANCIO DI META' ANNO: OCCUPATI IN CALO FALLIMENTI SOFFERENZE BANCARIE E DEBITO PUBBLICO ALLE STELLE (L'ITALIA DEL PD)

giovedì 16 luglio 2015
La politica si appresta ad andare in vacanza, con il premier non eletto che si è autocelebrato “salvatore dell’euro”, dopo non essere stato invitato al vertice tra Merkel ed Hollande.
L’ex sindaco di Firenze, spalleggiato dal ministro dell’economia Padoan (quello del disastro dell’Argentina) si sono poi lasciati andare ad annunci su un paese in piena crescita e pieno rilancio. Un quadro idilliaco di disoccupazione in calo, ricchezza che aumenta, cittadini felici e debito pubblico in forte calo.
Sarà vero o siamo in presenza dell’ennesima serie di annunci privi di senso?
Partiamo dagli occupati, attingendo ai dati Istat, giusto per non correre il rischio di venir tacciati di diffondere notizie false e tendenziose, di essere disfattisti. Insomma, per non essere definiti “gufi” dai renzisti di turno. Bene, gli occupati a maggio son calati a 22.330.000 unità rispetto ai 22.392.000 di aprile. Ma come, il premier non eletto non aveva parlato di oltre centomila nuovi posti di lavoro grazie al jobs act? Dove sono, se gli occupati totali sono calati?
Probabilmente saremo diventati più ricchi grazie ad un aumento delle retribuzioni: meno occupati ma con un tenore di vita più alto non è sicuramente il massimo, ma potrebbe indurre in una speranza di crescita futura.
No, non andiamo bene nemmeno su quel fronte: la tendenza è ad un rallentamento dell’aumento percentuale, passato dall’1,2 all’1,1,% tra aprile e maggio con un calo dell’8%.
Dati sconfortanti, come quelli dei prezzi alla produzione, franati di un ulteriore 1,9% nel mese di maggio. Se i prezzi alla produzione calano, significa che le aziende stanno limando all’osso i margini di vendita pur di riuscire a vendere qualcosa, alla faccia della ripresa!
Difatti, e chiaramente non è una casualità, i consumi al dettaglio sono inchiodati, con una crescita dello 0%, mentre le sofferenze bancarie ed i fallimenti stanno toccando nuovi record: 184 miliardi le prime (ultimo dato certificato, dicembre 2014) e 3.800 i secondi nei primi tre mesi del 2015.
Quindi, segnali di ripresa dei consumi interni, che sono la vera ricchezza di un paese, molto più delle esportazioni, che sono legate a fattori esogeni e non controllabili, non se ne vedono da nessuna parte. Semmai persiste la distruzione di aziende ed attività commerciali. Una desertificazione del tessuto economico come non si è mai visto dalla fine della seconda guerra mondiale.
Se questi sono i prodigiosi risultati del governo renzista, c’è da mettersi le mani nei capelli.
Vediamo se l’ex sindaco di Firenze è stato più abile sul fronte del debito pubblico: secondo i dati di Bankitalia, è cresciuto di 23,4 miliardi nel mese di maggio e di ben 83,3 da inizio anno, che percentualmente corrisponde al 3,9% del PIL.
E meno male che secondo Padoan il nostro debito stava scendendo perché abbiamo fatto le riforme a differenza dei “cattivoni” greci. I casi sono due: o hanno invertito il significato dei segni “+” e “-“, oppure gli annunci delle veline di regime sono ben altra cosa rispetto alla realtà fattuale.
Qualcuno potrebbe pensare che chi scrive sia una persona in malafede, che “spulcia” i dati con il solo intento di trovare i difetti di un governo “forte e capace, che sta rivoluzionando il paese”.
Per fugare ogni dubbio, siamo andati a cercare i dati del World Economic Forum sull’efficienza dell’azione di governo. Si tratta di un report internazionale che prende in considerazione l’efficienza dei diversi governi. Il parametro di valutazione è estremamente semplice: rapporto tra risorse impiegate e risultati ottenuti.
Si tratta di un parametro neutro, nel senso che può essere applicato a qualsiasi stato e forma di governo, grande o piccolo.
Il risultato è eccezionale: il governo italiano è al secondo posto! Sì, ma solo se leggiamo la classifica partendo dal basso.
Al di là dell’ironia, come efficienza di governo, quello renzista si mette dietro - a livello mondiale! - solo il Venezuela, non propriamente un risultato di cui esserne orgogliosi e di cui i media nazionali han preferito parlare sottovoce. Anzi, tacere.
Se questo è il bilancio di metà anno (i dati ufficiali sono aggiornati a giugno), non possiamo attenderci nulla di buono per settembre, anche perché l’unica cosa sensata che potrebbe fare questo governo, ovvero dimettersi e lasciarsi giudicare dai cittadini, non è certo nell’agenda del premier non eletto.
Luca Campolongo
Fonti:
www.istat.it
Bankitalia: debito pubblico da record, in un mese cresciuto di 23,4 miliardi | La Voce Sociale
Schiaffo del World Economic Forum a Renzi: "Italia penultima per efficienza di governo" - IlGiornale.it
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BILANCIO DI META' ANNO: OCCUPATI IN CALO FALLIMENTI SOFFERENZE BANCARIE E DEBITO PUBBLICO ALLE STELLE (L'ITALIA DEL PD)

giovedì 16 luglio 2015
La politica si appresta ad andare in vacanza, con il premier non eletto che si è autocelebrato “salvatore dell’euro”, dopo non essere stato invitato al vertice tra Merkel ed Hollande.
L’ex sindaco di Firenze, spalleggiato dal ministro dell’economia Padoan (quello del disastro dell’Argentina) si sono poi lasciati andare ad annunci su un paese in piena crescita e pieno rilancio. Un quadro idilliaco di disoccupazione in calo, ricchezza che aumenta, cittadini felici e debito pubblico in forte calo.
Sarà vero o siamo in presenza dell’ennesima serie di annunci privi di senso?
Partiamo dagli occupati, attingendo ai dati Istat, giusto per non correre il rischio di venir tacciati di diffondere notizie false e tendenziose, di essere disfattisti. Insomma, per non essere definiti “gufi” dai renzisti di turno. Bene, gli occupati a maggio son calati a 22.330.000 unità rispetto ai 22.392.000 di aprile. Ma come, il premier non eletto non aveva parlato di oltre centomila nuovi posti di lavoro grazie al jobs act? Dove sono, se gli occupati totali sono calati?
Probabilmente saremo diventati più ricchi grazie ad un aumento delle retribuzioni: meno occupati ma con un tenore di vita più alto non è sicuramente il massimo, ma potrebbe indurre in una speranza di crescita futura.
No, non andiamo bene nemmeno su quel fronte: la tendenza è ad un rallentamento dell’aumento percentuale, passato dall’1,2 all’1,1,% tra aprile e maggio con un calo dell’8%.
Dati sconfortanti, come quelli dei prezzi alla produzione, franati di un ulteriore 1,9% nel mese di maggio. Se i prezzi alla produzione calano, significa che le aziende stanno limando all’osso i margini di vendita pur di riuscire a vendere qualcosa, alla faccia della ripresa!
Difatti, e chiaramente non è una casualità, i consumi al dettaglio sono inchiodati, con una crescita dello 0%, mentre le sofferenze bancarie ed i fallimenti stanno toccando nuovi record: 184 miliardi le prime (ultimo dato certificato, dicembre 2014) e 3.800 i secondi nei primi tre mesi del 2015.
Quindi, segnali di ripresa dei consumi interni, che sono la vera ricchezza di un paese, molto più delle esportazioni, che sono legate a fattori esogeni e non controllabili, non se ne vedono da nessuna parte. Semmai persiste la distruzione di aziende ed attività commerciali. Una desertificazione del tessuto economico come non si è mai visto dalla fine della seconda guerra mondiale.
Se questi sono i prodigiosi risultati del governo renzista, c’è da mettersi le mani nei capelli.
Vediamo se l’ex sindaco di Firenze è stato più abile sul fronte del debito pubblico: secondo i dati di Bankitalia, è cresciuto di 23,4 miliardi nel mese di maggio e di ben 83,3 da inizio anno, che percentualmente corrisponde al 3,9% del PIL.
E meno male che secondo Padoan il nostro debito stava scendendo perché abbiamo fatto le riforme a differenza dei “cattivoni” greci. I casi sono due: o hanno invertito il significato dei segni “+” e “-“, oppure gli annunci delle veline di regime sono ben altra cosa rispetto alla realtà fattuale.
Qualcuno potrebbe pensare che chi scrive sia una persona in malafede, che “spulcia” i dati con il solo intento di trovare i difetti di un governo “forte e capace, che sta rivoluzionando il paese”.
Per fugare ogni dubbio, siamo andati a cercare i dati del World Economic Forum sull’efficienza dell’azione di governo. Si tratta di un report internazionale che prende in considerazione l’efficienza dei diversi governi. Il parametro di valutazione è estremamente semplice: rapporto tra risorse impiegate e risultati ottenuti.
Si tratta di un parametro neutro, nel senso che può essere applicato a qualsiasi stato e forma di governo, grande o piccolo.
Il risultato è eccezionale: il governo italiano è al secondo posto! Sì, ma solo se leggiamo la classifica partendo dal basso.
Al di là dell’ironia, come efficienza di governo, quello renzista si mette dietro - a livello mondiale! - solo il Venezuela, non propriamente un risultato di cui esserne orgogliosi e di cui i media nazionali han preferito parlare sottovoce. Anzi, tacere.
Se questo è il bilancio di metà anno (i dati ufficiali sono aggiornati a giugno), non possiamo attenderci nulla di buono per settembre, anche perché l’unica cosa sensata che potrebbe fare questo governo, ovvero dimettersi e lasciarsi giudicare dai cittadini, non è certo nell’agenda del premier non eletto.
Luca Campolongo
Fonti:
www.istat.it
Bankitalia: debito pubblico da record, in un mese cresciuto di 23,4 miliardi | La Voce Sociale
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posted by Avv. Marco Mori
L’Italia non può far parte degli Stati Uniti d’Europa: ecco cosa non vi dicono gli analfabeti istituzionali.


Fermo restando che questa UE è una dittatura finanziaria e che pertanto andrebbe smantellata in ogni caso, proviamo ad immaginare un’altra Europa, un’Europa democratica, per chiederci se tale ordinamento sarebbe compatibile con la nostra Costituzione. In sostanza il quesito è semplice: l’Italia può giuridicamente confluire in un nuovo Stato cedendo la propria sovranità per condividerla con tutti gli altri popoli delle nazioni che compongono il nostro continente?
Nessuno si è mai posto questa questione. Ma la risposta al quesito è semplicemente un netto no. L’Italia non solo non può aderire a questa oscena dittatura finanziaria che chiamiamo Europa, ma non potrebbe aderire neppure ad un’Europa dei popoli. La forma repubblicana, che comprende ovviamente il fatto di essere una nazione sovrana ed indipendente in cui la sovranità appartiene al popolo italiano, è quella definitiva del nostro Stato, è immutabile.
I Padri Costituenti infatti scelsero di creare una Costituzione rigida. L’art. 139 Cost. infatti prevede che: La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. Secondo l’orientamento consolidato della Corte Costituzionale, ribadito anche con sentenza n. 238/2014 questo implica che: “Non v’è dubbio, (omissis…), che i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscano un «limite all’ingresso delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l’art. 10, primo comma della Costituzione» ed operino quali “controlimiti” all’ingresso delle norme dell’Unione europea (ex plurimis: sentenze n. 183 del 1973, n.170 del 1984, n. 232 del 1989, n. 168 del 1991, n. 284 del 2007), (omissis…). Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale (artt. 138 e 139 Cost.: così nella sentenza n. 1146 del 1988).
Ecco dunque che mentre le limitazioni di sovranità finalizzate esclusivamente alla pace ed alla giustizia sono possibili, la cessione di sovranità, rappresentando un atto eversivo contro la personalità giuridica (anche internazionale ovviamente) dello Stato e dunque pacificamente un reato (ovvero la cessione ha conseguenze penali disciplinate negli artt. 241 e ss. C.P.). L’Italia non può diventare una Regione degli Stati Uniti d’Europa, tanto meno può rinunciare ad alcuna parte della propria sovranità che deve rimanere sempre e comunque nelle mani del popolo a cui essa, ex art. 1 appartiene. Non mi dilungo questa volta sulla distinzione tra limitazione e cessione di sovranità, evidente già sotto il profilo letterale ed oggetto di numerosi articoli sia miei che di altri giuristi, ma vi voglio invitare alla lettura di questo stralcio del verbale della seduta dell’Assemblea Costituente del 4 marzo 1947 in cui parla Piero Calamandrei:
Un’ultima osservazione, e avrò finalmente terminato. Onorevoli colleghi, c’è nella Costituzione un articolo 131 che dice: «La forma repubblicana è definitiva per l’Italia e non può essere oggetto di revisione costituzionale».
Voi sapete che il progetto ha adottato il sistema della Costituzione rigida, cioè della Costituzione che non potrà essere variata se non attraverso speciali procedimenti legislativi, più complicati e più meditati di quelli propri della legislazione ordinaria: in modo che le leggi si potranno distinguere d’ora in avanti in leggi ordinarie, cioè in leggi che si possono abrogare e modificare con un’altra legge ordinaria, ed in leggi costituzionali che sono leggi per così dire più resistenti, leggi modificabili soltanto cogli speciali procedimenti di revisione stabiliti dalla Costituzione. Ma con questo articolo 131 par che si introduca una terza categoria di leggi: quelle che non si potranno giuridicamente modificare nemmeno attraverso i metodi più complicati che la Costituzione stessa stabilisce per la revisione.
Dunque, la forma repubblicana non si potrà cambiare: è eterna, è immutabile. Che cosa vuol dire questa che può parere una ingenuità illuministica in urto colle incognite della storia futura? Vuol dire semplicemente questo: che, se domani l’Assemblea nazionale nella sua maggioranza, magari nella sua unanimità, abolisse la forma repubblicana, la Costituzione non sarebbe semplicemente modificata, ma sarebbe distrutta; si ritornerebbe, cioè, allo stato di fatto, allo stato meramente politico in cui le forze politiche sarebbero di nuovo in libertà senza avere più nessuna costrizione di carattere legalitario, e in cui quindi i cittadini, anche se ridotti ad una esigua minoranza di ribelli alle deliberazioni quasi unanimi della Assemblea nazionale, potrebbero valersi di quel diritto di resistenza che l’articolo 30 del progetto riconosce come arma estrema contro le infrazioni alla Costituzione. Sennonché io mi domando, e con questa domanda termino, questo mio lungo discorso: se si è adottato questo sistema per le norme che riguardano la forma repubblicana, dichiarando queste norme immutabili, non credete che questo sistema si sarebbe dovuto adoperare a fortiori per quelle norme che consacrano i diritti di libertà? Era tradizionale nelle Costituzioni nate alla fine del secolo XVIII che i diritti di libertà, i diritti dell’uomo e del cittadino, venissero affermati come una realtà preesistente alla stessa Costituzione, come esigenze basate sul diritto naturale; diritti, cioè, che nemmeno la Costituzione poteva negare, diritti che nessuna volontà umana, neanche la maggioranza e neanche l’unanimità dei consociati poteva sopprimere, perché si ritenevano derivanti da una ragione profonda che è inerente alla natura spirituale dell’uomo.
Ora, se la nostra Costituzione ha adottato questa misura di immutabilità per la forma repubblicana, credo che dovrà adottare questa stessa misura (e mi riservo a suo tempo di fare proposte in questo senso) anche per le norme relative ai diritti di libertà”.
Calamandrei fu chiarissimo ed anzi ovviamente rammentò che la forma repubblicana deve comprendere anche i diritti inalienabili dell’uomo, esattamente come avvenne e come ha poi confermato la Corte Costituzionale, anche con la sentenza sopramenzionata.
Dunque, con buona pace degli europeisti (ad oggi semplicemente un nutrito gruppo di “fessacchiotti” che, essendo privi della necessaria preparazione giuridica ed economica per capire qualcosa che vada oltre la loro economia domestica, hanno scambiato l’integrazione europea con la sottomissione ad una criminale dittatura finanziaria), l’Italia intesa come Stato sovrano ed indipendente in cui la sovranità appartiene al popolo italiano non può essere smantellata.
La creazione di un nuovo Stato non si può imporre a colpi di Trattato. Fatevene una ragione, la forma repubblicana è definitiva ed immutabile, anche da una maggioranza ed anche se tale maggioranza fosse legalmente eletta (cosa che qui in Italia non si verifica da dieci anni).
Bruciamo questa Europa nazista prima che siano nuovamente i popoli ad ardere ed a seminare morte e distruzione nel continente. I pazzi al potere ci porteranno dritti alla guerra. Solo la cultura può fermarli.
 

mototopo

Forumer storico
Rinaldi
RICAPITOLANDO, DOPO L’OK DEL PARLAMENTO TEDESCO. (di Nino Galloni)


Grecia, Grecia e ancora Grecia? Sembra, ma non è: il Fondo Monetario Internazionale propone una ristrutturazione del debito e la sua direttrice si dice – con una punta di drammaticità – favorevole a qualsiasi ipotesi, vale a dire riduzioni, manipolazione degli interessi, moratorie, dilazioni. La Germania, invece, che ha dato ok ad aiuti è contraria a qualsiasi ristrutturazione. Dunque, BCE e Germania concordano su un solo punto: emergenza o medio termine, si forniranno aiuti che – questo è il punto – produrranno altro debito, in italiano ulteriore dipendenza, in tedesco ulteriore colpa.
Questo infrange la più banale e condivisa regola: se il debitore può pagare, il problema è del debitore; se il debitore non può pagare, il problema è del creditore.
Se ne deduce che l’obiettivo della Germania non è proteggere il suo credito. Perché? Perché i crediti di cui si sta discutendo da mesi e da anni sono una goccia rispetto al mare dei derivati; ma i derivati – decine e decine di volte più elevati dei PIL – non servono ad essere ripagati (ciò sarebbe impossibile), ma vanno gestiti in un contesto di sottomissione e sopraffazione dei popoli.
Ma, forse, c’è dell’altro: hanno vinto gli USA, perché rimane in piedi questa Europa, evanescente per quanto riguarda i temi (mediterraneo, rapporti con la Russia, immigrazioni, sviluppo, ambiente), ma efficace come gabbia e, soprattutto, come impedimento di un asse Parigi, Berlino, Mosca, Roma alternativo agli USA stessi.
Paradossale, quando l’accordo con l’Iran prelude ai nuovi equilibri (che tanto inquietano Israele, i Sauditi, l’Isis, la Turchia) dove persino Putin – pur nel momento del pericolo per l’Ucraina – si trova ad un passo da un dialogo diverso con i democratici americani.
Il problema vero, dunque, non è la Grecia (destinata ad andare peggio nel prossimo futuro se si impegna alle riforme che ne indeboliscono vieppiù la già fragile economia), quanto la mancanza di una vera politica in Europa che, sia chiaro, non può essere europea, ma dovrebbe essere della Francia, dell’Italia, della Germania: le prime due fanno il gioco degli USA grazie alla loro inesistenza, la terza grazie ad un attivismo volutamente nefasto.
La parola sta quindi ai popoli: non basta più denunciare una situazione o minacciare sacrosanti tribunali internazionali; occorre agire, organizzarsi, opporsi, creare nuove maggioranze (o minoranze attive decisive) all’interno di ciascun Paese per arrivare a capovolgere ingiustizia sociale, insostenibilità economica, primato di una finanza ultraspeculativa in evidente bancarotta che solo l’azione delle banche centrali sta tenendo in piedi.
Nino Galloni


http://scenarieconomici.it/ricapitolando-dopo-lok-del-parlamento-tedesco-di-nino-galloni/#5
 

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Forumer storico
PARLATEVI: NON VE NE PENTIRETE. DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE E LOGICA COINCIDONO


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http://orizzonte48.blogspot.it/2013/03/ccostituzionalita-delle-manovre.html


1. Mi pare che l'ipotesi più probabile, - confermata dalle già viste perentorie uscite del FMI sulla insostenibilità del debito greco DENTRO l'euro e sull'esigenza di una sua conseguente ristrutturazione (dentro l'euro)-, deponga nel senso che gli USA vogliano sì una certa continuità della moneta unica, ma solo fino a quando il TTIP non sia pronto per le ratifiche e per il suo completamento nell'accordo valutario di cambio tra le monete (comunque) emesse in UE e lo stesso dollaro.


In altri termini, il possibile riallineamento dei cambi interni all'area euro, quale previsto dall'art.219 del TFUE, avrebbe un'attualizzazione, intesa come fine della guidance USA per la euro-stabilità, solo se fosse legato all'entrata in vigore del TTIP. E quindi, come qui più volte ripetuto, al peg sul dollaro.
La situazione di attuale stallo (e di stagnazione economica dell'area euro), cioè, coincide con l'evolversi della negoziazione fino al suo punto di scambio delle ratifiche; questa situazione potrebbe durare ancora un paio d'anni e, non a caso, il Regno Unito vuole poter svolgere il suo referendum sull'uscita dall'UE entro il 2017. Tutto questo lo abbiamo già visto qui.

2. Se è vero, dunque, che una rottura ordinata dall'euro vedrebbe la sua soluzione ottimale con l'uscita "dall'alto" tedesca, (magari sospinta dalla prospettiva di evitare che, in qualunque modo, la Germania debba, per necessità, farsi carico dei vari debiti pubblici che stanno diventando insostenibili - non solo quello greco- a causa del funzionamento intrinseco dell'austerità come unico mezzo di correzione degli squilibri commerciali dell'eurozona), è anche vero che la prospettiva del TTIP, e del riallineamento connesso ex art.219 TFUE, porta la Germania ad un naturale atteggiamento "temporeggiatore" (status quo di insistenza tattica sulla austerità).
Anche perchè è in ballo la stessa incertezza, pendente come probabile nello stesso arco di tempo, sulla traiettoria dell'economia USA, dove la finanziarizzazione ha fatto perdere il "controllo" e l'esposizione ad un imminente scoppio di una qualche bolla speculativa, è alquanto consistente.
Perciò, "questa prospettiva di frizione politica sull'assetto €uropeo, in realtà, è destinata ad essere assorbita dalla realtà applicativa del TTIP, rifluendo nel peg col dollaro al quale i tedeschi sono gli unici ad essere veramente attrezzati; e la Germania non può non sapere già da adesso che questo è lo scenario reale a cui fare riferimento nel breve e nel lungo periodo. I tedeschi sanno benissimo che la questione Grecia è una rogna senza soluzione, ma anche che, intanto, per qualche annetto, 1, 2, forse 3, possono proseguire a mostrare i muscoli, tenendo d'occhio questioni di portata molto più ampia, quale il possibile scoppio di bolle speculative sui mercati finanziari internazionali e l'esigenza di mettere in salvo il proprio pericolante sistema bancario (DB in testa)."
Peraltro rammentando che la Germania è, con ogni probabilità, l'unico paese che può resistere e magari avvantaggiarsi del TTIP: essa, "secondo il principio di specializzazione che regola irresistibilmente le aree di free-trade, rimarrebbe l'unico Stato europeo che si potrebbe avvantaggiare del nuovo assetto, divenendo il principale mono-oligopolista del manifatturiero pesante, ad alto valore aggiunto, sui due lati dell'Oceano".


3. Ora, che questa medesima prospettiva non sia conveniente per l'interesse nazionale è talmente evidente che non ci dovrebbe essere bisogno di illustrarla ulteriormente.
Solo una classe politica e imprenditoriale decisa ad abbandonare l'Italia come territorio capace di autopromuovere il benessere della sua popolazione potrebbe essere sostenitrice (o disattenta e acquiescente) di fronte a ciò.


Ne deriva che la stretta via di salvezza italiana passa per una consapevolezza effettiva di questo scenario, e non per discussioni sul sesso degli angeli, come quella sulla negoziazione di un nuovo assetto dell'area euro o su un approdo agli Stati Uniti d'€uropa. Discussioni di retroguardia, segno di incompetenza sull'economia internazionale, sulla geo-politica e nella stessa comprensione dei trattati e del processo storico della c.d. costruzione europea.


4. In Italia, gli unici esponenti politici che abbiano affrontato e compreso questi problemi, per quanto un'attenta osservazione del quadro attuale consenta di capire, sono Claudio Borghi, Stefano Fassina e Alfredo D'attorre.
E' chiaro, poi, che tutelare veramente l'interesse nazionale è una lodevole manifestazione della sovranità democratica.
E il modello, anche economico-istituzionale, della sovranità democratica è, per l'Italia, la nostra Carta costituzionale.
In essa, questi stessi politici consapevoli possono trovare immediatamente il potente supporto normativo a tutte le principali soluzioni che conseguono all'obiettivo della tutela tutela dell'interesse nazionale: dalla sovranità monetaria intesa come promozione del risparmio diffuso e di un modello di banca centrale conforme agli interessi degli italiani, fino alla base per l'adozione di corrette politiche economiche, fiscali e industriali.
E sarebbe un supporto che è agevole riaffermare, come in realtà sarebbe dovuto per le stesse pronunce della Corte costituzionale, come superiore a qualsiasi trattato internazionale.


5. Avendo a disposizione questo potente supporto della legalità costituzionale, come terreno di convergenza naturale, l'auspicio (urgente) che sarebbe da formulare è: PARLATEVI. Costruite un fronte comune della sovranità democratica costituzionale.


Se si accetta la sostanza logica ed economica di questa linea, e non dovrebbe essere difficile date le premesse a cui sono già pervenuti, è più che possibile mettere da parte divergenze di linea politico-ideologica, sempre più legate a un passato ormai sepolto dai fatti funesti che ci hanno investito - e ci investiranno- per la deriva ordoliberista dell'€uropa.





Un dialogo, dunque, potrebbe rivelarsi molto più fruttifero di quanto non appaia; mentre il costo della reciproca diffidenza, legata a logiche di consenso che potrebbero rivelarsi armi a doppio taglio, potrebbe essere superato da un accorto avvio del confronto tra persone intelligenti.
E che potrebbero scoprire che ripristinare la democrazia e il benessere di tutti gli italiani, nella situazione attuale (obiettivi comuni), trova soluzioni che tendono naturalmente a convergere (da premesse cognitive comuni); le soluzioni potrebbero tradursi in validi programmi politici "tecnicamente" convergenti; e tutto ciò, senza eccessivi margini di opinabilità, dettati da retaggi ideologici che sono, invece, esattamente le sbarre artificiose ed ipocrite della prigione in cui ci rinchiude la mistica dell'eurofollia.


Pubblicato da Quarantotto a 12:11 18 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest
 

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